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Dario Vismara
Donovan Mitchell non è mai stato così forte
07 nov 2022
07 nov 2022
E ha cominciato alla grande la sua esperienza con i Cleveland Cavaliers.
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Dario Vismara
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Cole Burston/Getty Images
(foto) Cole Burston/Getty Images
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Dopo la notizia dello scambio tra gli Utah Jazz e i Cleveland Cavaliers che ha portato Donovan Mitchell in Ohio, era lecito chiedersi con quale atteggiamento si sarebbe presentato il tre volte All-Star. D’altronde le sue ultime apparizioni con la maglia dei Jazz erano state preoccupanti dal punto di vista dell’atteggiamento prima ancora che del rendimento in campo, sembrando pronto a chiudere i conti con i Dallas Mavericks il prima possibile pur di lasciare Salt Lake City. Ancora gridano vendetta i soli 9 punti realizzati in gara-5 a Dallas, con la serie in parità sul 2-2, in cui ha chiuso con -38 di plus-minus in meno di 32 minuti, lui che in carriera ai playoff viaggia oltre i 28 punti di media (ilsettimo migliore nella storia della NBA tra quelli qualificati). E le voci sulla sua volontà di andarsene dallo Utah per spostarsi in un posto più in vista sulla mappa mediatica della NBA circolavano già da mesi, se non da anni, e tutti si aspettavano che alla fine i New York Knicks trovassero l’accordo per riportare a casa il nativo di Elmsford, lui che è nato e cresciuto a sette minuti di macchina (quando c’è traffico) di distanza dal campo di allenamento della squadra nel nord dello stato. Era talmente palese la sua voglia di giocare a Manhattan che nemmeno lui ha fatto niente per nasconderla alla conferenza stampa di presentazione con i Cavs: «Dopo che Rudy Gobert è stato scambiato, avevo la sensazione che sarei stato ceduto anche io. E non voglio mentirvi: pensavo che sarei finito a New York. Chi non vuole giocare a casa vicino alla propria mamma? Sono uscito di casa quando avevo 13 anni. Sarebbe stato bello». Knicks e Jazz però non hanno mai trovato l’accordo, i Cavs ne hanno approfittato, e Mitchell è finito a Cleveland contro la sua volontà.Se fosse stata un’altra franchigia in un piccolo mercato come Charlotte o Indiana, forse Mitchell si sarebbe presentato con l’atteggiamento indisponente che ha avuto nel suo ultimo periodo ai Jazz. Forse, nelle conversazioni preliminari con gli agenti che si tengono prima di trade di mercato così grosse (non si scambia il controllo di cinque Draft consecutivi senza avere quantomeno delle rassicurazioni), Mitchell aveva già fatto capire alle squadre interessate che la sua testa era altrove. Ma i Cleveland Cavaliers, almeno per lui, non sono una squadra come le altre.

Uno dei tweet dopo la notizia della trade, con una sua foto da bambino in maglia Cavs e il volto di Brian Windhorst di ESPNnel suo famoso rant “Che cosa sta succedendo a Utah”.

Mitchell infatti ha sempre dichiarato di essere stato un tifoso di LeBron James sin da quando era bambino (aveva 7 anni quando il Prescelto è entrato nella NBA) e di conseguenza dei Cavs, che ha continuato a tifare anche dopo The Decision, show al qualeera presente tra il pubblico di Greenwich, in Connecticut (però, essendo anche un ragazzino di 13 anni, per qualche motivo era uno dei pochi a essere contento che James avesse scelto Miami). «È incredibile come la vita possa chiudere dei cerchi» ha detto citando proprio il fatto che sia stato a lungo un tifoso della squadra in cui è finito, anche presenziando a una partita all’allora Quicken Loans Arena alle Finals vinte nel 2016. E nelle sue prime settimane con i Cavs, Mitchell ha raggiunto un livello che a Cleveland davvero non si vedeva dai tempi di LeBron, oltre che rinverdire i fasti proprio dell’unico titolo vinto dalla franchigia.Un inizio Wilt Chamberlain-ianoNella storia della NBA ci sono solamente due giocatori che hanno segnato almeno 30 punti in cinque delle prime sei partite con una nuova maglia: lui e Wilt Chamberlain. Complice anche l’infortunio all’occhio che ha tolto dal campo Darius Garland nel primo tempo dell’esordio sul campo dei Toronto Raptors, a Mitchell sono state date subito le redini della squadra e la sua risposta è stata semplicemente sensazionale. Nelle prime sei gare di regular season ha viaggiato a 32.2 punti di media con 7.3 assist in 39 minuti a partita, concedendosi un solo passaggio a vuoto (14 punti con 5/19 al tiro contro Orlando) e tirando con percentuali spettacolari: 73% al ferro e 46% da tre punti, tra cui uno strepitoso 53% dal palleggio.Messo al centro del campo con il pallone tra le mani, a Mitchell basta e avanza un blocco per prendere un vantaggio e fare a pezzi qualsiasi difesa — e a volte non ha nemmeno bisogno di quello. Lasciargli spazio passando dietro sul blocco vuol dire invitarlo a tirare dal palleggio, soluzione che nel corso degli anni ha affinato sempre di più; cambiare significa esporre un difensore più lento alla sua esplosività di gambe che ha pochi eguali in giro per la lega; mandare un raddoppio sblocca linee di passaggio che ormai vede con sempre maggiore lucidità, mettendo in ritmo tutti i compagni.

La sua prestazione “LeBroniana” contro i Knicks, nella quale ha segnato o assistito 28 dei primi 35 punti dei suoi, e poi 23 dei primi 28 nel quarto periodo — mettendoci dentro anche una stoppata in rimonta su Obi Toppin che ha cambiato l’inerzia di una partita in cui i Cavs erano scivolati a -9. Alla fine ha chiuso con 38 punti e 12 assist proprio contro la squadra nella quale pensava di andare a giocare: inevitabile pensare che ci fosse un messaggio dietro.

Il suo allenatore J.B. Bickerstaff non si è fatto problemi a paragonare la sua completezza offensiva a quella del James Harden di Houston, che lui ha allenato tra i 2011 e il 2016 prima come assistente e poi come coach ad interim. «La capacità di segnare in proprio e la sua creatività unite all’esplosività del suo gioco e la capacità di vedere il gioco lo rendono di quel livello lì». Lui stesso dopo la gara coi Knicks ha dichiarato che questo è il miglior momento della sua carriera, pur togliendosi qualche sassolino dalla scarpa sulla mancanza di riconoscimento che ha avuto nel giocare per i Jazz: «Giocavamo col fuso orario delle montagne, nessuno guardava le nostre partite perciò siamo passati sotto silenzio» ha detto. «Penso di non aver mai smesso di giocare così, ma anche che sto continuando a migliorare e a diventare più efficiente».Quando è in un ritmo del genere, in effetti, non c’è niente che davvero si possa fare per fermarlo se non sperare che sbagli da solo. Se ne sono accorti anche i Boston Celtics, che hanno perso per due volte al supplementare contro i Cavs nel giro di cinque giorni, di cui la prima subendo 41 punti da Mitchell e altri 41 da Caris LeVert, in una riproposizione del41+41 di LeBron James e Kyrie Irving in gara-5 delle finali del 2016 che rappresentano ancora oggi il punto più alto a livello di shot-making di una coppia di compagni di squadra mai vista prima, considerando livello dell’avversario e contesto nel quale quella prestazione è andata in scena.

La coppia Mitchell-LeVert è andata alla grande anche al di là di questa singola partita irripetibile: nei 405 possessi in cui hanno giocato insieme, i Cavs hanno avuto un differenziale di +15.5 su 100 possessi, con numeri eccellenti tanto in attacco quanto in difesa. Anche con il ritorno di Garland e quello di Ricky Rubio nel 2023, c’è da scommettere che Bickerstaff li riproporrà in coppia all’interno della sua rotazione

Leadership istantaneaMa se le qualità offensive di Mitchell erano al di sopra di ogni sospetto, era lecito pensare che in difesa la musica sarebbe stata molto diversa. Da questo punto di vista, paradossalmente, Cleveland ha avuto indicazioni ancora più confortanti rispetto a quelle che hanno avuto in attacco: Mitchell non è e non sarà mai il difensore che si pensava potesse essere in uscita da Louisville, dove era uno specialista perimetrale con qualche capacità intrigante palla in mano, ma sta facendo ampiamente il suo. Al netto di qualche passaggio a vuoto di disattenzione, visti in particolare nella seconda gara contro Boston nel quale è tornato a condividere il campo con Garland, Mitchell si è impegnato per lavorare sulle linee di passaggio (1.9 palloni deviati), contestare tiri (4.4 a partita, pari col difensore dell’anno in carica Marcus Smart), rubare palloni (1.6, miglior dato in carriera finora) e stoppare tiri (0.7, anche questo sarebbe career high). Mitchell fa generalmente un buon lavoro nel rimanere davanti al suo uomo e nel mettere pressione sulla palla: non sarà mai uno stopper difensivo, ma ha comunque abbastanza pallacanestro di alto livello alle spalle per sapere come difendere in uno schema ben strutturato come quello di Bickerstaff. In cinque anni a Salt Lake City, solamente una volta i Jazz non sono stati una difesa top-10: c’entra Rudy Gobert, certamente, ma “Spida” riesce quantomeno a eseguire le indicazioni del coaching staff nella propria metà campo. E ha abbastanza orgoglio per dare quel qualcosa in più quando serve: «La squadra è stata tra le cinque migliori difese della passata stagione: non sarò di certo io a farcela uscire» ha detto prima dell’inizio della stagione. E sta mantenendo fede alla promessa, visto che i Cavs sono attualmente terzi.

Jaylen Brown lo aveva preso in giro su Twitter dopo una schiacciata in cui lo aveva “posterizzato”: Mitchell non si è fatto problemi a metterci la faccia per impedirgliene un’altra in un momento cruciale della seconda partita.

Uno degli aspetti più sorprendenti del suo arrivo a Cleveland è quanto facilmente sembra essersi inserito nel gruppo. Uno dei segreti dei Cavs della passata stagione è che, al netto di un talento deficitario sotto diversi aspetti, i membri della squadra sembrano genuinamente andare d’accordo tra di loro, con un cameratismo abbastanza raro per lo sport professionistico. A spiegarlo è stato il leader carismatico dello spogliatoio Kevin Love: «Quando ho saputo che lo avevamo preso, mi sono detto: ‘Sarà perfetto per noi con la sua personalità’. Non saprei se è il modo giusto per dirlo, ma è fatto esattamente come noi. Qui non ci sono mele marce e lui ha bene in mente solo le cose giuste».Pur avendo appena compiuto 26 anni, Mitchell si è anche ritrovato a ricoprire i panni del veterano all’interno di un gruppo nel quale solamente LeVert tra i titolari è più vecchio di lui. Lui stesso si è sorpreso nel ritrovarsi a dare consigli ai compagni ripetendo le stesse parole che Mike Conley (uno degli ex compagni di squadra con cui è più in contatto) diceva a lui, in particolare con Darius Garland con il quale si sarebbero potute creare delle legittime frizioni. Dopo la stagione dell’esplosione nel quale ha raggiunto il rango di All-Star, ricompensata con un ricco quinquennale al massimo salariale da 190 milioni di dollari, Garland avrebbe potuto prendere male la mossa della dirigenza di prendere un altro portatore di palla del calibro di Mitchell e la conseguente perdita di palloni, attenzioni e riconoscimenti. Invece i due sin dal primo momento hanno cercato il modo di far funzionare la loro coesistenza, cercandosi spesso e volentieri in campo.

Dei loro 18 assist combinati contro Boston, cinque sono stati l’uno per l’altro — improvvisando anche dei giochi a due nel finale di gara. Nel primo tempo contro i Lakers hanno segnato 21 punti a testa nel solo primo tempo.

Ovviamente ci sarà bisogno di un periodo di familiarizzazione tra i due, e anche nella vittoria contro Boston ci sono ci sono stati troppi momenti in cui i due hanno fatto a turno nel gestire i possessi come una spartizione a tavolino senza leggere quello che avevano davanti a loro, ma entrambi sembrano genuinamente interessati a funzionare e comprendono quanto l’uno possa essere importante per l’altro. D’altronde i Cavs lo scorso anno crollavano di quasi 14 punti su 100 possessi quando Garland si andava a sedere, mentre quest’anno sono già riusciti a vincere cinque partite in fila anche quando la lacerazione alla palpebra dell’occhio sinistro lo ha tenuto fuori dai giochi con gli occhiali da sole in panchina.Questo periodo “in solitaria” ha permesso a Mitchell anche di mostrare subito ai suoi nuovi tifosi che il grosso investimento fatto su di lui dalla franchigia non è stato invano, almeno per ora. Il pubblico di casa, in particolare, lo ha già cominciato a trattare da stella con cori da “MVP” quando va in lunetta, e lui stesso non ha nascosto la sua felicità per poter giocare 41 partite in casa in un’atmosfera da playoff. «Ci sono stati momenti della partita in cui mi sono ritrovato a sorridere da solo, semplicemente guardandomi in giro. Tutto questo è pazzesco» ha detto dopo il suo esordio casalingo contro Washington.Magari si tratta di un breve momento di luna di miele, e le sirene del ritorno a casa per giocare ai Knicks torneranno a risuonare nelle sue orecchie quando nell’estate del 2025 potrà diventare free agent. Ma almeno per ora la storia tra Donovan Mitchell e i Cleveland Cavaliers non sarebbe potuta cominciare meglio.

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