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Redazione basket

Domande fondamentali sull’Nba 2016/17

Siete pronti per fare il carico di hype?

7) Un giovane (rookie o sophomore) sulla cui esplosione vi giochereste la casa dei vostri genitori.

 

Bottini

Se avessi davvero una casa in calce e mattoni da giocarmi la metterei nelle mani e nei polsi di Devin Booker dall’angolo perchè dormire sotto i ponti non mi va molto. Ma visto che il pericolo è il mio mestiere e si parla di abitazioni ipotetiche, vado ad elencare il quintetto con cui mi cercherei di costruirmi l’albergo a Vicolo Stretto.

 

Toglierei Snapchat a D’Angelo Russell, che senza Kobe deve dimostrare di essere un leader oltre che una fashion victim, e gli affiancherei Jamal Murray per formare uno dei backcourt più felpati, slalomeggianti e fintamente gangsta della lega. Un festival di jab step e triple coi gomiti larghi solo per festeggiare con una complessa gestualità rubata a Swaggy P.

 

Poi andrei con due ali versatili e antitetiche come Stanley Johnson, monumento boccioniano alla forza cinetica e rappresentante ideale per la città dell’automobile, la cui densità agonistica se giustamente incanalata può diventare benzina infiammabile nei motori Pistons e Trey Lyles, fondoschiena da Kardashian e IQ da borsista di Harvard, sinuoso come la Spiral Jetty, atarassico come il Lago Salato. In un mondo più giusto le pause cappuccino tra lui e Diaw dovrebbero essere la nuova stagione di Camera Cafè mormone.

 

A giganteggiare su tutto e tutti Joel Embiid, il vero motivo per il quale non si è arrivati al lockout, per vederlo dominare come se il parquet fosse Twitter, il difensore Chris Brown e il canestro Rihanna.

 

Morrone

Non sappiamo quanto giocherà questa stagione dopo l’infortunio al piede appena patito in pre-season, ma resta il fatto che Ben Simmons è l’unico nome tra i rookie che mi sento di fare. Potrebbe addirittura saltare tutta l’annata (o meglio: questo pare sia il consiglio del suo agente), ma dovesse giocare anche solo nel finale e rientrare quindi nel discorso, allora sarei disposto a mettere in palio la mia abitazione in totale tranquillità. Il motivo della mia sicurezza non è tanto quello che sa fare, ma quello che promette di poter fare una volta sviluppato anche solo parte di tutto il potenziale che ha la fortuna di avere a disposizione.

 

Personalmente la cosa che mi fa rimanere senza fiato ad ogni partita (e che mi ha portato a guardare la sua Summer League) è la sua visione di gioco fuori scala abbinata a un corpo possente ma esplosivo, già in grado di tenere botta contro i veterani. Un mix che nella direzione in cui sta andando la NBA difficilmente lo porterà a tradire le aspettative, anche perché gli attuali pregi sembrano nettamente superiori ai difetti: il tiro quasi assente lo si può costruire, ma i palloni che riesce a dare con quella visione e velocità di esecuzione non si possono insegnare.

 

 

Davide Bortoluzzi

Joel “The Process” Embiid è a mio avviso il fenomeno mediatico e tecnico dell’anno. Dopo essersi distinto soprattutto per il suo pirotecnico uso di Twitter nel periodo immediatamente precedente e successivo alla sua scelta da parte dei Sixers, ora per l’ex Kansas è giunto finalmente il momento di calcare i campi NBA. Un calvario – il suo – durato due anni, e che ha ricordato sinistramente quello di altri giganti fatti di cristallo. Fin dalla scorsa primavera le notizie che arrivavano dall’entourage dei Sixers erano incoraggianti, dal periodo speso in Arabia Saudita in un centro specializzato nel recupero degli infortuni (specie dei calciatori), fino ai primi scrimmage ed allenamenti con lo staff dei Delaware 87ers. Se il fisico regge, è potenzialmente uno dei primi dieci centri della lega già ora, ma purtroppo la spada di Damocle degli infortuni pende ancora sulla sua testa. Potremmo aver di fronte il nuovo Greg Oden (noto per aver dato cattivi esempi a gente come Draymond Green sull’uso dei selfie adamitici) o il nuovo Olajuwon, ed io non vedo l’ora di scoprirlo.

 

Neri

Concordo su tutti i nomi fatti fino a questo punto, soprattutto per quanto riguarda D’Angerous nella nuova versione dei Lakers targata Walton, che se riuscissero a mantenere le spaziature fatte vedere in preseason potrebbero veramente aiutare il sopho a esplodere dopo un anno da rookie difficile. Però preferisco puntare il dito verso qualcuno che andrà a giocarsi obiettivi un po’ più ambiziosi come Myles Turner.

 

Membro di quella nuova categoria di lunghi chiamata unicorni, capaci di proteggere il ferro con fisico-atletismo-mobilità ma anche di aprire il campo in attacco grazie alla pericolosità nel tiro da fuori, Turner potrebbe essere la risposta alle (tante) domande che aleggiano sul nuovo corso Vogel-free dei Pacers, una squadra rivoluzionata negli interpreti e nella guida (passata a Nate McMillan) tanto da risultare enigmatica in fase di previsione stagionale. Turner e Paul George sono i punti fermi da cui ripartire, su cui ricostruire il futuro e già da quest’anno potrà dare conferma di essere una delle grandi steal nel Draft 2015, dopo una stagione di esordio che ha fatto ricredere molti.

 

Casadei

La Denver del post-Carmelo è stato un agglomerato di promesse non mantenute, alti, bassi, delusioni cocenti, democrazia Karliana, infortuni e rookie europei in cerca di identità politica e sentimentale che neanche la caduta del Muro di Berlino. Ci siamo forse illusi con Nurkic che era entrato nella NBA dalla porta posteriore di un saloon pronto a picchiare chiunque lo pigliasse nella giornata storta. Il melting pot della Mile High City sembrava un socialismo destinato a fallire finché, in sordina, è emerso il serbo Nikola Jokic.

 

Nikola è un ragazzone alto, rasato, con quella faccia ingenuamente stralunata di chi fa a botte per vivere. In realtà Jokic non fa per nulla a botte con nessuno, la sua peculiarità è essere armonioso e dolce come una primavera senza guerra a Belgrado. Nikola Jokic soppesa ogni movimento con leggerezza, si muove sul campo con un istinto primordiale di bellezza poi a un certo punto – non sai esattamente come – sai che arriverà un fulmine che illumina la partita, il palazzetto, lo stato del Colorado e anche un po’ il mondo. Può essere un passaggio dietro la testa dal post, un backdoor premiato con una palla allo zucchero filato, un gancetto carezzevole che vuole molto bene al ferro e alla retina.

 

 

Ora ditemi, vi prego scongiuratemi, che questa non è la promessa di una calda estate a Rio. Denver merita la concretezza delle sue illusioni, una volta tanto, e pure a noi un tocco di Jokic suvvia, che male vuoi che faccia?

 

8) Per quali giocatori conviene tankare in questa stagione e quali slogan bisogna utilizzare per attirare la Fortuna dalla propria parte?

 

Neri

Solitamente già prima dell’inizio della stagione si hanno già bene in mente chi saranno i più seri candidati alla scelta #1 del Draft di giugno. Previsioni che possono contenere topiche clamorose – Skal Labissiere sembrava giocarsela con Ben Simmons di questi tempi, salvo poi precipitare fino alla 28 nello scorso giugno – ma che solitamente ci danno un ventaglio di 2/3 nomi su cui indirizzare in maniera particolare le nostre attenzioni. Qualora questo numero tendesse ad essere più alto in genere è sinonimo di un Draft incerto, e quindi abbastanza scarso di talento. Ecco, quest’anno siamo nel campo delle eccezioni alla regola.

 

Il Draft 2017 rischia di essere una fucina di talento pazzesco, particolarmente dominata dalle Point Guard e che mette in lizza per la #1 almeno 8/9 giocatori (!), una situazione unica e difficilmente ripetibile che non può che ingolosire le franchigie senza particolari ambizioni. Con tutta questa incertezza, io non posso fare a meno di coniare lo slogan “Get some L’s for Markelle” per lanciare la caccia a Markelle Fultz di Washington: point guard con doti tecniche naturali, una struttura fisica imponente (195 centimetri con 205 di apertura alare) per il ruolo e un’armonia nei movimenti e una genialità nelle scelte che a tratti sembra la seconda venuta in terra di Penny Hardaway – quello dei primi anni di Orlando, naturalmente.

 

Un assaggio

 

Bottini

Come ha già giustamente anticipato Lorenzo questo Draft sarà estremamente profondo, in particolare tra le Point Guard, quindi per le molte squadre che sono alla ricerca del loro playmaker del futuro, tankare potrebbe rivelarsi una tentazione irresistibile. Se non si pesca il biglietto giusto per la lotteria che porterà a Markelle Fultz c’è comunque l’imbarazzo della scelta, a partire da Dennis Smith Jr. Il talento che indosserà la maglia di NC State è qualcosa di più di un semplice premio di consolazione, senza quel maledetto infortunio alla Adidas Nations nel 2015 staremmo parlando di uno di quei predestinati ad essere la prima chiamata assoluta. Invece saltare l’intero anno da Senior non gli ha dato la possibilità di confermare le sue incredibili qualità e si è fatto scavalcare nella corsa al Draft da altri prospetti: la stagione da Freshman nel Wolfpack gli servirà per dimostrare come la rottura del crociato non ha inficiato sulla sua irreale esplosività che negli anni ha infiammato i mixtape di Ballislife.

 

Quasi un milione di visualizzazioni, d’ordinanza

 

Smith è la perfetta Lead Guard che la NBA del futuro richiede: un atleta fenomenale, capace di coprire il campo come uno sprinter e di giocare sopra il ferro come un lungo nonostante la sua statura nella norma, e un eccellente giocatore di basket, con grandi istinti cestistici sui due lati del campo, con un notevole feeling per il pick’n’roll. Se quel ginocchio non fa scherzi chi tanka potrà regalarsi una macchina da punti nuova di pacca per il prossimo anno.

 

Slogan: Die like a Sith for Dennis Smith

 

Bortoluzzi

Anche quest’anno tra i giocatori extra-USA c’è del materiale di grande interesse, ma su tutti il nome su cui punterei 100 euro è Frank Ntilikina. Playmaker dall’apertura alare impressionante per il ruolo (211 cm), dotato di ottime doti atletiche e di un fisico potenzialmente molto interessante, tutt’ora in fase di sviluppo. Cresciuto a Strasburgo, dopo aver dominato a livello Espoirs (U20) quest’anno sta trovando minuti in PRO A con la prima squadra della città alsaziana, dove deve confermare quanto di buono fatto vedere a livello giovanile anche con la maglia della nazionale francese. Le aspettative per il playmaker di origine ruandese sono in grande ascesa, e durante la stagione saranno piuttosto frequenti le visite di scout ed executive NBA in territorio francese – Sam Presti il primo ad essere avvistato ad Orleans questa settimana. Che giocatore aspettarsi? Il primo paragone per caratteristiche tecniche e sviluppo potenziale è una versione più “leggera” di Dennis Schroeder, più avanti sul piano della gestione del gioco e al tiro ma meno esplosivo. Slogan: Tank for Frank!

9) Per concludere, la top-3 dei giocatori che seguiremo con maggiore interesse nella prossima stagione.

 

Breschi

Justise Winslow: al cuor non si comanda. Voglio capire se è pronto ad essere il giocatore di riferimento degli Heat anche senza segnare 20 punti a partita.

 

Karl Anthony-Towns: perché abbiamo perso Tim Duncan, e la proiezione più vicina al caraibico è un altro caraibico, il cui potenziale è talmente sconfinato da mettermi l’acquolina in bocca.

 

Blake Griffin: perchè ho ancora negli occhi il Blake Griffin stagione 2014-15, quello che saltava-e-schiacciava e a tempo perso faceva il playmaker in seconda per armare la mano di DeAndre Jordan e J.J. Redick. Voglio vedere se riesce a tornare su quei livelli o ha intrapreso, con 3 o 4 anni di anticipo, il viale che porterà al suo tramonto cestistico.

 

Morrone

Kristaps Porzingis: anno secondo dell’avvento di Porzingod. Guardare ogni sua partita è necessario per sperare in un futuro migliore per l’umanità intera.
Gordon Hayward: può uno dei migliori glue guy della lega essere la stella di una squadra ambiziosa come i Jazz? Avrà imparato dalle lezioni della scorsa stagione in cui con maggiori responsabilità palla in mano per lui sono arrivate percentuali minori al tiro e scelte forzate?
John Wall: siamo già alla sua settima stagione nella Lega, questo significa che oltre ad essere ancora nel picco atletico, ora ha l’esperienza di un veterano. Questa stagione potrebbe (dovrebbe?) essere la prima del suo regno come indiscussa migliore PG ad est.

 

 

Intanto bentornato J-Wall

 

Ciuppani

Anthony Davis: una stagione sotto media lo ha fatto diventare la seconda alternativa di KAT, due anni fa era il mio MVP personale. Bounce back or die!

 

Domantas Sabonis: dopo averlo visto da “vicino” per un anno a Gonzaga voglio capire se vale davvero ciò che sembra o se lo guardavo con gli occhi del cuore.

 

Andrew Wiggins: anche lui per colpa di KAT passato colpevolmente in secondo piano. La spin move più veloce che abbia mai visto.

 

Francesco Andrianopoli

Dwight Howard: sono ancora convinto che abbia nel serbatoio un paio di stagioni da All-Star, se trova il contesto giusto, che lo motivi e lo metta nelle giuste condizioni. Certo che se non trova motivazioni e condizioni in questi Hawks, è veramente alla frutta.

 

Bradley Beal: Beal ha il talento, il contratto e l’esperienza per affermarsi definitivamente: ora è il momento di tenere fede al suo potenziale, soprattutto dal punto di vista della tenuta fisica.

 

Willie Cauley-Stein: per la prima volta nella sua carriera è allenato da qualcuno che gli può insegnare a diventare un vero giocatore NBA, in particolare difensivamente. Se lui e Joerger si troveranno bene, potremmo vedere nascere una delle prossime star della lega.

 

Gilardi

Derrick Favors: in un’altra epoca sarebbe stato un semi-dominatore. Ma può essere un All-Star pure in questa.

 

James Harden: sì, ok, non difende. Ma che attaccante è? E con D’Antoni! Non esiste il premio per Comeback Superstar of the Year?

 

DeMarcus Cousins: allenatore serio, compagni “giusti”, estate con Team USA. Se anche stavolta fa il Boogie e non si trasforma nel Mostro che può essere inizia ad essere colpa sua.

 

Marco D’Ottavi

Kevin Durant: io sarò uno di quelli con la lente di ingrandimento fissa su KD e non vi devo neanche spiegare il perché.

 

Kristaps Porzingis: 221 cm come quelli lì, a New York, dopo quel primo anno lì, circondato da una squadra in cerca di riscatto, io me li vedo ogni volta che posso.

 

Karl Anthony-Towns: Partendo dall’assunto che uno di partite di Minnesota proverà a guardarne il più possibile, bisogna seguire KAT come si segue il prossimo dominatore della Lega per poi dire ai nipotini: io questo lo seguivo fin dal college.

 

Neri

Dwyane Wade: quello per DWade è un amore puro, anche senza quella maglia con cui ti ha fatto innamorare. È la ragazza che ti ha lasciato ma per la quale non riesci a provare rancore, anche se pensavi di aver raggiunto una stabilità inossidabile, tra alti e bassi, tra gioie e grandi litigi. Ora DWade è a Chicago e io riuscirò ad andare avanti e continuerò a seguirlo anche con un’altra casacca.

 

Giannis Antetokounmpo: ragazzi, sono veramente euforico… POINT GIANNIS

 

Aaron Gordon: credo che per l’ex-Arizona sia arrivato il momento della definitiva esplosione. Nutro molti dubbi sul suo utilizzo da ala piccola, ma Vogel è uno che sa il fatto suo e le particolari caratteristiche tecniche e atletiche del prodotto di Arizona ne fanno uno dei progetti sicuramente più intriganti da seguire.

 

Bottini

Manu Ginobili: quella che sta per iniziare sarà l’ultima stagione a San Antonio dell’hombre da Bahia Blanca. Ho già pronte le VHS e il barattolo di gelato alla vaniglia.

 

Jabari Parker: se finalmente il mormone di Chicago dovesse trovare quella continuità che gli infortuni gli hanno negato, sono pronto a godermi una stagione di voli sopra il ferro. Perché è un giocatore meravigliosamente elegante e soprattutto non voglio fare la figura del fanboy quando gli avevo dedicato un profilone tempo fa.

 

JaVale McGee: Ehi questa è la maxi storia di come la mia vita /
cambiata, capovolta sottosopra sia finita.

Seduto su due piedi qui con te /
ti parlerò di JaVale, super fico di Golden State.

Ma come ha fatto Javalone a finire nella squadra più forte dell’NBA? Stay Tuned.

 

Ronzulli

Draymond Green: nella Golden State che ha cambiato un elemento non proprio marginale del quintetto e la maggioranza della panchina, il giocatore che mi incuriosisce di più è Draimondo. Sulla carta è quello più facilmente “sacrificabile” nella produzione di punti e per questo credo che possano essere esaltate ancora di più le sue qualità di tuttofare. Che, per inciso, sono uno spettacolo.

 

Schiacciate, blocchi, stoppate, letture… volete altro?

 

Russell Westbrook: Con l’addio di KD i Thunder sono suoi, tutti suoi. C’è tutta la curiosità possibile per vedere come reagirà e come eventualmente cambierà il proprio modo di giocare e di rapportarsi ai compagni. Spesso criticato a sproposito, Russ non ha mai avuto paura di prendersi le proprie responsabilità. E quest’anno ne avrà, eccome se ne avrà…

 

Paul Pierce: Teniamoci le lacrime per quando suonerà la sirena della sua ultima partita e godiamoci l’atto finale di The Truth da giocatore. Anche perché alla storia che uno come il 34 faccia semplicemente da comprimario ai Clippers restando ai margini e senza incidere mai non crederò neanche di fronte all’evidenza.

 

Casadei

John Wall: io e te, caro John, non siamo mai andati molto d’accordo. Quando facevi le tue assurde danze a Kentucky che ti devo dire, John Wall, con quel pugnetto che si muoveva a destra e sinistra mi avevi incantato. Poi ci siamo un po’ persi di vista, John Wall, ma quest’estate ti ho scritto una lettera. E questo ottobre un’altra. Spero tu le abbia lette, caro John. Un bacio.

 

Matthew Dellavedova: presente quando fai un sogno e il sogno è così vero che sembra reale? Poi capita che ti svegli e sei ancora tu, ma sei anche un po’ ciò che avevi sognato, e la tua realtà diventa sogno in una svolta prospettica quasi rinascimentale o quasi Westworld. Dellavedova secondo alcuni doveva essere un play in promozione ma lui non l’ha mai saputo e ora guadagnerà 38 millioni per giocare a pallacanestro nella NBA. Realtà, finzione, sogno, subconscio, o più semplicemente Matthew Dellavedova, 8 settembre 1990, Maryborough, Australia. Segni particolari: fuck the narratives.

 

Jeremy Lin: Brooklyn è la franchigia più irrilevante della NBA e anche solo parlarne ti mette ai margini della comunità di chi tratta di basket perciò devo fare in fretta prima che mi scoprano: Jeremy Lin farà una grande stagione e porterà una qualche forma di gioia surrogata a Brooklyn che io e pochi altri ci potremo godere buon dio li sento salire le scale segnatevi queste parole io ho hype per Lin e voglio che tutti lo sappiano oddio stanno sfondando le porte hanno preso il ponte e il secondo salone la terra trema tamburi un’ombra nel buio arrivano aiutatemi LINSANITY BACK LINSANITY BACK LINS aiihihowqinfihqwf

 

Vismara

Zach Lavine: nelle parole di Zach Lowe: “Thibs che insegna posizioni difensive a Zach Lavine si propone come una delle più grandi sfide educazionali nella storia del pianeta”.

 

Giannis Antetokounmpo: Ok, ho cercato un nome meno mainstream, ma non ce l’ho fatta: Point Giannis scrivi tu la fine, io sono pronto.

 

Michael Kidd-Gilchrist: questo tweet da solo mi ha fatto salire la salivazione a mille.

 

Marco Vettoretti

Dennis Schroder: il tedeschino che, tra un’uscita in skate e l’altra, si troverà per le mani i rinnovati Atlanta Hawks di Dwight Howard.

 

Michael Beasley: scommessa contro ogni ragionevole pronostico di Milwaukee che potrebbe giovare, ahilui, della prolungata assenza di Khris Middleton, raschiando minuti dal gameplan di Kidd fino a diventare punto fermo della second unit dei Bucks.

 

Steven Adams: perché ogni supereroe che si rispetti ha bisogno di un braccio destro alla sua altezza. Possibilmente neozelandese, baffuto e capace di fare certe cose.

 

 

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La redazione basket è composta da gente molto alacre che vorrebbe giocare a basket ma che purtroppo sarebbe troppo bassa anche per il campionato filippino. Almeno due membri della redazione basket sono convinti che il film A Beautiful Mind parli di loro.