• Calciomercato
Redazione

Febbre da calciomercato vol. II

Commento live delle trattative più interessanti della sessione estiva.

Coccodrilli – Gary Medel al Besiktas
di Fabrizio Gabrielli
[giovedì 24, mattina]

 

 

Arrivato nel 2014 con le valigie di cartone dell’eroe popolare suburbano, intrise di incenso e lacrime per un Mondiale in cui aveva incarnato perfettamente l’archetipo del Cuore-E-Garra agonistica trascinando il suo Cile fino agli Ottavi del Mondiale, Gary Medel ha avuto lo sfortunato pregio di vincere molto, moltissimo, oltre il pensabile durante la sua militanza nerazzurra, ma – allo stesso tempo – di non averlo fatto con la maglia dell’Inter: due Copa América con una Roja che pure la Copa América non l’aveva vinta mai, e neppure mezzo trofeo con il Biscione, una macchia che pesa come un macigno su chiunque abbia vissuto l’ambiente interista dopo i fasti Ancien Régime del Triplete.    

 

Un solo gol in tre anni, per quanto bello e perfettamente medeliano, e neppure la soddisfazione di una tautologia come questa rete in cilena da cileno (era il suo esordio con la Nazionale).

 

Lascia Milano con una foto triste più che malinconica per trasferirsi in Turchia, nel Besiktas, dove raggiunge Pepe, Negredo, una tifoseria dall’animo combattivo à la sudamericana: un contesto che secondo la vulgata dovrebbe calzargli a pennello, se accettassimo l’idea che Gary Medel sia davvero quel tipo di calciatore che i cliché ci restituiscono (e non è detto che non lo sia).

 

La sua storia personale lo consegna alla combattività che appartiene all’immaginario, oltre che alla storia, del Besiktas, la più antica polisportiva turca le cui prime sezioni, non a caso forse, furono quelle di lotta e pugilato. «Se non fossi diventato un calciatore», ha detto più volte, «ora sarei un narcotrafficante o un delinquente». Avvoltolato nel sottoproletariato di La Palmilla, Medel è cresciuto in quel tipo di bambagia acuminata in cui ti aggrediscono in gruppo o ti puntano le pistole alla tempia se non porti la tua squadra alla vittoria, o come si dice, se non muori (eufemisticamente) provandoci, a costo di farti saltare un dente.

 

José Sulantay, che è stato il suo tecnico nell’U20 nel 2007, ha raccontato di averlo visto giocare e di averlo frettolosamente giudicato, semplicemente, un «piccolo e coraggioso ragazzo»: in Canada, nel mondiale di categoria di quell’anno, gli avrebbe dimostrato di avere la tenacia disperata che solo chi è padre di due gemelli già grandicelli può avere. Un piccolo e coraggioso ragazzo che, come scriveva un poeta suo conterraneo, si sarebbe mangiato tutta la terra e bevuto tutto il mare.

 

Un altro suo motto è che nel calcio ci vogliono «cuore, testa, intelligenza e palle».

 

I tifosi dell’Inter hanno a lungo sperato che Gary Medel li ripagasse con un po’ di quella follia invasata che metteva nelle esultanze dei Clásicos tra Boca e River (nel 2010 segnò una doppietta, mise le mani in faccia a Gallardo e venne espulso tra l’ovazione della Bombonera), ma anche temuto che replicasse imprese tipo sfondare sedie, che  poi fanno esplodere bottigliette, che poi colpiscono poliziotti a bordo campo (sempre che la parte più sconsiderata dell’espulsione nella Copa del Rey 2013 contro l’Atletico Madrid non sia stato il fallo con successiva imbruttita da terra a Diego Costa).

 

Quella spericolatezza kamikaze a cui si riferisce Bielsa quando dice che Medel «in ogni tackle che fa ci mette tutta la vita dentro».

 

I tre anni italiani sono invece stati la fotografia fuori fuoco di una versatilità mai davvero totalmente sfruttata, che si è tradotta in un’ambiguità di ruolo (più centrale difensivo come in Nazionale o mediano muscolare?), e, chissà, in una misinterpretazione.

 

Dopotutto Medel non è mai sceso nelle ultime tre stagioni sotto il 90% di accuratezza nei passaggi, ha vinto il 100% dei dribbling e il 50% degli uno contro uno.

 

I posizionamenti difensivi che ha mostrato all’Inter, però, sono stati solo a tratti brillanti come quelli con la Roja: il più delle volte, anzi, tutto al contrario hanno sviscerato una certa sanguinosità. A Medel capitava spesso di perdere la palla, quel tipo di spesso che coincide con le partite e le zone di campo meno indicate.  

 

Anziché un aristocratico arrovellamento sulle proprie lacunosità, Medel ha sempre contrapposto ai suoi limiti l’ingenuità dell’irruenza incontrollabile e dell’aggressività, la tenacia che mettono i galli da combattimento quando l’avversario gli becca la cresta, e non ci vedono più dalla rabbia e contraccambiano scomposti.

 

A pochi giorni dal suo arrivo a Istanbul gli hanno proposto di girare uno spot: avrebbe dovuto fare una rovesciata lanciandosi da una scala su un materasso. Si è rifiutato di farlo, perché l’ha giudicato troppo pericoloso.

 

Forse la Turchia, e il Besiktas, sono davvero la riserva naturale perfetta per togliere il guinzaglio al Pitbull e lasciarlo scorrazzare libero di esprimersi, di mordere, di sprimacciare gli artigli come nella nuova foto che campeggia sul campo profilo dei suoi SocialSempre che riescano a capirlo, allontanandosi – con un po’ di pensiero laterale – dalla gabbia dei luoghi comuni.

 

Almeno, più di quanto abbiamo saputo fare noi.

 

 

Cinque possibili destinazioni per Claudio Marchisio
di Marco D’Ottavi
[mercoledì 23, mattina]

 

 

Come un fulmine a ciel sereno, fulmine se siete tifosi della Juventus o dell’idea che esistano ancora le bandiere, è uscita la notizia secondo cui Claudio Marchisio non sarebbe più incedibile ma, anzi, la Juventus vuole usarlo come pedina di scambio. Secondo le voci più inquietanti (ma anche meno affidabili) sarebbe Marchisio stesso a voler cercare una squadra in cui gli venga garantito un maggior minutaggio.

 

Vero o non vero, il mercato ci ha insegnato che un calciatore veramente incedibile non esiste più. Dall’altra parte, però, è una notizia che se venisse confermata sarebbe enorme (specie nella stessa estate in cui se ne è andato Bonucci). Marchisio è il vero simbolo della Juventus di oggi: per natali, titoli e pedigree si porta dietro una simbologia troppo importante per essere scambiata con la facilità con cui questo accade negli ultimi giorni di mercato.

 

Voglio dire, Marchisio è alla Juventus da quando ha 7 anni.

 

 

 

Dopo un ottimo precampionato, Marchisio è partito dalla panchina nella Supercoppa, pochi giorni dopo è arrivato Matuidi e si parla anche dell’arrivo di un altro centrocampista. È innegabile che le quotazioni di Marchisio nelle gerarchie di squadra sono calate dal momento dell’infortunio ai legamenti precedente allo scorso Europeo, soprattutto se la Juventus continuerà a giocare con un centrocampo a 2.

 

Il “Principino” non è più un titolare inamovibile ormai dal secondo anno di Conte, da quando è stato necessario trovare un posto in campo prima del previsto a Pogba; ma mai la sua presenza era sembrata non necessaria, tanto meno si era mai parlato di una sua possibile cessione, chiesta da lui o ipotizzata dalla società, in modo così insistente.

 

Se la Juventus non è più sicura di voler mettere il suo figlio più fedele al centro del suo progetto tecnico, sicuramente ci sono altre squadre pronte a farlo. Quali?

 

Marchisio al Milan?

 

Verosimiglianza: 10%

Livello di dispiacere che causerebbe nei tifosi bianconeri: 10/10

Giocherebbe di più: insomma

 

Il nuovo Milan di Montella sembra in qualche modo voler ricalcare le orme della nuova Juventus di Conte. Dopo aver preso due esterni a tutta fascia, un playmaker basso in grado di dettare la manovra, un centrocampista dalla forza erculea e Bonucci – proprio Bonucci non uno simile – avrebbe molto senso affidarsi per caratteristiche ed esperienza a Claudio Marchisio (anche se la società rossonera ha smentito di essere interessata ad acquistare il centrocampista della Juventus).

 

In un centrocampo a 3, con dietro 4 o 5 difensori, Marchisio ci sta bene come il cacio sui maccheroni. Il “Principino” può giocare all’occorrenza davanti alla difesa (non ha le capacità di palleggio di Biglia, ma la sua abilità nel difendere lo spazio è davvero importante in un campionato come la Serie A) ma soprattutto come mezzala, ruolo dove per anni è stato uno dei migliori interpreti al mondo, potrebbe contribuire ad aumentare l’intensità e l’offensività del Milan.

 

Certo in quella posizione ci sono Calhanoglu e Bonaventura, a sinistra, per non parlare di Kessié a destra che al momento sembra insostituibile. Marchisio però ha una capacità di inserimento che né il turco né l’italiano hanno, capacità accantonata dall’arrivo di Allegri alla Juventus, ma che sarebbe utilissima al gioco di Montella.  

 

 

Potrebbe questo accadere di nuovo a maglie invertite?

 

Marchisio al Chelsea?

 

Verosimiglianza: 9%

Livello di dispiacere che causerebbe nei tifosi bianconeri: 7/10

Giocherebbe di più: dipende da cosa passa per la testa di Conte

 

Antonio Conte sta provando a comprare suoi ex giocatori dal primo giorno in cui si è seduto sulla panchina del Chelsea: finora non ci è ancora riuscito, ma Marchisio farebbe al caso suo. Sostituito Matic con Bakayoko, il Chelsea continua ad avere problemi di dinamismo a centrocampo e il “Principino” aumenterebbe anche la capacità di gestione del pallone (senza Fabregas, contro il Tottenham c’era David Luiz davanti alla difesa per provare a impostare meno precipitosamente l’azione rispetto alla coppia Kanté-Bakayoko).

 

Marchisio ha già giocato con Conte, sa quello che vuole e come lo vuole. Potrebbe rendersi utile fin dal primo giorno ed aiutare i Blues a confermarsi sia in campionato che in Champions con la sua duttilità tattica. Marchisio poi rientra nella categoria tipicamente inglese dei centrocampisti box to box e sebbene abbia perso parte del dinamismo della prima parte della carriera, sarebbe davvero intrigante vederlo all’opera in Premier League.

 

Marchisio alla Roma

 

Verosimiglianza: 5%

Livello di dispiacere che causerebbe nei tifosi bianconeri: 8/10

Giocherebbe di più: assolutamente no

 

Non è un mistero che la Juventus abbia chiesto informazioni su Strootman, uno dei migliori centrocampisti del campionato italiano. Al momento sembra una trattativa impossibile, perché la Roma non sembra disposta a cederlo, ma un eventuale inserimento di Marchisio potrebbe in qualche modo sbloccarla? Probabilmente no, e va detto che non c’è neanche una voce al riguardo. È interessante però riflettere sull’adattabilità di un giocatore come Marchisio al 4-3-3 di Di Francesco. Il centrocampista italiano è un giocatore di “sistema”, capace di inserirsi nei meccanismi del tecnico abruzzese con la facilità di un salmone che impara a nuotare controcorrente.

 

La Roma potrebbe usare i soldi guadagnati nello scambio – che non sarebbe alla pari – per aumentare il budget per l’acquisto di un centrale e di un attaccante esterno mancino, ovvero i due profili di cui necessita abbastanza disperatamente. Sarebbe un win-win per tutti quelli che non hanno un cuore nel petto. Se poi la Roma in qualche modo riuscisse a mettere le mani su Marchisio senza perdere niente sarebbe ancora meglio, considerando che dovrà affrontare campionato e Champions League e che dietro a Strootman e Nainggolan ci sono sostituti di livello ma nessuno quanto lo sarebbe Marchisio. Certo, Marchisio non giocherebbe molto di più che con Allegri, probabilmente…  

 

Los Angeles (Galaxy o FC)

 

Verosimiglianza: 4%

Livello di dispiacere che causerebbe nei tifosi bianconeri: 5/10

Giocherebbe di più: sì ma non è questo il punto

 

Oltre che bravo, bisogna ammetterlo, Marchisio ha anche una faccia bella, la faccia di un attore di Hollywood. A 31 anni potrebbe decidere di mettere da parte le sue velleità di brillare nel calcio europeo e andare a far parte di quella lista di connazionali che stanno infiammando la MSL (col suo amico Giovinco in testa). Los Angeles sarebbe la destinazione perfetta per lui e per la sua faccia, che sia nei glamour Galaxy dei fratelli Dos Santos oppure – ancora meglio – nella nuova franchigia che sta nascendo nella città degli angeli, i Los Angeles FC. Il Principino sarebbe l’alfiere perfetto di questa operazione di marketing che vuole da subito dire la sua nella MLS.

 

Quanto gli donerebbero il nero e l’oro?

 

Marchisio al Bayern Monaco?

 

Verosimiglianza: 3%

Livello di dispiacere che causerebbe nei tifosi bianconeri: 4/10

Giocherebbe di più: magari sì, dipende

 

Già un anno fa, quando di fatto Marchisio era incedibile, il Bayern di Monaco pare abbia provato a prenderlo, su esplicita richiesta di Carlo Ancelotti. Non che i tedeschi abbiano grossi problemi a centrocampo, ma sarebbe un profilo molto interessante in una zona del campo orfana di Xabi Alonso. Considerando la propensione agli infortuni di Thiago Alcantara, il centrocampista italiano potrebbe ritagliarsi il suo spazio in una squadra ambiziosa che punta a vincere tutto. Il passaggio non sarebbe neanche traumatico visto che, a detta di tutti, il Bayern Monaco è la Juventus di Germania (o forse è la Juventus ad essere il Bayern Monaco italiano dopotutto).

 

Un’esperienza in un campionato tatticamente in ascesa farebbe sicuramente piacere a Marchisio, il cui sangue sabaudo si sposa benissimo con quello mitteleuropeo. Potrebbe insegnare ai tedeschi come ci si veste e fare tutte queste cose per cui noi italiani ci sentiamo superiori ai tedeschi. Con il classico vestito bavarese per l’Oktober Fest, poi, Claudio Marchisio starebbe benissimo. Sarebbe un peccato però fotografarlo vicino a Ribery.

 

 

Gli ultimi giorni del mercato juventino
di Fabio Barcellona
[martedì 22, mattina]

 

 

Il mercato della Juventus non è ancora finito e continua a muoversi in maniera controintuitiva rispetto ai ragionamenti sulle teoriche esigenze dei bianconeri. Le voci più insistenti in questi ultimi giorni di trattative riguardano il possibile approdo a Torino di Leonardo Spinazzola, Keita Baldè e, nonostante l’arrivo di Blaise Matuidi, di un altro centrocampista. Per quest’ultimo ruolo gli ultimi rumor riguardano Kevin Strootman (anche se la trattativa appare proibitiva). Più sfumate invece le voci che interessano i ruoli di terzino destro e centrale, dove le partenze di Dani Alves e Bonucci lasciano un vuoto che la società non sembra intenzionata a colmare.

 

Spinazzola e le sostituzioni di Dani Alves e Bonucci
La richiesta all’Atalanta di liberare Spinazzola un anno prima della fine del suo prestito biennale è l’operazione con la spiegazione più leggibile. L’esterno sembrava solo uno dei tantissimi giocatori del settore giovanile mandati in prestito più per coltivare i rapporti e consolidare il potere con le squadre minori, che per un reale progetto tecnico sul calciatore. Invece, non più giovanissimo e arretrato di una ventina di metri dalla sua precedente posizione di ala, Spinazzola ha finito per disputare un’ottima stagione col Perugia, che gli è valsa la chiamata dell’Atalanta. A Bergamo è esploso come esterno del 3-4-3 di Gasperini, che ha esaltato le sue doti atletiche, capaci di combinare resistenza e velocità.

 

Sebbene come esterno di una difesa a 4 le sue capacità difensive siano ancora da testare in serie A, la Juve si ritrova quasi per caso tra le mani un potenziale buon terzino di 24 anni, impiegabile su entrambe le fasce (anche se preferisce la fascia sinistra) e anche in posizione più avanzata. L’idea dei bianconeri è probabilmente quella di sostituire Asamoah, che sembra interessare molto al Galatasaray, con un giocatore di cinque anni più giovane, uscendone con una plusvalenza. Spinazzola può essere il naturale sostituto di Alex Sandro, ma anche spostarsi sul lato opposto per il ruolo di sostituto di Dani Alves. La speranza è che aumentando la concorrenza per la posizione aumenti anche il rendimento dei giocatori.

 

Anche nel caso di Leonardo Bonucci la strategia della Juventus sembra quella di non provare a sostituire i partenti con giocatori di caratteristiche simili o di valore paragonabile, probabilmente per mancanza di opzioni raggiungibili sul mercato. La scelta sembra quella di sopperire alle cessioni eccellenti affidarsi ai giocatori in rosa e alle variazioni tattiche.

 

Perché un altro esterno?!

Più complesso è il discorso del possibile acquisto di Keita Balde. Sfumato (temporaneamente?) a seguito degli esiti delle visite mediche l’acquisto di Patrick Schick dalla Sampdoria (http://www.ultimouomo.com/hype-patrick-schick/ ), sembrava che la Juventus, dopo l’acquisto di Douglas Costa, avesse chiuso gli acquisti nel reparto offensivo con l’arrivo dalla Fiorentina di Federico Bernardeschi.

 

E invece le voci di un interesse per Keita Balde si sono fatte via via sempre più insistenti. Se Schick poteva essere considerato un sostituto di Higuain e Dybala ((http://www.ultimouomo.com/hype-patrick-schick/ ), Keita, pur potendo giocare da punta centrale, ha bisogno di spazi per potere meglio esprimere il suo potenziale (http://www.ultimouomo.com/chi-e-davvero-keita-balde/ ). In un club come la Juve, che spesso si trova ad attaccare in spazi stretti e contro difese chiuse, la collocazione più idonea per il senegalese sarebbe quindi sull’esterno, in una posizione già ampiamente coperta da Juan Cuadrado, Mario Mandzukic e Marco Pjaca, oltre che dai due nuovi acquisti.

 

Davvero tanti giocatori per poche posizioni, senza contare Paulo Dybala e Gonzalo Higuain. L’idea è che l’acquisto di Keita risponda alla strategia societaria di accaparrarsi i migliori giovani sul mercato interno dove i prezzi non sono ancora esplosi come in campo internazionale. Specie se la situazione contrattuale e i pessimi rapporti del giocatore con la propria società ampliano i margini per la cessione. Ad accompagnare le voci di un arrivo di Keita ci sono però quelle parallele di una partenza di Juan Cuadrado. Anche in questo caso la Juve proverebbe a ringiovanire la rosa inserendo un talento di 7 anni più giovane e versatile, anche se da rifinire tatticamente. Le attitudini difensive di Keita sono di molto inferiori a quelle di Cuadrado e sotto gli standard richiesti a un esterno del 4-2-3-1 bianconero; il suo adattamento a una fase offensiva prevalentemente posizionale richiederebbe di certo un po’ di tempo.

Un altro centrocampista?
Tuttavia l’arrivo di Matuidi, apre ampi spazi per l’uso di in centrocampo a 3 che giustificherebbe la ricerca di un altro centrocampista dopo il francese, in un reparto che già conta 6 interpreti in rosa, più Mandragora in prestito al Crotone. Un centrocampo a 3, più folto e meglio scaglionato in campo, potrebbe ovviare ai problemi di costruzione dell’azione e in transizione difensiva visti nelle amichevoli e in Supercoppa. Di certo le voci su una possibile, clamorosa cessione di Marchisio non aiutano a fare chiarezza sulla strategia dei bianconeri per il centrocampo.

Come spesso affermato da Marotta, il mercato della Juventus è sempre un mix di programmazione e opportunità. In quest’ultimo caso, la possibilità di acquistare un buon giocatore a prezzi ritenuti convenienti dalla società è sempre presa in considerazione: il talento si compra e poi si trova il modo di farlo giocare sul campo.

 

Mai come quest’anno il solito lavoro da sarto di Allegri, bravissimo a cucire un abito tattico in grado di esaltare le connessioni dei propri talenti, sarà difficile e importante. Il talento a disposizione da centrocampo in avanti forse non è mai stato così interessante.

 

 

Perché l’Everton ha speso così tanto per Sigurdsson?
di Daniele V. Morrone

 

 

Comprare un giocatore di Premier League in questo momento, se si lavora per una squadra di Premier League, è pura follia: sicuramente si può trovare un giocatore dalle caratteristiche simili in un altro campionato europeo pagando molto di meno. Con questo presupposto, il discorso sulla valutazione di Sigurdsson, costato circa 50mln all’Everton, è stato uno dei dibattiti dell’estate già da molto prima che il trasferimento si concretizzasse. Il motivo di tale dibattito nasce dalla natura stessa della valutazione che diamo ad un giocatore che si trova a passare ad una squadra ambiziosa come l’Everton, in provenienza da una meno ambiziosa come lo Swansea.

 

Sappiamo con certezza chi è Sigurdsson a 27 anni: è un rifinitore che si muove libero nella trequarti dello Swansea per ripulire la manovra della squadra; l’azione base dello Swansea prevedeva una circolazione del pallone senza troppe pretese puntando verso l’esterno del campo nella speranza di un 1vs1 favorevole, fino al movimento incontro di Sigurdsson nella zona della palla pronto a ricevere spalle alla porta, riceverla e proteggerla, distribuirla, muoversi poi senza palla per riceverla ancora e dare l’ultimo passaggio o tirare in porta.

 

 

Senza di lui lo Swansea non praticamente non riusciva neanche ad arrivare in area.

 

Nelle ultime tre stagioni solo quattro giocatori hanno effettuato più assist dei suoi 26 (e sono tutti calciatori di élite: Cesc, Özil, Eriksen, de Bruyne). La scorsa stagione ha segnato 9 gol e servito 13 assist. Sigurdsson la scorsa stagione ha contribuito attivamente alla metà dei gol dello Swansea (solo altri due giocatori hanno avuto più peso e sono stati Defoe e Lukaku).

 

 

 

Adesso viene il difficile: l’eye test e le statistiche più generali ci dicono cosa fa Sigurdsson in campo, e ci dicono che lo fa più che decentemente, riuscendo il più delle volte anche ad aiutare la squadra e perdendo molti meno palloni di quanto si possa pensare. Se andiamo più a fondo nelle statistiche, però, vediamo che questo aspetto del suo gioco è “normale”, ad essere generosi. I nostri occhi vedono che Sigurdsson eccelle nel proteggere la palla, ma i numeri dicono che la distribuzione e la precisione non rientrano tra le migliori del campionato.

 

Per quanto si tratti di un giocatore con una tecnica eccellente, con un grosso Q.I. calcistico, altruista e in grado di muoversi lungo tutto il campo (pochi giocatori coprono tanto campo quanto lui), fisicamente solido; la domanda di fondo è se sia un giocatore adatto alle ambizioni dell’Everton o se la sua dimensione reale e ideale fosse quella interna a una squadra come lo Swansea.

 

Di sicuro è quello che devono aver pensato al Tottenham, quando hanno deciso di venderlo qualche anno fa, ed è quello che pensa una parte della comunità di analisti della Premier.

 

Questo è un grafico che riassume la stagione di Sigurdsson dal punto di vista statistico. Non è un grafico di un giocatore da prendere a 50 mln per fare il salto di qualità.

 

Il fatto è che Sigurdsson è uno specialista, un incredibile cesellatore, un manierista di prim’ordine in un preciso fondamentale tecnico dove ha pochi rivali in Europa. E cioè nei calci da fermo.

 

Nessuno ha dato tanti assist da palla da fermo quanto lui lo scorso anno (8). Considerando i gol da punizione e rigore, più della metà del suo apporto in termini realizzativi è arrivato da palla ferma. Punizione diretta, punizione per uno schema, calcio d’angolo.

 

In questo fondamentale Sigurdsson è realmente élite.

 

 

 

È più chiaro adesso quale sia il problema nel valutare Sigurdsson. L’islandese da anni è un’anomalia per chi utilizza le statistiche per aiutare l’analisi calcistica perché è un giocatore di élite nei calci da fermo – da sempre punto positivo per via del vantaggio che danno in termini realizzativi se eseguiti bene – ma come normalissimo in molti altri aspetti del suo gioco con e senza palla. Capire quindi cosa aggiunga in più rispetto ad un altro giocatore nello stesso ruolo della Premier League migliore con la palla (prendiamo Joe Allen, ad esempio) è veramente difficile.

 

Non è un caso però se la persona che ha valutato così tanto la sua eccellenza è quel Ronald Koeman che sull’eccellenza nei calci piazzati ci ha costruito sopra una carriera d’altissimo livello.

 

Ci vuole uno specialista per riconoscere un altro specialista e va detto che la Premier è una riserva naturale di giocatori dalle qualità molto asimettriche: Fellaini con la sua capacità di mettere giù qualsiasi lancio lungo, Kanté che copre tutto il campo con la sua corsa e capacità di tackle, il mostro di forza fisica e velocità in campo aperta che è Lukaku, i vari specialisti nei colpi di testa Carroll, Vokes, Crouch.

 

Ci sono state squadre costruite proprio a partire da questo, da una serie di specialisti che messi insieme riescono a dare il proprio contributo in determinati momenti della gara (basta pensare allo Stoke storico di Delap e le sue rimesse laterali).

 

 

 

Quindi, vista la scelta dell’Everton di spendere su Sigurdsson (forse i soldi del prossimo partente Barkley) i casi sono due: o Koeman ha scommesso sul fatto che la comunità degli analisti si sbaglino nel valutare il giocatore, o per lui il valore aggiunto dell’eccellenza di Sigurdsson è tale da portare la squadra a mangiare ancora un po’ del gap che li separa dalle top 6. Considerato quanto contano, in termini di occasioni create, i calci da fermo, magari Koeman ha pensato che avere in squadra il migliore del campionato possa valere più o meno qualunque prezzo. Forse così Koeman spera di ridurre ancora il gap che lo separa dalle “grandi”.

 

Di sicuro per giustificare il proprio posto in squadra rispetto ad un altro giocatore acquistabile sul mercato con la stessa cifra, Sigurdsson dovrà garantire come minimo lo stesso livello di occasioni create dello Swansea. E già questo non sarà semplice.

 

 

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