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Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

San Pietroburgo è sempre più argentina
di Alberto Farinone
[venerdì 11, mattina]

 

 

Fin dal suo approdo a San Pietroburgo, a Roberto Mancini sono stati conferiti ampi poteri decisionali sul mercato e la sua intenzione sembra essere quella di creare un gruppo straniero ma omogeneo, coeso all’interno dello spogliatoio, in grado di aiutarsi a vicenda ad adattarsi allo stile di vita e al campionato russo. Non una strategia nuova, per la verità, nei paesi dell’ex URSS, basti pensare a due tra le squadre più vincenti nella storia del calcio dell’est: il CSKA di Gazzaev e lo Shakhtar di Lucescu, che puntavano forte su un blocco molto folto di giocatori brasiliani.

 

Il tecnico di Jesi, sfruttando anche le conoscenze di alcuni suoi collaboratori appassionati di calcio sudamericano, ha deciso invece di modellare uno Zenit con una forte impronta argentina: un’operazione inedita per una squadra che, fino a un mese fa, aveva avuto tra le sue fila appena due argentini, cioè “el Chori” Domínguez, Ansaldi e Garay. Così, nel giro di poche settimane, lo Zenit ha ufficializzato Driussi, talentuoso attaccante di 21 anni ex River Plate, ha acquistato Paredes dalla Roma, ha rinforzato la propria difesa prelevando Mammana dal Lione, e infine ha messo sotto contratto Kranevitter, mediano arrivato in Europa sull’onda di un grande hype ma reduce da una deludente esperienza in Spagna con Atlético Madrid e Siviglia.

 

Non male l’impatto di Driussi con il campionato russo…

 

L’afflusso di giocatori argentini, però, non dovrebbe fermarsi qui. Lo Zenit sembra essere molto vicino dall’ingaggiare anche Rigoni, esterno offensivo dell’Independiente. Inoltre, i media argentini si dicono sicuri che lo Zenit abbia già bloccato altri due giovanissimi talenti locali: Ascacibar dell’Estudiantes e Pavón del Boca Juniors. Per un gruppo argentino che si forma, poi, ce n’è uno brasiliano che sparisce. Maurício e Hernani hanno già fatto le valigie, mentre Giuliano, impiegato in questo inizio di stagione meno del previsto, sembra sul punto di unirsi al Fenerbahce.

 

C’è chi ironizza sul fatto che Mancini si sia fatto prendere la mano nell’acquistare giocatori argentini, ma i risultati finora gli stanno dando ragione: lo Zenit è a punteggio pieno in campionato dopo quattro giornate e ha anche travolto i campioni in carica dello Spartak Mosca con un perentorio 5-1. A fare la differenza, però, sono stati soprattutto giocatori di passaporto russo, come i ritrovati Kokorin e Shatov, e i nuovi acquisti Erokhin e Kuzyaev. In mezzo, nonostante sia associato durante ogni sessione di mercato ad una squadra italiana, c’è Domenico Criscito, che nel suo ruolo di capitano avrà il difficile compito di fungere da raccordo tra il blocco russo e quello argentino all’interno dello spogliatoio. Chissà, alla fine questo strano mix potrebbe anche funzionare.

 

 

Sneijder al Nizza!
di Francesco Lisanti
[giovedì 10, pomeriggio]

 

 

Anche nella sua versione ormai trentatreenne, Wesley Sneijder rimane uno straordinario trequartista. Un giocatore in grado di spostarsi ovunque lungo il campo con quel caratteristico passo cadenzato, di ipnotizzare i difensori costretti a inseguirlo, e di disordinare gli schieramenti avversari tra scarichi, contro-movimenti e verticalizzazioni improvvise.

 

Sneijder ha sempre speso buone parole nei confronti del campionato turco, dove deve essersi divertito molto

 

La scorsa è stata un’altra ottima stagione per Sneijder, che ha ritoccato il suo personale record di assist in maglia cimbom, ben 16 in tutte le competizioni, e ha segnato 5 gol, tutti molto simili tra loro: segnati calciando da fuori area, con il piede destro, disegnando traiettorie tra lo stupefacente e l’incomprensibile. Palloni molto alti che improvvisamente si abbassavano, punizioni che sembravano destinate all’esterno dei pali e invece in qualche modo ci rientravano, colpi senza rincorsa, eppure così forti da negare ai portieri il tempo di reazione.

 

In area di rigore, invece, non riesce a inserirsi con frequenza e pericolosità come ai tempi dell’Inter. Piuttosto staziona intorno al mezzo spazio sinistro, la zona del campo che preferisce, dalla quale può monitorare i movimenti dei compagni e decidere se combinare nel breve, lanciare lungo sul lato opposto, o cercare subito la profondità. Quest’anno ha registrato 45 passaggi e 2.5 tiri ogni 90 minuti, medie che potrebbero ritoccarsi leggermente al ribasso in un campionato più competitivo come quello francese.  

 

Nell’arco di pochi mesi, Favre ha stravolto una squadra votata al contrattacco come il Nizza di Puel e ha formato un gruppo di giovani tecnici e ambiziosi all’interno di un 3-5-2 molto flessibile. Il Nizza prova a gestire il pallone con calma nella propria metà campo, per poi velocizzare l’azione a un tocco nella metà campo offensiva: a questo scopo potrà essere molto importante un rifinitore come Sneijder, con una spiccata sensibilità per la verticalizzazione, uno che quando riceve spalle alla porta dà sempre l’idea di sapere già in quale corridoio far scorrere il pallone.

 

L’ultima versione di Sneijder, ancora in grado di mettere il pallone dove vuole.

 

Il tecnico del Nizza si è augurato che Sneijder possa contribuire a formare una mentalità vincente e accompagnare l’evoluzione dei giovani, e che possa recuperare al più presto una condizione atletica ottimale, ma è ovvio che sarà il campo a mostrarci se Sneijder possa essere davvero utile alla squadra francese. Forse verrà schierato nel ruolo di mezzala sinistra, a condizione che la condizione atletica si dimostri compatibile con le richieste, oppure, più probabilmente, un po’ più avanti, alle spalle dell’attaccante, da trequartista.

 

Anche se l’età che avanza gli toglie brillantezza fisica ogni anno che passa, non ci sono molti giocatori in grado di sostenere il volume di gioco che Sneijder produce nell’ultimo terzo di campo, e nello stesso tempo di conservare medie di precisione passaggi intorno al 90%.

 

Nella doppia sfida del preliminare di Champions, il centrocampo del Napoli avrà l’obbligo di fargli pesare gli spazi stretti del calcio ultra-moderno da cui Sneijder tentava di fuggire accettando le lusinghe del Galatasaray. Se poi concederà un calcio di punizione da posizione pericolosa, la speranza è che la traiettoria cada al di fuori di quello spazio tra lo stupefacente e l’incomprensibile, che appartiene tutto al piede destro di Wesley Sneijder.

 

 

Il senso di Benassi alla Fiorentina
di Alfredo Giacobbe
[giovedì 10, mattina]

 

 

Nella giornata di ieri è stato ufficializzato il trasferimento di Marco Benassi dal Torino alla Fiorentina. Un’operazione che non si aspettava nessuno, di quelle che i lettori accaniti di retroscena finiscono inevitabilmente per amare.

 

L’unica spia che avrebbe potuto segnalare, se non una vera e propria cessione, quantomeno una discesa nelle preferenze dell’allenatore, è stato l’utilizzo anomalo nelle ultime settimane. Nelle prime amichevoli prestagionali Benassi è stato utilizzato per lo più nel trio di trequartisti alle spalle di Belotti, con Acquah e Baselli che lo avevano superato per i due posti da mediano a centrocampo. Lo stesso Mihajlovic ha poi dichiarato nella conferenza stampa di fine ritiro che il passaggio dal 4-3-3 al 4-2-3-1 avrebbe finito proprio per penalizzare Benassi.

 

Eppure, nonostante Benassi sembra essere più a suo agio in un centrocampo a tre, dalle prime amichevoli sembrerebbe che anche Pioli sia orientato ad organizzare il suo sistema intorno al 4-2-3-1. In cosa potrebbe tornare utile quindi alla Fiorentina?

 

Benassi potrebbe giocare nel duo di mediani davanti alla difesa, aggiungendo dinamismo all’attuale assortimento costituito da Sanchez e Veretout. Oppure Pioli potrebbe addirittura rigenerarlo come trequartista incursore alla Perrotta dietro l’unica punta. Al di là del ruolo, comunque, è l’atteggiamento di Benassi, quel suo istinto all’anticipo e a difendere attaccando gli avversari in avanti, che potrebbe essere gradito a Pioli.

 

 

 

Certo, con la palla Benassi non è un giocatore perfetto. Se da un lato non ha un primo controllo né una sensibilità nel piede destro da primo della classe, dall’altro dimostra attraverso le sue scelte un’ottima comprensione del gioco. È capace di servire il movimento dei compagni, sia a corto che a lungo raggio, e il numero di occasioni create per i compagni sono salite stagione dopo stagione, così com’è migliorata la sua precisione nei passaggi.

 

 

 

Con i suoi movimenti interno-esterno, inoltre, il nuovo centrocampista della Fiorentina si associa bene con il terzino e l’ala per la formazione dei triangoli sull’esterno.

 

Il suo pezzo forte, però, resta il tiro di destro dalla distanza: la scorsa stagione Benassi ha tirato 2 volte ogni 90 minuti, dividendo equamente i suoi tentativi tra l’interno e l’esterno dell’area di rigore.

 

 

 

Senza la palla Benassi, nonostante il dinamismo, difetta a volte per la troppa irruenza: 1,4 falli ogni 90 minuti e il 70% degli interventi a contrasto andati a vuoto restituiscono l’immagine di un calciatore che non sempre indovina i tempi d’uscita sul portatore di palla. Benassi, come detto, è un giocatore aggressivo, spendibile nelle fasi di pressione alta nella metà campo avversaria.

 

La Fiorentina, comunque, acquisisce un profilo di calciatore che in rosa non aveva e che potrebbe trovare con Pioli una nuova dimensione. Quest’anno Benassi compie 23 anni: potrebbe essere il momento perfetto per iniziare il definitivo processo di maturazione.

 

 

Mahrez è davvero ciò di cui ha bisogno la Roma?
di Dario Saltari
[mercoledì 9, mattina]

 

 

Non è un segreto che la Roma stia cercando un modo per sostituire Salah, la cui assenza è stata solo parzialmente coperta dall’arrivo di Cengiz Ünder. La comunicazione del club giallorosso sul tema quest’anno è stata talmente trasparente che Monchi ha finito per dare alla stampa una descrizione tecnica abbastanza precisa del proprio obiettivo: «un mancino», «un esterno che si accentri» oppure «un destro con naturale tendenza ad accentrarsi». Il DS spagnolo, d’altra parte, ha confermato anche che il primo nome sulla sua lista è quello di Riyad Mahrez – un mancino che tende ad accentrarsi con il pallone, non a caso: «Stiamo facendo di tutto per prenderlo» è arrivato a dichiarare Monchi nella conferenza di ieri.

 

Il nome di Mahrez non è stato accolto con un coro di assenso unanime da parte di tifosi e stampa, principalmente perché le esose richieste economiche del Leicester vengono messe a contrasto con la sua ultima stagione non certo indimenticabile.

 

Si può però essere severi con l’ultimo anno di Mahrez solo se questo viene messo a confronto con il 2015/16 straordinario del Leicester: una stagione in cui con i suoi 18 gol e 10 assist aveva vinto la Premier League, il premio di miglior giocatore del campionato inglese, quello di calciatore africano dell’anno e il settimo posto nella classifica generale del Pallone d’Oro.

 

L’algerino era stato, insieme a Vardy, il giocatore più importante dell’assurdo miracolo compiuto dalla squadra di Ranieri, e proprio per questo forse il suo calo è stato notato più degli altri, in una stagione collettivamente negativa (sempre se messa a confronto con quella precedente e non nell’ottica di una naturale normalizzazione).

Un calo, in primo luogo statistico, c’è stato (un dato fra gli altri: i dribbling riusciti sono passati dai 3.88 per 90 minuti del 2015/16 ai 2.48 per 90 minuti del 2016/17). Ma sono numeri che andrebbero comunque inseriti in una stagione da 10 gol e 7 assist in cui Mahrez, che prima del Leicester giocava al Le Havre, in Serie B francese, si è ritrovato ad affrontare nello stesso anno la Champions League (per la prima volta) e l’impegno gravosissimo della Coppa d’Africa.

 

Quello del salto di qualità mentale per diventare un giocatore con un peso anche ad altissimo livello è stato un tema che ha diviso Ranieri e Mahrez durante la stagione. Il tecnico romano lo ha tenuto in panchina un paio di volte in partite importanti e poi, a fine anno, gli ha esplicitamente chiesto di dimenticare il suo passato di successi. «Per la prima volta nella sua carriera Riyad ha vinto tutto ciò che voleva vincere», ha dichiarato Ranieri alla fine di dicembre «È stato il giocatore dell’anno in Premier ma non deve sentirsi appagato. Ora deve migliorare: visto quello che ha raggiunto l’anno scorso adesso ha altre responsabilità».

 

Quella della continuità mentale ad alti livelli, comunque, non è l’unica incognita che si porterebbe dietro Mahrez. Da quanto mostrato nel precampionato e da quanto fatto intendere sia da Di Francesco che da Monchi, la Roma quest’anno cercherà di essere una squadra dalla struttura posizionale definita, con l’ambizione di dominare il possesso. In questa architettura tattica, le ali dovrebbero ricevere nei mezzi spazi con l’ampiezza garantita dai terzini e dai tagli interno-esterno delle mezzali.

 

È un sistema di gioco totalmente nuovo per Mahrez, che non ha nascosto il proprio apprezzamento per il gioco “all’inglese”, quello a cui è stato sempre abituato, e che potrebbe esporne alcuni dei difetti.

 

Innanzitutto il gioco spalle alla porta. Mahrez non ha una grande consapevolezza di come utilizzare il proprio corpo per proteggere il pallone e sembra spesso temere i contrasti alle spalle. Quando riceve spalle alla porta tra le linee di solito preferisce scelte conservative di prima all’indietro, oppure forzare giocate complesse, provando a superare l’avversario con il primo controllo, perdendo spesso il pallone.

 

 

 

L’algerino preferisce di gran lunga ricevere sull’esterno, con il corpo già diretto verso la porta, e solo successivamente accentrarsi con il pallone al piede, puntando i poveri avversari con le sue estenuanti serie di finte e controfinte.

 

 

 

Questo è l’aspetto più luminescente del gioco di Mahrez, che nel rompere situazioni statiche, nel disordinare difese basse e chiuse, è una delle migliori ali in circolazione nel panorama europeo.

 

L’algerino, inoltre, dà alla propria squadra la possibilità di attirare una grande quantità di avversari su un lato per poi colpire il lato debole o creare superiorità centralmente. Un aspetto, tra l’altro, che ben si adatta alle idee di Di Francesco, che anche a Sassuolo usava Berardi come leva per attaccare il lato opposto.

 

 

 

Rispetto all’ala del Sassuolo, però, Mahrez è un giocatore più istintivo e in difficoltà a limitare la propria libertà creativa per il bene di un piano collettivo. L’algerino può iniziare un taglio a sinistra col pallone e finirlo a destra, il tutto con una certa indolenza nel seguire gli avversari e riprendere la propria posizione in fase di non possesso.

 

 

 

È difficile capire oggi come un allenatore rigido e meccanico come Di Francesco possa maneggiare questo aspetto, che alla fine è ciò che rende il gioco di Mahrez così efficace, e anche come potrebbe convivere con un altro magnete di palloni come Perotti, che dovrebbe occupare specularmente la fascia destra.

 

Mahrez sarebbe l’ennesimo giocatore dalle grandi capacità creative e con uno spiccato amore per il pallone acquistato da Monchi. Gran parte delle fortune della prossima stagione della Roma passerà da quanto riusciranno queste qualità a compenetrare nelle idee tattiche di Di Francesco.

 

 

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