Febbre da calciomercato estivo
Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.
Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.
Coccodrilli: Ciao Luis
di Fabrizio Gabrielli
[Mercoledì 5, pomeriggio]
#Siviglia, è fatta per #Muriel? Alla Sampdoria 22 milioni https://t.co/3wrLZrOFT3 pic.twitter.com/35LyI8fMnv
— LaGazzettadelloSport (@Gazzetta_it) 4 luglio 2017
Se ne va in un posto migliore, Luis Fernando Muriel Fruto. Ammesso che la Spagna, e La Liga, siano un posto migliore tout court. Forse, per lui sì.
Ci lascia dopo sei anni di carriera italiana, mai troppo celebrato, piuttosto masticato, triturato dalle polemiche e dallo scetticismo, ma comunque sempre in qualche modo preservato, come un frammento di pasta madre che ha fallito qualche lievitazione ma nel quale continuiamo a nutrire fiducia, e ad aspettarci un exploit.
È arrivato a Lecce preceduto da una fanfara che ne annunciava soprannomi altisonanti: il killer instinct dimostrato dalle reti a raffica con il Deportivo Cali, la rapidità e il controllo di palla videogiochistico messo in mostra in un Mondiale U20 squillante disputato in patria, avevano fatto di lui il nuovo Ronaldo. Forse, come scrive Tommaso Giagni in un bel ritratto apparso su queste pagine, in quegli anni «avevamo tutti bisogno di distinguere una forma di Ronaldo (il Fenomeno) sopravvissuta al suo ritiro».
Col senno di poi, l’incostanza e la ripetitività della combo accelerazione-dribbling a rientrare-tiro in ogni caso avrebbe reso più calzante il secondo soprannome, più underground e hipster, de El Valenciano, distillato dalle reminiscenze di Adolfo Valencia, detto “El Tren”.
Portava in dote un’esplosività suo malgrado: incontrollabili, quasi superiori alla sua capacità di controllo, la tecnica e la velocità annichilivano, prima degli avversari, Muriel stesso.
Piangono la sua dipartita con gioiosa compartecipazione, come si usa nell’America del Caribe e nel Salento, i tifosi del Lecce, primi tra i primi a godere delle sue accelerazioni sfrontate, dei solipsismi intestarditi, delle folate chiuse con dribbling dall’angolo strettissimo, e per questo sfavillanti. Definiva i dribbling i momenti di maggiore felicità all’interno di una partita. Ma anche i tiri da 30 metri gli uscivan fuori niente male.
Ne annunciano con asburgico distacco la migrazione i tifosi dell’Udinese, mai troppo innamorati, innervositi dalla facilità con cui prendeva peso nelle pause estive, le smaltiva a inizio stagione, per ripiombare poi in una coltre di abulia con cui conviveva fino a fine stagione. Guidolin, senza mezzi termini, gli intimò di darsi una regolata: era l’estate del 2012, lo lasciò fuori dalla doppia gara di preliminari di Champions League ufficialmente per un affaticamento muscolare e andò a finire che un rigore che avrebbe potuto calciare lui, invece, toccò in sorte a Maicosuel.
Su questo aspetto ha lavorato, maturando con gli anni: el Toto Berizzo se lo ritroverà in forma, perché tra le bancarelle della festa patronale di Santo Tomas non si sbocconcellano solo frittelle di platano, si può anche fare jogging.
A Udine si è trasformato da uomo assist a esterno d’attacco con una buona propensione al gol, seconda solo a quella di Di Natale, che era sempre, e pur sempre, Di Natale, però.
Gli tributano un addio inconsolabile i tifosi della Samp, che l’hanno accolto nel gennaio di due anni fa, in piena parentesi Letargo Di Muriel™, salvo riscoprirselo decisivo tra le mani di Mihajlovic e Giampaolo.
Ci mancheranno le sue mirabilie balistiche, l’irriverenza dei dribbling a rientrare, quelle accelerazioni in campo aperto verso muri invisibili che era capace di abbattere, a volte, e a volte no. Ripenseremo con nostalgia ai suoi trick e all’estrema ma sublime concretezza, alla bellezza limpida di questo gol segnato ad agosto, in piena parentesi Esplosione Di Muriel™, contro l’Empoli: primo controllo leggiadro, affondo, gambeta e saetta sul primo palo.
Perdendo Muriel la Serie A saluta con mestizia un calciatore che portava in grembo un cliché e la sua panacea: gli abbiamo affibbiato l’indolenza associata alla pigrizia tipica dei Caraibi, e lui ha imparato a disamorarsi del suo ego, ad asservirlo alla squadra, ad elevare l’esperienza del dribbling e del gesto tecnico a un fine associativo, spogliandola della retorica del Tiro A Tutti I Costi: nell’ultima stagione ha realizzato, oltre a 11 reti, 9 assist. Da finalizzatore si è trasformato in vera e propria rompighiaccio.
A Siviglia riempirà il buco narrativo, e ci auguriamo per lui il gap di trofei, lasciato incompleto da Bacca: entrambi trasferiti dall’entroterra a Barranquilla, entrambi alle prese con biglietti di mezzi pubblici e pomeriggi al banchetto dei fritti di nonna. Entrambi con l’Italia nel destino.
Ciao Luis Fernando, che l’erba del Sánchez-Pizjuán ti sia lieve.
6 azioni per capire Adam Marusic
di Emanuele Atturo
[Mercoledì 5, mattina]
Benvenuto Adam ⚪️https://t.co/sRS1Rq4crv#WelcomeMarusic #SSL pic.twitter.com/ighJKjwIE1
— S.S.Lazio (@OfficialSSLazio) 1 luglio 2017
Come da tradizione, in una giornata sbiadita di inizio calciomercato è arrivato l’acquisto del terzino della Lazio. Quasi sempre un giocatore anonimo, che arriva a fari spenti e che davanti a lui ha un range di possibilità di riuscita che va da Patric a Kolarov. Adam Marusic è solo un tappabuchi preso a bassocosto, a malapena adeguato alla Serie A, un potenziale fenomeno o una banale via di mezzo?
È la cosa che si stanno chiedendo i tifosi della Lazio, ma anche tutti gli allenatori di Fantacalcio che cercano scommesse a basso prezzo. È la cosa che mi stavo chiedendo anch’io, che non avevo francamente mai visto giocare Marusic e che ho provato a rimediare ieri. Ho raccolto delle azioni di Marusic e le ho classificate all’interno di un quadrato ai cui vertici ci sono terzini della Lazio che rappresentano i vari futuri possibili di Adam Marusic. Proviamo, insieme, a capirci qualcosa.
Due indizi che Marusic sia un acquisto sensato.
Eccovi subito una gif di grande solidità: Marusic fa bene una diagonale difensiva in chiusura su un attaccante che cerca di arrivare al tiro. Una bella diagonale, che magari non fa sognare ma che pone Marusic nella zona del diagramma dell’affidabilità.
Alziamo le aspettative con un’azione che dovrebbe entusiasmare i tifosi della Lazio. Marusic, fatto di amianto, vince due contrasti come fosse l’unico là in mezzo ad avere un minimo di decisione. Poi parte in conduzione palla in fretta. Marusic è uno di quei giocatori che provano sempre ad alzare i ritmi di gioco, perché più aumenta l’intensità generale e più i loro pregi vengono esaltati.
Si capisce quindi che una delle migliori qualità di Marusic è la forza fisica. Il terzino preso dall’Oostende, classe 1992, nato a Belgrado ma con cittadinanza montenegrina, è alto 1 metro e 85 secondo Wikipedia. Ha un fisico compatto, gli avversari sembrano davvero in difficoltà a contendergli il pallone quando gli spazi si restringono, ma è anche piuttosto veloce. Nei primi metri non è esplosivo ma compensa con un buon uso del corpo, poi quando prende velocità non è semplicissimo da fermare. L’onnipotenza fisica e tecnica in questa precisa azione, devo dire, ricorda un po’ il Kolarov della Lazio.
Però non bisogna illudere i tifosi. Marusic non è Kolarov e i suoi limiti tecnici sono abbastanza grossi. Se in conduzione palla al piede è temibile, quando deve dare prova di sensibilità non è eccellente. Non ha un piede molto dolce, i suoi cross non sono molto più che scolastici e va fuori giri facilmente. Qui sbaglia l’esecuzione di 30 metri, in quest’altro caso di 50. Cross che lo fanno riavvicinare alla zona Patric.
Marusic ha anche dei limiti difensivi abbastanza profondi. Il nuovo terzino della Lazio ha iniziato la carriera da attaccante ed è stato progressivamente abbassato sulla linea difensiva, dove ha giocato come terzino destro ma anche sinistro. Quando deve stare dal lato sinistro difende con una certa difficoltà; qui si fa scappare l’uomo all’interno ad esempio; qui è in una posizione ambigua e capisce in ritardo il pericolo: un passaggio più preciso avrebbe spalancato le porte all’avversario. Nella gif in alto, però, quello che mi pare essere il suo difetto principale: il fatto che non ha sempre distanze ottimali nei confronti del diretto avversario: lì gli concede il tiro con troppa facilità (quello si inventa un gol assurdo, ok), ma anche da destra, quando puntato, si porta l’attaccante fino a dentro casa.
Sia offensivamente che difensivamente Marusic non è un giocatore preciso. Non ha un piede molto sensibile, prende delle scelte condizionate dai suoi limiti tecnici (in questo caso fatica a usare il sinistro e si arriccia su sé stesso) e non è creativo. Però è un giocatore molto dinamico, forte fisicamente e duttile: tutte qualità che si incastrano alla perfezione nella Lazio, una squadra che ama difendere in un campo piccolo e attaccare in un campo grande. Con tutti i metri che i biancocelesti devono risalire giocatori come Basta, Lulic (oltre che Keita, Anderson e Immobile) sono fondamentali. Come lo sarà anche Marusic, che ha un’ottima progressione palla al piede abbinata a una discreta qualità di calcio.
La Lazio lo potrà usare come terzino destro di una difesa a quattro, ma soprattutto come esterno – destro o sinistro – di un centrocampo a 5, avvicinandolo a volte anche alla linea degli attaccanti. In questo senso, a lungo andare, Marusic potrà dare respiro e/o sostituire il profilo tecnico di Lulic, a cui la Lazio chiede sempre un enorme dispendio di energie. Come Lulic potrà assicurare lunghe corse in mezzo al campo, duttilità e intelligenza. Non è mai semplice leggere gli acquisti di Tare, ma Marusic può essere inserito nella categoria degli “affidabili”.
Coccodrilli – Antonio Rüdiger
di Daniele Manusia
[Martedì 4, pomeriggio]
#Calciomercato | #Roma, accordo totale per #Rudiger al #Chelsea: le cifre dell’operazione ⬇️https://t.co/x6SAMXv8bS
— Gianluca Di Marzio (@DiMarzio) 4 luglio 2017
È arrivato in Italia senza troppo rumore, se ne è andato tra le grida di disperazione di una tifoseria intera: quanti giocatori possono dire altrettanto dopo appena due anni in Serie A?
Antonio Rüdiger si è presentato al pubblico italiano nell’estate del 2015, operato da poco al menisco ma con in bocca già parole come “Scudetto” e “titoli”. Veniva dallo Stoccarda, era nel giro della Nazionale, ma lo conoscevano in pochi. Appariva sicuro dei propri mezzi, forse troppo per un ventiduenne centrale appena arrivato in un Paese così fiero di aver prodotto tra i migliori difensori al mondo. Quando gli chiedevano in cosa sarebbe dovuto migliorare rispondeva: “Potrei segnare più gol”.
Ricordiamolo, soprattutto, come un giocatore ambizioso e mai banale.
Oggi ci saluta per l’Inghilterra, senza aver alzato neanche un trofeo con la maglia della Roma, ma non senza essersi fatto conoscere da tutti. Per il carattere estroverso – faceva un ottimo Twitter e un Instagram ancora migliore – ma anche per il carisma mostrato in campo. Due stagioni inframezzate da un secondo infortunio al ginocchio più grave del primo (legamenti), che però tra momenti più belli e altri difficili ne hanno certificato il valore. Se Rüdiger è cresciuto in questi anni – ed è cresciuto – lo ha fatto senza cambiare molto.
Basta rileggere la descrizione che ne faceva Dario Saltari due anni fa su queste pagine: “Sembra essere quasi insuperabile quando la palla è ancora potenzialmente contesa (duelli aerei, copertura della profondità, anticipi) mentre soffre ancora quando deve interpretare situazioni in cui sono gli avversari a decidere l’andamento del gioco (dribbling, uno contro uno, previsione delle linee di passaggio)”.
Antonio Rüdiger è ancora più o meno questo giocatore qui.
Non che questi due anni siano passati invano: ha duellato con alcuni tra i migliori attaccanti del campionato ad armi pari, aumentando la propria consapevolezza, scontrandosi con – e quindi conoscendo – i propri limiti.
Di Insigne ha detto (proprio a Dario Saltari, in una delle sue ultime interviste rilasciate in Italia): “Non riuscivo a prenderlo”. Ma di lui ricordiamo anche i duelli persi in velocità con giocatori, come Keita Balde, quelli aerei persi con giocatori più fisici di lui, come Mandzukic e Milinkovic Savic, e in generale tutte quelle sbavature che fanno di lui un giocatore ancora lontano dalla perfezione.
Ricordiamo anche le oscillazioni della sua qualità con la palla tra i piedi. Un talento tecnico che gli permetteva di giocare anche come terzino destro, o come centrale di difesa a sinistra, con la capacità di impostare anche nella metà campo avversaria; che però lo portava anche ad esagerare.
Difetti che, però, contribuiranno a fare di lui un giocatore via via più attento e prudente. Se è vero, come sembra dalle sue dichiarazioni, che Rüdiger dà grande valore all’esperienza: “Qualche volta sono troppo aggressivo, altre volte magari aspetto troppo: devi sempre trovare la via di mezzo. Sono ancora giovane e devo migliorarmi in tutto. Verrà con le partite”.
Crescere = saper scegliere tra le opzioni a disposizione.
Non resta che chiedersi: Antonio Rüdiger è pronto per la Premier League? È pronto per i campioni in carica del Chelsea? Come si adatterà al gioco di Conte? Se ne è andato troppo presto?
Cercato a quanto pare già dalla scorsa estate (prima dell’infortunio) è finito al Chelsea come effetto collaterale dell’affaire Manolas, spingendo a sua volta il giovane olandese Nathan Aké al Bournemouth. Gli osservatori inglesi non sembrano convinti (per Ted Knutson di Statsbomb il Chelsea avrebbe fatto meglio addirittura a tenere il difensore olandese) e neanche i tifosi “Blues” hanno mostrato grande stima nei suoi confronti.
Rüdiger forse non sarà mai un calciatore perfetto, ma a ventiquattro anni, nel giro di due stagioni, è diventato uno dei difensori più duttili e interessanti della Serie A. Tolte le doti fisiche oggettivamente sopra alla media e l’aggressività in marcatura che lo rendono – in teoria – adatto al gioco di Antonio Conte, al momento la sua dote migliore è la duttilità. La polivalenza che gli permette di giocare in 3 o 4 ruoli diversi (centrale destro, sinistro e terzino; nella Roma ha giocato persino come laterale a tutta fascia) anche a partita in corsa, cambiando interpretazione anche da una fase di gioco all’altra.
Infine, non può non avere valore il dispiacere che stanno mostrando i tifosi della Roma in questi giorni. Moltissimi avrebbero preferito tenere lui e non Manolas – uno dei centrali marcatori più esplosivi e dominatori in circolazione – e non solo per l’affetto che provano per il “personaggio” Rüdiger.
In un certo senso la tristezza della tifoseria lasciata, nel circo del calciomercato in cui interessi diversi e conflittuali entrano in gioco rendendo difficili le nostre interpretazioni, è il giudizio di valore più autentico che si possa avere.
Bonus: playlist da ascoltare per esorcizzare la tristezza di un calciatore che se ne va (dedicata a Rüdiger).
La Redazione de l'Ultimo Uomo è divisa tra Roma e Milano, ed è composta da una dozzina di ragazzi e ragazze che, generalmente parlando, ti vogliono bene.
L’ultimo capitolo di una sessione invernale particolarmente rapsodica.
Chi è e come gioca il nuovo acquisto del Napoli.
Una sessione estiva di calciomercato segnata da molti ritorni.
La categoria meno desiderata degli Ultimo Uomo Awards.
La difesa del Napoli sta ottenendo risultati eccezionali, ma come tutti i sistemi ha dei punti deboli.
La squadra di Di Francesco si è dimostrata più convinta, organizzata e intensa della Lazio, e ha portato a casa una vittoria pesante per la classifica.