Febbre da calciomercato estivo
Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.
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Come potrebbe risolversi la storia di Bonucci
di Marco D’Ottavi
[Giovedì 22, pomeriggio]
Fra poco diranno che,negli spogliatoi a Cardiff, Bonucci con una maschera da portiere di hockey e una motosega ha inseguito tutta la squadra
— Irrisolvibile (@irrisolvibile) 19 giugno 2017
Da qualche giorno si discute con insistenza su cosa possa essere accaduto nello spogliatoio della Juventus tra il primo e il secondo tempo della finale di Cardiff. Le ricostruzioni giornalistiche parlano di un Bonucci scatenato, reo di aver chiesto il cambio di Barzagli, che non ha gradito, ma soprattutto di aver colpito Dybala con uno schiaffo.
Come già era successo dopo la lite con Allegri, anche questo episodio è diventato un pretesto per collocare il difensore sul mercato. Dopotutto non è una novità: da qualche anno Bonucci è uno dei giocatori della Juventus più richiesti e in alcuni momenti la sua cessione è sembrata molto vicina. La Juventus finora è riuscita a respingere tutti gli assalti al giocatore, ma alla luce di queste nuove rivelazioni può ancora trattenere il giocatore? Il nostro infiltrato nello spogliatoio della Juventus ci ha indicato i possibili modi in cui può finire questa storia.
1. Bonucci mette la dirigenza della Juventus davanti ad una scelta obbligata: o lui o Allegri e Dybala. La dirigenza preoccupata per la propria incolumità prende le parti del difensore e i due vengono sostituiti da Conte e Tevez, in un enorme déjà vu. Bonucci non mette le mani addosso a Tevez.
2. Bonucci va al Real Madrid. Sergio Ramos che non lo voleva gli piscia tutti i giorni negli scarpini, proprio il tipo di cosa che ti aspetti da quelli come Sergio Ramos. Bonucci però può fare lo stesso con James Rodriguez.
3. Bonucci rimane alla Juventus, Allegri rimane alla Juventus, Dybala rimane alla Juventus, ma si compra dello spray al peperoncino.
4. Bonucci va al Manchester City per un sacco di soldi dove ritrova Dani Alves. La sera parlano spesso di quando Bonucci ha menato a Dybala.
5. Bonucci dice che resta solo se gli danno la fascia di capitano. La Juventus allora cerca Donnarumma che però dice che viene solo se gli danno la fascia di capitano. Nella stagione 2017/18 la Juventus diventa la prima squadra a non avere un capitano. I tifosi della Roma ci fanno un coro sopra.
6. Bonucci diventa mental coach di Conor McGregor.
7. Bonucci va al Chelsea dove ritrova l’allenatore che lo ha trasformato nel giocatore che è oggi. Il sottile filo psicologico che tiene Conte sulla panchina dei Blues però si spezza e il tecnico viene esonerato. Il Chelsea lo sostituisce con Allegri, liberatosi dalla Juventus proprio dopo la cessione di Bonucci. Allegri si porta dietro Dybala. Si ricostruisce la stessa identica situazione, ma a questo punto è un problema dei tifosi del Chelsea.
8. Bonucci va al Barcellona e viene indagato dal fisco spagnolo.
9. Bonucci va al Milan, perché questo non è proprio l’anno dei tifosi milanisti sensibili.
10. Bonucci resta alla Juventus. Rugani che sperava di diventare finalmente titolare convince Dybala a mandare qualche scagnozzo strafatto di crack con un paio di pinze e una buona saldatrice a casa del difensore per riparare il torto subito. Bonucci diventa amico degli scagnozzi. Non sarà una buona stagione per Dybala.
11. Purtroppo non succede nulla (l’ipotesi più probabile oggi).
Mboula dal Barcellona al Monaco
di Daniele V. Morrone
[Giovedì 22, mattina]
L’AS Monaco est heureux d’annoncer la signature de Jordi Mboula jusqu’en 2022 ! #WelcomeToMonaco
➡️ https://t.co/u2Jxak7XGp pic.twitter.com/M4RYSvFsPw
— AS Monaco (@AS_Monaco) 21 giugno 2017
Mentre il Barcellona sta cercando un esterno destro, il miglior esterno destro uscito dalla Masia ha ufficializzato il suo passaggio al Monaco. Considerata la politica del Barcellona sotto il presidente Bartomeu, che cerca i giocatori per la prima squadra fuori da casa propria, Jordi Mboula ha deciso di iniziare la sua carriera tra i professionisti fuori dalla Catalogna. Il Monaco ha speso 3 milioni per liberarlo, ma con la prospettiva di poterne incassare una plusvalenza forte nell’arco di un paio di anni. Mboula, da parte sua, conta di potersi giocare il posto da titolare lasciato vuoto da Bernardo Silva.
Jordi Mboula è nato in una città poco fuori Barcellona e ha fatto tutte le tappe delle giovanili; per capire di che giocatore stiamo parlando basta guardare questo gol segnato al Borussia Dortmund in Youth League.
Mboula si è formato calcisticamente nel solco dei princìpi del gioco di posizione. È un esterno perfetto per il tridente offensivo: è bravo a regalare ampiezza e superiorità numerica alla squadra partendo dalla linea laterale e saltando l’uomo con un’accelerazione impressionante sui primi passi. Ha un fisico asciutto, non ancora del tutto formato, e le spalle larghe che lo fanno sembrare più alto dei 183 cm.
Mboula ha una grande tecnica in conduzione e una certa creatività nell’invenzione della giocata da fermo. Il suo repertorio tecnico è vario e la prospettiva di saltare più uomini nella stessa azione raramente lo spaventa, anche se non è un dribblomane fine a sé stesso e cercare sempre di dare un senso alla superiorità numerica generata.
Abituato ad arrivare alla conclusione se vede la porta, a livello giovanile ha segnato con continuità (ha chiuso la Champions League giovanile con 8 reti segnate). C’è ancora da sistemare l’aspetto delle letture quando non riesce a saltare l’uomo, quando sembra un po’ arricciarsi su sé stesso, ma per essere un’ala di diciotto anni è molto avanti nel suo sviluppo, anche a livello mentale. Al Monaco dovrà affrontare un contesto decisamente più complicato, ma potrà partire da una base tecnica, fisica e mentale che pochi coetanei possono vantare per il ruolo.
Sicuramente con Mboula in campo cambierà il gioco sugli esterni del Monaco, che passerà dall’avere un rifinitore ad un’ala. Rispetto a Bernardo Silva parliamo di un esterno differente, meno attento alla conservazione del pallone e alla gestione dei ritmi di gioco, più offensivo e con più margini di miglioramento in area di rigore. In Jardim, però, Mboula troverà un tecnico ideale per sviluppare il suo stile di gioco.
Hector Moreno
di Fabrizio Gabrielli
[mercoledì 21, pomeriggio]
️NUOVO ACQUISTO! ️
Hector #Moreno è un calciatore dell’#ASRoma! https://t.co/xqorzrY7qT pic.twitter.com/hpzP46YQSd
— AS Roma (@OfficialASRoma) 13 giugno 2017
Il principale lascito di un esame in Letteratura di viaggio da 2CFU sostenuto un sacco di anni fa è che non è intellettualmente disonesto cercare di far prefigurare qualcosa di ignoto prendendo spunto da qualcos’altro di già conosciuto: lo faceva Marco Polo per illustrare al Gran Khan le meraviglie che i suoi occhi non potevano vedere, non vedo perché dovrei sentirmi in colpa io nel dire che per capire che tipo di giocatore sia Héctor Moreno, il nuovo centrale messicano arrivato alla Roma senza grandi proclami il metro di paragone più giusto da avvicinare sia quel monumento del calcio Tricolor che è Rafa Márquez.
Entrambi sono nati in regioni epicentro del narcotraffico messicano; entrambi si sono trasferiti in Europa molto giovani. Entrambi, con le dovute proporzioni, hanno vinto. Come Rafa, Héctor Moreno sembra sulla scena da sempre.
Moreno è stato uno dei cardini del Tricolor campione del mondo U17 nel 2005: a distanza di 12 anni solo altri due calciatori sono rimasti nel giro della nazionale (Gio e Vela), e un motivo deve esserci. Infatti c’è: il suo gioco si poteva già intravedere allora, tipo il gol del 2-0 della finale contro il Brasile, per esempio, che nasce da un lancio (anche se leggermente deviato) effettuato con il suo già educatissimo piede sinistro.
Dopo essere uscito dalle retrovie, appunto, à la Gran Capitán.
In Olanda, nelll’AZ allenato da Van Gaal (con il quale ha vinto la Eredivisie alla seconda stagione in Europa), ha imparato i dettami del gioco posizionale, plasmando una polifunzionalità che gli permette di giocare con disinvoltura tanto al centro della difesa – con la libertà, che si prende spesso e volentieri, di avanzare fino al cerchio di centrocampo palla al piede – quanto sulla fascia sinistra. A Barcellona, sponda Espanyol, agli ordini di Pochettino ha raffinato la sua visione di gioco, metabolizzando un concetto che gli tornerà utile immerso negli schemi di Di Francesco: l’imperativo della verticalizzazione.
Senza paura di arrischiarsi in qualcosa che non sa gestire, Moreno mostra un istinto e un’intuitività associativa rara da trovare nei difensori centrali.
Secondo l’allenatore della Nazionale messicana Osorio, Héctor è uno dei dieci migliori centrali al mondo: in effetti centrali mancini con un piede così sensibile non è usuale incontrarne, e in ogni caso la convinzione di Osorio è ben radicata, al punto da averne fatto il giocatore onnipresente da quando ha assunto il timone della Tricolor (titolare in 17 partite, e in tutte e 13 le sfide ufficiali, in cui ha recuperato 98 palloni).
In fase difensiva, la sua arma più raffinata è la capacità di posizionamento, il tempismo e la reattività degli interventi su avversari lanciati in velocità, sui quali interviene con la navigatezza e la maturità del maestro zen: un aspetto che ha messo in mostra non solo contro gli attaccanti olandesi, ma anche in Liga e ai Mondiali. Non è, insomma, un centrale ruvido che punta tutte le sue fiches sulla fisicità dell’uno contro uno: riconoscergli una presunta cattiveria nell’intervento (che lo ha reso famoso in Europa) su Luke Shaw in Champions League, dopotutto, sarebbe ingeneroso. E poi nessuno sembra essersi accorto che El Tractor, come è stato presentato in Italia, in realtà non ce lo ha mai chiamato nessuno.
Con il Brasile nei Mondiali del 2014: prima blocca l’incursione avversaria, poi palesa la sua seconda caratteristica, l’abilità nell’impostazione.
In fase di impostazione, grazie a una tecnica inusuale per un centrale, Moreno gioca molti palloni (nel primo tempo di Messico – Portogallo di Confederations Cup 36, più del fulcro conclamato del gioco Tricolor, Héctor Herrera), sbagliandone pochissimi. Nell’ultima Eredivisie è stato il sesto giocatore con la migliore percentuale di passaggi riusciti (88%), e il secondo per media passaggi per partita (70, uno in meno di Davinson Sánchez dell’Ajax che ne ricorda il ruolo): abilità che lo renderanno particolarmente utile a Di Francesco, che spesso demanda a uno dei due centrali la prima fase di creazione della manovra.
Inoltre, Héctor Moreno si affida a lunghe e precise sventagliate con una certa regolarità (7 per 90 minuti nell’ultima Eredivisie).
Preciso e mai fine a se stesso.
Non è da trascurare la sua vena ispirata in fase di finalizzazione, soprattutto grazie a un’ottima elevazione che gli permette di superare difensori anche fisicamente più alti o prestanti all’interno dell’area piccola (come qua su José Fonte o su Matteo Darmian in occasione del suo primo gol nelle competizioni europee).
Costretto a frenare la sua corsa verso la consacrazione da un brutto infortunio rimediato ai Mondiali del 2014 che lo ha tenuto lontano dal campo per sei mesi proprio quando lo stava cercando l’Arsenal, a 29 anni Héctor Moreno è nel pieno della sua maturità, ed è finalmente pronto a raccogliere l’eredità carismatica di Rafa Márquez. Monchi dice di averlo scelto anche per l’ottima predisposizione all’adattamento, tanto tattico quanto socio-culturale: a giudicare dall’ultima copertina per la quale ha posato, Héctor non avrà difficoltà a districarsi tra gli universi del boro di Roma Est e dei fasti imperiali.
L’impressione, piuttosto, è che la Roma si sia promessa di trovare in Moreno quello che non ha saputo o potuto scoprire in Vermaelen. Con in più la possibilità, tutt’affatto trascurabile, di entrare nel mercato messicano con grazia e disinvoltura; la stessa che il primo centrale messicano nella sua storia mette in campo.
La Redazione de l'Ultimo Uomo è divisa tra Roma e Milano, ed è composta da una dozzina di ragazzi e ragazze che, generalmente parlando, ti vogliono bene.
L’ultimo capitolo di una sessione invernale particolarmente rapsodica.
Chi è e come gioca il nuovo acquisto del Napoli.
Una sessione estiva di calciomercato segnata da molti ritorni.
La categoria meno desiderata degli Ultimo Uomo Awards.
La difesa del Napoli sta ottenendo risultati eccezionali, ma come tutti i sistemi ha dei punti deboli.
La squadra di Di Francesco si è dimostrata più convinta, organizzata e intensa della Lazio, e ha portato a casa una vittoria pesante per la classifica.