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Emanuele Atturo

Le peggiori analisi della sconfitta dell’Italia

Quando cade l'albero grosso, tutti fanno la legna.

60 milioni di ct recita l’espressione tipica con cui gli italiani fanno auto-ironia sul loro perenne disaccordo con il commissario tecnico della Nazionale. Non era difficile quindi pronosticare di chi sarebbe stata la colpa di una delle più grandi tragedie sportive della nostra storia. Gian Piero Ventura è stato il principale accusato, come lo erano stati Lippi nel 2010 e Prandelli nel 2014, e forse mai come stavolta c’erano tante ragioni oggettive e concrete per cui dare la colpa al tecnico. Per la sua rigidità tattica, per le scelte dei giocatori, per la gestione del gruppo e della comunicazione. Il secondo principale accusato della catastrofe è stato il presidente della FIGC Carlo Tavecchio, per la regola secondo cui “il pesce puzza dalla testa”. Le foto della stretta di mano sorridente tra Ventura e Tavecchio è stata l’immagine più usata per descrivere la senilità un po’ opaca del nostro movimento calcistico.

 

Agli italiani piace però discutere di calcio, fa parte della nostra cultura sportiva e facciamo sempre di tutto per avere una posizione più originale possibile, anche a costi di sfiorare la paranoia. Sui social diversi personaggi pubblici si sono lanciati in un’interpretazione più ampia della nostra eliminazione. Prendendola a metafora di altro, spesso strumentalizzandola all’interno di un discorso politico o di un’ideologia, trovando colpevoli inediti e per certi versi inimmaginabili. È una strategia comune: appropriarsi della viralità di un evento per non uscire dai trend del dibattito pubblico, anche a costo di suonare ridicoli.

 

Ho raccolto sui social le interpretazioni più coraggiose, pazze e sconclusionate che sono state elaborate sull’eliminazione della Nazionale e i suoi colpevoli. Messe tutte assieme ricostruiscono un quadro interessante sul nostro paese.

 

È colpa di Renzi

 

 

Ad agosto 2016, mentre erano in corso le Olimpiadi di Rio, Matteo Renzi chiuse il suo summit con Vladimir Putin con una battuta che forse non immaginava sarebbe diventata un meme un anno e mezzo più tardi: «Non parlo più dei Mondiali perché sennò c’è crisi diplomatica perché vogliamo vincere i Mondiali in Russia del 2018».

 

Ieri il video è rimbalzato su internet con un senso dell’umorismo che ha variato a seconda di chi lo ha rilanciato. Qui ad esempio Alemanno sembra serissimo, come quasi tutti gli esponenti politici di destra e i giornalisti di partito che hanno rilanciato il video, non solo sui social ma anche direttamente sui giornali (Panorama e Il Giornale, ad esempio). L’occasione per sottolineare la capacità di Renzi di attribuirsi qualsiasi sconfitta era troppo invitante.

 

È colpa della scomparsa della “magia”

 

 

Nei commenti post-eliminazione, cioè nel momento in cui dovremmo iniziare seriamente a guardare avanti, a come costruire il futuro, molti personaggi pubblici sono riusciti comunque guardato indietro. A un mondo nostalgico a metà tra David Copperfield e un film di Tornatore, una specie di palla di neve riempita da partite per strada, palloni sotto le macchine e scarpe bucate.

 

Renzi prima evoca questo mondo: «tutti noi, che amiamo rincorrere una palla fin dai tempi in cui si giocava in piazza e si gridava “macchina” quando passava qualche auto, il mondiale è sempre qualcosa di magico» e poi lo contrappone a quello dei suoi avversari politici («altri leader politici che si sono buttati come sciacalli su questa vicenda a cominciare da Salvini che ha dato la colpa all’immigrazione»), svelando il vero motivo del suo messaggio, cioè posizionarsi in un mondo di buoni sentimenti anche se senza contenuti.

 

Il resto del messaggio è un grande esercizio di vuoto retorico, fino a quando Renzi non deve proporre soluzioni, ovvero ripartire dai due capisaldi storici della sinistra: l’imponderabile e il lavoro non pagato: «Ripartiamo dai volontari dei settori giovanili e da chi crede nella magia di questo sport».

 

È colpa degli stranieri

 

 

Alle 22 e 45 circa è finita la partita, alle 22 e 49 Salvini aveva già messo nero su bianco la propria interpretazione della sconfitta. Il problema non siamo noi ma gli altri, non è il dentro ma il fuori.

 

Pochi giorni fa Pochesci, l’allenatore della Ternana, in un discorso delirante aveva indicato i troppi stranieri nei settori giovanili come motivo della brutta prestazione contro la Svezia. La sua logica era più o meno questa: abbiamo perso perché noi italiani non sappiamo più menare, e non sappiamo più menare perché ci sono troppi stranieri tra noi, e così quando incontriamo degli altri stranieri, quelli, ci menano. Un esercizio sofistico troppo perfetto perché Salvini non lo cogliesse al balzo.

 

È colpa degli stranieri, ancora

 

 

E che poi non lo ribadisse anche Vittorio Feltri, anche se in modo più asciutto.

 

È, sempre e comunque, colpa degli stranieri

 

 

A Giorgia Meloni va dato atto di andare dritta al punto: «Il fatto è che nello sport, come in ogni altro ambito, se punti tutto sugli stranieri e trascuri gli italiani, poi ne paghi le conseguenze». Fossi stato il social media manager della Meloni avrei asciugato ancora di più il messaggio, che poteva essere perfetto così: ««Il fatto è che nello sport, come in ogni altro ambito, è colpa degli stranieri».

 

È colpa del “magna magna”

 

 

Uno spettro oscuro si aggira per l’Italia da secoli: il “magna magna”, evocato stavolta da Paolo Cannavaro. Il “magna magna clamoroso” è cominciato secondo i calcoli di Paolo Cannavaro 15 anni fa precisi, quindi nel 2002, e ha portato tanti stranieri in Italia. Questi stranieri si sono nutriti delle nostre antiche conoscenze calcistiche, ce le hanno portate via, e ora le usano per batterci e per mancarci di rispetto. Dobbiamo riprenderci IL NOSTRO CALCIO.

 

È colpa del capitalismo

 

 

Per i marxisti-leninisti il calcio è uno sport semplice: 22 uomini rincorrono un pallone e alla fine vince il capitalismo.

 

È colpa del fatto che non c’è lo Ius Soli

 

 

Piero Fassino invece ha preso il discorso di Salvini per ribaltarne la logica, e appiccicare l’eliminazione dell’Italia sul dibattito sullo Ius Soli. Come se poi, almeno nel calcio, lo Ius Soli non funzionasse già, di fatto.

 

È colpa del declino del Paese

 

 

Un altro grande topos dell’interpretazione dei risultati dell’Italia è leggerli come una grande metafora dello stato del paese. Se le vittorie nei periodi duri sono il manifesto della nostra capacità di rimboccarci le maniche nei momenti difficili, le sconfitte sono invece lo specchio del nostro paese in declino.

 

È colpa di Allegri

 

 

Così, all’improvviso, il genio di Marco Civoli: «questa sera ha perso anche Massimiliano Allegri». Civoli usa Allegri come esempio preciso della sua teoria che ha perso tutto il nostro calcio, ma il nome di Allegri viene tirato fuori così a caso che è impossibile non pensare che secondo Civoli hanno perso tutti, ma soprattutto Allegri.

 

E alla fine paga pantalone

 

 

Quando qualcosa sta raggiungendo i limiti dell’assurdo stiamo pur certi che, prima o dopo, arriverà il Codacons a spostare anche un po’ più in là questi limiti. Se ieri sera avete pianto e stamattina vi siete svegliati storti; se insomma avevate bisogno di quantificare il danno che l’Italia ha causato alla vostra vita, il Codacons lo ha fatto per voi: 1 miliardo di euro, fra danni diretti indiretti.

 

(Se invece vi state domandando dove nasce il processo creativo che porta agli esposti del Codacons, in questo scambio di tweet potete assisterne alla nascita).

 

Prima della partita, come appena prima dei crolli degli imperi, ci siamo raccontati che non sarebbe stato possibile quello che poi è effettivamente successo, facendo prime pagine sull’apocalisse e la fine del mondo. Dopo le macerie, come in passato, abbiamo fatto di tutto per cercare nello sport un significato più grande, strumentalizzandolo perché si adattasse il più possibile ai nostri comodi, sminuendone così l’importanza e la bellezza. Se dobbiamo cominciare a uscire da questo medioevo del nostro calcio, potrebbe essere d’aiuto cominciare a parlane in modo meno tossico.

 

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).