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Foto di Jasper Juinen / Getty Images
Calcio Daniele V. Morrone 14 luglio 2018 5'

Perché sempre più giovani fuggono dalla Masia?

Alberto ci ha chiesto perché sempre più giovani lasciano il settore giovanile blaugrana. Risponde Daniele V. Morrone.

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A cosa è dovuta questa fuga di talenti dalla Masia? La Masia sta perdendo i colpi? Qualche anno fa lessi critiche per Luis Enrique, ma non è che con Valverde la storia sia cambiata.

 

Alberto

 

Risponde il tesserato del Barcellona Daniele V. Morrone

 

Caro Alberto, la tua domanda è arrivata poco dopo che il Monaco ha ufficializzato l’acquisto del sedicenne Robert Navarro direttamente dalla Masia, un anno dopo l’arrivo del diciottenne Jordi Mboula, sempre dal Barça. Mboula era l’esterno più promettente della Masia e doveva in teoria salire nel Barça B, ma ha preferito le promesse del Monaco di aggregarlo alla prima squadra subito.

 

A gennaio la mezzala più promettente, Sergio Gómez, è andato al Borussia Dortmund dove ha già esordito: ha 17 anni ed aveva collezionato la sua prima presenza col Barça B con cui, nei piani del club, sarebbe dovuto rimanere almeno due anni – prima salire in prima squadra e diventare il teorico erede di Iniesta.

 

Forse due indizi non fanno una prova, ma ormai ogni sessione di mercato non sono solo gli scartati a lasciare la Masia, ma anche i giocatori più promettenti delle varie categorie. Il Barça u-19 ha vinto a giugno la Youth League, il torneo giovanile più importante e per avere la firma sul contratto da professionista delle tre stelle della squadra (Riqui Puig, Abel Ruiz, Juan Miranda) il club ha dovuto smuovere mari e monti. È sceso in campo direttamente Valverde, che ha promesso un posto in prima squadra a medio termine. Tutti e tre faranno parte in questa stagione della squadra B, ma la difficoltà per una squadra come il Barcellona, anche solo di far salire di categoria i propri migliori giocatori, è davvero un inedito.

 

Quello dello svuotamento della Masia però non è un fenomeno nuovo, ma una questione che ciclicamente attraversa il Barcellona. Ora sta succedendo quello che nell’epoca pre-Laporta era successo con i vari Piqué e Fabregas e ha a che fare con l’idea che ha il Barça di se stesso in questa fase storica.

 

Non è passato neanche un decennio da quando il lavoro fatto alla Masia ha occupato tutte le posizioni del podio al Pallone d’Oro e in questa stagione è successo quello che all’epoca sarebbe stato impensabile: il Barça è sceso in campo contro il Celta senza neanche un canterano nell’undici titolare. Non è importante quanto è finita la partita, è stato comunque considerato il punto più basso della stagione. Rappresenta la sconfitta dell’essenza stessa dell’idea che aveva il Barcellona di sé stesso. Bisogna ricordare brevemente che il Barça è una squadra in mano ai propri tifosi, che eleggono il presidente con delle elezioni democratiche. Questo fa sì che la continuità dell’identità è legata alla dirigenza che si trova in quel momento.

 

Come in tutte le società democratiche, esistono diversi modi di vedere il mondo e nel Barcellona questo si può riassumere nell’essere o meno Cruyffiani. La figura del Profeta è un po’ quella di Marx: c’è un prima e un dopo. Può essere considerato  una fonte di ispirazione o un nemico da combattere. Non esistono vie di mezzo. Se la presidenza Laporta era caratterizzata da un Cruyffianismo militante, quella di Rosell prima, e del continuatore Bartomeu adesso, vanno in direzione opposta. Bartomeu ritiene che il Barcellona abbia il potenziale per essere la squadra più ricca al mondo e che per farlo deve raggiungere risultati sportivi d’eccellenza sempre. La sua visione insomma è quella di un Barcellona diretto concorrente del Real Madrid di Perez e in grado, con le stesse armi, di essergli superiore.

 

Nasce da qui l’idea di affiancare a Messi un compagno di squadra come Neymar, una scelta apertamente invisa da Cruyff per diversi motivi poi rivelatisi fondati. Ha rappresentato la prima pietra per lo spostamento del Barça dalla squadra del centrocampo col rombo Busquets, Xavi, Iniesta e Messi, a quella dell’attacco col tridente MSN.

 

Per l’attuale dirigenza il processo di costruzione di una rosa attraverso l’innesto di giocatori della casa viene visto come un rischio troppo grande. In un momento storico in cui i grandi club possono avere in rosa praticamente 22 titolari.

 

L’assenza di ricambio generazionale c’è stata sia perché non sono usciti nuovi Iniesta e Messi, ma anche perché sono stati scartati o se ne sono andati i nuovi Busquets e Pedro. Perché se i primi due sono talenti spontanei sviluppati dalla Masia, la Masia nasce ed esiste per crescere i secondi: giocatori con delle caratteristiche che si sposano con un’idea di calcio precisa e che in quella possono esaltarsi. Non parliamo quindi di talenti universali, ma di giocatori “di sistema”. Quando il Barcellona ha abbandonato il sistema i giocatori “di sistema” sono risultati poco appetibili per la prima squadra.

 

Negli ultimi 4 anni l’unico canterano che si è affermato è stato Sergi Roberto: in accordo con l’allenatore Luis Enrique e l’abbandono dei princìpi tattici cruyffiani in favore di un gioco diverso, l’utilizzo di quei giocatori tipici della Masia con quel bagaglio tecnico-tattico sviluppatissimo, è stato visto come ininfluente nella valutazione del talento. L’idea alla base è anche che alla tecnica bisogna abbinare la potenza fisica e atletica. L’assenza di fisicità dei prodotti della Masia è stata vista come un carattere limitante. Per avere giocatori atleticamente di livello si cerca quindi nei mercati esteri, solitamente produttori di queste caratteristiche: in quei ruoli che sotto Laporta sarebbero stati occupati dai vari canterani, c’è stata l’entrata massiccia di giocatori francesi, brasiliani e portoghesi.

 

Quando serve insomma una riserva di Jordi Alba non si guarda al canterano Alejandro Grimaldo del Barça B, ma si prende dal PSG Lucas Digne, meno tecnico, ma atleticamente superiore.

 

Il Barça B non rappresenta più la nuova generazione della Masia, in attesa di poter salire e aiutare la prima squadra quando serve. Per mantenere alto il livello rispetto alla categoria e coprire le lacune fisiche e atletiche la scorsa stagione il Barça B è stato tra le squadre che ha speso di più per acquisti nella seconda divisione.

 

Solo una minima parte dei talenti della Masia potrà giocare in prima squadra un giorno e allora meglio sviluppare anche giocatori presi da fuori per essere rivenduti, trasformandoli in plusvalenze. L’allenatore è stato Gerard (quello del Valencia di inizio 2000) una sorta di Luis Enrique 2.0 che provava in tutti i modi a modellare la squadra a sua immagine. Va ricordato che nessun giocatore del Barça B ha debuttato in Liga con la prima squadra la scorsa stagione con Valverde. Quello che fino a Laporta era un percorso di crescita costante, dalla Masia fino alla prima squadra per garantire un ricambio generazionale continuo, è diventato prima un imbuto e poi a tutti gli effetti una strada sbarrata.

 

Ecco allora che i principali talenti della Masia preferiscono andare via subito e diventare professionisti da altre parti. In club in cui sono sicuri di poter arrivare a giocare in prima squadra con continuità in tempi brevi. Qualcosa però sta cambiando da questa stagione: il Barça B è retrocesso e l’idea di usarlo per le plusvalenze non ha quindi più senso, inoltre il nuovo allenatore sarà quel Xavi García Pimienta che da anni lavora nei livelli inferiori della Masia e la scorsa stagione ha allenato l’u-19 che ha vinto la Youth League.

 

Pimienta ha chiesto di far salire di categoria i giocatori di quella u-19 e riempire il Barça B con loro. La dirigenza ha accordato la richiesta rinnovandoli (tra cui ci sono i tre nominati prima per capirci). Lo stesso Valverde, dopo aver passato una stagione con la squadra di Luis Enrique, sembra ora aperto a far entrare giocatori della Masia in rotazione. Il ciclo sembra quindi essere almeno ripartito e, dovesse essere così, la Masia tornerà ad essere parte integrante della prima squadra del Barça nel medio termine. Sicuramente dopo le elezioni presidenziali del 2021, dovesse vincere un cruyffiano.

 

 

Tags : Barcellonala posta del cuore

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987, per l'Ultimo Uomo scrive di calcio e basket. Cruyffista e socio del Barcellona, guarda forse troppe partite dell'Arsenal.

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