Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Le domande fondamentali della stagione NBA 2020/21
22 dic 2020
22 dic 2020
Squadre, temi e personaggi della stagione che più incerta di sempre.
(articolo)
20 min
Dark mode
(ON)

Siete carichi per una nuova stagione NBA? Sembra passato un giorno da quando le squadre sono entrate a Disney World e un secolo da quando i Lakers hanno vinto il loro 17esimo titolo (o 12esimo?), e se l'ultima stagione è stata strana la prossima ha tutte le carte in regola per esserlo ancora di più. Ma non preoccupatevi, siamo qui apposta per rispondere a tutte le vostre domande.

1) Iniziamo subito dalla vetta. I Los Angeles Lakers hanno ampliato il loro vantaggio sul resto della lega e sono i favoriti al repeat o qualcuno può seriamente impensierirli?

Lorenzo Bottini: Come tutti i ricchi, anche loro si sono arricchiti durante questa pandemia. Le aggiunte di Dennis Schroeder e Montrezl Harrell e soprattutto, a mio avviso, quelle di Wes Matthews e Marc Gasol garantiscono a LeBron James e Anthony Davis sia un quintetto impressionante con il quale finire le partite, sia di tirare avanti la baracca quando i due fenomeni si prenderanno le loro sieste. E i Lakers si sono preparati a sopravvivere nei minuti quando non ci sarà LeBron a creare a metà campo, uno dei pochi punti deboli della squadra da titolo nella bolla. Il tandem dei due migliori sesti uomini della stagione 2019-20 si prenderà la maggior parte di quei possessi, nella speranza che Schroeder riesca ad imitare Lou Williams e che Harrell non sia quello visto ad Orlando. Marc Gasol dirigerà il post alto, sistemando il playmaking secondario come ha fatto una volta arrivato a Toronto due stagioni fa.

Tirando però la coperta si è forse scoperta la fase difensiva, una delle migliori viste la scorsa stagione e vero punto di forza nella corsa al titolo. Una difesa imperniata sulla presenza di un lungo affianco a Davis e ali versatili in grado di indirizzare gli attacchi avversari verso il centro del campo in una specie di zona match-up fisica ed elastica, e che soffrirà la perdita sia di Dwight Howard che di Danny Green, il secondo Lakers per plus/minus negli scorsi playoff. Ma Caruso, Matthews, KCP, Markieff Morris, il neo-rifirmato Kuzma e l’emergente Talen Horton-Tucker dovrebbero garantire la flessibilità in ala per massimizzare le line-up attorno a LeBron e Anthony Davis. Perché alla fine chi ha i migliori giocatori in campo parte sempre con i favori del pronostico.

Dario Vismara: La mia impressione è che questa versione dei Lakers sia maggiormente attrezzata a fare fronte alla regular season rispetto a quella passata, specialmente dal punto di vista offensivo. Il dubbio è se non abbiano perso troppo a livello difensivo per finire a pagarne dazio, specie per lo schema di coach Vogel che tende a mandare molto “dentro” l’area (e se non c’è Anthony Davis non sono sicuro che questa versione di Gasol basti per proteggere il ferro). Il sacro fuoco che li animava lo scorso anno potrebbe essersi affievolito un po’, e il fatto che sia Schroeder che Harrell debbano andare a caccia di un contratto in estate potrebbe creare qualche crepa a livello di chimica, che è stato poi il vero segreto della scorsa stagione.

Rimango convinto che i Clippers abbiano un roster superiore quasi a tutti a livello di talento, e se riuscissero a cedere anche Williams e Beverley potrebbero sistemare quei problemi di spogliatoio che hanno pagato con gli interessi nella bolla. Serge Ibaka ha vissuto una delle migliori stagioni della sua carriera lo scorso anno a Toronto e aggiunge spaziature che con Harrell non erano immaginabili: se Tyronn Lue li tiene tutti assieme, per me i rivali numero 1 rimangono loro. Detto questo, Kevin Durant è sembrato quello vero, e da solo può cambiare gli equilibri della lega.

Marco D’Ottavi: Credo che la vittoria dei Lakers sia apparsa più netta di quanto non fossero le differenze in campo e che il “vantaggio” con cui partano non sia così ampio. Poi bisogna capire se i titoli si vincono con la chimica di squadra o con la somma delle parti. Perché è evidente che questo roster sia più forte del precedente, che però aveva - come si dice in questi casi - cliccato. D’altra parte mi sembra che il merito fosse principalmente della leadership positiva di LeBron, della predisposizione di Davis e anche della capacità di Vogel di toccare i punti giusti. Loro tre sono rimasti e per i Lakers è la cosa più importante.


2) I Bucks hanno rivoluzionato il loro roster e incassato la fiducia sotto forma di supermax da Giannis Antetokounmpo: basterà per fare il salto di qualità che tutti si aspettano da loro?

Lorenzo: Fare una previsione sui Milwaukee Bucks senza farsi condizionare dalla dicotomia tra il rendimento della stagione regolare e quello ai playoff è impossibile, quindi schivo la domanda dicendo che a questo giro la stagione regolare non conterà per la squadra di Bud. Sappiamo già che saranno la solita gioiosa macchina da guerra che chiuderà gran parte delle partite a metà terzo quarto, con Giannis che avrà le solite statistiche sui 36 minuti da far rabbrividire i nostalgici. Il vero esame sarà ai playoff e ci sarà tempo e modo di parlarne quando ci si arriverà (se ci si arriverà).

La vera vittoria per ora è stata la firma dell’estensione di Giannis, che di fatto ha salvato la franchigia da una stagione di bombardamento psicologico da parte di ESPN e affini, e soprattutto allungato la finestra competitiva dei Bucks. Anche perché le mosse in off-season hanno di fatto legato i Bucks mani e piedi a questo roster, quindi siamo al più classico o la va o la spacca. Certo che l’aggiunta di Jrue Holiday sposta, e persino il salvataggio in corner dopo la figuraccia dell’affare Bogdanovic, ovvero le firme di Bobby Portis, D.J. Augustin e Torrey Craig, potranno venire utili. Ma per avere delle risposte quanto meno credibili bisognerà aspettare.

La stagione da MVP di Giannis.

Marco D’Ottavi: Se fossi una persona attaccata ai soldi direi che ci sono 228 milioni di buoni motivi per aspettarsi il salto di qualità dei Bucks. Perché se è vero che Antetokounmpo è stato il miglior giocatore delle ultime due regular season, non lo è stato nei playoff. Colpa dei compagni? Immagino lo scopriremo ad aprile.

Dario Vismara: La formula per la regular season è rodata ormai da anni, perciò quello che mi interessa capire è se Mike Budenholzer sente la pressione di dover costruire quel tipo di automatismi che diventano fondamentali durante i playoff. In altre parole: è pronto a rinnegare parte del suo credo e costruire una difesa che cambia su tutti i blocchi, anche a costo di perdere qualche partita in più? È disposto a sacrificare un po’ della sua circolazione di palla per avere un atteggiamento più predatorio nei confronti dei cattivi difensori avversari? Continuerà a speculare sulle percentuali degli avversari oppure cercherà di togliere un po’ di tiri da tre punti a favore di quelli dalla media distanza? Giannis ha rifirmato, ma se le cose vanno male la prima testa che salta rischia di essere la sua.


3) La Eastern Conference sembra molto livellata dietro Milwaukee. Chi vedete in ascesa e chi invece potrebbe finire a giocarsi i play-in (sì, quest’anno ci saranno i play-in tra la settima e la decima posizione)?

Dario: Il treno dell’hype sui Philadelphia 76ers ha ricominciato a sfrecciare forte dopo aver deragliato malamente lo scorso anno, e con dei reali tiratori sugli scarichi per Simmons ed Embiid dovrebbero avere quelle spaziature in grado di farli respirare offensivamente. Per il resto, Indiana non ha risolto nessuna delle grane che si porta dietro (Victor Oladipo ha voglia di rimanere? Sabonis e Turner possono coesistere?) e ha un allenatore esordiente in panchina: ai blocchi di partenza è sicuramente la squadra che rischia maggiormente di essere risucchiata in uno dei quattro posti del play-in.

Marco: Penso che a Est il discorso sarà molto più verso l’organizzazione dei piazzamenti, nella speranza che abbia senso avere il fattore campo perché nei playoff vedremo arene straripare di tifosi che hanno pagato troppo i propri posti. Sono d’accordo che quella a rischiare di più l’umiliazione play-in sarà Indiana, dopotutto Atlanta ha fatto un mercato con la precisa volontà di non andare in ferie dopo l’ultima partita di stagione regolare. L’alternativa è ipotizzare (tifare?) l’implosione dei Brooklyn Nets, ma è più una cosa da 2020: speriamo che il 2021 abbia meno sorprese.

Lorenzo: Quest’anno la Eastern Conference sarà una bella lotta tra chi ha cambiato molto o tutto e chi invece sta proseguendo un percorso di crescita fatto di continuità, in un asse cartesiano che ha come y i Brooklyn Nets e come x i Miami Heat. Se i primi hanno un potenziale ancora tutto da esplorare, i secondi arrivano dalla consacrazione della scorsa stagione e dal relativo carico di fiducia in dono. Anche i sistemi ben rodati di Boston e Indiana, nonostante il cambio d’allenatore in casa Pacers, per me possono replicare le stagioni scorse nell’alta borghesia della Conference. Poi ci sarebbero i Philadelphia 76ers, che più che cambiare, sono tornati alle origini e a un sistema con tanti tiratori attorno a Simmons e Embiid, ma vogliamo davvero credere che le cose possono andare lisce in una piazza che vive solo di psicodrammi? Non basterà neanche il santino di Sam Hinkie in mano a Daryl Morey, temo.




4) Quale squadra potrà beneficiare delle condizioni particolari di questa stagione e chi invece la soffrirà particolarmente?

Lorenzo: Non siamo più nella bolla e quindi le responsabilità individuali si alzano, ma allo stesso modo diventano ancora più casuali. Immaginare oggi uno scenario nel quale dei giocatori, anche di alto livello, non saltino delle partite a causa del COVID-19 sembra francamente un'utopia. La speranza è quella che la competizione non venga troppo condizionata, e che si trovi durante la stagione una soluzione sostenibile (da allargare poi al resto del mondo). Certo, le squadre con rose lunghe e sistemi collaudati saranno avvantaggiate dalla situazione corrente.

Marco: La domanda giusta è forse “quali sono le condizioni di questa stagione?”. Per quanto assurdo possa sembrare si riparte un po’ a vista: qualcuno aprirà parzialmente l’arena, qualcuno è stato costretto a spostarsi dal Canada alla Florida, qualcun altro si troverà in uno Stato in lockdown, qualcun’altro no. L’unica previsione che possiamo azzardare - che però è anche questa parziale, visto che magari domani la NBA compra vaccini per tutti e si rivelano super efficaci - è che le eventuali quarantene per positività al COVID-19 potranno davvero condizionare alcune squadre. Ipotizziamo un focolaio che costringa allo stop 3-4 giocatori di rotazione di Dallas tra cui Doncic per una ventina di giorni, per cui saltano almeno 5-6 partite. In un Ovest così agguerrito dove la forbice tra quinto e decimo posto non sembra così ampia, queste cose possono fare tutta la differenza del mondo. Certo, i play-in ci sono apposta, ma gli eventuali stop per positività rimangono la più grande incognita della stagione, con il calendario più stretto e le arene chiuse.

Dario: Il fattore campo è cruciale per alcune squadre che vanno mediamente meglio rispetto a quanto ci si possa aspettare dal loro talento grazie alla spinta dei tifosi. Il leggendario fattore-altitudine dei Denver Nuggets funzionerà anche senza tifosi sugli spalti e le squadre in trasferta (teoricamente) costrette a rimanere nelle loro stanze di albergo senza contatti col mondo esterno? Gli Heat ogni domenica che giocano in casa potranno continuare a banchettare sugli avversari reduci da notti brave a South Beach? Anche le squadre che si fermeranno per vari giorni nella stessa città potrebbero avere delle brutte sorprese: auguri a tutti quelli che dovranno affrontare Lakers e Clippers in rapida successione, magari con qualche assenza chiave per via del COVID.


5) Qual è la squadra più difficile da pronosticare e perché proprio i Golden State Warriors?

Dario: Iscrivetemi pure al partito degli scettici su questa versione degli Warriors. L’Ovest è migliorato enormemente rispetto a quando banchettavano sugli avversari veleggiando fino ai playoff, e anche solo un raffreddore a Steph Curry potrebbe avere effetti catastrofici sulle loro possibilità offensive. Assieme a Curry partono in quintetto due tiratori a essere generosi mediocri (Oubre e Wiggins) e due non-tiratori (Green e Wiseman), un invito a utilizzare la zona box-and-one che i Raptors hanno reso famosa nelle Finals del 2019. In difesa, poi, coinvolgere in un pick and roll Wiseman e Curry potrebbe rappresentare un tappeto rosso srotolato fino al canestro: non sono convinto di questa squadra in nessuna delle due metà campo, ma non è nemmeno colpa loro se Klay Thompson si è rotto il tendine d’Achille in allenamento.

Lorenzo: Sarà che in questa breve off-season mi sono rivisto un po’ di partite dei primi Golden State Warriors di Steph Curry, quelli di Mark Jackson per intenderci, ma sono ansioso di vederlo in un contesto scomodo. Per sua fortuna c’è sempre Kerr, che in qualche modo saprà massimizzare il talento a sua disposizione, ma questi Warriors hanno drammaticamente un problema di spaziature e intelligenza cestistica, oltre ad avermi tolto la possibilità di gustarmi Curry e LaMelo insieme. Almeno è arrivata la personalità di Kelly Oubre a dar vita ad una squadra altrimenti davvero poco intrigante. A Ovest sarà una discreta carneficina e Golden State non parte certo favorita, ma Curry è pur sempre Curry, uno dei grandi rivoluzionari di questo giochino: vederlo trascinare una franchigia (carcassa di Wiggins compresa) sarà uno spettacolo, qualsiasi saranno i risultati.

Steph è tornato?

Marco: Golden State sarebbe stata difficile da pronosticare con Thompson sano (sarebbero stati a livello di Lakers e Clippers? Meglio? Peggio?), così mi sembra che possano ambire a un posto nei playoff come quasi tutti a Ovest. Poi certo le loro fiammate sono più spettacolari di quelle delle altre squadre e Curry e Green dopo un anno fermi vorranno divertirsi, però ecco non credo possano sorprendere nessuno. Per me è più difficile da pronosticare una squadra come Denver: Murray è diventato definitivamente un giovane Michael Jordan? Michael Porter Jr. che stagione farà? Quale Jokic vedremo?


6) Vista la classe eleggibile al prossimo Draft, citofonare Cade Cunningham e Jalen Suggs, chi partirà subito con l’intenzione di tankare e chi deciderà di farlo a breve?

Dario: Con le loro (non) mosse di mercato, Oklahoma City, Cleveland, New York e Detroit hanno fatto capire abbastanza chiaramente che l’obiettivo di quest’anno - e nemmeno del prossimo - non è vincere, anzi è proprio perdere. Tutte hanno abbastanza talento giovane a roster da rendere giustificabile un anno di esperienza, errori e sconfitte in serie, poi tutto sta nel far commettere ai giocatori il giusto tipo di errori. C’è modo e modo di perdere nella NBA.

Lorenzo: Sostituite Golden State con OKC e Chicago con Detroit: le prime cinque posizioni del Draft 2020 saranno le prime a scegliere anche il prossimo anno. Quindi la fedeltà di Minnesota, Charlotte, Cleveland, Detroit e Oklahoma City verrà ripagata con una classe dalla quale pescare di altissimo livello, dove trovare finalmente quel franchise player per iniziare la lenta risalita (Minnesota deve farsi bene i calcoli per arrivare quinta e non regalare la scelta ai Warriors). Ai Knicks credo non verrà concesso neanche questo.


7) Quale sarà la squadra più divertente della lega, aka quella da non perdere su League Pass?

Lorenzo: Questa per me è la domanda più seria del lotto quindi la affronto con il massimo rigore scientifico. Innanzitutto una squadra da League Pass deve essere una che non va quasi mai su reti nazionali, altrimenti che gusto c’è se le possono vedere tutti altrimenti, ça va sans dire, non sarebbe una squadra da League Pass. Ad esempio i Pelicans che ne hanno 14 in virtù di Zion Williamson sono per me fuori dai giochi (anche se Dario non sarà d’accordo con me). Poi non deve fare i playoff, altrimenti me la vedrei direttamente lì e non mi salirebbe il FOMO per delle squadre piuttosto scarse. E devono avere una maglia iconica, che non ti fa venire gli occhi iniettati di sangue mentre la guardi alle 3 di notte - e con questa regola, viste le City Edition di questa stagione, ne sforbiciamo via parecchie. Infine, deve avere giocatori dai nomi buffi, e correre e schiacciare e diventare immediatamente culto. Insomma i Memphis Grizzlies.

Premio della Critica agli Charlotte Hornets.

Dario: Non sono convinto che Stan Van Gundy sia l’allenatore giusto per farci divertire sul League Pass, ma un quintetto che vola a cento all’ora in campo aperto formato da Kira Lewis Jr., Nickeil Alexander-Walker, Brandon Ingram, Zion Williamson e Jaxson Hayes renderebbe i New Orleans Pelicans divertentissimi da vedere. Vediamo però che le coronarie di SVG possano sopportare l’emorragia di punti concessi che quel quintetto inevitabilmente produrrebbe. Per il resto, il League Pass è fatto apposta per seguire la crescita dei giocatori nelle partite non di cartello: dove c’è una giovane superstar in campo, un occhio lo si butta sempre volentieri.

MDO: Per me un’altra caratteristica che deve avere una squadra League Pass, purtroppo, è che deve giocare a orari umani, quindi più costa est che ovest. Poi deve avere un bel parquet e una bella maglia, dei giovani interessanti e qualche ala che gioca facendoti venire voglia di correre subito al campetto pure se sono le due del mattino (non una guardia perché sono onesto con me stesso: non potrei mai giocare come una guardia). Quindi la mia risposta non può che essere gli Atlanta Hawks.


8) Quale giocatore farà il famoso “leap” per entrare nel club dei grandi?

Dario: Dipende sempre di quale club stiamo parlando. Shai Gilgeous-Alexander è destinato a entrare in quello dei ventellisti a sera, e se il record di OKC non sarà completamente atroce potrebbe anche giocarsi un posto all’All-Star Game. Le speranze di Denver per fare un salto di qualità risiedono quasi unicamente sulle spalle di Michael Porter Jr., l’iniezione di talento necessaria per salire di livello. In definitiva, però, è Devin Booker il giocatore chiamato a confermare quanto fatto vedere nella bolla: se non si confermasse, sarebbe davvero uno spreco.

Marco: Cosa si intende per “club dei grandi”? È effettivamente un club? Un nome che mi viene in mente è Jimmy Butler, che sebbene goda di buona considerazione, soprattutto dopo l’ultima stagione, può usare il 2021 come anno della consacrazione, soprattutto per convincere tutti che può essere anche un leader positivo e non uno che si allena alle 3 del mattino e fa paura ai compagni. Se invece parliamo di giocatori che possono fare un salto di qualità più generale, io aspetto al varco Ben Simmons, un po’ per non farlo scrivere a Lorenzo, un po’ perché mi sembra il giocatore con il potenziale più “inespresso” tra quelli che possono diventare i migliori della lega.

Lorenzo: Grazie Marco per l’assist e per le tue domande esistenziali, ma non cadrò nel tranello. Invece dico O.G. Anunoby e Michael Porter Jr., due giocatori che apparentemente non hanno niente in comune, ma che invece sono scivolati nei rispettivi Draft verso squadre molto brave a sviluppare il talento grezzo. A Disney World hanno dimostrato di essere finalmente pronti ad interpretare un ruolo da protagonisti nei rispettivi team, che avranno bisogno del loro contributo per fare a loro volta un salto di qualità.

Entrambi infatti, a loro modo, rappresentano delle moderne evoluzioni del ruolo che a me sta tanto a cuore, quello delle 2-way wing. Certo Anunoby è più un difensore versatile e prepotente, ma nell’ultima stagione ha dimostrato una sempre maggiore sensibilità nel trattamento del pallone e nel tiro da fuori, come con la tripla che ha tenuto in vita la serie tra Toronto e Boston. Mentre Porter Jr. ha tutte le qualità per essere un attaccante letale sui tre livelli e il perfetto complemento al tandem formato da Jokic e Murray: perso Grant in free agency, Denver si aspetta molto da lui se vuole confermare il bel risultato ottenuto nella bolla.

Proprio ieri i Raptors si sono assicurati altri quattro anni di OG per 72 milioni di dollari.




9) Quanto la situazione Harden modificherà i rapporti di forza all’interno della lega?

Dario: Forse meno del previsto? Certo, un suo passaggio alla Eastern Conference lo renderebbe quasi automaticamente uno dei primi tre giocatori a Est, ma Brooklyn, Philadelphia e Miami sono squadre che se la possono giocare anche senza di lui - per quanto ovviamente la sua presenza li renda più pericolose. Bisogna però maneggiare Harden con cura: siamo sicuri che sia ancora in grado di giocare un tipo di pallacanestro normale, in cui taglia, passa e porta blocchi lontano dal pallone? Oppure il James-ball gli è entrato così tanto nelle vene da renderlo un’ameba ogni volta che non ha la palla? Il suo inserimento in una nuova squadra potrebbe essere più problematico di quanto ci immaginiamo.

Marco: Do una risposta un po’ da boomer: se come probabile lo strappo non sarà ricucito e dovesse arrivare una cessione, sarà la dimostrazione di come forse l’attuale sistema contrattuale non sia più la miglior soluzione possibile per le franchigie. È vero che è una “players’ league”, ma in un sistema in cui i giocatori sono un contratto e non un cartellino, se si sposta troppo il potere nelle loro mani, il rischio è che possano piegare a proprio vantaggio ogni disputa. Certo, io non sono il fortunato possessore di una franchigia NBA e per lo spettacolo è bello vedere i giocatori decidere il loro futuro, perché nessuno sa cosa è meglio per loro di loro stessi. Però alcuni dicevano che la virtù sta nel mezzo. Chissà.

Lorenzo: Su Harden ho già scritto e scriverò in futuro se succederà qualcosa. Quindi sono qui solo per sottolineare l’incredibile saggezza di Marco, il nostro Jared Dudley.


10) Chi vincerà il titolo di MVP?

Dario: Gli astri mi sembrano allineati affinché Luka Doncic realizzi una stagione for the ages. La sua ascesa nei primi due anni è stata sensazionale e i Mavs di quest’anno sono costruiti apposta per coprirne le lacune difensive, specialmente dopo lo scambio che gli ha dato Josh Richardson al posto di Seth Curry. L’assenza di Kristaps Porzingis potrebbe portarlo a viaggiare vicino alla tripla doppia di media con 30 punti a referto: se il record è da prime quattro a Ovest e la salute lo assiste, è il favorito numero uno.

Marco: Non so quanto per Dallas (e quindi per Doncic) sarà facile prendersi un buon posto in classifica a Ovest, una condizione necessaria per ambire al trofeo che non è chiaro quanto valga la pena vincere. Considerando che a Giannis non lo daranno a prescindere - perché tre di seguito è una cosa da Russell e Chamberlain, nomi scolpiti nella pietra, e non accade da Larry Bird a metà anni ‘80 - e che LeBron e Davis non possono dividerselo a metà, potrebbe essere la volta buona che Lillard ribalta tutta la sua narrativa e passa da essere quello non chiamato per l’All-Star Game a essere l’MVP stagionale. Dopotutto Portland ha fatto un buon mercato: con Nurkic e McCollum sani, Covington a fare legna e Carmelo Anthony grande padre saggio (ok, questa forse no), Portland potrebbe arrivare tra la terza-quinta posizione con un Lillard in grado di replicare più volte le prestazioni assurde della bolla, e quindi andarsi a prendere il titolo di MVP del 2020-21.

Lorenzo: Mai come quest’anno la corsa al premio MVP ricorda una gara ad eliminazione diretta, con più dubbi che certezze su ogni candidato. Partiamo dalla quasi sicurezza che Giannis non si ripeterà, sconfessando il famoso detto (questa è per Marco), per la terza volta consecutiva e dovrà accontentarsi del suo massimo salariale fresco di firma. Il mio sesto senso mi dice di puntare su LeBron, che ad Orlando si è confermato per l’ennesima volta il più dominante della sua generazione, e che non vince il premio per il miglior giocatore da più di sette anni nonostante lo sia ogni anno. Sarebbe il quinto MVP e gli consentirebbe di raggiungere Michael Jordan e Bill Russell, quindi avrebbe anche un significato simbolico non indifferente, e per LeBron a 36 anni non ci saranno molte altre occasioni per vincerlo. Solo che i Lakers hanno avuto la off-season più corta di sempre in NBA e daranno priorità la sua condizione nei playoff facendogli saltare almeno ad inizio stagione qualche partita. Poi nei gialloviola gioca anche Anthony Davis, altro serio candidato al premio e, come sempre in questi casi, i due si toglieranno voti a vicenda.

Poi con Harden versione natalizia, Kevin Durant tutto da valutare, Curry che dovrà fare i conti con i risultati di squadra e Westbrook esiliato a Washington ecco che nessuno dei vincitori dello scorso decennio avrà una credibile possibilità di ripetersi. Assisteremo quindi ad un cambio della guardia con i giovani pronti in rampa di lancio a prendersi la gloria personale? Doncic è chiaramente il candidato più credibile, sia per talento che per situazione di squadra, più di Lillard, Jokic o Embiid. Alla fine credo sarà una guerra generazionale tra lui e LeBron, in un passaggio della corona.


Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura