• Serie A
Dario Pergolizzi

Come stava andando Lukaku all’Inter?

I numeri dell'attaccante alla sua prima stagione in Serie A.

Romelu Lukaku ci ha messo poco a conquistare l’Inter: è stato l’acquisto più importante della storia recente dei nerazzurri e l’entusiasmo che ha generato al suo arrivo era più che giustificato, ma è diventato rapidamente uno dei giocatori più amati dei tifosi grazie alle prestazioni in campo e al suo atteggiamento da fratello maggiore, da uomo di squadra pronto a mettersi sullo stesso piano degli altri. All’opposto del suo predecessore Mauro Icardi, rappresentante ideale di quella categoria di attaccanti individualisti, apparentemente solo interessati al gol, e alla propria carriera. Lukaku sembra essere l’antitesi perfetta dell’Icardi interista: il belga è un attaccante “di manovra”, l’argentino un finalizzatore; il primo valorizza i compagni, a cominciare da Lautaro Martinez, il secondo lo aveva indirettamente costretto a reinventarsi trequartista.


Più che altrove, nella sua esperienza all’Inter Lukaku sembra aver raggiunto la giusta maturità e consapevolezza per mettere il suo desiderio di essere un giocatore completo al servizio della squadra in maniera positiva. E non sorprende neanche che stia sfruttando questa pausa forzata per prendere il patentino da allenatore: lo spirito di sacrificio e la volontà di migliorarsi hanno sempre fatto parte dell’immagine pubblica costruita da Lukaku nel corso degli anni, ma mai come in questa stagione stava andando di pari passo con le sue prestazioni.

 

Da questi primi sette mesi in nerazzurro è possibile tracciare un profilo, analizzare come e in che misura le sue caratteristiche hanno portato benefici al sistema di Conte, e quanto vantaggioso è stato per lui inserirsi in un contesto di questo tipo.

 

L’incontro con Antonio Conte

La prima cosa evidente, non appena Lukaku ha iniziato a giocare nel campionato italiano, è stata la sua capacità di giocare con e per la squadra. Già nel 2017, secondo l’Indipendent, Antonio Conte non condivideva l’utilizzo che ne stava facendo Mourinho allo United, facendolo giocare troppo spalle alla porta, con l’obiettivo di mettere la palla a terra e far salire la squadra, da  classico centravanti boa; per il tecnico italiano, Lukaku aveva bisogno di esprimere la sua potenza attraverso un’interpretazione più mobile del ruolo, cercando spazi anche sull’esterno per poter sfruttare la sua progressione palla al piede e la velocità fuori scala rispetto alla stazza.

 

Il modo in cui Conte organizza il gioco delle punte va letto in questo senso: certo Lukaku deve ricevere le verticalizzazioni dei compagni spalle alla porta, ma i due attaccanti interisti si alternano nei movimenti a elastico e si associano rapidamente con gli esterni e con i centrocampisti, per giocare appunto i palloni ricevuti spalle alla porta in maniera rapida ed efficace. Conte, idealmente, vuole sfruttare Lautaro e Lukaku come delle sponde mobili per risalire velocemente il campo, piuttosto che come casseforti a cui affidare il pallone per più tempo possibile.

 

La qualità dei movimenti incontro e delle aperture e sponde anche di prima fanno di Lukaku la punta perfetta per Conte.

 

Per utilizzare in questo modo le punte è necessario farlo con palloni puliti, riducendo al minimo palle troppo alte o difficili da giocare di prima o stoppare. Non a caso, rispetto alla scorsa stagione, Lukaku ha quasi dimezzato il numero dei duelli aerei per 90 minuti, passando da 6.37 a 3.44. Ne ha vinti di più contro Brescia (7) e Milan (8); e invece ne ha vinti pochissimi contro Sassuolo, Lecce, Udinese, Napoli, Genoa (1 in ognuna di queste partite) e Juventus (2).

 

Si tratta di partite tutte diverse tra loro, ma in generale possiamo dire che quando l’Inter riesce a far circolare il pallone in maniera più pulita, senza forzare la verticalizzazione, riesce a servire Lukaku in modo più pulito anche quando alza il pallone. Quando invece l’Inter affronta squadre più abili nel pressing nella metà campo avversaria, o che comunque riescono contendere il predominio nel possesso, Lukaku si trova a dover giocare spesso palloni alti, in situazioni di gioco dove può andare in difficoltà se marcato da difensori portati all’anticipo e fisicamente simili a lui (come de Ligt nel caso delle partite contro la Juve).

 

La coppia perfetta con Lautaro

Se la capacità di Lukaku di rispondere in maniera rapida ed efficace alla richieste del suo allenatore non ha sorpreso più di tanto, è stata la velocità con cui lui e Lautaro hanno affinato un’intesa quasi telepatica ad aver stupito tutti. Dopo poche settimane sembravano partner d’attacco da sempre, capaci di connettersi ad un livello raffinatissimo e di rendersi pericolosi con continuità attraverso i loro scambi.

 

Al di là delle qualità di Lautaro, la sensazione è che funzionino così bene come coppia soprattutto grazie alla disponibilità di Lukaku alla giocata generosa, alla corsa in più, al passaggio decisivo. Il belga ha una media di 0.16 xA su open play ogni 90 minuti, che di per sé non è molto, ma risalta parecchio nello stile di gioco dell’Inter, considerando che l’unico giocatore nerazzurro nella top 30 del campionato è Candreva con 0.21 xA.

 

Dopo aver ricevuto defilato sulla sinistra all’altezza del centrocampo, stoppa di petto, la mette a terra, si gira e prende velocità seminando Romagnoli, vede l’inserimento di Vecino e lo serve alla perfezione di destro.

 

Il supporto di Lukaku alla manovra non si limita però alla rifinitura: con i suoi movimenti costanti, la  capacità di giocare defilato e la rapidità in campo aperto sottopone le difese avversarie a continue letture complicate per contenerlo. Lukaku è l’attaccante che più frequentemente viene incontro o si apre, mentre Lautaro è più incline a smarcarsi in profondità, allungando le difese. Questa compatibilità e la facilità che hanno ad alternarsi ha facilitato la produzione offensiva dell’Inter, rendendo la squadra di Conte capace di creare occasioni dal nulla, sia costruendo dal basso sotto pressione, che in ripartenza.

 

Lukaku e Lautaro sanno scambiarsi i compiti. Sul terzo gol contro il Torino, una bella dimostrazione di come l’ex United sia temibile anche nelle corse in profondità e nell’uno contro uno: prima manda fuori tempo Bremer con un contromovimento, poi lo manda a vuoto con un doppio passo, una finta di tiro e un tunnel.

 

 

È vero che rende meglio contro le piccole?

Lukaku è stato protagonista nelle migliori partite stagionali dell’Inter, anche se non sempre le sue prestazioni sono bastate per vincere. In Champions League è da ricordare la sua partita contro lo Slavia Praga, la perfetta rappresentazione dello strapotere che può raggiungere la sua intesa con Lautaro.

 

Il terzo gol è probabilmente la sintesi migliore dell’autunno-inverno di Lukaku e Lautaro.

 

In campionato, Lukaku è stato determinante per gol e prestazioni in moltissime partite. La qualità delle su prestazioni contro la Lazio all’andata, nei Derby di andata e ritorno, oppure contro Brescia, Bologna, Sassuolo, Torino, Lecce, Napoli e Parma, è stata davvero alta. Sono partite in cui non ha solo segnato, ma ha messo in mostra tutto il suo repertorio di giocate in appoggio, rifiniture di prima, tiri di destro, di sinistro, da lontano, qualche colpo di testa (non la specialità della casa), corse in progressione, dribbling e smarcamenti.

 

 

Lukaku in area è difficile da contenere anche grazie alla pulizia nella protezione del pallone. Qui controlla con la suola sinistra, temporeggia attendendo l’inserimento di Gagliardini e lo assiste di destro. Fluidità di movimento col difensore addosso che ritroviamo anche in questo gol contro il Sassuolo.

 

 

Di contro, però, nel periodo immediatamente precedente allo stop, l’Inter è sembrata in difficoltà, non solo nei risultati ma anche nelle prestazioni. La fluidità offensiva è andata via via appiattendosi a causa prima degli infortuni a centrocampo (Barella e Sensi), per poi proseguire anche una volta recuperati gli indisponibili. La sensazione è che l’Inter si sia progressivamente adagiata sulla capacità di subire l’avversario con grande ordine per poi appoggiarsi sulla capacità delle due punte di creare occasioni. Questo ha portato ad un progressivo isolamento di Lukaku e Lautaro, anche perché gli avversari hanno iniziato a creare soluzioni specifiche per tagliargli i rifornimenti.  

 

Contro avversarie difensivamente aggressive e precise come Lazio e Juventus, la squadra di Conte ha patito per via del proprio atteggiamento passivo. E Lukaku non è riuscito a divincolarsi dalle marcature degli avversari con successo, finendo per risultare poco incisivo: una delle principali critiche che gli vengono rivolte, infatti, riguarda l’incapacità di incidere contro grandi squadre, risolvendo situazioni complicate per tutta la squadra con singole giocate, quello che ci aspettiamo dai grandi giocatori.

 

Ad esempio, se prendiamo in considerazione le sfide con le prime quattro in Serie A (esclusa l’Inter, ovviamente), Lukaku non ha mai segnato. Si tratta di 6 partite (non ha giocato in trasferta con la Roma e a Bergamo) in cui Lukaku passa dagli 0.0 Expected Goals della sfida dello Juventus Stadium, e gli 0.05 xG di quella contro l’Atalanta – partite in cui, quindi, Lukaku non ha creato nessun pericolo; agli 0.42 xG in casa contro la Roma agli 0.43 xG in trasferta con la Lazio – partite in cui qualche occasiona l’ha avuta ma non è stato perfetto in fase di finalizzazione, pur giocando bene e aiutando la squadra con il suo gioco.

 

Contro la Roma è Mirante a negargli il gol, la sua conclusione non è però perfetta.

 

La situazione, però, può anche essere letta al contrario: l’Inter ha mostrato innanzitutto di soffrire collettivamente contro squadre più preparate al suo gioco e questo non aiuta le punte, che se non accompagnate e servite a dovere si ritrovano abbandonate in mezzo a 5 o 6 uomini, con poco margine di manovra. Le difficoltà di squadra sono testimoniate dalla media di Expected Goals dell’Inter nelle partite con Juve, Lazio, Atalanta e Roma, che è stata di 1,76 xG, mentre in tutte le altre partite era di 2,6 xG.

 

Anche nella scorsa stagione Lukaku aveva mostrato una mancanza di lucidità nelle partite più difficili, ma in quel caso poteva facilmente essere imputato ad una mancanza di tranquillità dovuta ai problemi con la società e l’allenatore, più che a suoi limiti mentali contro le grandi squadre. Al momento non sembra potersi ripetere una circostanza simile a Milano, dato il grande feeling con Conte e tutto l’ambiente, ed è lecito aspettarsi qualcosa in più da un attaccante del suo valore in partite in cui l’avversario rende difficile il gioco dell’Inter.

 

In cosa deve migliorare in queste partite? 

 

Un confronto statistico

Anche i numeri raccontano Lukaku come uno dei migliori attaccanti del campionato. In un torneo in cui Ciro Immobile è stato inesorabile (27 gol) e Cristiano Ronaldo, dopo un avvio sottotono, si è caricato sulle spalle tutte le difficoltà realizzative della Juventus (21 gol), Lukaku è poco dietro (17), per altro con un numero più basso di reti su rigore (4, contro le 7 di Ronaldo e le ben 10 di Immobile).

 

Lukaku ha altri numeri molto positivi: pur tirando appena 3,05 volte ogni 90 minuti, riesce ad avere una grande capacità realizzativa, e considerando gli xG senza rigori (0,470 in media), trova il gol anche più di quanto atteso (la media di non-penalty gol è stata di 0,582 p90). Lukaku ha un’efficienza abbastanza alta nel rapporto tra gol e xG (1.24, anche se il campione di gare non è grande), che si abbina a una percentuale di conversione altrettanto alta di tiri in gol (19%).

 

La sua migliore stagione in assoluto sotto il profilo dell’efficienza è stata quella all’Everton nel 16/17, con la cifra mostruosa di 2.08, decisamente insostenibile, mantenendo poi valori medio alti (0.87 e 0.99) anche nella deludente esperienza allo United. Per farci un’idea del dato sull’efficacia basta tenere conto dei numeri di Lione Messi (mai sopra 1.35 nelle ultime stagioni).

 

Lukaku, quindi, di per sé è un attaccante efficace, e lo ha confermato nel corso di questa stagione, ma per calibrare l’impatto di Lukaku in Serie A possiamo considerare che le altre punte del campionato con almeno 900 minuti giocati (26 in totale) producono 0,498 xG p90 e ne realizzano 0,410, tirando in media 3,64 volte ogni 90 minuti. L’efficienza media di quest’anno, per gli attaccanti, è 0,82, a fronte di una percentuale di conversione dell’11%.

 

Lukaku si distingue quindi nelle statistiche realizzative, ma ha buoni numeri nelle classifiche che considerano solo gli attaccanti con almeno 900 minuti anche per quanto riguarda le palle perse (appena 2 p90, quinto) e i passaggi chiave (1.5 p90, ottavo). 

 

Tirando le somme possiamo dire che fin qui l’esperienza di Lukaku è stata in linea con le aspettative, sia dal punto di vista tattico che da quello realizzativo. Considerando anche il feeling sbocciato con la tifoseria, l’allenatore e i compagni, si trova forse nel miglior contesto possibile per esaltare le sue doti e limare le ultime imperfezioni del suo gioco, magari arrivando a toccare nuovamente standard da record come nell’Everton, o anche solo diventando un po’ più decisivo e costante nelle partite “che contano”, anche se come detto quello dipende dall’Inter in generale. 

 

Le prestazioni della squadra di Conte (che, va ricordato, non ha avuto il tempo necessario per inserire nei propri meccanismi un giocatore come Christian Eriksen) nell’ultimo periodo avevano lasciato più di un dubbio sulla sua possibilità di vincere qualcosa in questa stagione, a differenza di un inizio lanciato che la vedeva come la candidata ideale a sottrarre finalmente lo Scudetto alla Juventus. Al momento è difficile ipotizzare una ripresa della stagione, Lukaku intanto sui social si mostra concentrato e pronto ad aiutare la squadra quando tornerà ad essere possibile. Quando arriverà quel momento, sarà interessante vedere come ripartirà la squadra di Conte e se Lukaku riuscirà a compiere un ulteriore salto in avanti.

 

 

Tags :

Dario Pergolizzi, Allenatore UEFA B e video analista, vive e studia il calcio con un approccio sistemico ed ecologico, attraverso le lenti della complessità.