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Dario Saltari

Salvate il soldato Andrea Consigli

Fare il portiere del Sassuolo è un lavoro usurante.

Quando il Sassuolo ha subito il quinto gol la regia televisiva ha deciso di inquadrare lui. Consigli ha scosso la testa lentamente come se avesse appena subito un’ingiustizia incomprensibile, l’oscillazione della testa di chi non riesce a capire il senso del dolore. I suoi occhi hanno suggerito le lacrime, poi si sono alzati al cielo in cerca di una risposta. L’ennesima rievocazione del momento più misterioso e tragico della Bibbia: Dio mio, perché mi hai abbandonato? 

 

 

Il Sassuolo era arrivato a Firenze con la disperazione di chi doveva prendere l’ultimo treno per la salvezza. Lo stregone Ballardini aveva provato a iniettare un po’ di concretezza in una squadra che non è mai stata costruita per difendersi. L’allenatore che si è fatto una fama salvando cause perse è stato posto di fronte alla sfida più grande: insegnare a prenderne uno in meno dell’avversario alla squadra fatta per farne uno in più. La sua operazione è stata subdola, per evitare crisi di rigetto. La difesa a quattro mantenuta solo sulla carta, ma in realtà composta da soli difensori centrali. Gli impacciati Tressoldi e Viti sugli esterni per cercare di disinnescare gli isolamenti avversari, Doig da finta ala sulla sinistra per tamponare la voglia di vivere di Nico Gonzalez. La prestazione che era stata pensata per essere accorta è però finita in massacro. La Fiorentina ha tirato verso la porta di Consigli per 22 volte, per un totale di 3.27 xG creati. La squadra di Italiano avrebbe potuto segnare anche di più dei cinque gol messi a referto, ma alla fine è sembrata alzare il piede dall’acceleratore e anche l’arbitro, mosso dalla pietà, non ha concesso il recupero.

 

Chi conosceva davvero il Sassuolo sapeva che una partita di solo contenimento non avrebbe potuto funzionare, che quella prima linea di difensori sarebbe diventata presto fumo negli occhi. E in pochi conoscono meglio la natura del Sassuolo di Andrea Consigli. 

 

Arrivato quasi esattamente dieci anni fa dall’Atalanta, Consigli si appresta a diventare da qui alla fine del campionato il giocatore in attività con più presenze nella storia del Sassuolo. Sono 369 al momento, una sola in meno rispetto a Domenico Berardi, che però ne avrà con il suo infortunio ancora a lungo (entrambi sono comunque lontanissimi da Francesco Magnanelli, primatista all time con 510 presenze). Berardi, la cui assenza in questo finale di stagione è facilmente associata alla discesa agli inferi del Sassuolo, ha a lungo rappresentato una strana figura ibrida. L’ultima bandiera di un calcio senza bandiere, e di una squadra considerata di plastica da gran parte dei tifosi avversari.

 

Berardi è insieme l’anima e l’eccezione che conferma la regola del Sassuolo. Una squadra portata in Serie A grazie alla grande disponibilità economica del gruppo Mapei, un progetto aziendale gestito con oculatezza, grazie agli investimenti su giovani promesse scelte come primizie, rivendute poi a peso d’oro alle principali squadre italiane. Berardi prelevato quasi per caso dopo una partita di calcetto con gli amici di suo fratello e diventato al Sassuolo uno dei giocatori più importanti della Serie A contemporanea. Quasi ogni estate, da ormai diversi anni, Berardi sembra in procinto di andarsene in una squadra dalle ambizioni più grandi, quasi ogni estate è destinato a rimanere a guidare il Sassuolo a un tranquillo campionato di metà classifica. Berardi è stato a lungo l’assicurazione sulla vita del Sassuolo, la plusvalenza a cui la società rinunciava per garantirsi la sopravvivenza in Serie A, e insieme il tipo di profilo su cui si basava l’intero modello economico della squadra. Un giocatore offensivo, spettacolare, in grado di entrare nei desideri dei direttori sportivi delle principali squadre italiane con gol e assist. Il primo, insuperabile prototipo del demiurgo Carnevali. 

 

La sopravvivenza tranquilla del Sassuolo ci ha fatto vedere solo Berardi, per lunghi anni il “lato soleggiato della collina”, come si traduce letteralmente il carattere cinese per yang, facendoci dimenticare che per ogni yang c’è uno yin. Per ogni lato soleggiato, cioè, ce n’è uno in ombra. Per ogni aletta elettrica che ci fa sobbalzare con un doppio passo, c’è un portiere costretto a fare un lavoro che al Sassuolo non interessa a nessuno. Per ogni Berardi, insomma, c’è un Consigli.

 

Consigli è arrivato al Sassuolo quando aveva già 27 anni. Un portiere maturo e affidabile, per una squadra che voleva porre basi solide per una lunga permanenza in Serie A. A posteriori si possono rintracciare anche nel suo periodo all’Atalanta gli indizi dell’accanimento del destino, che nel decennio successivo lo costringerà a difendere una porta che nessuno era interessato a difendere. La sua pagina Wikipedia, a prologo del capitolo sulle sue caratteristiche tecniche, riporta una sua citazione che oggi ci sembra beffarda: «Se è il gioco di gambe che fa la differenza per i giocatori di movimento, per noi portieri sono le mani a parlare quando c’è da buttarsi nella mischia». Nella stessa intervista che ha prodotto questa frase, si trova anche il racconto della origin story del Consigli portiere. «Da piccolo giocavo per una piccola squadra della mia città natale, dove facevo l’attaccante. Il fatto è che ero molto piccolo, avevo solo quattro anni e giocavo con ragazzi più grandi, quindi per me era difficile anche soltanto vedere la palla. Un giorno mi stufai di questa situazione e andai dal Presidente, che era un amico di famiglia, chiedendogli di farmi giocare in porta, altrimenti sarei andato via». Forse non poteva essere altrimenti, che persino il portiere del Sassuolo avesse dentro di sé il desiderio infantile di fare i gol più che di evitarli. 

 

Oggi, sotto le montagne di gol che hanno seppellito la sua carriera, è difficile ricordarsi quelli che al tempo sembravano segni di un futuro radioso. Nel settembre del 2012, pochi anni dopo essere diventato titolare dell’Atalanta, contro il Cagliari para due rigori nell’arco di 27 minuti, ma poco dopo si infortuna in un contrasto con un suo compagno, Guglielmo Stendardo. Ancora oggi, Consigli rimane il portiere italiano ad aver parato più rigori in tutta la storia della Serie A: è il primo tra quelli in attività (e contando anche i ritirati solo Handanovic è riuscito a fare meglio di lui) e non solo per questioni di età. Consigli, infatti, ne ha parati ben 20, nove in più di Antonio Mirante (che di anni ne ha 40), dieci più di Wojciech Szczęsny (che invece ne ha 34). Un record cementato negli anni al Sassuolo, con la maglia del quale ha parato 13 dei 20 rigori parati in carriera. 

 

Le prestazioni di Consigli su rigore fanno sorgere una domanda beffarda, e cioè se la sua carriera non avrebbe potuto prendere una piega diversa, senza la difesa del Sassuolo. Senza i Vlad Chiriches, i Mauricio Lemos, i Ruan Tressoldi. Consigli detiene un record assurdo: è il calciatore italiano con più presenze in Serie A a non avere mai esordito in Nazionale maggiore. Questo è il punto del pezzo in cui sono costretto a ricordare che già prima dell’inizio di questa terribile stagione – in cui il Sassuolo ha subito 70 gol, solo tre in meno della Salernitana in formato post-apocalittico di questa stagione – Consigli era diventato il portiere ad aver subito più gol in tutta la storia della Serie A. Sono ben 751: 87 più di Pagliuca (secondo in questa classifica), 133 in più di Handanovic, 216 più di Buffon, il suo idolo d’infanzia. Parliamo della terrificante media di un gol subito ogni 60 minuti. Per trovare una media equivalente tra i portieri che hanno una quantità perlomeno paragonabile per presenze e gol subiti, bisogna arrivare al 39esimo posto occupato da Luca Castellazzi, che però in totale ha subito 410 gol in meno. Ora immaginatevi di riprendere la palla dalla rete per 410 volte e provate a pensare a qualcosa di più duro, nella carriera di un calciatore. Poi moltiplicate questa esperienza per due e avrete più o meno una stima di ciò che ha vissuto in questi anni Andrea Consigli. Ultimo difensore di una squadra senza difensori.

 

Consigli con la maglia del Sassuolo ha esordito il 14 settembre del 2014 a San Siro, contro l’Inter. La partita è finita 7-0. L’Inter è andata in gol già dopo quattro minuti, su una progressione centrale di Mateo Kovacic culminata in una doppia conclusione di Mauro Icardi. Consigli aveva respinto la prima con un grande riflesso, e provato a bloccare il pallone vagante sui piedi dell’attaccante argentino, ma il pallone sembrava destinato ad andare in porta con una forza propria. Sembra incredibile, ma di respingere due volte un pallone senza evitare un gol gli succederà un’altra volta nella stessa partita: sarà il gol del 4-0 di Daniel Osvaldo, dopo una poderosa discesa a sinistra di Dodò, su cui Consigli aveva fatto forse persino più del possibile. A completare il risultato saranno Kovacic, Guarin, Osvaldo (un’altra volta) e Icardi (altre due). Tutti aiutati dalla prestazione leggendaria di Emanuele Terranova, capostipite dei centrali che hanno inchiodato Andrea Consigli alla sua croce.

 

 

Alla fine della stagione 2014/15 il Sassuolo avrà subito la bellezza di 57 gol (quinta peggiore difesa della Serie A). Nelle nove stagioni successive solo una volta i neroverdi subiranno meno di 50 gol, e solo tre meno di 60. Quest’anno siamo arrivati per la prima volta a quota 70, l’equivalente dei due gradi di riscaldamento medio del pianeta nel mondo in fiamme di Andrea Consigli. 

 

Per anni il Sassuolo si è sostanzialmente disinteressato della sua fase difensiva, illudendoci di poter continuare a prosperare proponendo un gioco leggero e spensierato. In questo contesto anche le sbavature di Consigli passavano sostanzialmente inosservate, erano la giusta retribuzione per la condanna a fare al meglio il proprio lavoro in una squadra che faceva di tutto per impedirglielo. Forse è significativo, in questo senso, che il Sassuolo abbia iniziato ad attorcigliarsi in una spirale distruttiva quando il rendimento di Consigli ha iniziato a calare in maniera significativa. Il dettaglio di cui il Sassuolo pensava di non doversi preoccupare, la sua linea Maginot, alla fine è stata proprio la capacità del suo portiere di mettere un argine all’inarginabile. Fino alla scorsa stagione, infatti, il portiere neroverde si manteneva sostanzialmente nella media della Serie A per differenza tra post-shot Expected Goals e gol effettivamente subiti, la metrica più immediata per valutare il rendimento di un portiere tra i pali. Poi le cose hanno iniziato a precipitare. Nella stagione 2022/23, secondo i dati forniti da StatsBomb, Consigli ha fatto registrare un apocalittico -11.22, subendo quindi 11 gol in più di quello che era lecito attendersi alla luce delle occasioni avute dagli avversari. Quello della scorsa stagione era il peggior dato della Serie A, e per distacco (il secondo peggior portiere era Rui Patricio, con -7.67). In questa stagione l’unico portiere ad aver fatto peggio di Consigli (che al momento fa registrare un migliore ma comunque preoccupante -6.52) è Stefano Turati, preso nel 2018 dal Sassuolo come sue erede e oggi in prestito al Frosinone. 

 

La scorsa estate, quando nessuno vedeva la valanga che stava arrivando, i canali ufficiali della Serie A chiedevano a Consigli addirittura un commento sul numero di clean sheet ottenuti nella stagione appena chiusa, ben nove. «Ora tra Fantacalcio e altro la gente pensa ai clean sheet: io il portiere lo valuto in maniera diversa», aveva risposto quasi infastidito Consigli. «Si parla solo di parate, ma ci sono anche altre cose. Secondo me c’è molta ignoranza sul ruolo del portiere. Ti senti solo anche per questo. Perché in pochi capiscono veramente quello che provi». Consigli, giustamente, sottolineava che il portiere è molte cose, non solo parare ma anche «aiutare la difesa, giocare coi piedi, essere partecipe, essere una valvola di sfogo con i piedi e un aiuto per i compagni».

 

Pensare anche a tutto il resto, oltre al rendimento tra i pali: era esattamente il tipo di commento che ci aspettavamo dal portiere del Sassuolo. Alla fine, però, la Serie A si è presa la sua vendetta sulla squadra che più ha sfidato il suo primo comandamento: il campionato si vince con la difesa. E il suo primo artefice e insieme la sua prima vittima sono stati una persona sola: Andrea Consigli. 

 

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Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.