• Calciomercato
Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

Caicedo è la riserva ideale nella rosa della Lazio
di Francesco Lisanti

[Martedì 1, pomeriggio]

 

 

Felipe Caicedo è nato a Guayaquil, Ecuador, coordinate: 2°11′S 79°53′W, situata sulla destra di uno dei fiumi più importanti del Sud America, il Guayas, collegata all’Oceano Pacifico tramite un braccio di mare chiamato l’Estero Salado; ma in realtà Felipe Caicedo è un classico attaccante della provincia italiana.

 

Assecondando il canonico girovagare della specie, Felipe Caicedo ha girato a lungo l’Europa dopo aver lasciato l’Ecuador a 17 anni: lo ha scovato il Basilea, poi è passato per il Manchester City, poi si è fatto un po’ di Portogallo, molta Russia, molta Spagna, adesso finalmente l’Italia. Ma Felipe Caicedo è un attaccante di provincia soprattutto per quelle caratteristiche inconfondibili che definiscono la tipologia: le spalle larghe e le cosce grosse, il passo pesante e il tiro potente.

 

Manifesto di Caicedo: prova a controllare il pallone e se lo fa rimbalzare in faccia, poi si gira, vince un rimpallo e arriva in porta, dove appoggia tra le gambe del portiere.

 

Il generale scetticismo che ha accompagnato il suo arrivo a Formello è legato allo status di extracomunitario, che impedirà alla Lazio di inseguire profili più affascinanti come Azmoun; ma anche allo scarno curriculum con cui si presenta in Italia: nell’ultima annata, pur positiva per l’Espanyol, ha segnato solo due gol negli oltre 1200 minuti a disposizione.

 

Tuttavia, facendo la tara con i minuti giocati, considerando che spesso è subentrato a partita in corso, possiamo dire che tutto sommato Caicedo ha un buon rapporto con la porta avversaria.

 

Nelle ultime quattro stagioni, tra Lokomotiv Mosca e Espanyol, ha mantenuto la discreta media realizzativa di 0.3 gol ogni 90 minuti, un dato mediocre, ma accettabile per un giocatore della panchina. Che li abbia ricavati a partire da 1.5 tiri tentati, di cui 0.7 terminati nello specchio della porta, è un dato addirittura portatore di speranza.

 

Caicedo fa una fatica tremenda a costruirsi delle conclusioni pulite e a giocare d’anticipo contro i difensori più rapidi e agili di lui, ma riesce incredibilmente a centrare la porta praticamente nella metà delle occasioni a disposizione, e a convertirle in rete con una buona regolarità. Trasforma in gol il 20% dei tiri tentati, la stessa media mantenuta nell’ultimo campionato da Belotti, Higuaín, Mertens, Icardi. Il punto è che riesce ad arrivare al tiro molto, molto più raramente. E quella è una parte consistente del lavoro di un centravanti.

 

Potrà raccontare ai nipoti di aver segnato tre gol al Barcellona. Qui fa tutto Asensio, ma Caicedo ha la forza per accompagnarlo e la freddezza per bucare ter Stegen.

 

Quando il pallone cade sul piatto di Caicedo sembra sia rimbalzato su un muro di mattoni, probabilmente anche il rumore che si produce nell’impatto lo ricorda vagamente. Così prova a impossessarsene con altri mezzi: tenta poco più di 2 contrasti ogni 90 minuti, e li vince quasi tutti, e commette lo sproposito di 3.8 falli, che lo incoronano giocatore più falloso della Liga, di un soffio (o un calcione) su Simone Zaza.

 

È uno di quei giocatori a cui può capitare di subentrare dalla panchina talmente carico da farsi espellere per doppia ammonizione dopo dieci minuti («Eres un irresponsable», gli rimprovera Quique Sánchez Flores).

 

Per il resto, il suo impatto su un campo da calcio si riduce sostanzialmente a: correre quando si aprono gli spazi e buttarsi sui palloni contesi. Nell’Espanyol ha rappresentato un’ottima spalla per esaltare giocatori rapidi e tecnici come Asensio e Lucas Vázquez, seminando il panico nelle difese costrette a correre all’indietro (in quest’azione con l’Ecuador accompagna uno strappo di Valencia, e mentre attacca l’area di rigore fa sembrare Roncaglia un pupazzo di cartapesta).

 

Alle cifre a cui è stato annunciato (4 milioni per il cartellino, 1.5 per l’ingaggio), Caicedo appare un’intuizione potenzialmente felice. È facile immaginarlo correre al fianco di Immobile, o in funzione di Felipe Anderson (e di chiunque arriverà a sostituire Keita, se Keita partirà). Sarà la riserva ideale nella rosa della Lazio, e soprattutto nel sistema di Filippo Inzaghi, che ha eliminato i centravanti statici come Djordjevic e ha fatto esplodere la verticalità del suo attacco.

 

Difficilmente, invece, farà la fortuna dei suoi fantallenatori, a meno che non riesca a sciogliere questo dubbio amletico: inizierà a tirare di più e considerata l’efficienza inizierà a segnare di più; oppure iniziare a segnare di meno in rapporto ai tiri diminuendo la propria efficienza? In ogni caso, prendetelo solo per completare il roster, e non è detto che qualche punticino non ve lo regali.

 

Juan Foyth: il nuovo difensore dai piedi delicati del PSG
di Fabrizio Gabrielli

[Martedì 1, mattina]

 

 

Se non sappiamo poi molto (oltre i facili sensazionalismi delle compilation su YouTube) su Juan Marcos Foyth, l’imberbe centrale dell’Estudiantes in procinto di approdare alla corte qatariota del PSG dopo gli interessamenti di Tottenham e Roma, è perché non è che ci sia troppo da sapere. Dopotutto ha esordito in Primera soltanto quest’anno, a marzo, lanciato tra i titolari da Vivas senza neppure un passaggio in panchina con la prima squadra.

 

Lui si è fatto trovare pronto. Ma non avreste fatto lo stesso se il vostro DT fosse stato Vivas?

 

 

Un paio di settimane dopo, Foyth ha firmato il primo contratto da professionista (con scadenza nel 2019) seguendo le tempistiche classiche con le quali si blinda un prospetto interessante con l’idea di farne un tesoretto in pantaloncini e calzettoni. Ora “La Brujita” Verón ha fissato il prezzo: 10 milioni e mezzo. Alla domanda se c’è qualcuno che può permettersi di spendere una cifra del genere per un giocatore giunto al punto di maturazione cui è giunto Foyth, probabilmente tra le due o tre risposte plausibili c’è il club parigino.

 

Ma, per quanto non sia una cifra da capogiro, li vale quei soldi Foyth?

 

Una vaga somiglianza con Wojciech Szczesny, un fisico slanciato, ma esile come si può essere slanciati ed esili a 19 anni, un piede sinistro così educato da meritare una laurea ad honorem in Lanci Lunghi alla Universidad Nacional de La Plata, e un piede debole che comunque usa con ambizione. Può bastare?

 

Le letture difensive non sempre sono perfette: qua a inizio azione ha il braccio alzato perché ha appena sbagliato un appoggio facile. Il recupero, però, è davvero stiloso.

 

Oltre a pianificare una Linea Maginot difensiva capace di ridimensionare ogni attacco di Ligue 1 (e probabilmente d’Europa) per i prossimi 10 anni – due dei tre centrali già agli ordini di Emery hanno meno di 25 anni, e si chiamano Marquinhos e Kimpembe – con Foyth si aggiunge al roster parigino un profilo per certi versi nuovo: un centrale più bravo a impostare che a difendere, un centrale puro capace di condurre palla con la testa alta, di creare gioco a partire dalla linea più arretrata, di eseguire compiti che Emery ha sempre preferito delegare a centrocampisti educati all’arretramento sulla linea difensiva.

 

E Foyth è proprio dal centrocampo che proviene, come da tradizione per i centrali difensivi argentini bravi coi piedi. Foyth, a dirla tutta, ha iniziato da enganche, con la passione per Kaká. Poi è stato retrocesso a cinco e di lì, grazie all’intuizione del suo tecnico in Séptima, a centrale difensivo.

 

Reminiscenze del suo idolo: pausa e accelerazioni. Peccato per l’ultimo passaggio. Comunque era la sua partita d’esordio, contro il Patronato. Giocherà tutti i 90 minuti.

 

Il DT dell’Under-20, Úbeda, ha puntato su di lui per il Sudamericano di gennaio e i recenti Mondiali perché è anche bravo nei posizionamenti difensivi e nel controllo della profondità contro avversari che giocano in verticale a velocità verticose (qua contro la Guinea riesce a resistere all’incombenza di un avversario più veloce), anche se a volte dimostra un’irruenza eccessiva che lo porta all’errore, ancora tutta da smussare.

 

Foyth non ha l’elasticità e l’aggressività di Marquinhos, né l’agilità e la reattività di Kimpembe: gli manca un po’ di massa muscolare e di certo non ha né la leadership del brasiliano né lo swag del francese di origini congolesi.

 

Difficilmente, nel PSG, troverà spazio da subito, ed è quasi impossibile immaginarlo negli appuntamenti davvero importanti della stagione (senza un incrocio di squalifiche e infortuni da emergenza). Però Foyth ha tutte le caratteristiche del materiale grezzo facilmente plasmabile, oltre che l’innegabile pregio di potersi far guidare nell’apprendistato europeo da un maestro come Thiago Silva e da uno che sembra aver già intrapreso la strada che porta dallo stato di fenomeno a quello di maestro: Marquinhos. Entrambi i centrali titolari, inoltre, sono stati capaci di attraversare l’Atlantico giovanissimi, con l’aura dell’incognita, e affermarsi in breve tempo.

 

Peccato soltanto che il rischio tangibile, sia quello di vedere un altro talento argentino, dopo Lo Celso, asfissiare sulle tribune del Parco dei Principi nel pieno della sua fioritura, intabarrato nel cellophane come un giocattolo da collezione nella sua confezione originale, con la paura che il solo esporlo all’aria e alla luce potrebbe irrimediabilmente rovinarlo.

 

Quante speranze in Zekhnini?
di Giuliano Adaglio

[Lunedì 31, pomeriggio]

 

 

Quasi un anno e mezzo fa, in un pezzo sui giocatori da seguire in Scandinavia, avevamo indicato Zekhnini come uno degli elementi più promettenti del campionato norvegese, assieme all’allora compagno di squadra Sondre Rossbach e Mohamed Elyounoussi, attuale attaccante del Basilea. Da quel giorno ha fatto un ulteriore salto di qualità, guadagnandosi la chiamata della Fiorentina; il club viola, da sempre attento ai mercati alternativi – specie da quando è tornato Pantaleo Corvino – lo ha strappato alla concorrenza facendogli firmare un contratto quinquennale.

 

Il suo approdo in Italia è stato salutato con entusiasmo in patria, anche perché non sono molti i norvegesi che hanno calcato con successo i campi della Serie A. Appena retrocesso il palermitano Aleesami – che con Zekhnini condivide le origini marocchine – l’ultimo ad aver avuto un certo impatto è stato il romanista John Arne Riise, mentre ben pochi si ricordano della meteora barese Erik Huseklepp, rientrato in patria dopo un’altrettanto fugace esperienza in Inghilterra.

 

In un articolo apparso recentemente sul Verdens Gang, il tabloid più letto di Norvegia, Zekhnini parla dei suoi primi giorni in maglia viola con entusiasmo, pur sottolineando qualche difficoltà di adattamento, specie da un punto di vista linguistico.

 

Potenziale da esprimere: molto. Probabilità che tale potenziale venga espresso: ne abbiamo visti troppi perdersi per sbilanciarci.

 

Per lui, che ha solo 19 anni e ha sempre giocato in un contesto ovattato come quello dell’Odd – squadra della sua città natale –, il salto in Serie A rischia di essere problematico: le differenze culturali, tattiche e di ritmo sono evidenti, e Pioli dovrà essere bravo a inserire gradualmente il giocatore evitando di bruciarlo. Non si contano, infatti, i giocatori passati da Firenze negli ultimi anni senza aver lasciato traccia: dall’argentino Toledo, al croato Rebic (ancora in rosa), senza dimenticare il polacco Wolski e il danese Zohore. D’altro canto, la situazione attuale dei viola, di fatto un cantiere aperto, potrebbe rappresentare un’opportunità per Zekhnini, che già nelle prime uscite con la nuova maglia ha fatto intravedere le proprie potenzialità.

 

Dopo un gol in amichevole al Trento si è presentato in conferenza stampa sfoggiando una certa sicurezza e dicendo di ispirarsi a Salah, Cuadrado e Dybala. A differenza dei suoi modelli, però, Zekhnini è un’ala più pura, che predilige agire sulla fascia sinistra per accentrarsi al tiro con il piede preferito, il destro. I video-raccolta-di-giocate lasciano il tempo che trovano, specie quando si parla di un elemento creativo come il norvegese, ma possono dare l’idea di quello che può diventare se inserito in un contesto in grado di esaltare le sue capacità.

 

Porta bene palla, è veloce e va volentieri in verticale. Non è del tutto da escludere un futuro più vicino alla porta…

 

Per rendere al meglio Zekhnini dev’essere messo in condizione di puntare l’uomo in uno contro uno, senza essere ingabbiato in contesti tattici troppo complessi: i suoi movimenti sono ancora piuttosto istintivi, così come frequenti i momenti in cui si estranea dal gioco collettivo.

 

Il fatto che non abbia ancora esordito in Nazionale maggiore, a differenza di altri giovani classe ’98 come Ødegaard o Sander Berge, non deve ingannare: la stoffa c’è. Pioli e il suo staff dovranno però lavorare parecchio, anche sul piano fisico, per trasformare questo ragazzo che ama giocare con i calzettoni sopra il ginocchio alla Henry in un giocatore vero.

 

Il complicato mercato dell’Atlético Madrid
di Emiliano Battazzi

[Lunedì 31, mattina]

 

 

Il maestro dell’escapologia Harry Houdini arrivò forse al massimo della sua spettacolarità con la cella della tortura cinese dell’acqua, da lui chiamata più efficacemente Houdini Upside Down (per ragioni di copyright): una volta legato, si faceva calare a testa in giù in una cabina d’acqua chiusa a chiave, da cui riusciva regolarmente a uscire.

 

Tra le tante doti di Simeone e le tante personalità in cui le ha declinate, dal demiurgo al capopopolo, dall’analista allo sciamano, nessuno sa ancora se è in possesso anche della capacità di liberarsi dalle costrizioni di un escapologo. La sua cassa piena d’acqua è il blocco degli acquisti imposto dalla FIFA come sanzione per i trasferimenti irregolari di giocatori minorenni, e in effetti la tortura è cinese come il socio di minoranza dei Colchoneros, Wanda Group, da cui il nome del nuovo stadio Wanda Metropolitano, da questa stagione nuova casa dell’Atlético.

 

Stadio nuovo, giocatori vecchi: sappiamo che Simeone rende al meglio in situazioni di estrema difficoltà, ma questa volta il livello è talmente alto che ha bisogno di un aiuto significativo. Per questo motivo ad Andrea Berta, ormai da quattro anni a Madrid, sono stati dati ancora più poteri: da Direttore Tecnico è diventato Direttore Sportivo, con Caminero relegato a coordinatore della prima squadra.

 

Nel mercato rojiblanco una cosa però si può fare, e da quella si è iniziato: vendere. Simeone si è liberato di quei giocatori che non rientravano nei suoi piani, figure secondarie (da Cerci a Mensah, da Manquillo a Diogo Jota), e probabilmente anche altri verranno venduti o mandati a giocare altrove (maggiori indiziati Siqueira, Vietto, Kranevitter, Santos Borré). In questo modo, la rosa è stata sfoltita e irreggimentata: come se il “Cholo” stesse scegliendo i migliori tra i suoi soldati per una missione speciale.

 

Il problema è che l’estate è iniziata con un’altra vendita, ben più importante, quella di Theo Hernández, il miglior terzino sinistro della Liga della scorsa stagione (dopo i mostri sacri, ovviamente): 19 anni, un passato nelle giovanili dell’Atleti sin dai 10 anni, un futuro che sembra roseo, ma che sarà al Real Madrid, che ha sostanzialmente sfruttato la bassa clausola di rescissione (24 milioni).

 

 

Dall’altra parte, l’Atlético è riuscito almeno a evitare la partenza di Griezmann, che aveva esplicitamente espresso il suo desiderio di andarsene. Dopo la conferma del TAS al blocco agli acquisti, il francese però non se l’è sentita di abbandonare la nave nel momento di difficoltà maggiore: ha così deciso di rinnovare fino al 2022, mantenendo però inalterata la clausola di rescissione pari a 100 milioni (in sostanza, ha rimandato di un anno la partenza).

 

Su quest’atto di “amore” però non si può costruire una squadra, e il DS Berta prova sostanzialmente a sfruttare la teoria dei wormhole per effettuare dei viaggi nel tempo: comprare adesso come se fosse già gennaio (quando terminerà il blocco ai trasferimenti).

 

Per ora, l’unico acquisto per il futuro è Vitolo, per cui è stata pagata la clausola di rescissione al Siviglia, e che è stato subito girato in prestito al Las Palmas per sei mesi (scatenando le ire degli andalusi, che hanno denunciato entrambi i club per questo stratagemma).

 

Se un giocatore andava comprato, quello era proprio Vitolo: esperto, carismatico, polivalente, un profilo in pieno stile Simeone per ridare linfa al centrocampo. Vitolo è in grado di giocare su entrambe le fasce di un 4-4-2, oppure ala di un 4-3-3, ma si trova bene anche nei mezzi spazi e in posizione centrale.

 

Il suo arrivo probabilmente permetterà a Koke di tornare al centro del campo e aumenterà ancora, se possibile, l’intensità del centrocampo colchonero: per Simeone è in sostanza un back to basics, allo spirito originario della sua epopea da allenatore dell’Atleti.

 

E proprio in quest’ottica, l’altra operazione per il futuro su cui Berta sta lavorando è il ritorno di Diego Costa dal Chelsea (che da 50 giorni è in vacanza, e ovviamente sarebbe parcheggiato per sei mesi in un’altra squadra), il centravanti che Simeone continua a rimpiangere per le garanzie di attacco alla profondità, fisicità e impegno che in pochi al mondo possono garantire come lui. È troppo difficile competere al massimo livello con il solo Fernando Torres come punta centrale e con Gameiro che non è ancora riuscito a convincere pienamente il “Cholo”.

 

La squadra che si vuole preparare per gennaio, dunque, è brutta, sporca e cattiva: il classico 4-4-2 con le linee che si muovono all’unisono, giocatori pronti a spingere i propri limiti fino all’estremo, se non oltre.

 

Non è detto che questa difficile operazione di escapologia dal vincolo FIFA alla fine riesca bene. Il ripensamento di Griezmann è indicativo sul rischio di scarse motivazioni di un gruppo unito ma un po’ logoro. Il pericolo per Simeone è che, invece di una fuga stile Houdini, il suo Atleti in sei mesi finisca come l’esperimento della prigione di Stanford, con l’allenatore argentino trasformato in un sadico tiranno e i suoi giocatori rivoltosi.

 

Ancora una volta, a Simeone tocca il compito di compiere un’impresa: tutto sommato, nient’altro che la normalità di questi suoi anni in rojiblanco.

 

7 credibili coppie di terzini per l’Inter
di Francesco Lisanti

[Venerdì 28, pomeriggio]

 

 

L’Inter ha delle storiche lacune nella rosa, che i tifosi immaginavano potessero colmarsi con l’arrivo di un allenatore autorevole come Spalletti e di un dirigente navigato come Sabatini, e che non sono ancora riuscite a trovare risposta nel mercato.

 

Purtroppo nessuno dei tredici terzini avvicendatisi negli ultimi tre anni sulle fasce nerazzurre è riuscito a lasciare un grande ricordo di sé, e anche quest’estate siamo tornati al punto in cui la nostalgia prende il sopravvento sulla disperazione e i lontani ricordi di Erkin e Montoya sembrano raccontare un passato migliore.

 

Posto che finora l’Inter si è sempre sistemata con la difesa a quattro, con chi giocherà Spalletti?

 

1. Valietti e Sala

 

Credibilità: 1%

Ipotetico valore di mercato: un milione

 

I terzini apparsi più in forma nel precampionato interista sono stati Federico Valietti e Marco Sala, due classe ‘99, appena maggiorenni. Probabilmente entrambi tra cinque anni calcheranno i campi della Serie B con le maglie di Brescia e Cremonese, ma per il momento rappresentano le opzioni di maggiore qualità a disposizione di Spalletti. Sala è mancino e purtroppo ha lasciato presto il ritiro per problemi muscolari, Valietti invece è destro e ha proseguito il viaggio in Cina con la prima squadra – nella ICC sta giocando i secondi tempi.

 

Sala ha fatto in tempo a bruciare la fascia del Wattens e a regalare un assist a Pinamonti.

 

2. D’Ambrosio e Nagatomo

 

Credibilità: 70%

Ipotetico valore di mercato: in picchiata

 

I titolari però sono ancora loro: D’Ambrosio a destra e Nagatomo a sinistra. Oppure D’Ambrosio a sinistra e Nagatomo a destra, perché chi vuoi che se ne accorga. Ansaldi si è appena intravisto, anche quest’anno passerà molto tempo in infermeria, ma potrà intrattenerci con altri quiz di geografia: con il sud-est asiatico non se l’è cavata un granché.

 

3. Sakai e Hatsuse

 

Credibilità: 5%

Ipotetico valore di mercato: 6 milioni

 

Uno dei peccati mai perdonati alla dirigenza interista, per quanto impossibile da riscontrare nella realtà, è l’aver insistito con Nagatomo nel tentativo di raccogliere simpatie e interesse sui mercati orientali. Dopo sei anni di militanza, la vera rivoluzione sarebbe raddoppiare la posta, assicurandosi sulla destra Hiroki Sakai, il terzino titolare nella Nazionale (l’altro è Nagatomo), e sulla sinistra Ryo Hatsuse, il miglior prospetto giapponese nel ruolo.

 

Hatsuse può giocare anche sulla fascia destra, per rientrare sul sinistro e pennellare cross.

 

4. Stafylidis e Durmisi

 

Credibilità: 10%

Ipotetico valore di mercato: 20 milioni

 

Un’alternativa sempre valida è spiare sul banco di Monchi, che secondo le indiscrezioni di mercato, prima di arrivare a Kolarov, ha inseguito Stafylidis dell’Augsburg e Durmisi del Betis: chiunque essi siano di certo varranno almeno una plusvalenza. Le statistiche dicono che Durmisi è stato il terzino con più passaggi chiave della Liga (lo stesso campionato di Marcelo!), Stafylidis tra i migliori per contrasti e intercetti. Monchi ci avrà dato un’occhiata.

 

5. Sagna e Tabanou

 

Credibilità: 20%

Ipotetico valore di mercato: 0,00 €

 

Ma quanti terzini ha adesso il Manchester City? In realtà soltanto quei tre che ha appena comprato per cifre roboanti, perché tutti gli esuberi si trovavano in scadenza di contratto e sono stati svincolati (o ceduti a cifre contenute). Rovistando tra i parametri zero si trovano ancora macerie di Guardiola, come Sagna, ed esterni riadattati come Tabanou, per contenere lo spreco di cross sbilenchi dalla trequarti.

 

Tabanou non ha ancora trovato squadra perché incute molto timore.

 

6. Murillo e Kondogbia

 

Credibilità: 30%

Ipotetico valore di mercato: in ascesa

 

Si deve pur sempre tener conto che l’Inter sarà una squadra di Spalletti, un allenatore che non crede nella fissità dei ruoli e riesce a restituire continuamente nuove motivazioni ai suoi giocatori, se necessario stravolgendo la loro carriera. Murillo terzino destro è stato uno dei suoi primi esperimenti, provato dal primo minuto della prima partita, e ha già dato qualche frutto. La suggestione Kondogbia potrebbe arrivargli più avanti, quando a centrocampo serviranno giocatori che sappiano trattare la palla. È mancino, corsa e sostanza ci sono: perché no?

 

7. Dalbert e Aurier

 

Credibilità: 50%

Ipotetico valore di mercato: 50 milioni

 

Risposta: perché potrebbero arrivare giocatori più esperti e più forti, da schierare nella loro posizione naturale. Da qui al 31 agosto, sarà l’augurio di tutti i tifosi interisti.

 

Supermercato PSG
di Dario Saltari
[Venerdì 28, mattina]

 

 

Tra le tante cose che non hanno funzionato nella disastrosa stagione del PSG una delle principali è stata il rapporto tra Emery e la squadra. Il tecnico basco ha adottato una terapia d’urto nel tentativo di creare un proprio gruppo, nonostante magari la composizione stellare della rosa suggerisse maggiore diplomazia, escludendo fin dai primi mesi gli elementi che per qualche motivo non rientravano nei suoi piani. Forse era anche una strategia per motivare i giocatori, ma non si può dire che fino a oggi abbia funzionato più di tanto.

 

L’effetto più visibile in queste settimane di calciomercato è che nella casa del PSG vive un gruppo di giocatori che non ha altro pensiero se non quello di cambiare aria. Di solito in questi casi le squadre tendono comunque a far giocare questi elementi nel precampionato, per bluffare un minimo sulle loro intenzioni di vendere e anche per non svalutarli troppo. Emery, invece, se n’è fregato e li ha lasciati a casa.

 

Cosa è successo con Grzegorz Krychowiak????

 

Probabilità cessione: 95%

Appetibilità: 90%

 

Krychowiak è forse il primo caso in cui l’allenatore che ti porta con sé in una nuova squadra poi ti esclude dal gruppo. Qualche giorno fa Emery ha riassunto bene la schizofrenia che ha contraddistinto il suo rapporto con il polacco al PSG: «Quando si arriva al PSG, i giocatori devono essere capaci di superare uno step supplementare per adattarsi al gioco di squadra. In questo senso, qui a Parigi non è la stessa cosa rispetto ad altri posti; quindi è meglio che si trovi un’altra squadra, il cui gioco potrà dargli vantaggi».

 

 

Krychowiak è perfetto per squadre dirette e verticali, che non tengono troppo il pallone e che fanno anche della riconquista del possesso una delle proprie fonti di gioco. Dato che se ne parla molto per il mercato italiano, vale forse la pena ragionare sul contesto tattico a lui ideale, e per le sue caratteristiche potrebbe sembrarci più adatto all’Inter che alla Juventus, le due squadre a cui viene accostato più spesso anche se sembrano aver virato entrambe su altri obiettivi (Vecino per la prima, Matuidi per la seconda). Anche la Roma di Di Francesco sarebbe potuta essere una buona destinazione, tatticamente parlando, ma Monchi ha acquistato Gonalons. Viste le richieste economiche del PSG, che la scorsa estate spese quasi 35 milioni di euro, visto anche l’ingaggio non banale, forse il suo futuro non sarà in Italia…

 

Cosa fare di Ben Arfa?

 

Probabilità cessione: 85%

Appetibilità: 65%

 

Con Ben Arfa, invece, le cose sono state molto più chiare. Emery ha iniziato a escluderlo dalle convocazioni fin da settembre accusandolo di scarso impegno in allenamento e di egoismo in partita, e Ben Arfa ha subìto al punto la situazione che ha finito per citare Martin Luther King: «Un’ingiustizia commessa da qualche parte è una minaccia per la giustizia del mondo intero». Forse un po’ eccessivo, ma comunque più di classe del suo agente, che ha messo “diritto sociale” e “Repubblica delle banane” nella stessa frase.

 

 

Prima di approdare al PSG, comunque, Ben Arfa aveva dimostrato al Nizza di poter fare la differenza contro qualunque avversario, sciando tra i difensori a una velocità senza senso. L’ala francese ha ancora 30 anni e non subisce infortuni gravi da qualche anno: una stagione o più di magia può ancora concederla a un allenatore e a una piazza che non si formalizzino troppo sui suoi capricci.

 

Sempre ragionando in chiave italiana: magari il Milan potrebbe farci un pensierino, per mettere la ciliegina su quella torta di hype che è il suo calciomercato, e avere un’alternativa sull’esterno destro con più fascino di Suso. Al limite anche la Roma potrebbe mettere le sue fiches su di lui, per una scommessa ancora più rischiosa di Mahrez.

 

Serge Aurier

 

Probabilità cessione: 70%

Appetibilità: 75%

 

Emery con Aurier non ci ha litigato, anzi per lui ha speso anche buone parole. Il terzino ivoriano più che altro paga ancora il suo passato difficile con Blanc e gli imbarazzi suscitati al PSG. In ogni caso, quest’anno ha perso il posto da titolare a favore di Meunier, più attento nelle marcature preventive, e anche la speranza di rivederlo mai, adesso che il club parigino ha preso anche Dani Alves. Per lui, che ha 24 anni e rimane uno dei terzini destri più interessanti in circolazione, la cessione è quindi un viatico imprescindibile se vuole riprendere la sua scalata del calcio europeo.

 

 

Aurier è un terzino molto potente e discretamente tecnico, con una progressione che brucia l’erba. Non è molto creativo e difensivamente non è ancora solidissimo, è vero, ma rimarrebbe comunque un acquisto di primo livello per qualunque squadra di Serie A, a partire da quelle alla ricerca di terzino destro. In questo senso, Inter e Juventus (che però ha finito gli slot per gli extracomunitari con Bentancur, e a quanto pare Aurier non ha passaporto francese) sarebbero le due squadre ad averne maggiore bisogno. E forse anche le sole che potrebbero sostenere il costo del cartellino e dell’ingaggio. Chissà se vorranno assumersi il rischio.

 

Page: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Page: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

Tags :

La Redazione de l'Ultimo Uomo è divisa tra Roma e Milano, ed è composta da una dozzina di ragazzi e ragazze che, generalmente parlando, ti vogliono bene.