• Calciomercato
Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

Qual è l’attaccante più adatto al Milan? Belotti, Morata o Aubameyang?
di Federico Aquè
[Martedì 18, pomeriggio]

 

 

Gli acquisti di Leonardo Bonucci e Lucas Biglia hanno garantito il salto di qualità alla difesa e al centrocampo del Milan. Gli sforzi della società rossonera sono ora concentrati sull’attacco, per aggiungere un altro centravanti da affiancare ad André Silva e alzare il livello anche nel reparto avanzato. Gli obiettivi, svelati pubblicamente dall’amministratore delegato Marco Fassone, sono tre: Andrea Belotti, Álvaro Morata e Pierre-Emerick Aubameyang. Ma chi completerebbe meglio l’attacco del Milan?

 

 

Andrea Belotti

 

Belotti ha vissuto una stagione eccezionale che abbiamo approfondito in diversi aspetti: le anomalie statistiche, l’evoluzione del suo modo di giocare, l’intensità fuori controllo. Dei tre centravanti seguiti dal Milan, Belotti è il più giovane e quello con minore esperienza internazionale, che si limita alle 9 presenze con la maglia dell’Italia. L’attaccante del Torino è di conseguenza quello che offre meno garanzie sul proprio impatto in una squadra che punta a tornare ai vertici del calcio italiano ed europeo: ha definitivamente alzato il proprio livello di rendimento o l’ultima stagione è stata un unicum?

 

Belotti ha espresso le maggiori potenzialità soprattutto giocando da unica punta nel 4-3-3 utilizzato inizialmente da Sinisa Mihajlovic al Toro. Ha così imparato a essere autosufficiente, a caricarsi fisicamente la squadra sulle spalle calamitando i palloni in uscita dalla difesa o andandoseli a prendere in prima persona. Per i granata il proprio numero 9 è stato un riferimento fondamentale, una scorciatoia per risalire il campo in grado di produrre da solo situazioni vantaggiose pur senza avere la sensibilità tecnica dei centravanti d’élite, quelli, per intenderci, capaci di minacciare la porta avversaria ogni volta che toccano la palla.

 

Belotti si è comunque dimostrato a suo agio anche in sistemi che prevedono due attaccanti. Considerato l’investimento del Milan su André Silva, è molto probabile che la complementarità con l’attaccante portoghese rappresenti un criterio decisivo nella scelta della società rossonera. Belotti ha giocato prevalentemente in coppia con Ciro Immobile, sia al Torino che in Nazionale, interiorizzando i movimenti che Ventura chiede alle sue punte. Con André Silva l’attaccante del Toro formerebbe una delle coppie fisicamente più forti della Serie A, un incubo per i difensori avversari nel corpo a corpo. Nessuno dei due ha però le caratteristiche adatte a raccordare il gioco muovendosi tra le linee e la manovra rischierebbe così di svilupparsi in maniera quasi esclusiva sulle fasce.

 

 

Un attaccante con questa presenza in area non sarebbe poi una brutta idea…

 

In un Milan che ha alzato in maniera decisa il proprio tasso tecnico aggiungendo fonti di gioco della qualità di Bonucci (che con Belotti avrebbe un riferimento privilegiato per le sue verticalizzazioni) e Biglia, uno specialista nel definire la manovra come Calhanoglu e due terzini offensivi come Conti e Rodríguez, in grado di garantire un buon numero di cross a partita, le qualità di Belotti verrebbero forse esaltate in misura maggiore giocando da unico centravanti col compito di finalizzare quanto prodotto dai compagni.

 

 

Álvaro Morata

 

A 24 anni Morata ha già vinto più volte tutto ciò che un calciatore spera di vincere. Eppure la sua carriera non può dirsi “piena” come la sua bacheca potrebbe far supporre. A differenza di Belotti, l’attaccante spagnolo si è confrontato in maniera esclusiva con contesti altamente competitivi (Real Madrid e Juventus), ma pur dimostrando un’attitudine innata ad alzare il proprio livello nelle partite e nei momenti decisivi, non è mai riuscito a imporsi come titolare inamovibile.

 

Eppure a livello tecnico e fisico Morata è tra i centravanti più completi del panorama internazionale. È forte e veloce, dà profondità, ma sa anche farsi valere nei corpo a corpo; può segnare in tutti i modi e giocare sia al centro che sulle fasce, da unica punta o in coppia con un altro attaccante. Quando poi prende velocità in campo aperto è in grado di inclinare il campo e trasformare gli avversari in birilli.

 

 

Non c’è nemmeno bisogno di scomodare la famosa cavalcata contro il Bayern Monaco.

 

Il trasferimento al Milan rappresenterebbe l’incastro perfetto sotto molti punti di vista, sia per Morata, che avrebbe finalmente l’occasione di giocare da titolare in pianta stabile; sia per i rossoneri, che inserirebbero un giocatore di livello assoluto, ma non ancora affermato tra i migliori attaccanti del panorama internazionale, nell’età ideale per svilupparne il pieno potenziale e farlo diventare un punto fermo anche per il futuro.

 

Morata formerebbe con André Silva una coppia fisicamente fuori dal comune, difficilmente arginabile non solo per la loro forza fisica, ma anche per la varietà dei loro movimenti. Anche in questo caso Montella rinuncerebbe a un giocatore in grado di raccordare la manovra tra le linee – alla Juve la presenza di Tévez e Dybala toglieva a Morata questa responsabilità – e punterebbe tutto sui movimenti coordinati dei suoi attaccanti. Ma la capacità che hanno entrambi di occupare il centro tanto quanto le fasce con tagli verso l’esterno renderebbe la partnership tra Morata e André Silva forse anche più pericolosa di quella formata dallo stesso portoghese e Belotti.

 

 

Pierre-Emerick Aubameyang

 

Aubameyang è l’attaccante più affermato e, forse, quello che più di tutti condizionerebbe il modo di giocare del Milan. Le caratteristiche tecniche e fisiche del giocatore del Borussia Dortmund, che però se ne priverà molto difficilmente, sono state esaltate dal calcio verticale e veloce della Bundesliga. Nelle due stagioni con Thomas Tuchel in panchina, inoltre, Aubameyang ha completato la trasformazione in finalizzatore cominciata con Klopp dopo l’addio di Lewandowski.

 

Nel BVB di Tuchel, una squadra dalla manovra offensiva molto organizzata, l’influenza di Aubameyang si è sostanzialmente limitata alla finalizzazione del gioco, quasi sempre da dentro l’area, vista la facilità con cui il Dortmund riusciva a risalire il campo e a costruire occasioni da gol. Automaticamente la sua media si è impennata e il gabonese è diventato un attaccante da un gol a partita.

 

 

Ricerca della profondità in zone laterali e cross basso per Aubameyang: uno sviluppo ricorrente della manovra del Dortmund, che potrebbe replicarsi al Milan.

 

Proprio l’esito di questa trasformazione fa sorgere alcuni dubbi su una sua eventuale convivenza con André Silva, nonostante per caratteristiche Aubameyang non abbia problemi a partire lontano dalla porta. Sarà disposto a coordinarsi con un altro attaccante e a dividere con lui i palloni da girare in rete, rinunciando alle medie eccezionali tenute nelle ultime due stagioni? La risposta a questa domanda, a un livello più generale, sarà indicativa dello spirito con cui Aubameyang tornerebbe a Milano: vorrà essere trattato da stella della squadra (come sembrano suggerire le sue presunte richieste salariali) oppure la voglia di dimostrare l’errore fatto dai rossoneri quando lo lasciarono andare via prevarrà su tutto il resto?

 

 

Dalbert è il terzino giusto per il gioco di Spalletti?
di Francesco Lisanti
[Martedì 18, mattina]

 

 

Anche se la valutazione del suo cartellino continua a lievitare di stagione in stagione, seguendo la traiettoria che trasforma lo status di scommessa in quello di certezza, il Dalbert Henrique che l’Inter preleverebbe dal Nizza è rimasto fondamentalmente lo stesso giocatore sbarcato in seconda divisione portoghese soltanto tre anni e mezzo fa: «potente, veloce, e aggressivo in marcatura», per utilizzare le sue parole.

 

Dalbert non dispone di un talento naturale per il gioco di quelli che spiccano in mezzo ad altri venti professionisti: utilizza quasi esclusivamente il piede sinistro (anche se in conduzione se la cava con il destro) ma non è abbastanza sensibile né fluido per rubare la scena. Le accademie di Fluminense e Flamengo lo hanno reclutato e poi lasciato andare, ha galleggiato per un po’ tra le categorie inferiori del campionato carioca, finché il suo agente gli ha proposto la seconda divisione portoghese. «Non ci ho pensato due volte. O andavo lì, o facevo la fame in Brasile», ricorda.

 

Quando per allenarsi era costretto a percorrere in bici, andata e ritorno, i 12 chilometri che separano Barra Mansa da Volta Redonda, senza la prospettiva di uno stipendio, Dalbert stava per rinunciare al calcio. «Lei mi diceva che era quello che sapevo fare, che ero bravo e dovevo continuare a provarci. Mia nonna è stata la mia più grande motivazione».

 

Quando arriva in Europa, Dalbert ha appena compiuto vent’anni e soffre «gli infortuni, l’ambientamento, il freddo, il cibo». La società che lo ha scoperto, il piccolo Académico di Viseu, non paga gli stipendi regolarmente, e all’imbarazzo di non poter spedire denaro ai propri parenti in Brasile si aggiungono complicazioni che non era preparato ad affrontare: dopo tre mesi, gli scade il visto da turista con cui era atterrato in Portogallo e diventa un immigrato irregolare. Deve pagare di tasca sua per ottenere i permessi e si ritrova a ricominciare da zero quando ritrova il suo appartamento svuotato dopo una rapina.

 

La capacità di Dalbert di trovare continuamente nuovi stimoli, anche nell’amarezza e nello sconforto, è una costante nel suo percorso formativo. Nella stagione 2014/2015, la prima da titolare, emerge come miglior terzino sinistro della Segunda Liga. Nel 2015/2016, il Vitoria Guimarães lo acquista a parametro zero, lo fa esordire in seconda squadra e dopo due mesi lo chiama in prima squadra, dove diventa titolare insostituibile nel 4-4-2 di Sergio Conceicão. Nel 2016/2017, il Nizza riesce ad acquistarlo per la miseria di 2 milioni e lo utilizza per tutta la stagione, esterno di sinistra sia con la difesa a 4 che con la difesa a 5.

 

Il difficile impatto con il calcio professionistico (e con il Tecatito Corona)

 

In Portogallo migliora nei movimenti in linea con il reparto, che tendeva a seguire con una certa distrazione. In Francia, con Favre, impara a gestire il ritmo e il pallone ad elevate percentuali di possesso. Nell’ultima stagione ha tentato 45 passaggi ogni 90 minuti con l’87% di precisione, meglio di Ansaldi, Nagatomo e D’Ambrosio. Spalletti ha ripetuto in ogni occasione quanto sia indispensabile rendere l’Inter una squadra in grado di controllare il pallone per la maggior parte della partita, e Dalbert può certamente tornare utile in questo senso.

 

Dalbert non è un giocatore particolarmente creativo, non va oltre 0,5 tiri tentati e 0,8 passaggi-chiave (più o meno lo stesso contributo di Ansaldi e D’Ambrosio), ma è molto efficace in quasi tutto quello che fa. Completa il 55% dei dribbling (ne tenta 2,7), vince il 57% dei duelli aerei che ingaggia (2,5) e il 74% dei contrasti (ne tenta 3,7).

 

Il dribbling di Dalbert è rudimentale ma efficace: Mertens e Hysaj vengono sorpresi in anticipo e lasciati sul posto

 

La sua azione ideale, che esegue con tempismo innato sin da quando giocava nelle basse leghe brasiliane, prevede la ricezione in posizione molto allargata, lo scarico verso l’interno e l’immediata accelerazione per lasciare sul posto il marcatore. Nel Nizza ha funzionato molto bene l’intesa con Seri, in grado di addolcire i palloni non sempre educatissimi del brasiliano e restituirglieli sulla corsa. All’Inter troverebbe Borja Valero e João Mário, due rifinitori perfetti per combinare pausa e tensione verticale.

 

Quando è pressato negli spazi stretti rimane lucido, utilizzando entrambi i piedi se necessario, ma non è particolarmente delicato nell’esecuzione

 

Dalbert può tranquillamente percorrere tutta la fascia da una trequarti all’altra appoggiandosi di volta in volta sui riferimenti interni, una sensazione di potenza e freschezza atletica mai più restituita alle corsie laterali nerazzurre dopo il calo fisico di Maicon. È ragionevole pensare che possa migliorare il contributo alla fase realizzativa (3 assist quest’anno) ma non tanto da giustificarne un grosso investimento al fantacalcio – dove i nomi esotici ci mettono un attimo a sopravvalutarsi.

 

È molto rapido in accelerazione ma non velocissimo sulla lunga distanza, con un po’ di esperienza Raggi e Glik lo contengono

 

Negli anni romanisti, Sabatini e Spalletti hanno dimostrato la volontà e la capacità di lavorare su prospetti acerbi nella tecnica di base, da modellare nel senso tattico, ma già pronti sul piano dei mezzi atletici e della solidità mentale. Nell’uno contro uno difensivo, Dalbert è molto sicuro: mantiene gli occhi fissi sul pallone, ha la mobilità laterale per accompagnare l’uomo e il tempismo per tentare l’affondo.

 

In definitiva sembra un giocatore da subito in grado di assumersi le responsabilità in campo aperto che Spalletti tende a caricare sui difensori. In aggiunta, Dalbert promette di crescere ancora, insieme alla valutazione del suo cartellino.

 

 

Cosa perde e cosa guadagna la Lazio sostituendo Biglia con Lucas Leiva
di Daniele V. Morrone
[Lunedì 17, pomeriggio]

 

 

L’arrivo di Lucas Leiva pochi giorni dopo la partenza di Biglia potrebbe rappresentare, al netto della delusione dei tifosi della Lazio per la perdita di uno dei migliori interpreti del ruolo, una mossa vincente per Lotito, che alla fine si è portato a casa un giocatore di grande spessore con un’esperienza internazionale quasi equivalente. Lo scambio è anche un’operazione finanziaria intelligente, con la Lazio che ci guadagna circa 15 milioni di euro.

 

È vero, Lucas Leiva non era più un titolare nel Liverpool, ma anche l’anno scorso ha giocato a sufficienza per poter dire che sia sano fisicamente. In totale ha giocato una trentina di partite, ed è stato sempre titolare in FA Cup e Coppa di Lega, venendo anche schierato come difensore centrale all’occorrenza.

 

Fisicamente Lucas Leiva non è un giocatore banale. Gli anni in Premier gli hanno chiesto di spingere il fisico al massimo e pur apparendo più lento nel breve non è meno reattivo di Biglia e ugualmente deciso nei contrasti. Anche se è fisiologicamente in calo da un punto di vista fisico data l’età, Leiva è abituato a giocare ai ritmi della Premier da anni ed è probabile quindi che l’impatto con il calcio italiano gli sia facilitato di molto, soprattutto senza il pallone.

 

È stato il carisma ad evitargli il giallo?

 

Leiva è un buon recuperatore di palloni ma gioca meglio quando può andare sulle linee di passaggio o in pressione sull’uomo, provando il contrasto dopo lo stop avversario.

 

 

Le differenze maggiori tra Leiva e Biglia sorgono in fase di possesso. La tecnica di protezione del pallone e la visione di gioco di Biglia è superiore al brasiliano, e questo potrebbe rappresentare un problema nel contesto della squadra di Inzaghi. Biglia aveva un ruolo fondamentale nella Lazio: la sua precisione tecnica e la sua freddezza garantivano una distribuzione equilibrata ed erano le chiavi dello stile di gioco della squadra. Il centrocampista argentino arrivava a tentare 7 lanci lunghi a gara (tra verticalizzazioni e cambi di gioco) riuscendo almeno 5 volte nell’intento, un numero a cui Lucas Leiva non è mai sembrato in grado di arrivare, né come frequenza né come precisione.

 

Questo non vuol dire però che sia un giocatore totalmente privo di qualità.

 

Per capirci, Lucas Leiva non ha mai superato la media stagionale di un passaggio chiave a partita in carriera, mentre nella scorsa stagione Biglia garantiva alla Lazio 1.9 passaggi chiave a partita, quasi il doppio. Certo, non è detto che la precisione di Leiva non migliori con i ritmi inferiori della Serie A, ma la visione di gioco e la sensibilità tecnica di Biglia rimangono comunque migliori. In estrema sintesi: nella distribuzione nel corto non dovrebbero esserci particolari problemi (anche se bisognerà scordarsi la frequenza dei filtranti centrali taglia linee), ma Inzaghi dovrà comunque ridistribuire le responsabilità tecniche all’interno della squadra, soprattutto in impostazione, perché difficilmente Lucas Leiva riuscirà a sostenere la mole di lavoro e a replicare l’influenza tecnica che aveva Biglia sulla squadra.

 

 

Page: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Page: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Tags :

La Redazione de l'Ultimo Uomo è divisa tra Roma e Milano, ed è composta da una dozzina di ragazzi e ragazze che, generalmente parlando, ti vogliono bene.