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Flavio Fusi
L'erede della scuola difensiva italiana: intervista a Bastoni
20 ott 2017
20 ott 2017
Il giovane talento dell'Atalanta ci racconta il mestiere di difendere.
(di)
Flavio Fusi
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Tra il 4 e il 10 ottobre la Nazionale Under-19 impegnata in Svezia si è guadagnata il pass per la seconda fase di qualificazione all’Europeo di categoria, conquistando la testa del gruppo 9 grazie alle vittorie con Moldavia (4-0), Estonia (2-1) e Svezia (3-2).

 

Prima dell’ultima partita del girone, quella contro i padroni di casa, ho incontrato Alessandro Bastoni, uno dei giocatori del gruppo azzurro con più esperienza ad alto livello. Abbiamo parlato in un hotel di Jönköping, al termine della riunione tecnica, con praticamente tutto il resto dei compagni che lo aspettava a pochi metri di distanza. Superato “questo esame”, come l’ha chiamato lui, Bastoni ha raggiunto i compagni, che appena lo hanno visto alzarsi dalla poltrona, hanno messo in pausa

di Ghali e si sono avviati verso il ristorante per andare a cena.

 

Ho scritto

di Bastoni per la prima volta nove mesi fa, subito dopo la cessione di Caldara alla Juventus. Nel frattempo ha esordito con l'Atalanta (in cui è cresciuto) in Serie A e ha giocato altre quattro gare tra i professionisti attirando le attenzioni dell’Inter, che lo ha acquistato e lasciato in prestito a Bergamo per due anni.

 

Si tratta probabilmente del difensore italiano più promettente della sua generazione, considerando anche la sua attitudine a costruire il gioco partendo da dietro, dote sempre più importante per un centrale moderno. La nostra conversazione è cominciata proprio parlando di questo tratto caratterizzante del suo gioco.

 



[reply]Mi ispiro al mio difensore tipo che è Sergio Ramos: non il classico difensore, grosso, alto, ma uno a cui piace molto impostare, fare del gioco. Ho avuto questa fortuna anche di crescere nel settore giovanile dell’Atalanta in cui anche dal punto di vista tecnico ti trasmettono tanto. Mi hanno sempre insegnato a far gioco, a giocare palla a terra e quindi faccio questo. Ormai il mediano dai piedi buoni è praticamente sempre marcato a uomo dalla squadra avversaria, quindi penso che le responsabilità in fase di costruzione dei difensori cresceranno ulteriormente.[/reply]

 



[reply]Sì, può essere. Però penso sia proprio la mentalità che mi è stata imposta nel corso degli anni: giocarla sempre, buttarla via mai.[/reply]

 



[reply]Non so se sia più facile o più difficile, ma oggi c’è molta più organizzazione dal punto di vista tattico, quindi non è solo il difensore che ha il compito di difendere, ma è tutta la squadra. Se quindi partendo dagli attaccanti c’è una buona fase difensiva, anche il difensore è agevolato in questo. Allo stesso tempo però, il difensore partecipa alla fase di impostazione e anche gli attaccanti saranno avvantaggiati dalla sua “bravura” in fase offensiva.[/reply]

 



[reply]L’anno scorso mi sembra di averne segnati 7 o 8 in Primavera (5, nda), mentre due stagioni fa con gli Allievi ho segnato sia in semifinale Scudetto con la Juve che in finale contro l’Inter. Il gol è una cosa che ho sempre avuto. Ho sempre detto che quando sono in area non penso come un difensore, ma divento un attaccante e per adesso mi è andata spesso bene. L’obiettivo primario del difensore resta quello di non far prendere gol alla propria squadra, ma bisogna essere capaci di cambiare in base alla situazione della partita e a dove ti trovi in quel momento in campo.[/reply]

 



[reply]Allenandomi tutti i giorni con lui e con i miei compagni posso imparare tanto. Toloi è il classico brasiliano, bravo a difendere, ma a cui piace tanto anche portare la palla: da lui cerco di imparare a far gioco, ma anche ad anticipare l’avversario. Da Caldara invece cerco di apprendere la tranquillità e la semplicità con cui gioca, mentre di Masiello mi piace la facilità con cui contrasta qualsiasi tipo di attaccante. Mi ritengo molto fortunato a essere dove sono adesso e di potermi allenare tutti i giorni con difensori di questo livello.[/reply]

 


Foto di Emilio Andreoli / Stringer.


 



[reply]Gasperini ci aiuta tanto in questo. Anche se le nostre sessioni di allenamento non sono particolarmente lunghe, l’intensità delle sedute, le partitelle e i concetti di gioco che ci imprime – essere forti sull’anticipo e sull’uomo – mi aiutano tanto anche quando vengo in Nazionale. Penso che il difficile del passaggio da Primavera a prima squadra sia proprio adattarsi all’intensità di gioco.[/reply]

 



[reply]Quando nelle varie competizioni internazionali ci troviamo di fronte Spagna e Inghilterra, andiamo spesso sotto dal punto di vista atletico e fisico, perché nei loro campionati ci sono le squadre B e i nostri pari età si confrontano abitualmente contro gente di 25-30 anni. Penso che avere le squadre B anche in Italia possa aiutare molto a crescere dal punto di vista fisico.[/reply]

 



[reply]Non credo sia una questione tecnica. Giocare con gente più grande fa la differenza non solo dal punto di vista atletico, ma ti aiuta anche a sentire l’importanza dei tre punti e a gestire determinate pressioni.[/reply]

 



[reply]Penso che per la formazione completa di un giocatore, partecipare alle competizioni internazionali sia la cosa più bella di tutte perché permette di confrontarsi con giocatori e squadre di altre nazioni e si può imparare molto dai propri avversari. Una delle cose migliori del calcio è prendere da ogni persona il meglio e farlo per sé. Ovviamente aiuta tanto fare gruppo in Nazionale ed è bello giocare assieme a compagni che invece in campionato sono tuoi avversari.[/reply]

 



[reply]Sì, adesso ho la consapevolezza di aver fatto determinate cose e di essere un punto di riferimento anche per gli altri. Quando gioco in Nazionale sento sempre la responsabilità di dare il massimo e di far vedere come si fanno determinate cose. E non ho certo paura di dimostrare la mia personalità in campo. In questo senso il salto dalla Primavera alla prima squadra è stato determinante.[/reply]

 



[reply]Con lui mi alleno tutti i giorni da ormai 12 anni e in più c’è stata questa cosa dell’esordio, tutti e due titolari lo stesso giorno. È come fosse una favola.[/reply]

 



[reply]Sì certamente. Per 10 anni ho fatto avanti e indietro da Casalmaggiore, in provincia di Cremona, a Bergamo e sono 130 chilometri ad andare e 130 a tornare. Per questo devo ringraziare mio papà

, che ha avuto e ha la passione per il calcio, che gli ha permesso di fare tutto questo per me quasi senza noia. Ora, per forza di cose, sono due anni che vivo a Bergamo, perché ci alleniamo al mattino.[/reply]

 


Foto di Marco Luzzani / Stringer.


 



[reply]L’Atalanta da questo punto di vista ci ha aiutato tanto perché tiene molto allo studio e alla formazione culturale del giocatore. Ho visto tanti che a 11 o 12 anni erano i migliori in squadra, ma che poi si sono persi prima dei 14. Penso sia fondamentale continuare a studiare e avere un “piano B”, perché basta veramente poco per rovinare tutto. La mia strada principale è sempre stata il calcio anche per ripagare i sacrifici miei e della mia famiglia, ma non ho mai tralasciato gli studi.[/reply]

 



[reply]Sono un grande appassionato, da piccolo tormentavo la baby-sitter con le figurine, chiedendole i nomi, data di nascita e nazionalità dei giocatori. In casa mia si vive di calcio, nel tempo libero mi piace guardare le partite, anche di altri sport, o leggermi qualche curiosità. Sono anche un “malato” di FIFA.[/reply]

 



[reply]A me piace molto guardare in Spagna il Barcellona e in Inghilterra il Manchester City, perché Guardiola ha allenato entrambe e mi piace vederle giocare palla a terra.[/reply]

 



[reply]Sì prevalentemente il mio approccio è ricreativo: se guardo Barcellona – Real Madrid lo faccio per puro divertimento. Se però guardo una partita di Serie A mi concentro sugli attaccanti di una determinata squadra che poi mi capiterà di marcare in campionato e sul comportamento dei difensori che si trovano ad affrontare.[/reply]

 



[reply]Penso che la tattica sia fondamentale e all’Atalanta l’anno scorso abbiamo fatto un’impresa perché sapevamo come affrontare tatticamente ogni avversario, altrimenti non avremmo ottenuto risultati eccellenti, come vincere a Napoli o battere la Roma in casa.[/reply]

 


Foto di Getty Images.


 



[reply]Ci metti un po’ a capire cosa vuole Gasperini dai difensori, ma una volta che capisci ed entri nell’ottica di stare in anticipo sull’uomo, è una marcatura che dà molti frutti. Due difensori si concentrano sempre con l’anticipo mentre l’altro copre. Spesso se recuperi palla sei praticamente in porta e tanti dei nostri gol sono nati dal recupero di un difensore.[/reply]

 



[reply]Sicuramente la cosa più difficile, magari non per me, ma per tanti giovani, è la personalità di fare del gioco in uno stadio con decine di migliaia di persone. Non è sempre facile trovare la personalità e il coraggio di comportarsi come nel campionato Primavera.[/reply]

 



[reply]Se siamo lì le qualità le abbiamo tutte. È una questione di crescita prettamente mentale. In questo mi hanno aiutato molto Caldara e Toloi, che non essendo tanto più grandi di me, mi hanno dato una grossa mano a inserirmi nel gruppo della prima squadra.[/reply]

 



[reply]Con l’Atalanta usiamo tutti i giorni un GPS che raccoglie non solo il chilometraggio totale, ma anche il numero di metri che abbiamo percorso ad alta o bassa intensità

. In base al giorno della settimana si deve fare un determinato allenamento per essere più pronti la domenica e questo tipo di dati aiuta molto. Anche in Nazionale abbiamo cominciato a usare i GPS e, a differenza dell’Atalanta, ci comunicano anche quanti passaggi giochiamo in verticale e quanti dei nostri passaggi superano una linea avversaria. Non conta quanti palloni tocchi ma come li giochi: sono cose curiose che aiutano anche a capire il tipo di giocatore che sei. Ad esempio, circa due mesi fa abbiamo disputato un’amichevole contro la Croazia, e io sono risultato quello che ha compiuto più verticalizzazioni a superare le linee avversarie.[/reply]

 

 

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