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Illustrazione di Emma Verdet
Preferiti Dario Saltari 21 dicembre 2018 5'

Innamorati di Kai Havertz

Questa volta è stato il trequartista del Bayer Leverkusen a rubarci il cuore.

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Quando c’è da parlare di Kai Havertz non esistono mezze misure. Per Matthias Sammer è «qualcosa di speciale», per Heiko Herrlich, suo allenatore al Leverkusen, «il talento più grande dai tempi di Toni Kroos», o ancora, la chiave che potrebbe dare il via alla resurrezione sportiva della Nazionale tedesca, secondo il sito d’approfondimento sportivo statunitense The Athletic. Kimmich, se potesse, lo comprerebbe; il portiere del Leverkusen, Lukas Hradecky, dice che è un onore giocare al suo fianco.

 

«Non c’è nulla di più da dire su Kai», afferma invece Rudi Völler, sottintendendo che la sua carriera parla già per lui. Kai Havertz ha 19 anni e già 84 partite, 15 gol e 21 assist tra i professionisti: è il più giovane debuttante nella storia della Bundesliga, il più giovane ad aver raggiunto le 50 presenze nel massimo campionato tedesco, e anche il più giovane marcatore nella storia del Bayer Leverkusen. Il suo talento è certificato dalla fascia da capitano della Germania Under 19 e dall’oro della medaglia Fritz Walter, che ogni anno viene assegnata al miglior Under 19 della Bundesliga.

 

Il primo gol di Kai Havertz in Bundesliga.

 

È lo stesso Kai Havertz, con quella faccia così fastidiosamente sfrontata, ad avere una fiducia incrollabile in Kai Havertz. Ad inizio stagione diceva che alla luce delle sue due prime buone stagioni in Bundesliga avrebbe dovuto puntare alla prima presenza in Nazionale maggiore «in un futuro non troppo lontano», e poco dopo sono arrivati l’esordio (in amichevole contro il Perù) e il primo assist con la maglia della Germania (in amichevole contro la Russia, in cui è partito da titolare). Havertz sembra essere uno di quelli per cui il futuro non è altro che una profezia che si avvera da sola.

 

Un talento fine

Di fronte a tutto questo ci potremmo aspettare di trovare un giocatore dal talento inequivocabile, di quelli che è impossibile non notare. E invece bisogna guardarlo giocare a lungo per apprezzarlo davvero, perché ha dei punti di forza e dei margini di miglioramento meno evidenti di quanto il suo curriculum non dica.

 

Per descriverlo il direttore sportivo del Leverkusen, Jonas Boldt, ha utilizzato il termine tedesco Erhaben – letteralmente: sublime, nobile, elevato: «Come un re». Ed effettivamente l’eleganza è il tratto più visibile del suo modo di giocare, ad esempio nella tecnica ricercatissima con cui cambia gioco coordinandosi perfettamente con le braccia, come se per lanciare il pallone ci volesse la stessa compostezza di quando si prepara un colpo di scherma. La raffinatezza tecnica, unita a una naturalezza sorprendente nel calciare il pallone con entrambi i piedi, e al gran numero di assist realizzati fanno pensare a molti che Havertz sia un giocatore di altri tempi, un numero dieci classico (Boldt, ad esempio, è di questa idea). Lui stesso, d’altra parte, ha detto di ispirarsi a un grande creatore di gioco come Mesut Özil.

 

Le grandi capacità balistiche di Havertz in alcuni dei suoi gol in Europa League.

 

Ma Havertz è un giocatore per certi versi molto più moderno di quanto il suo stile nobile non faccia pensare. Innanzitutto non è uno di quei maniaci del pallone che si pensano come passaggio ineludibile della manovra della propria squadra, il che è sorprendente alla luce del suo grande numero di assist (quest’anno siamo già a quota 6, tra Bundesliga e Europa League). Havertz in campionato realizza appena 0.7 passaggi chiave per 90 minuti, persino meno degli 1.3 della passata stagione, e questo dipende solo in parte dal fatto che il Leverkusen spesso si schieri con un 5-4-1 molto difensivo, in cui lui svolge un ruolo sostanzialmente da mediano.

 

In realtà, anche quando gioca al centro della trequarti (di solito nel 4-2-3-1), Havertz non si comporta davvero da trequartista nel senso classico, se con trequartista intendiamo un giocatore creativo preposto a dare linee di passaggio ai centrocampisti e palle illuminanti agli attaccanti. La visione di gioco di Havertz, in realtà, è visibile prima della trequarti, quando si abbassa sulla propria mediana o a centrocampo per facilitare la risalita del pallone, fungendo sostanzialmente da enganche. Il giovane centrocampista del Leverkusen sembra essere un maestro del third-pass, cioè il passaggio che precede l’assist, più che del passaggio chiave (ovvero quello che precede il tiro), e ha un talento speciale nel trovare i compagni di squadra alle spalle delle linee di pressione avversarie.

 

La particolarità di Havertz, in questo senso, è che se prima della trequarti si comporta sostanzialmente da facilitatore del possesso, più si avvicina alla porta avversaria più tende a comportarsi da seconda punta, inserendosi in area con un grande tempismo e con un senso dello spazio che è proprio degli attaccanti. Riguardando i suoi gol uno dietro l’altro, ad esempio, è impossibile non notare che una grande quantità sia realizzata inserendosi in area mentre la difesa avversaria collassa verso la linea di porta, magari di testa.

 


Il gol realizzato alla nona giornata contro il Werder Brema è un buon esempio della sua abilità nei movimenti senza palla.

 

È questa sua qualità nei movimenti in area, insieme alla grande capacità di calcio dalla distanza con entrambi i piedi, che ingrossa le sue statistiche realizzative, e di conseguenza la nostra percezione di trovarci davanti ad un grande giocatore. Havertz è un talento dolce per ogni palato: sia per quelli che amano i tocchi di palla sublimi e la raffinatezza della tecnica; sia per quelli che preferiscono i giocatori moderni, che si muovono senza palla con intelligenza. Havertz, in definitiva, è un talento classico unito a un’intelligenza moderna.

 

Gli ostacoli sulla strada della crescita

Forse conscio di essere ormai sulla cresta dell’onda, il centrocampista del Leverkusen sembra aver deciso quest’anno di prendersi i riflettori e puntarli su di sé, accentuando le caratteristiche meno associative del suo gioco: rispetto alla scorsa stagione, Havertz ha quasi raddoppiato i tiri (da 1.5 a 2.5 per 90 minuti; tra i centrocampisti, solo giocatori molto offensivi come Kramaric, Reus e Goretzka tirano di più) e aumentato decisamente i dribbling (da 2.2 a 2.8 per 90 minuti). Ma cosa succederà quando avverrà finalmente quel trasferimento in un club di vertice, che al momento sembra il proseguimento naturale della sua carriera? Dove può arrivare, insomma, Havertz?

 

La sua fioritura ad alti livelli sembra dipendere molto dalla sua adattabilità al calcio d’élite, in cui il tempo e lo spazio per esprimere il proprio talento sono beni sempre più scarsi. Havertz è molto alto senza essere particolarmente fisico, con un corpo filiforme e il baricentro molto alto. Il centrocampista del Leverkusen perde più della metà dei duelli aerei che tenta (2.3 su 4.2 per 90 minuti) ed è uno dei centrocampisti che vince meno contrasti in Bundesliga (appena 1 per 90 minuti). In questo senso, Havertz ha poco a che vedere con quei trequartisti freak che siamo sempre più abituati a vedere, come Milinkovic-Savic, Pogba o Dele Alli, che hanno piegato i ritmi del calcio contemporaneo con una fisicità fuori scala.

 

Havertz non potrà mai esercitare quel dominio fisico sul contesto e sotto questa luce viene da chiedersi se la sua eleganza aristocratica sia sostenibile per una squadra di alto livello o se sia nient’altro che un lusso anacronistico che nessuno è più in grado di permettersi.

 

Il rischio che corre Havertz, e con lui quel fascino nostalgico che sembra sprigionare il suo talento, è quello di sembrare più normale di quanto non ci sembri adesso, in mezzo a giocatori tecnicamente e fisicamente eccezionali. Senza caratteristiche con cui poter dominare il contesto, l’ascesa del giovane centrocampista tedesco dovrà necessariamente passare dalle sue qualità meno appariscenti, come il tempismo nei movimenti senza palla o la qualità nell’organizzare il possesso e far avanzare il pallone in maniera mai banale. Arrivare con l’intelligenza, cioè, dove non riuscirà con il fisico, o il talento puro.

 

Per un giocatore che fin dai suoi primi anni di carriera tra i professionisti è stato trattato da predestinato, e che sembra parlare e comportarsi come tale nonostante l’età, potrebbe non essere così semplice.

 

 

Tags : bayer leverkusenkai havertzpreferiti

Dario Saltari nasce a Frascati nel 1989. Laureato in Relazioni Internazionali, scrive storie di finzione su eventi realmente accaduti per passione e storie vere su eventi di finzione per lavoro.

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