Guida alle Finals NBA 2017
I temi tattici, i personaggi e le trame più interessanti del terzo episodio della trilogia tra Golden State e Cleveland.
I temi tattici della serie
di David Breschi
Il terzo atto della sfida tra Warriors e Cavaliers presenta le condizioni ideali per una serie memorabile: per la prima volta le due squadre si affacciano alle Finals al gran completo, senza infortuni o scorie da smaltire e riposate dopo una settimana piena di “vacanza”. I temi tattici di queste Finals sono innumerevoli, ognuno dei quali merita approfondimenti: noi ci concentreremo qui su alcuni punti fondamentali.
LeBron James, l’alfa e l’omega dei Cavs
Gli Warriors sono arrivati all’appuntamento con un percorso netto fatto di 12 vittorie e 0 sconfitte, grazie al secondo attacco degli interi playoff viaggiando con un rating offensivo di 113 punti per 100 possessi. Il miglior attacco? Quello dei Cavaliers, che ha oltrepassato per la prima volta nella storia la barriera dei 120 di Offensive Rating, segnando almeno 106 punti su 100 possessi in tutte e 13 le partite di playoff disputate.
Il motivo principale di questa esplosione di numeri è — manco a dirlo — LeBron James, che sta viaggiando alle migliori medie in carriera in post-season ed è l’alfa e l’omega dei Cavaliers. James è una macchina da mismatch e i Cavaliers sono costruiti sulla sua capacità di prendere sempre vantaggio sul marcatore diretto in ogni situazione: in questi playoff Tyronn Lue ha usato James ai due estremi del pick and roll per costringere le difese avversarie a forzare un cambio di marcatura o creare una situazione di emergenza, lasciando sovrannumeri sul lato debole a seguito dei raddoppi.
I Celtics hanno provato a non cambiare sui pick and roll che coinvolgevano James e un lungo, ma le spaziature dei Cavaliers e la presenza di Kevin Love sul lato debole hanno ampliato ancora di più gli spazi per le penetrazioni del Prescelto. Quando hanno accettato di cambiare, come nell’ultima clip, il risultato è stato ancora più tragico con un facile canestro di James contro un inerme Olynyk.
In caso di pick and roll tra James e un piccolo, il cambio difensivo è obbligatorio per non permettere a James di andare in penetrazione verso l’area.
Se a bloccare sulla palla sono Irving, ma anche Smith, Korver o Shumpert (e questo succederà spesso per mettere Curry nel mezzo ai pick and roll), si aprono tutta una serie di opzioni per il bloccante, che solitamente ha spazio per tirare o attaccare dinamicamente una difesa in situazione di recupero
Il pick and roll che coinvolge James come bloccante è un altro rebus irrisolvibile, specialmente se a duettare con lui è Kyrie Irving, il nemico pubblico numero 2 degli Warriors.
Il difensore che marca James in single coverage solitamente ha le mani piene, ma se oltre a quello deve difendere anche di squadra sui pick and roll, il compito diventa improbo. Nelle prime due sequenze della clip chi marca James accenna un contenimento su Irving e il Prescelto ne approfitta per rollare e attaccare il ferro. Nelle ultime due clip si innescano le rotazioni difensive sul lato debole, ma le letture di James sono precise e mandano a canestro i suoi compagni di squadra.
Quando LeBron James non era al centro del pick and roll come portatore di palla o bloccante, i Cavaliers lo hanno rifornito di palloni usando i blocchi ciechi per isolarlo in post basso.
I blocchi ciechi sul lato forte permettono a James di “scegliersi” il difensore contro cui attaccare in post basso, spesso un esterno più piccolo di lui coinvolto nel cambio difensivo.
Gli Warriors cambiano su tutto
I Golden State Warriors – al contrario di Pacers, Raptors e Celtics che hanno incrociato i Cavaliers fin qui – dal canto loro hanno elevato l’arte dello switch a livelli di eccellenza assoluta: cambiano su tutto, non hanno paura di eventuali mismatch e hanno taglia fisica, atletismo, fisicità e schemi difensivi complessi per far fronte a qualsiasi tipo di evenienza.
In questa clip è possibile capire l’efficacia dello switch difensivo dei Warriors. In alcune sequenze il cambio difensivo è portato all’estremo, succede anche cinque volte in un’azione ma il risultato è sempre lo stesso: l’attacco si prende un pessimo tiro perchè non riesce a creare vantaggi.
Il segreto di pulcinella di questo sistema di cambi sistematici è ovviamente Draymond Green e la sua capacità di marcare indifferentemente guardie e centri, esterni o lunghi. Lui e Kevin Durant avranno il compito di rallentare James e coprire ogni possibile falla che il Prescelto è in grado di aprire per sé e per i compagni.
Lo switch tra Durant e Green è una delle collaborazioni difensive più efficaci della storia moderna di questo sport: elimina qualunque tipo di mismatch, sia sul portatore di palla che vicino a canestro o a rimbalzo d’attacco.
Il flow degli Warriors vs la pessima difesa lontano dalla palla dei Cavaliers
I Cavaliers in questa post-season hanno iniziato a stringere le maglie in difesa: sostanzialmente sono stati buoni sulla palla, ma pessimi lontano da essa e nelle rotazioni difensive. Contro gli attacchi macchinosi di Pacers e Raptors è bastato essere un po’ più aggressivi del solito, ma contro l’attacco funzionale, disciplinato e in continuo movimento dei Celtics si sono viste alcune crepe che gli scout degli Warriors faranno sicuramente notare a Kerr e Brown.
La quantità di distrazioni difensive che hanno prodotto backdoor su backdoor è sconfortante. E gli Warriors sono la miglior squadra al mondo a giocare questa particolare situazione.
Golden State non si ferma mai, ha sempre un piano, molto spesso un buon piano per scardinare le difese avversarie con un movimento armonico di uomini e palla che produce un flusso costante di gioco. Soprattutto, ha la capacità di eliminare i punti di riferimento a cui ogni difesa al mondo è abituata: la differenza tra lato debole e lato forte. Contro gli Warriors non esiste tale separazione – ed uno come Klay Thompson in tale situazione si sguazza.
Klay Thompson e il suo ininterrotto movimento senza palla sembra casuale, ma in realtà c’è molta disciplina in quello che succede: i suoi tagli lontano dalla palla o per avvicinarsi ad essa non concedono punti di riferimento (lato debole e lato forte) al difensore, che non può staccarsi ma nemmeno reagire prontamente sui blocchi “random” che il tiratore degli Warriors sfrutta per liberarsi al tiro.
Lo stesso discorso si può attuare anche per Curry: è sempre in movimento, è sempre marcato a vista, su di lui cambiano a ogni blocco lontano o vicino dalla palla e può correre da un lato all’altro del campo anche per 20 secondi senza toccare la palla. Ma arriva sempre un momento in cui per una frazione di secondo è lasciato libero – per collassare in area a seguito di una penetrazione, per aver mancato un cambio, per un blocco “random” non previsto – e lui è pronto a punire ogni singola distrazione.
Che Curry abbia o no la palla in mano non è importante. L’importante è muoversi sempre, anche in modo apparentemente casuale, per creare continuamente vantaggi per l’attacco. Che poi in fin dei conti sono vantaggi che Curry riscuote a fine azione concretizzando un azione corale con un ottimo tiro e spesso un canestro (93° percentile nei tiri piedi-per-terra, 91° in uscita dai blocchi).
Kevin Durant non è Harrison Barnes
Nelle scorse Finals la strategia difensiva dei Cavaliers da gara-5 in poi è stata battezzare sistematicamente un Harrison Barnes in crisi mistica da 5/32 al tiro nelle ultime tre partite della serie.
Al suo posto quest’anno però c’è Kevin Durant, e le cose sono leggermente diverse: se gli Splash Brothers non producono punti o generano gioco, gli Warriors sanno di poter fare affidamento sulle capacità realizzative dell’ex Thunder, che in stagione e nei playoff ha tolto spesso le castagne dal fuoco ai suoi mentre Curry e Thompson litigavano con il canestro. Tutto ciò permette agli Warriors, in determinati momenti della partita di cambiare registro, sacrificare il flusso del gioco in favore di isolamenti ad alta efficienza.
Questo schema degli Warriors, presentato da Kerr a Natale nella sfida contro i Cavaliers per la prima volta, è una rivisitazione della classica Motion Weak. Permette di liberare Durant in post basso su un quarto di campo contro un avversario più basso, di uscire dal blocco verticale per sparare oppure di giocare un pick and pop di chiusura con Curry nelle vesti di bloccante, un espediente tattico che vedremo e rivedremo nel corso di queste Finals, sia per Durant che per Green.
Non che avere uno scorer come Durant significa rinunciare a muovere palla e giocatori sia ben chiaro:
Una situazione statica come un pick and roll centrale con tre giocatori fermi diventa dinamica non appena si innesca il gioco a due, che porta a collaborazioni più complesse basate sulla lettura delle scelte difensive e degli spazi
La Hamptons Five Lineup vs la small-ball dei Cavaliers
Con l’innesto di Durant per Barnes la Death Lineup degli Warriors, oggi ribattezzato la “Hamptons 5” visto che proprio lì si sono incontrati tutti e cinque per decidere di giocare insieme, ha subito un upgrade significativo benché sia stata usata con il contagocce in stagione regolare e nei playoff – un po’ per scelta, un po’ per i problemi fisici di Iguodala (sostituito egregiamente da Shaun Livingston nel quintetto small degli Warriors).
I Cavaliers però non sono stati a guardare e muovendosi sul mercato con gli arrivi di Kyle Korver e Deron Williams hanno creato una loro lineup della morte, in cui LeBron James è attorniato da giocatori della second unit in una sorta di “position-less” portata all’estremo, senza lunghi, con 5 esterni e 5 trattatori di palla/tiratori credibili.
Stop difensivo, i Cavaliers volano in contropiede, James in questo momento funge da centro tattico, arriva a rimorchio e taglia provocando uno scompenso nella difesa Celtics che si accoppia male con Horford su Williams. La penetrazione dell’ex Jazz amplia il vantaggio acquisito chiuso dal taglio backdoor di James con un comodo sottomano.
Questo quintetto dei Cavaliers può essere declinato con la presenza di Love al posto di Jefferson o Irving al posto di Williams per conferire ancora più potenziale offensivo a Lue nella battaglia tra quintetti piccoli, ma sarà difficile che la second unit dei Cavs incroci la Hampton 5 Lineup degli Warriors. Sfalsare quanto più possibile i minutaggi di questi due quintetti small può essere uno dei fattori per avere un vantaggio competitivo decisivo nell’economia della serie.