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Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

Zinchenko sarebbe adatto al gioco di Sarri?
di Daniele V. Morrone

[martedì 8, mattina]

 

 

Con tutte le difficoltà delle squadre non ancora certe della partecipazione alla prossima Champions League, il Napoli si sta muovendo comunque sul mercato per provare ad allungare le alternative in panchina. Se Giaccherini partisse (le ultime voci parlano in realtà di una conferma da parte di Sarri) andrà cercato un nuovo innesto sul fronte offensivo. E tra i possibili “vice-Insigne” il favorito potrebbe essere Oleksandr Zinchenko del Manchester City. Un giocatore di grande polivalenza, che ha già ricoperto diversi ruoli in attacco.

 

Zinchenko è un giocatore di quelli che basta vedere una volta come toccano il pallone per capirne l’indubbio talento, ma che a vent’anni non ha ancora trovato il contesto giusto per esprimersi con continuità.

 

Figlio di calciatore, nonostante il talento Zinchenko è entrato nel mondo del calcio professionistico iniziando con una bocciatura: concluso il ciclo delle giovanili dello Shakhtar, l’allenatore Lucescu decide di non offrirgli un contratto lasciandolo libero a 17 anni, nonostante fosse una stella della Nazionale giovanile ucraina. Dovendo partire da zero, Zinchenko ha scelto il campionato russo, con la sicurezza di poter giocare comunque titolare. È stato premiato dopo pochi mesi di titolarità nell’Ufa con la convocazione in Nazionale. Una buona stagione lo ha portato alla convocazione agli Europei con la Nazionale maggiore e in Francia è risultato uno dei migliori nel disastroso percorso dell’Ucraina, giocando le prime due partite da subentrato per poi partire titolare nell’ultima contro la Polonia.

 

 

 

A 19 anni è stato acquistato dal Manchester City, ha fatto la preparazione con Guardiola (che ne esalta l’intelligenza e le qualità tecniche) ed è stato mandato in prestito in Olanda ai campioni in carica del PSV per giocare con continuità. Ma ancora una volta, l’allenatore, Cocu, non lo ha ritenuto pronto, condannandolo a molta panchina. Zinchenko ha giocato 12 partite in campionato, 4 in Champions League e 7 con la seconda squadra, in una stagione che lui stesso ha definito deludente.

 

Il talento e la giovane età però fanno pensare che questo sia proprio il momento adatto per prenderlo. Zinchenko è un rifinitore mancino che nella sua breve carriera ha giocato in ogni posizione della trequarti, dalla mezzala (dove lo vede Guardiola), all’esterno (dove lo vedeva Cocu) fino alla trequarti centrale (in Nazionale).

 

I suoi punti di forza sono la tecnica pura e la visione di gioco. Per quanto riguarda la tecnica: il suo mancino ha una sensibilità ben sopra la media, può toccare la palla con tutta la superficie del piede, utilizzando a piacimento il collo come l’esterno, sia per proteggere il pallone che per dribblare in conduzione, che per passare.

 

 

 

Il suo mancino, abbinato alla visione di gioco di cui dispone, lo rendono un naturale esecutore di ultimi passaggi. Da qualsiasi parte del campo se non è sotto pressione può trovare un uomo che taglia in area e dargli il pallone sul piede buono. Zinchenko è un giocatore estremamente associativo e ha la propensione naturale a tessere trame con i compagni vicini, ma è quando riesce a entrare in connessione con le punte che la sua sensibilità viene esaltata.

 

 

 

Nonostante la follia informativa durante il calciomercato renda difficile razionalizzare le varie voci, si capirebbe dal tipo di giocatore che è Zinchenko il motivo dell’eventuale scelta del ds Giuntoli. Si tratta di un giocatore che può prendere il posto di Insigne senza dover modificare dal punto di vista tattico il triangolo di sinistra con Ghoulam e Hamsik, il centro creativo della squadra.

 

Nonostante sia mancino, Zinchenko garantirebbe un perfetto triangolo creativo e potrebbe, con la sua visione di gioco, accompagnare ancora meglio i tagli di Hamsik o i movimenti in avanti di Mertens. Ha anche le potenzialità poi per essere un ottimo crossatore.

 

Anche perché la tranquillità nel controllo del pallone e la pulizia tecnica possono far pensare a un regista offensivo compassato, quando in realtà Zinchenko è estremamente aggressivo senza palla e dotato di un’insospettabile velocità in conduzione. Dal punto di vista fisico e atletico è in grado di reggere ogni ritmo di gioco e può tranquillamente partecipare a un pressing organizzato. Con spazio poi è in grado di mangiarsi il campo senza problemi.

 

 

Insomma, Zinchenko al Napoli sarebbe un’aggiunta estremamente interessante, per quanto non di immediata lettura visto l’acquisto di Ounas, un altro mancino che gioca a destra. In una stagione lunga però, pur senza insidiare le gerarchie già esistenti, Zinchenko potrebbe prendersi qualche spazio importante anche grazie alla sua polivalenza. Da esterno sinistro lo scorso anno ha giocato appena 3 partite, in cui però ha servito 4 assist. In quel ruolo avrebbe il problema della conclusione in porta, un punto debole già visto al PSV partendo da destra, che dall’altro lato forse peggiorerebbe (tira malissimo in movimento, mentre ha un ottimo piede nei calci da fermo). L’ultimo gol in situazione dinamica risale al maggio 2016 con la Nazionale in situazione di 1 vs 1 col portiere. Per il resto tutti i tiri della stagione sia con il PSV che con la seconda squadra sono finiti o fuori o in bocca al portiere.

 

Una situazione stranissima vista la sensibilità del piede e la dimostrazione di come effettivamente sia un giocatore su cui si deve ancora lavorare. Se c’è però un allenatore che può sfruttare al meglio le sue qualità quello è Sarri e il gioco del Napoli sembra perfetto per lui

 

 

L’operazione Neymar ha ucciso il Fair Play Finanziario?
di Marco de Santis
[Lunedì 7, mattina]

 

 

Il “caso Neymar” ha fatto tornare di moda le feroci critiche sul Fair Play Finanziario. In particolare lascia perplessi il pressapochismo di alcuni addetti ai lavori, con lo scopo magari di cavalcare un’onda emotiva senza fare chiarezza. Si è detto in questi giorni che l’acquisto di Neymar da parte del Paris Saint-Germain sarebbe stata la pietra tombale del FPF per le seguenti ragioni: cifra d’acquisto troppo alta incompatibile coi parametri UEFA, metodo truffaldino messo in atto dalla dirigenza qatariota per aggirare la clausola, ennesima dimostrazione che PSG e Manchester City fanno quello che vogliono e al massimo vengono multati. Vediamo quanto c’è di vero in questi giudizi.

 

È possibile spendere tutti quei soldi?

 

Il FPF non mette alcun limite massimo alla cifra spendibile per un singolo giocatore. Pone invece dei paletti piuttosto rigidi sulla perdita massima di bilancio che una squadra può subire nell’arco di un triennio. Quindi, come giustamente l’Uefa ha sottolineato con un comunicato ufficiale, non ha alcun senso richiedere un intervento UEFA in questo momento, che dovrà invece intervenire alla fine della stagione 2017/18, per vedere se il Paris Saint-Germain avrà chiuso il triennio 2015/18 all’interno del passivo richiesto (cosa che probabilmente riuscirà a fare come abbiamo spiegato recentemente qui). 

 

L’obiezione relativa al prezzo – se non viene svolta solo su un piano morale, in quel caso è più che legittima ma non ha niente a che vedere con la UEFA o il FPF che in ogni caso favorisce chi ha un fatturato più alto e quindi è fatto per rendere la competizione moralmente più “giusta” – è tanto più assurda se si pensa che la cifra spesa per Neymar (222 milioni il costo del cartellino, 104 la spesa annuale a bilancio contando anche l’ingaggio per cinque anni) non è così lontana dalle spese fatte in questa sessione di mercato da parte del Milan (per ora 188 milioni nei costi dei cartellini e 98 il peso sul bilancio annuale, ma manca ancora almeno un attaccante) ed è persino inferiore rispetto a quanto ha speso il Manchester City (251 milioni per i cartellini, 113 per il bilancio annuale, ma anche una politica di plusvalenze – giunte a oggi a 60 milioni – e risparmi di ingaggi dei giocatori ceduti o in scadenza di contratto che potrebbe persino far migliorare il bilancio dei Citizens rispetto alla scorsa stagione). Da questo punto di vista, lo sdegno risulta totalmente infondato.

 

La UEFA si fa prendere in giro?

 

Per almeno un paio di settimane è girata voce che il Paris Saint-Germain non avrebbe investito un euro per l’acquisto di Neymar, il quale avrebbe dovuto pagare di tasca sua la clausola rescissioria al Barcellona sfruttando una sponsorizzazione di 300 milioni da parte del Qatar che lo ha scelto come testimonial dei mondiali del 2022. Che Neymar aumenterà i suoi introiti personali grazie a questo ruolo non ci sono dubbi, ma questa teoria – molto gettonata e presa per vera un po’ da tutti coloro i quali non sapevano che il PSG viene da tre bilanci virtuosi e si può permettere questo acquisto anche senza violare il FPF – è stata clamorosamente smentita dal presidente dei parigini Al-Khelaifi, che alla conferenza stampa di presentazione ha sottolineato che è stato il PSG a pagare la clausola senza alcuna mossa di dubbia provenienza. 

 

Quella che si è rivelata una “fake news” si basava fra l’altro su due inesattezze: la prima è che se anche si fosse verificata una situazione del genere il regolamento del FPF avrebbe permesso alla UEFA di intervenire, calcolando a posteriori sul bilancio 2017/18 del club il “fair value” dell’acquisto di Neymar, che non avrebbe potuto che essere 222 milioni, rendendo di fatto inutile il “sotterfugio”. 

 

La seconda è che in molti hanno omesso che in realtà tutte le clausole rescissorie vengono di fatto pagate dai calciatori stessi, ma con i soldi della società acquirente che è poi tenuta per trasparenza a mettere la cifra d’acquisto a bilancio come se fosse un trasferimento tradizionale. Meccanismo che si ripeterà anche per l’operazione riguardante il PSG e Neymar.

 

PSG e City possono fare quello che vogliono grazie alle sponsorizzazioni?

 

Questa accusa al FPF è parzialmente vera, ma vanno fatte delle precisazioni. Innanzitutto il Manchester City non è mai stato punito per sponsorizzazioni gonfiate: Etihad, la compagnia aerea che campeggia sulle maglie della squadra di Guardiola, incassa meno di quanto prendono Manchester United e Chelsea dai loro rispettivi sponsor (Chevrolet e Yokohama Rubber). Non è vero, quindi, che il Manchester City sia finanziato in maniera scorretta da parte della proprietà, almeno da un punto di vista finanziario (i ricavi commerciali del City superano di poco il 40% sul totale del fatturato mentre i “cugini” dello United sfondano il 50%). 

 

Gli inglesi erano stati costretti a concludere un “Settlement Agreement” con la UEFA perché avevano i bilanci in forte passivo, posizione che tra l’altro è stata sanata in questi anni non semplicemente pagando una multa, come un’altra fantasiosa teoria sostiene, ma risanando effettivamente il bilancio con aumenti reali dei ricavi e operazioni in uscita che giustificassero le elevate spese in entrata.

 

Discorso diverso per il PSG, che è stato effettivamente punito e sottoposto a “Settlement Agreement” per la sponsorizzazione gonfiata da parte del Qatar (200 milioni all’anno) e la cui portata è stata dimezzata dall’organismo terzo che, secondo il regolamento del FPF, è chiamato in causa dalla UEFA per stabile il “fair value” dei contratti fra parti correlate. Che 100 milioni all’anno siano un valore corretto per il principale sponsor del PSG è l’unico punto sul quale l’impalcatura regolamentare scricchiola, ma ancora una volta non corrisponde del tutto a verità che il fatturato (ormai superiore a 500 milioni l’anno) dei francesi sia dovuto principalmente all’apporto delle sponsorizzazioni governative del Qatar.

 

Va inoltre sottolineato che sia francesi che inglesi hanno soddisfatto tutte le richieste dei rispettivi “Settlement Agreement” e si trovano attualmente in una situazione identica rispetto a tutte le altre squadre che non hanno problemi con il FPF. Ciò vuol dire che eventuali irregolarità nei loro futuri bilanci comporteranno l’apertura di un nuovo procedimento ed eventualmente nuove sanzioni, ma che in questa sessione di mercato non devono sottostare a obblighi simili a quelli imposti alle squadre ancora sotto “Settlement Agreement” (come, per esempio, Inter e Roma, che invece sono ancora alle prese con la risoluzione dei propri accordi transattivi).

 

 

Può essere Kean il vice Higuaín?
di Marco D’Ottavi

[Venerdì 4, pomeriggio]

 

 

Uno dei problemi evidenziati nella scorsa stagione della Juventus, se si può parlare di vero e proprio problema, è stata l’assenza di un vice Higuaín. Dirottato con successo Mandzukic sulla fascia sinistra, la contemporanea assenza di un vice Mandzukic (anche per i vari infortuni di Pjaca) ha costretto il croato a giocare quasi sempre in quel ruolo con l’argentino che si è trovato di fatto a essere l’unica punta centrale, finendo per essere il giocatore con più minuti giocati in stagione.

 

Anche per questo la Juventus si era mossa rapidamente sul mercato assicurandosi Patrick Schick, che poteva ricoprire anche il ruolo di prima punta. Saltato (momentaneamente?) il trasferimento di Schick è arrivato Bernardeschi, un giocatore duttile, ma che non sappiamo se Allegri vorrà provare come prima punta (ha giocato qualche volta in quella posizione, anche poche settimane fa nell’Europeo Under-21, ma sarebbe comunque una prima punta atipica). Il suo arrivo, però, sommato a quello di Douglas Costa, aumenta la batteria di esterni e libera, in un certo senso, Mandzukic, che potrà tornare a guadagnare minuti come centravanti. Anche se il croato, paradossalmente, è stato utilissimo come esterno più che come punta centrale….

 

Insomma, nell’incertezza naturale di inizio agosto si è fatto avanti, durante il tour americano, anche il giovanissimo Moise Kean, che ha ripagato Allegri con pochi minuti, ma di qualità. Tanto è bastato per far balenare nei tifosi un’idea: e se fosse Kean il vice Higuaín?

 

Chissà che ne pensa Allegri…

 

Un gol in Serie A già l’ha messo in cascina.

 

Nel poco spazio avuto a disposizione con i “grandi”, Kean ha dimostrato di poter giocare. La sua qualità migliore sembra essere una forza non comune nelle gambe, che di solito aumenta con l’età e con il lavoro.

 

Entrato nel secondo tempo contro il PSG – sempre ricordando che si tratta di una amichevole – Kean ha messo più volte in difficoltà la difesa francese lottando su ogni pallone e vincendo molti duelli corpo a corpo.

 

 

In questa circostanza Kean scherza Guedes, un giocatore la cui fase migliore non è certo la difesa, ma la differenza di passo è impressionante. La struttura fisica di Kean – un baricentro basso e… come dire… un posteriore grosso – gli permette di difendere il pallone in conduzione; inoltre ha una velocità in progressione sorprendente, e palla al piede è molto difficile da fermare.

 

In occasione del rigore guadagnato, sempre contro il PSG, Kean ha dimostrato anche di avere i movimenti dell’attaccante di razza. Prima finta di proteggere il pallone con il corpo, poi lo lascia scorrere ingannando il difensore alle sue spalle. Sul recupero dell’altro centrale tiene il contatto con disinvoltura e lo costringe a tentare una pericolosa scivolata in area per fermarlo, che infatti si tramuta in un fallo da rigore.

 

 

Queste qualità lo renderebbero un giocatore perfetto da usare a partita in corso, quando le difese sono più stanche e la sua capacità di risalire il campo potrebbe diventare un fattore importante.

 

Kean non avrebbe nessuna velleità di giocare titolare, coesistendo con Higuaín senza creare problemi nello spogliatoio. Dalle decisioni che verranno prese in questo periodo dipende il tipo di giocatore che diventerà Kean: le sue caratteristiche gli conferiscono una predisposizione naturale al ruolo di esterno offensivo e non è neanche da escludere che sarà quello il suo “vero” ruolo. Allegri, intanto, potrebbe risolvere due problemi con un giocatore solo.

 

Ovviamente Kean è un ragazzo di soli 17 anni, che fino alla scorsa stagione giocava con la Primavera, dove il suo dominio fisico era così netto da non offrirgli sfide reali, ed è difficile ipotizzare un suo utilizzo in Serie A senza nessun tipo di problematica.

 

Ad esempio, negli spazi chiusi del campionato italiano Kean potrebbe avere molte difficoltà: è un giocatore che tiene ancora la testa bassa e tende ad affidarsi quasi esclusivamente alla sua capacità di saltare l’uomo. E poi non è possibile sapere come reagirebbe alla pressione di dover giocare per la Juventus, ma doverlo fare sul serio, per molti minuti, magari in caso di infortuni.

 

Gli lascerebbero fare queste cose in Serie A?

 

Quello che sappiamo è che la Juventus ha respinto diverse offerte, sia di acquisto che di prestito. Certo, se la Juve dovesse arrivare a un giocatore offensivo tipo Keita Balde, di cui si parla nelle ultime ore, una sua cessione in prestito diventerebbe altamente probabile.

 

Difficile immaginare quale sia la soluzione giusta tra il prestito e la permanenza in prima squadra, molto dipenderà da quanti minuti effettivamente giocherà. Considerando che anche Dybala può eventualmente giocare punta centrale, Allegri tutto sommato può correre il rischio di tenerlo. Per Kean, l’importante è lasciare la Primavera ed entrare in pianta stabile nel calcio che conta. Se si impara di più allenandosi con i campioni, oppure prendendosi minuti e responsabilità in una squadra di categoria inferiore, è una questione per cui non esiste una risposta certa.

 

 

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