Il 2019 sarà un altro anno in cui scoprire nuovi talenti e restare innamorarti di quelli più giovani. In questo articolo abbiamo raccolto i 40 giovani che quest’anno terremo d’occhio perché magari faranno un ulteriore salto di qualità, perché rappresentano un’interpretazione interessante di un ruolo in particolare o magari anche solo perché abbiamo un debole per loro.
Abbiamo scelto giocatori nati nel 1998 o dopo. Non abbiamo inserito quei giovani davvero prodigiosi che hanno bruciato già tutte le tappe nel calcio dei grandi: per questo non troverete talenti fenomenali come Jadon Sancho, Christian Pulisic, Kylian Mbappé, Gianluigi Donnarumma. Abbiamo anche cercato di non ripetere troppi nomi già scritti nel pezzo del 2018, riprendendo però quelli che hanno davanti un 2019 particolarmente significativo.
Come sempre, le scelte si basano su criteri soggettivi, se manca qualcuno dei vostri pupilli segnalatecelo nei commenti e ve ne saremo grati.
Buona lettura!
1. Ryan Sessegnon, 2000 (Inghilterra, Fulham)
di Alfredo Giacobbe
Dopo le vittorie ai Mondiali Under 17, agli Europei U19 e ai Mondiali U20, tutti stanno aspettando al varco la Next Gen inglese. Ad esempio, a un anno e mezzo di distanza dal trionfo mondiale Under 20, meno della metà dei componenti della rosa giocano in un campionato di prima fascia, e ancora meno lo stanno facendo con un minutaggio rilevante. Alcuni esempi sono sorprendenti: l’eroe della finale Calvert-Lewin ha ridotto il suo minutaggio rispetto all’anno scorso, rimanendo più spesso dalla panchina. Il centravanti con le stimmate del predestinato Solanke non ha ancora giocato la sua prima partita ufficiale in stagione, e forse non lo farà con la maglia del Liverpool (forse lo farà con quella del Bournemouth che lo ha appena acquistato per 10 milioni di sterline). D’altra parte, anche prima del baby boom degli ultimi due anni, l’Inghilterra è nota per bruciare i propri talenti migliori in pochi mesi: l’ultimo di questa corposa lista è Saido Berahino, relegato in Championship con lo Stoke City.
Di Ryan Sessegnon, invece, potete fidarvi, della sua ascesa nel calcio inglese non c’è niente di normale o di già visto. I 16 gol segnati e gli 8 assist serviti lo scorso anno nel Championship hanno fatto molto rumore, accoppiati ovviamente alla sua carta d’identità: Sessegnon ha compiuto 18 anni solo lo scorso maggio. Era quasi scontato che i grandi club inglesi puntassero questo ragazzo e costringessero il Fulham ad una lunga e costosa trattativa, iniziata lo scorso agosto e terminata pochi giorni fa, per un rinnovo di contratto multimilionario.
Sessegnon è un giocatore totale: nell’ultimo anno e mezzo ha giocato da terzino sinistro in una linea a quattro, da esterno a tutta fascia nel 3-5-2, da laterale mancino nel 4-4-2 e nel 4-2-3-1, da attaccante esterno sia destro che sinistro nel 4-3-3. Sa cavarsela in ogni zona del campo ma dà il meglio di sé nella metà campo offensiva. Quello che stupisce di Sessegnon non è solo l’ottima tecnica individuale (dribbla gli avversari brillantemente utilizzando entrambi i piedi), né la velocità in campo aperto. È qualcosa di più intangibile che sta nel saper stare in campo, nella qualità delle cose che fa, nel tempismo degli inserimenti senza palla, e nel modo efficace con cui serve gli assist. Sessegnon fa scelte intelligenti già a 18 anni e in questo c’è tutta la sua straordinarietà.
2. Paulinho, 2000 (Brasile, Leverkusen)
di Emanuele Atturo
🖤🇧🇷❤️
Can’t wait to see what @PaulinhoPH7 can achieve with the Werkself!
Just two days until his first competitive match! pic.twitter.com/k2FRaMXfCz
— Bayer 04 Leverkusen (@bayer04_en) 16 agosto 2018
In Brasile esistono due scuole di pensiero per la formazione dei talenti locali ai massimi livelli del calcio. Ci sono giocatori che preferiscono rimanere in patria fino alla piena maturazione, come ad esempio Neymar che è il caso più conosciuto; altri invece partono appena hanno l’età per poterlo fare, come Marquinhos, comprato dalla Roma quando aveva appena 14 presenze tra i professionisti.
Partendo appena maggiorenni, i calciatori trascorrono gli anni cruciali per la propria formazione già in Europa perdendo i propri tratti più brasiliani. Paulinho è, insieme a Vinicious Jr., il più promettente classe 2000 nato in Brasile. Come il suo connazionale è stato acquistato da una squadra europea nemmeno maggiorenne, per 18 milioni e mezzo di euro.
Il Bayer Leverkusen sta inserendo Paulinho gradualmente, facendolo partire da titolare soprattutto nelle partite di Europa League, dove ha trovato il suo primo gol nella vittoria per 5 a 1 contro l’AEK Larnaca. Per inquadrare di che tipo di giocatore stiamo parlando vi bastano sapere poche cose: è alto un metro e 75, ha una certa esplosività sui primi passi e in patria è stato paragonato a Robinho.
Come molti altri connazionali, è cresciuto giocando sul parquet del Futsal, dove ha affinato una grande tecnica nello stretto. Da sinistra ama accentrarsi in dribbling e cercare il tiro, con l’interno a giro ma anche con dei colli-esterni potenti sul secondo palo.
È però difficile ancora capire che giocatore è Paulinho, che è arrivato in Bundesliga con 24 presenze e 3 gol nel Vasco da Gama (i primi due arrivati alla sua seconda partita da titolare). In queste prime uscite Paulinho sta mostrando una praticità nelle scelte senza palla che sembrano promettere un’evoluzione nel suo stile di gioco. D’altronde, a differenza di molti connazionali, non ha indicato Neymar, Robinho o Kakà ma Cristiano Ronaldo, per il solito discorso dell’etica lavorativa: «Cristiano Ronaldo è un esempio – lavora davvero duro sul proprio gioco. È qualcosa che rivedo nel mio carattere».
Sarà interessante quindi seguirlo in questo 2019, in una delle squadre senz’altro da tenere d’occhio come il Bayer Leverkusen, che insieme al brasiliano ha altri giovani eccitanti come Kai Havertz o Leon Bailey. Sarà interessante capire se la tecnica da Futsal di Paulinho e il suo istinto alla giocata spettacolare verrà represso all’interno della cultura europea della praticità e dei risultati.
3. Yann Karamoh, 1998 (Francia, Bordeaux)
di Francesco Lisanti
Dove ci eravamo lasciati: Karamoh entra negli ultimi 25 minuti contro la Lazio con l’Inter sotto 2-1, da una sua azione folle in qualche modo nasce il gol del vantaggio decisivo. Spalletti per descriverlo ricorre al suo vocabolario oracolare: un giocatore forte, che dal punto di vista dell’estro ti lascia lì, ma che diventa difficile trovare dentro alla squadra sotto l’aspetto dell’equilibrio e del ragionamento. Quindi Karamoh è ripartito in direzione Bordeaux, nel campionato che lo ha lanciato, per ritrovare continuità in un contesto tatticamente più rilassato, e per questo più adatto a conciliare l’estro con il ragionamento.
In questa stagione il Bordeaux non sta andando bene. Karamoh viene utilizzato spesso dalla panchina (è soltanto il sedicesimo della rosa per minuti giocati tra tutte le competizioni), ma con continuità (da quando ha esordito a fine settembre è sceso in campo sempre, 18 presenze di cui 8 da titolare). Unica assenza contro il Caen per motivi contrattuali. Gioca ala destra in un attacco a tre, in teoria il suo ruolo naturale, posizione che all’Inter sarebbe rimasta scoperta, se Politano non si fosse rivelato una felice sorpresa. Ha segnato un gol all’esordio, un gol clamoroso contro il Nantes, un gol annullato contro il Lione, servito un assist contro il PSG.
È ancora un giocatore “di lampi”. Al raffinato tocco di palla unisce una consapevolezza nei movimenti che ne riflette la modernità: entra dentro al campo, dialoga a testa alta, sa cambiare il ritmo della giocata e aggredire il possesso avversario. Non è però ancora un giocatore di cui i compagni si fidano. Quando si lancia contro un muro di avversari (e lo fa ancora troppo spesso), non trasmette la sicurezza di poterne uscirne vincitore. Di sicuro è un giocatore bello da vedere, quanto basta per continuare a seguirlo anche durante il 2019, l’anno del probabile ritorno a Milano.
4. Amadou Haidara, 1998 (Mali, RB Lipsia)
di Daniele Manusia
Da qualche giorno è ufficiale il passaggio di Haidara dalla squadra di Salisburgo della Red Bull a quella di Lipsia e l’allenatore Ralf Ragnick lo ha accolto dicendo che potrebbe raccogliere l’eredità di Naby Keita. Il confronto è fuorviante, visto che si tratta di due giocatori molto diversi fisicamente e con stili diversi. Haidara è filiforme anche se non altissimo e non ha il controllo di palla in corsa di Keita (ma ce l’hanno pochi centrocampisti di formazione), ogni sua giocata deve essere svolta nel contesto giusto, con dei compagni che parlano la sua stessa lingua.
Haidara è molto aggressivo, con un volume di gioco davvero fuori dal normale, ma è anche molto pulito nelle giocate con la palla, con filtranti ambiziosi e cambi di campo un po’ scolastici ma efficaci. Indipendentemente dalla casella che occupa a centrocampo (mezzala o centrale in una coppia) Haidara è un giocatore verticale e per quanto sia dotato tecnicamente, gettato nella burrasca di un centrocampo statico rischia di affogare.
Insomma, per capirci, è un giocatore perfetto per la Bundesliga che, invece, rischierebbe di appassire in un campionato come quello italiano. Ha già qualche presenza con la Nazionale maggiore e il 2019 potrebbe essere ricco di belle sorprese (non tornerà disponibile prima di marzo, però, per un infortunio ai legamenti del ginocchio).
5. Diogo Dalot, 1999 (Portogallo, Manchester United)
di Alfredo Giacobbe
Chissà cosa sarà passato per la testa di Diogo Dalot all’annuncio dell’esonero di José Mourinho, l’uomo che lo ha fortemente voluto al Manchester United. Dalot è stato prelevato la scorsa estate dal Porto dietro il pagamento di 22 milioni di euro, nonostante il ragazzo avesse all’attivo solo 6 presenze e 408 minuti nella massima serie portoghese (conditi però da 2 assist). Superati i postumi di un infortunio al ginocchio, Dalot si stava gradualmente inserendo nelle rotazioni dello United: nelle ultime quattro partite di Premier League è stato sempre utilizzato da Mourinho, partente da titolare in tre occasioni.
Dalot è un terzino destro dalle buone attitudini offensive: ha corsa, è bravo a saltare l’uomo quando può buttare la palla in avanti nello spazio, ha una buona precisione nel cross. Il problema nasce se consideriamo che nel calcio moderno quello del terzino è un ruolo estremamente complesso: oltre alle caratteristiche difensive, al terzino sono richiesti fisicità, visione di gioco, tecnica. Dalot deve correggere gli errori di posizionamento in area e deve migliorare la gestione della palla quando è messo sotto pressione lungo la linea laterale. Basta riguardare i 45 minuti giocati contro il Liverpool per capire quanto gli scotti avere il pallone tra i piedi quando rivolge le spalle alla metà campo avversaria.
Dalot ha fatto parte della squadra nazionale campione d’Europa Under 17 e in quella vicecampione d’Europa Under 19. È uno dei migliori prospetti nel ruolo considerata la sua età, ed è cresciuto in una scuola che vanta già numerosi esempi di successo: Joao Cancelo, Nelson Semedo, Cedric Soares e Ricardo Pereira sono tutti terzini destri che si sono imposti in squadre di prima fascia. Mourinho vedeva in lui l’erede di Antonio Valencia, che ci avesse preso?
6. Gedson Fernandes, 1999 (Portogallo, Benfica)
di Dario Saltari
Dopo una veloce ascesa nel fiorente vivaio del Benfica, il talento di Gedson Fernandes sembra aver iniziato la sua prima fioritura. Con il lungo rinnovo firmato in estate, che lo lega al club lusitano fino al 2023, in questa stagione è arrivata anche la titolarità nella squadra di Rui Vitoria, che non ha avuto paura di schierarlo anche in Champions League (dove ha trovato anche il suo primo gol nella competizione, all’Allianz Arena contro il Bayern Monaco), e l’esordio in Nazionale maggiore.
In questo primo assaggio del mondo professionistico, Gedson Fernandes ha dimostrato grandi potenzialità. Con le gambe lunghe e secche da gru, e il corpo slanciato e filiforme, Fernandes interpreta il ruolo di mezzala in maniera peculiare, con una spiccata indole associativa e verticale che finisce per portarlo in area molto spesso. È lui stesso a forzare spesso la scelta per andare verso la porta, magari anche con soluzioni complesse o addirittura barocche, e infatti già adesso è il primo tra i centrocampisti del campionato portoghese sia per dribbling tentati (2.5 per 90 minuti) che per quelli riusciti (1.5 per 90 minuti), ad esclusione delle ali. Nonostante sia molto alto (184 centimetri), il centrocampista del Benfica è molto veloce nel lungo, aiutandosi con le ampie falcate in spazi aperti, e con l’intelligenza e il tempismo nei movimenti senza palla. Seppur non dotato di un controllo del pallone sempre perfetto, Fernandes sembra poter arrivare ovunque con le gambe lunghe, con cui aggiusta continuamente la conduzione in verticale e utilizza per poter recuperare il pallone in fase di uno contro uno difensivo (2.4 tackle riusciti per 90 minuti).
Gedson Fernandes sembra insomma avere grandi prospettive, anche perché il suo percorso di crescita è solo all’inizio. Possiamo scommettere, però, che già quest’estate i principali club europei faranno a gara per accaparrarselo.
7. Ismaila Sarr, 1998 (Senegal, Rennes)
di Emanuele Atturo
Ismaïla Sarr 💥💥💥
2018/19 group stage:
👕 5
⚽️ 3
🅰️ 1#UEL @staderennais pic.twitter.com/COoh833LoM— UEFA Europa League (@EuropaLeague) 19 dicembre 2018
Nonostante stiamo imparando a conoscere Sarr solo quest’anno, e specie per le sue grandi partite d’Europa League, per acquistarlo in estate il Rennes ha dovuto pagare 17 milioni di euro al Metz. Sarr, ancora minorenne, aveva disputato una buona stagione 2016/17 con la maglia del Metz, facendo soprattutto vedere delle doti atletiche che definire “non comuni” sarebbe riduttivo.
Sarr è quel tipo di cavallo di fascia capace di correre metà campo a velocità irreale per poi alzare la testa in perfetto controllo dello spazio-tempo circostante. Non abbiamo ancora dati sulla sua velocità, ma non è assurdo immaginare che Sarr abbia dei tempi da qualificazione alle Olimpiadi.
Per esaltare questa sua potenza in progressione nello spazio, Sarr viene spesso schierato esterno a destra di una specie di 4-4-2. Ma ha giocato anche esterno alto di un 4-3-3 o attaccante centrale. Per la vicinanza di ruolo e squadra di provenienza Sarr è stato paragonato ad Ousmane Dembele, ma non ne possiede la qualità tecnica, né nel controllo palla né nella balistica. Ultimamente Sarr però sta trovando la rete con una certa continuità e delle conclusioni impressionanti, come dimostrano i gol allegati segnati in Europa League.
Per il suo gioco tutta velocità e potenza, Sarr è già un’esperienza unica tra i giovani talenti. Un anno fa ha rifiutato il trasferimento al Barcellona, preferendo una crescita più graduale. Chissà che la prossima tappa della sua carriera non sia un passaggio intermedio. Sulle sue tracce pare ci siano Inter e Arsenal, ma il costo del suo acquisto ne gonfia di certo la valutazione per il prossimo trasferimento.
8. Callum Hudson-Odoi, 2000 (Inghilterra, Chelsea)
di Marco D’Ottavi
Maurizio Sarri ha detto che Hudson-Odoi diventerà un riferimento «non solo per il calcio inglese, ma anche per tutto il calcio europeo». Allo stesso tempo ha però evidenziato come il Chelsea abbia come priorità quella di vincere piuttosto che di formare i giovani dell’Academy.
Eppure è stato proprio Sarri, un allenatore non particolarmente propenso a lavorare con i giovani, ad aggregarlo in prima squadra – invece magari di inserirlo nella girandola di prestiti tipica dei giovani del Chelsea – e a concedergli un po’ di spazio. In questa prima parte di stagione Hudson-Odoi ha collezionato 7 presenze, anche se solo una di queste in Premier. Sarri lo sta impiegando nelle coppe (FA Cup ed Europa League) dove il calciatore classe 2000 sta mostrando il suo talento.
Hudson-Odoi è un esterno offensivo che può giocare indifferentemente su entrambe le fasce. La sua velocità e i suoi strappi gli permettono di essere pericoloso anche partendo da lontano, in progressione; un fisico importante gli permette di non soccombere nei duelli fisici con i difensori – e chissà che in futuro non possa sfruttare queste doti fisiche nel ruolo di prima punta. Quando ha il pallone tra i piedi non ha paura di essere aggressivo, puntare l’uomo per guadagnare un vantaggio, in fase di non possesso deve ancora migliorare le scelte. Il suo dribbling è un po’ caotico, ma efficace, soprattutto quando parte da fermo (come nei due assist nella partita contro il Nottingham Forest).
I tifosi del Chelsea sono pazzi di lui, ma Sarri ha fatto capire che avrà uno spazio ridotto in questa stagione. Hudson-Odoi sembra impaziente, come in campo, e vuole minuti in campo già da questa stagione. Il Bayern Monaco sembra veramente interessato a lui, che il club inglese valuta almeno 40 milioni, e proverà a prenderlo già in questo mercato di gennaio.
9. João Félix, 1999 (Portogallo, Benfica)
di Daniele V. Morrone
Scartato dal Porto dopo sette anni con le giovanili per via del mancato sviluppo fisico, João Felix è stato ripescato dai grandi rivali del Benfica, che hanno puntato molto su di lui, fino al debutto con la seconda squadra appena sedicenne nel 2016 e al primo contratto da professionista con clausola rescissoria da 60 milioni. Da inizio stagione Felix è aggregato con la prima squadra, con cui sta giocando i finali delle partite in attesa di trovare più spazio nell’anno in arrivo.
Per il ruolo, la pulizia tecnica e per la squadra in cui gioca è stato paragonato con poca fantasia prima a Rui Costa e poi in modo ancora più pragmatico a Bernardo Silva. Va detto che però la figura a cui sembra ambire è quella di Kakà, suo idolo dichiarato e punto di riferimento anche stilistico (visto anche il taglio di capelli che porta). Infatti più che al controllo magnetico tra scarpino e pallone di Bernardo Silva o alla visione di gioco di Rui Costa, di João Félix stupisce l’eleganza della conduzione del pallone in corsa e la capacità di sfruttare la propria tecnica e i tempi di gioco per creare per sé e per i compagni, proprio quello che era il punto di forza di Kakà.
Nei pochi minuti in campo João Félix regala sempre una gemma, che sia un assist o un’occasione da gol grazie alla sua tecnica e alle sue letture con la palla. L’azione più famosa della sua giovane carriera fino ad ora è sicuramente il gol segnato nel derby contro lo Sporting CP, in cui, entrato a 15 minuti dalla fine con la squadra in svantaggio, è andato a trovare la perfetta incursione in area per segnare di testa il gol del pareggio a pochi minuti dal termine della partita. Il suo primo gol tra i professionisti.
10. Moise Kean, 2000 (Italia, Juventus)
di Marco D’Ottavi
Le ultime notizie danno la Juventus intenzionata a trattenere Moise Kean anche in questo mercato di gennaio. Se da una parte questa eventualità ridurrebbe di molto i suoi minuti in campo nel 2019, dall’altra potrebbe essere il più grande attestato di stima nei confronti del suo talento, confermata dalle belle parole spese da Allegri su di lui in diverse occasioni.
Perché il talento Kean ce l’ha. Guardando le sue statistiche della scorsa stagione, giocata a Verona, Flavio Fusi aveva notato una capacità di creare occasioni da gol superiore alla media, non supportata però da una capacità di finalizzazione sufficiente a questi livelli. In effetti la facilità fisica e tecnica con cui Kean riesce a creare gioco in attacco anche partendo da fermo – grazie soprattutto alla sua velocità – è la sua caratteristica distintiva, più delle reali abilità da centravanti che sono ancora acerbe (e che potrebbero portarlo in futuro a giocare sulla fascia, almeno per un periodo formativo).
Se dovesse rimanere a Torino, il posto dove troverà più spazio nel 2019 sarà la Nazionale, dove ha giocato benissimo in tutte le categorie. In estate è stato tra i migliori agli Europei under 19, con 4 gol in 5 partite e una superiorità piuttosto evidente nonostante fosse più giovane della maggior parte degli avversari. In tre partite con l’U21 ha segnato due gol, giocando una grande partita contro l’Inghilterra, una delle migliori nazionali giovanili al mondo, e guadagnandosi anche una convocazione da Mancini. Nel poco spazio avuto a disposizione in questi ultimi mesi del 2018, Kean sembra aver dimostrato anche un netto miglioramento nelle scelte, cosa che gli era mancata a Verona.
In estate ci saranno gli Europei U-21 in Italia e San Marino, il momento perfetto per valutare a che punto sia il suo sviluppo. Ad ogni modo già oggi possiamo dire che Kean potrebbe essere il futuro della nostra Nazionale, un motivo in più per seguirlo in questo 2019.