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Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

Continua la follia estiva del calciomercato. Saranno due mesi di notizie spulciate su giornali unti di crema solare, di giocatori che cambieranno squadra sette volte in un giorno solo. Fino al 31 agosto proveremo a commentare le trattative più interessanti quotidianamente, su questo articolo che aggiorneremo in diretta anche più volte al giorno. Questo è il secondo capitolo della serie, qui trovate il primo. Quindi in spiaggia non scordatevi il tablet.

 

 

Nani può sostituire adeguatamente Keita?
di Daniele V. Morrone
[venerdì 1, mattina]

 

 

La difficile situazione contrattuale di Keita Baldé ha portato Lotito a cercare un patto col diavolo per evitare di cederlo sottoprezzo ad una delle squadre italiane interessate (a quanto pare soprattutto Juventus e Inter). Il diavolo in questo caso ha assunto le sembianze di Jorge Mendes, che dopo aver facilitato la cessione di Keita al Monaco per la cifra originariamente chiesta dalla Lazio (Mendes è il principale advisor del club monegasco) ha chiesto in cambio un favore.

 

Oltre all’arrivo di Nani, suo assistito per molti anni ora curato da Pastorello, Mendes ha mediato anche l’arrivo di due giovani talenti del Braga (altro club fortemente influenzato dall’agente portoghese) che saranno inizialmente inseriti nelle giovanili biancocelesti: Pedro Neto e Bruno Jordão. Un’operazione economicamente vantaggiosissima per la Lazio nel breve periodo (Nani arriva in prestito con obbligo di riscatto per una cifra vicino ai 3 milioni) che ha trovato immediatamente il sostituto di Keita e in più due giovani su cui provare a fare plusvalenza nell’arco di un triennio.

 

Il campo però potrebbe essere un giudice diverso rispetto a quello dei conti. Nani, infatti, viene da due stagioni in chiaroscuro prima al Fenerbahce e poi al Valencia, pesantemente influenzate da un declino fisico accentuato da un grave infortunio muscolare che la scorsa stagione l’ha tenuto fuori quasi due mesi.

 

Nonostante ciò, il portoghese potrebbe comunque coniugarsi bene con il gioco di Inzaghi. Come detto, Nani ha perso la grande velocità di cui disponeva da giovane, ma rimane comunque un giocatore che si impegna molto senza palla, e che può giocare quindi sia da esterno (provando ad andare dietro la difesa avversaria con tagli esterno-interno) sia da seconda punta, creando spazi per la prima punta e finalizzando in area.

 

 

 

 

Va detto a questo proposito che la scorsa stagione, in un Valencia in pieno caos societario e tecnico, Nani si è impegnato ad aiutare la squadra più in veste di assist man che di finalizzatore vero e proprio. Nani ad oggi sembra dare il meglio di sé quando viene incontro al centrocampo, giocando nei mezzi spazi, aiutandosi con il suo ottimo controllo di palla e la sua grande visione di gioco.

 

 

 

 

In questo senso, Nani può tornare utile sia nel 3-4-2-1 attuale che in un eventuale 4-3-3. In quest’ultimo caso, essendo ambidestro, potrebbe agire su entrambe le fasce ma, con la presenza di Felipe Anderson, sarebbe naturalmente dirottato sulla fascia sinistra, come nel Valencia. Anche una possibile partnership con Immobile (magari in un 3-5-2) sembra sulla carta poter funzionare molto bene, visti i movimenti in profondità garantiti dall’italiano.

 

 

Dal punto di vista realizzativo è lecito avere dei dubbi, ma Nani garantirà alla Lazio un buon apporto creativo, sia in termini di dribbling (la scorsa stagione ne ha provati 4 a partita, riuscendo in meno della metà) che di passaggi chiave (1.6 a partita la scorsa stagione).

 

Insomma, vista l’età e la scarsa malleabilità tattica, non esattamente l’acquisto ideale ma sicuramente utile, soprattutto in un momento del mercato in cui è difficile andare a prendere giocatori di primissima fascia. A fare patti col Diavolo di solito non si vince mai, ma qualcosa di buono, almeno nel breve periodo, lo si può sempre ricavare.

 

 

Höwedes non è un ripiego
di Daniele V. Morrone
[martedì 29, mattina]

 

 

Dopo anni di delusioni, lo Schalke 04 ha deciso di aprire un nuovo ciclo con il giovane allenatore italiano Domenico Tedesco (trentaduenne, ex-ingegnere della Mercedes, con una gavetta – seppur breve – nelle giovanili di Stoccarda e Hoffenheim, prima del passaggio al Erzgebirge Aue lo scorso anno, che poi gli è valso la chiamata dello Schalke). Alla squadra è in atto un processo di rinnovamento che, come tale, sta per forza di cose mettendo da parte alcuni giocatori. Uno di questi è Benedikt Höwedes, a cui è stata già tolta la fascia di capitano dopo sei stagioni.

 

Höwedes è un centrale completo che ha anche giocato da terzino destro (ad esempio ai Mondiali del 2014), nonostante la rigidità nei movimenti (diciamo che non è agilissimo anche se discretamente potente). Höwedes da terzino non garantisce ampiezza sull’esterno e non arriva quasi mai sul fondo, e per questo motivo funziona più come punto di supporto nella costruzione dell’azione (grazie alla sua precisione nel gioco corto) che da uomo a tutta fascia.

 

Da centrale, però, Höwedes garantisce una sensibilità tecnica che pochi altri difensori hanno. Il centrale tedesco è anche un profondo conoscitore dell’arte difensiva, essendo cresciuto in un campionato fisico e di transizioni. In particolare ha sviluppato un’indole per il gioco aggressivo e la difesa in avanti, ed è quindi portato naturalmente a cercare l’anticipo o ad accorciare. Il tutto, con grandi capacità di lettura.

 

Esempio:

 

 

 

Con i suoi 1.87m e 82kg, Höwedes ha un fisico perfetto per un centrale moderno, non imponente ma con spalle larghe e gambe potenti per reggere i duelli individuali e tenere la marcatura in area contro anche gli avversari più abili nei duelli aerei. Quello che veramente sorprende di Höwedes, quello che l’ha portato ad essere spesso dirottato sulla fascia, è la potenza nelle gambe. Höwedes ha un’ottima capacità di recupero, finendo più volte ad essere lui il centrale che garantisce la copertura della profondità, pur essendo un giocatore che vuole difendere in avanti. A questo proposito è stata leggendaria la sua marcatura su Giroud in occasione degli ultimi Europei.

 

 

 

La stessa potenza nelle gambe gli garantisce una grande forza nei duelli aerei, un fondamentale dove eccelle sia nello stacco che nella tecnica, e che lo rende molto pericoloso anche sui calci d’angolo, in funzione offensiva. Höwedes è un colpitore di testa che punta più sulla potenza che sulla precisione, è vero, ma nei duelli aerei può essere veramente devastante, soprattutto se gli si concede lo spazio per saltare in tre tempi.

 

 

 

Forse è ancora più sottovalutata la sua attitudine offensiva: la convinzione e l’intelligenza, cioè, con cui si spinge in avanti senza palla non accontentandosi dell’appoggio semplice. Höwedes ha un ottimo tempismo nel buttarsi tra le linee, dando un’ulteriore linea di passaggio ai propri compagni. È comune vederlo recuperare il pallone e poi partire in conduzione ben oltre il centrocampo così da far saltare le marcature e disordinare la squadra avversaria.

 

Qui, ad esempio, imposta l’azione con freddezza e poi, individuato un varco, si lancia in avanti finendo fino in area.

 

 

 

Quello che più deve aver convinto la Juventus a puntare su di lui è però il suo gioco con la palla. Höwedes è un giocatore molto sicuro nella gestione dell’uscita del pallone dalla difesa, bravo nelle letture, e freddo e preciso nell’esecuzione.

 

Nel passaggio corto è una certezza, mentre nel lungo, nonostante non abbia mai avuto il volume di lanci di Bonucci, parliamo comunque di un giocatore che la scorsa stagione ha completato 4 lanci a partita, un ordine di grandezza molto vicino a quello di Benatia, per intenderci.

 

 

Una delle principali incognite di un acquisto simile riguarda la solidità fisica. Höwedes ha sempre avuto diversi problemi con gli infortuni e solo nell’ultima stagione ha superato le 30 partite in Bundesliga (l’ultima volta era stato addirittura nella stagione 2012-13). Un problema non di poco conto per un reparto con un urgente bisogno di rinnovarsi (Caldara arriverà solo l’anno prossimo) e che, senza Bonucci, deve completarsi numericamente.

 

Per il resto, però, non ci sono motivi per non ritenerlo un buon acquisto per la Juventus. Potrebbe garantire una sicurezza più grande di De Sciglio (che sembra momentaneamente bocciato da Allegri) e una fisicità di molto superiore a Lichsteiner. Da centrale, oltre alle doti in impostazione appena descritte, garantirebbe una copertura in marcatura che potrebbe dare sicurezza a tutto il reparto e, considerando anche che Rugani e Benatia non hanno cominciato la stagione al proprio meglio Allegri potrebbe pensarci. In ultima analisi, Allegri potrebbe anche tornare alla difesa a 3… In ogni caso Höwedes è nel pieno della propria maturità fisica e mentale, ed inoltre ha l’adattabilità giusta per soddisfare qualsiasi (quasi) richiesta di Allegri.

 

 

Coccodrilli – Carlos Bacca al Villarreal
di Francesco Lisanti
[lunedì 28, mattina]

 

 

Dell’ultima stagione di Bacca al Milan ricordo immediatamente due assist. Il primo realizzato nel derby di andata, quando ha rubato il tempo a Murillo, usato Suso come sponda per scappare al di là della linea difensiva interista, e poi servito nuovamente Suso sulla corsa, in area di rigore. Il secondo realizzato nel derby di ritorno, al proverbiale minuto 97, quando ha avuto la possibilità di saltare da solo al centro dell’area e di indirizzare la palla verso Zapata, perché Medel era scappato impaurito verso la linea di porta.

 

Certo, sono stati due assist decisivi, che mettono in mostra quegli strappi e quelle intuizioni che lo rendevano uno degli attaccanti più prolifici del campionato (il colombiano è sesto in Serie A per somma di gol segnati nelle ultime due stagioni, 31, nonché uno dei nove giocatori a raggiungere la doppia cifra in entrambe le annate). Eppure, due assist: non proprio quello che ci si aspettava un giocatore arrivato in Italia con la fama dell’attaccante spietato.

 

Essere ricordato per i passaggi prima che per i gol: è, per me, il segnale del suo declino, lo stesso che si presenta a quasi tutti gli attaccanti dopo i 30 anni. Gol che pure ci sono stati, e degni della sua fama di implacabile finalizzatore, ma è stato difficile apprezzarli, e non sentire il magone poco dopo di fronte ai segnali del suo tramonto.

 

 

Qui, ad esempio, aveva dimenticato come si passa il pallone.

 

Il paradosso dentro il quale Bacca ha umilmente ritagliato una carriera di alto livello, quello di attaccante non troppo alto, non troppo forte, non troppo veloce, non troppo elegante, non troppo preciso, eppure tremendamente efficace, è stato a lungo lo specchio della sua esperienza italiana.

 

Nei due anni in Italia non l’abbiamo visto calciare spesso, soltanto 2,2 tiri ogni 90 minuti, pochissimi se confrontati alle occasioni avute da quei 5 attaccanti che hanno segnato più di lui (Mertens 5, Higuaín 4,8, Dzeko 4,7, Belotti 3,2, Icardi 2,7). L’abbiamo però visto segnare molto, e non soltanto grazie ai rigori (6, il 20% del contributo complessivo). Le ragioni sono da rintracciare in parte nella produzione offensiva delle rispettive squadre, in parte nelle caratteristiche dei singoli: tutti gli attaccanti in questa lista, chi più chi meno, sono più bravi di Bacca a ricavarsi lo spazio per la conclusione.

 

Non l’abbiamo mai neanche visto particolarmente coinvolto nella distribuzione, pochi palloni toccati, pochi passaggi e neanche troppo precisi. Più spesso, l’abbiamo visto affannarsi per un cross fuori misura o per un lancio partito in ritardo, mandare al diavolo arbitri, avversari e compagni, recuperare indolente la posizione. Non è mai stata tutta colpa sua: parliamo di un attaccante alto 181 centimetri, con scarsissima elevazione, in grado di arrivare a contendere un duello aereo soltanto quando i difensori glielo permettono (quindi soltanto contro difensori molto molto lenti: qui Rossettini, qui il Pipo González).

 

 

Bacca sembrava aver perso anche la voglia di saltare.

 

Due anni fa ci chiedevamo se Bacca, al Milan, avrebbe mai trovato un contesto tattico congeniale, e a conti fatti non è andata così. Quando ha avuto la possibilità di dividere il fronte di attacco con un compagno, come Gameiro nel Siviglia, Teo Gutiérrez nella Sele, Luiz Adriano, Niang e persino Lapadula nel Milan, Bacca è stato sotto diversi aspetti un attaccante migliore. Sicuramente un attaccante più felice.

 

Affiancare un compagno a Bacca significa dare un senso ai suoi movimenti tra le linee, al suo gioco spalle alla porta mai banale, e significa sottrargli una fetta di attenzioni della difesa, ridurgli le responsabilità negli ultimi 50 metri di campo. Spesso ha invece dovuto affannarsi in una squadra con il baricentro basso e nessun riferimento vicino, e ha facilmente perso la voglia di farlo.

 

 

Anche scattare sul filo del fuorigioco era diventato un peso.

 

Nel Villarreal sarà impiegato stabilmente in un 4-4-2, e potrà tornare a indossare stabilmente l’amarillo, nel tentativo di ammortizzare la nostalgia di casa. Il suo cartellino è costato circa 18 milioni, il riconoscimento di un valore ancora presente, non scintillante, ma neppure sbiadito (era esattamente la cifra che serviva per evitare la minusvalenza).

 

 

L’ultimo, malinconico tiro di Bacca a San Siro

 

Il breve passaggio di Bacca ci ha confermato che pochi giocatori sono realmente in grado di esercitare un controllo totale sull’andamento di una partita. I fattori al di fuori del proprio controllo – un cross fuori misura, un lancio partito in ritardo, o un difensore particolarmente ispirato – spesso e volentieri marcano la differenza tra una giornata di gloria e una magra prestazione.

 

A Bacca, che ha vissuto entrambe, auguro di ricominciare con il Villarreal la rincorsa all’Europa League, il suo terreno di caccia preferito. Quest’anno, chissà, potrebbe incontrare subito il Milan.

 

 

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