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Redazione

15 giovani da seguire nella Serie A 2020/21

Under 21 da tenere d'occhio nel campionato che sta per iniziare.

Per scrivere questa guida di giovani da tenere d’occhio ci siamo dati come limite la data di nascita 1999. Ma non solo, abbiamo escluso i due che sono forse i migliori giovani del campionato italiano ovvero Gianluigi Donnarumma, che ormai è un titolare da talmente tanti anni in Serie A da non poter più essere una sorpresa, o comunque un giocatore di cui controllare l’evoluzione con impazienza, e Matthijs de Ligt che anche lui, anche se solo al secondo anno nel nostro campionato, ha già avuto una stagione della consacrazione ad altissimo livello, disputando una Champions League fantastica con l’Ajax. 

 

Dejan Kulusevski - Juventus - 2000 

Dejan Kulusevski era arrivato a Parma, dall’Atalanta, con la fama del campioncino della Primavera, dove l’anno prima aveva fatto le fiamme. Solitamente il passaggio tra queste due realtà richiede un tempo più o meno lungo di adattamento, ma per Kulusevski non è andata per niente così. Appena arrivato in Serie A sembrava stare lì, tra i grandi, da sempre. Nel giro di poche settimane abbiamo scoperto un giocatore che non è solo fresco e intenso come i suoi vent’anni possono far sperare, ma che può manipolare il gioco con il pallone tra i piedi, vedere traccianti in verticale che altri non vedono, servire assist e fare gol. Occupando la fascia destra del Parma, ma influenzando il gioco in maniera più profonda, Kulusevski si è meritato la chiamata della Juventus già a gennaio, che per il suo cartellino ha investito 35 milioni più bonus. 

 

Come si è presentato alla Serie A Kulusevski.

 

Si può pensare che in una squadra piena di talento offensivo come i bianconeri Kulusevski finirà per fare la riserva, stare a Torino più per imparare che per fare. Tuttavia il talento mostrato dal giocatore svedese è proprio quello che è mancato alla Juventus negli ultimi anni, ovvero un giocatore in grado di creare opportunità per i compagni negli ultimi venti metri di campo. Ronaldo, Dybala e Bernardeschi – ma anche in misura minore Douglas Costa – sono tutti giocatori che amano ricevere il pallone tra i piedi e crearsi l’occasione o comunque muovere le difese avversarie con il pallone, non con un passaggio o una corsa. Kulusevski già oggi può portare qualcosa di diverso sia in fase offensiva, che anche in quella difensiva. L’anno scorso è stato il giocatore della Serie A a correre più chilometri dopo Brozovic, un’altra qualità che nella strutturazione attuale dei bianconeri tornerà molto utile.



Certo non è facile ipotizzare come Pirlo deciderà di schierare la Juventus, in questo momento non è chiaro neanche come sarà formato l’attacco, visto che manca il centravanti. Probabilmente non sarà un titolare fisso, ma in una squadra dalla rosa lunga come la Juventus in pochi lo sono. Tuttavia sarà interessante seguirlo durante la stagione per vedere se sarà in grado di salire un ulteriore gradino nel suo gioco con la semplicità con cui ha salito il primo. Non è facile dopo un anno tra i professionisti arrivare alla Juventus e farsi trovare pronto, ma per Kulusevski sembra apparentemente tutto molto facile.

 

Marash Kumbulla - Roma - 2000

È notizia di queste ore il passaggio di Marash Kumbulla dal Verona alla Roma. I giallorossi hanno superato la concorrenza di Lazio e Inter per assicurarsi le prestazioni di una delle più interessanti rivelazioni della scorsa stagione. Kumbulla è stato lanciato nella mischia da Juric senza nessuna paura, nonostante avesse giocato appena una partita tra i professionisti prima dell’inizio della scorsa stagione. Nella difesa a tre del Verona si è trovato subito a suo agio, dimostrando grande personalità. Le caratteristiche di Kumbulla si sono rivelate infatti fin da subito adatte al gioco di Juric, che richiede grande intraprendenza ai suoi difensori. 

 

La sua miglior qualità infatti è la pressione che riesce a portare agli attaccanti avversari quando ricevono. Juric gli chiedeva di seguirli anche nella metà campo avversaria e Kumbulla non si faceva problemi a tentare l’anticipo anche lontano dalla propria porta. Questo ovviamente è più facile in una difesa a tre. La Roma di Fonseca ha chiuso la stagione con i tre difensori, e il suo acquisto può essere letto come la volontà di continuare con questo sistema, ma l’allenatore non ha fatto mistero di preferire la difesa a quattro. 

 

L’idea che Kumbulla non possa giocare in una coppia di centrali è sicuramente sbagliata, ma certo non è semplice cambiare l’interpretazione del ruolo all’improvviso ad appena vent’anni. Comunque l’aspetto che più lascia presagire un buon futuro per lui è la sicurezza con cui ha affrontato questa prima stagione. Kumbulla ha giocato le sue migliori partite contro le avversarie più dure, nella vittoria contro la Juventus ha dominato sul lato sinistro della difesa, dovendo affrontare Douglas Costa e poi anche Dybala. In una difesa disfunzionale come quella della Roma è difficile che Kumbulla possa essere la soluzione a tutti i problemi, ma se la società riuscirà a mettergli accanto un difensore esperto (Smalling?) quella che viene potrebbe essere la stagione della conferma del suo valore.

 

Rafael Leao - Milan - 1999

Lo scorso anno Rafael Leao ha giocato una stagione contraddittoria, come è lecito per un attaccante di 20 anni al primo anno in Serie A. Abbiamo già visto la banalità dei suoi limiti e l’eccezionalità dei suoi punti di forza. Il controllo palla in velocità, anche in spazi stretti, nel gol alla Fiorentina in cui ha sdraiato una sequenza di avversari prima di concludere con freddezza sul secondo palo.

 

 

La velocità, ovviamente, con cui può fare strappi di anche 60 metri in qualsiasi momento della partita, partendo da qualsiasi punto del campo; ma anche un istinto in area di rigore, nella coordinazione, clamoroso.

 

Leao in campo sembra poter fare più o meno tutto, e forse per questo è anche pigro, poco continuo nella partita – il tipo di giocatore che vive di strappi e momenti. Fiacco nel gioco spalle alla porta, troppo statico quando è senza il pallone: due problemi che gli complicano la vita da numero 9. Pioli lo ha usato bene, permettendogli di partire sempre da lontano, con qualcuno davanti a lavorare per lui. Come Rebic e Calhanoglu anche lui ha beneficiato dell’arrivo di Ibra, che gli libera spazi in cui correre e con cui ha dimostrato di avere una certa intesa. Pioli lo considera un’arma da usare per disordinare le difese avversarie, oppure da usare contro determinati avversari. I suoi numeri – in tiri e xG – non sono eccezionali ma sicuramente interessanti. Leao è quel tipo di attaccante da cui ci si aspetta che possa spaccare il mondo ogni volta che ha il pallone, ma che poi finisce per accontentarsi del fugace e dell’estemporaneo.

 

In questa stagione ci si aspetta da lui che possa passare sopra le difese con quel misto di potenza e agilità che lo rende così eccitante in maniera continua. Anche noi vorremo capirci di più su quanto possiamo aspettarci da lui, e su che tipo di giocatore è – se un attaccante utile solo in transizione, che ha bisogno di giocatori accanto che gli aprano gli spazi, o se il suo talento è abbastanza consistente da essere autosufficiente in una partita.

 

Dusan Vlahovic - Fiorentina - 2000

Con le spalle grosse, l’acne e i capelli tirati indietro da una fascetta Vlahovic sembra la versione teen dei numeri 9 iconici degli anni 90. In un calcio che propone interpretazioni sempre più varie e raffinate del ruolo del centravanti, Vlahovic ha qualcosa di vintage. Nel modo in cui va a duello con i difensori, provando a spostarli con le spalle; nel modo in cui carica a testa bassa la porta avversaria o nel modo poco sottile che ha di tirare in porta, cercando semplicemente di colpire la palla più piena e forte possibile. Lo stile di Vlahovic è tutto potenza e verticalità. 

 

Ma perché non ci siano fraintendimenti va detto che il suo gioco ha aspetti moderni. La sua velocità non è banale, ma soprattutto in progressione; la sua tecnica in conduzione è ottima, ma quando è già in corsa. A differenza dei 9 classici, poi, Vlahovic è un po’ a disagio spalle alla porta, a causa dell’utilizzo esclusivo del piede sinistro e di un primo controllo non certo di velluto. Per questo nelle gerarchie della Fiorentina sembra partire dietro a Christian Kouamé, un centravanti dall’interpretazione per molti aspetti opposta a quella di Vlahovic. Un giocatore che arriva a concludere in porta quasi come ultima opzione e che immola le sue partite sull’altare degli spazi per i compagni attorno. 

 

Per Vlahovic si parla allora di una possibile cessione in prestito – al Verona o al Bologna – ma in una squadra che sta venendo fuori molto tecnica e associativa potrebbe tornare invece utile un finalizzatore puro come lui. La scorsa stagione è stato il giocatore della Fiorentina che ha accumulato più xG per novanta minuti fra quelli che ne hanno giocati più di mille. Nella batteria di centravanti della “Viola” il serbo è quello che calcia meglio verso la porta e che è capace, anche dentro un gioco impreciso e confusionario, di inventarsi gol dal nulla. Oggi Vlahovic è ancora un talento grezzo, ma capace già di giocate e gol fuori dalla norma.

 

Giacomo Raspadori - Sassuolo - 2000

La scorsa stagione – cioè, in realtà giusto un mese fa – Raspadori ha iniziato a entrare nelle rotazioni di De Zerbi per necessità. Le tante partite ravvicinate lo hanno costretto a dare fondo alle possibilità di una rosa costruita bene e interessante. Dietro ogni giocatore del Sassuolo sembra di poter leggere l’idea delle sue potenzialità. Ma se il Sassuolo è nota per i giocatori che compra, Raspadori lo ha coltivato in casa. Da anni si parla delle sue prodezze nel settore giovanile, sempre con un velo di perplessità legato al suo fisico teoricamente inadeguato al calcio contemporaneo. Quanto potrà risultare efficace un numero 9 alto poco più di un metro e settanta?

 

 

Le prime partite da professionista, anche contro avversarie di livello, ci hanno detto che Raspadori anche fisicamente può stare in Serie A. La sua rapidità crea problemi alle difese, e nei duelli corpo a corpo ha saputo resistere anche a difensori fisici come Acerbi. Il suo corpo resta comunque abbastanza centrale nella definizione del suo gioco, nei suoi pregi e difetti. Una grande reattività negli spazi stretti, una fulminea preparazione al tiro, movimenti interessanti sia da prima punta che fra i trequartisti offensivi. Raspadori però è un finalizzatore e il giudizio su di lui può anche essere ridotto brutalmente al numero di gol che riuscirà a segnare in questa stagione, dove partirà alle spalle di Caputo con l’ambizione di accumulare più minuti. Dice di ispirarsi al “Kun” Aguero, un altro finalizzatore brevilineo, e il suo gioco sembra sposarsi bene col raffinato gioco di posizione di De Zerbi.

 

Riccardo Sottil - Cagliari - 1999

La scorsa stagione Riccardo Sottil aveva impressionato esordendo da titolare contro il Napoli. In quella partita aveva mostrato una forza naturale sulla fascia, soprattutto negli uno contro uno. L’arrivo di Ribery, più la necessità della Fiorentina di trovare un equilibrio, gli avevano fatto perdere rapidamente il posto nelle rotazioni, finendo la stagione con poco più di 500 minuti giocati. 

 

Con il passaggio al Cagliari, Sottil dovrebbe trovare più spazio. Nel 4-3-3 di Di Francesco il suo ruolo è quello di esterno destro, ruolo che interpreta in maniera molto diretta, amando puntare l’uomo e saltarlo in velocità o grazie a una buona tecnica nel dribbling. Il nuovo allenatore del Cagliari chiede ai suoi esterni un lavoro molto specifico e forse per Sottil servirà un po’ di adattamento, come ipotizzato anche da Di Francesco: «Gli ci vorrà un po’ per capire i meccanismi ed entrare nelle mie idee per quanto riguarda i compiti di un’ala». Tuttavia la freschezza e l’intensità di Sottil sono una merce rara, al netto di qualche difetto di esuberanza dovuta alla giovane età. Se riuscirà a scendere a compromessi tra la sua voglia di spaccare il mondo e le richieste dell’allenatore, Sottil potrebbe essere una piacevole sorpresa, il suo modo di giocare a calcio, infatti, rimane molto divertente.

 

Brahim Diaz - Milan - 1999

La storia di Jadon Sancho, Brahim Diaz e Phil Foden sembra una versione aggiornata dei Tre Porcellini, solo che anziché costruire la loro casa con materiale diverso per proteggersi dal lupo, i protagonisti hanno preso scelte diverse per indirizzare la propria giovane carriera. Il primo ha lasciato le giovanili del Manchester City per una squadra, sulla carta, meno prestigiosa come il Borussia Dortmund, dove ha giocato già 100 partite e la sua dimensione continua a svilupparsi. Il terzo, be’, è il giocatore “più di talento” mai allenato da Guardiola, che lo ha inserito ormai in pianta stabile in prima squadra ma che comunque non lo considera ancora come un titolare. Quello di mezzo, Brahim Diaz, ha lasciato il City per il Real Madrid, dove gli scettici si chiedevano se avrebbe trovato più spazio e infatti ha giocato molto poco. Adesso è in prestito al Milan, dove con poco più di 30 partite tra i professionisti, si giocarsi il posto sull’esterno destro con Castillejo ed eventualmente con il diciassettenne svedese Roback e Alexis Saelemaekers.

 

 

In realtà Diaz potrà giocare anche nelle altre posizioni dell’attacco, a sinistra o anche al centro, persino da punta centrale. Il suo primo gol in maglia rossonera, con il Vicenza in amichevole, mostra bene le sue qualità senza palla e in fase di finalizzazione, da attaccante vero. Oltretutto Diaz è praticamente ambidestro e ama venire dentro al campo e giocare sul breve con i compagni: non stiamo parlando, quindi, di un esterno a piede invertito da isolare nell’uno contro uno con il terzino avversario. Anche se Diaz ama dribblare, e anzi ogni volta che ha la palla tra i piedi e un avversario davanti cerca di superarlo. Il suo metro e settanta scarso gli complica la vita e non sempre riesce a compensare il dislivello fisico con la tecnica e la fantasia. Quando ci riesce vengono fuori numeri pazzeschi (tipo quello nel video qui sopra), quando non ci riesce perde palla (qui se volete trovate uno scouting più completo).

 

Forse la parte migliore del suo gioco sta proprio nel modo in cui si associa ai compagni, con e senza palla, muovendosi su più linee e in più direzioni, leggendo bene gli spazi e i movimenti degli altri attaccanti. La speranza, quindi, è che il contesto in cui si inserirà ne metta in valore le doti al di là della capacità di dribbling. In una squadra verticale in cui il solo a mettere “pausa” alla fase d’attacco è Ibra, Diaz potrebbe offrire un’opzione in più per costruire risalendo il campo ma anche per cercare la profondità negli ultimi metri. In ogni caso per lui è la stagione della verità: o trova il modo di prendersi un posto in squadra e portare a realizzazione almeno parte delle sue potenzialità, oppure dovrà ridimensionare le sue ambizioni.

 

Luca Pellegrini - Juventus - 1999

Il modulo con tre difensori messo in campo da Pirlo nella prima amichevole con il Novara è una buona notizia per Pellegrini. Al netto di quale sarà sarà l’evoluzione della Juventus, a oggi impossibile da predire, l’idea di Pirlo di costruire il gioco con tre difensori affidandosi a esterni che si alzano e a cui è poi anche richiesto un lavoro di aggressione in caso di perdita del pallone apre a Pellegrini, se non le porte della formazione titolare, almeno la possibilità di poter dire la sua nelle rotazioni della squadra.

 

Pellegrini a oggi è infatti un terzino più portato ad attaccare che non a tenere la posizione, anche quando si tratta di difendere, si trova più a suo agio quando può aggredire l’avversario che non in fasi di difesa posizionale. L’anno scorso la Juventus non è riuscita a trovare un sostituto per Alex Sandro, che ha dovuto giocare quasi tutte le partite, ma in questa stagione sembra aver individuato in Pellegrini la sua riserva. Inoltre, ma qui siamo un po’ nel campo delle ipotesi, per il terzino brasiliano si è parlato di un possibile spostamento nei tre di difesa. Pellegrini è un giocatore proattivo come non ce ne sono molti nella rosa della Juventus. Certo trovare spazio non sarà facile: il suo calcio è ancora molto istintivo e soggetto a errori grossolani, errori che è difficile permettersi in una squadra che ambisce alla vittoria del titolo, tuttavia se la Juventus sta provando a intraprendere un nuovo percorso tattico, Pellegrini può essere una sorpresa positiva in una squadra spesso troppo conservativa.

 

Emanuel Vignato - Bologna - 2000

Emanuel Vignato ha vent’anni ma ne dimostra persino di meno: con il naso piccolo e le guanciotte sembra un disegno di Hergé. Quando si è presentato in Serie A, in una delle sue prime convocazioni, Totti si è avvicinato a lui chiedendogli chi era. C’erano quattordici anni di differenza tra i due. La foto di Totti che gli stroppiccia la testa, nella narrazione di Vignato, vale come un episodio iniziatico da mitologia greca: una delle divinità del calcio italiano dà la sua benedizione a un giovane che può raccoglierne le redini.

 

Poi Vignato ha esordito in Serie A con la maglia di un Chievo già retrocesso, e ha mostrato un talento inusuale per il calcio italiano. Una tecnica al velcro sul primo controllo, un innato senso ad associarsi ai compagni, una notevole sensibilità nel gioco lungo. Contro la Lazio ha segnato il suo primo gol, ricevendo una sponda, dribblando con l’esterno per prepararsi il tiro, partito secco e forte sul secondo palo.

 

 

Se per il Chievo la Serie B è stata una delusione, per Vignato è stata l’occasione per un anno formativo giocato da titolare con la squadra in cui è cresciuto. La sua prima parte di campionato ha mostrato un talento così interessante e peculiare che a gennaio il Bologna ha deciso di acquistarlo per questa stagione. In Serie B Vignato ha segnato 5 gol e servito 3 assist: ha confermato uno stile di gioco tecnico e quasi “spagnolo” nel suo amore per gli scambi nel corto e per la consapevolezza con cui riesce a muoversi in spazi stretti.

 

Queste caratteristiche lo rendono un profilo quasi unico nel centrocampo del Bologna, una delle squadre più verticali e fisiche del campionato italiano. Ma anche una di quelle che più sta investendo su un gruppo di giovani interessanti: Barrow, Dominguez, Baldursson, Svanberg, Schouten e Juwara, il più giovane fra loro e protagonista della vittoria rossoblù lo scorso anno contro l’Inter. Fra loro Vignato è l’unico calciatore dal gioco più tecnico che fisico e sarà interessante vedere in che ruolo lo farà giocare Mihajlovic: nonostante nasca come ala, o trequartista esterno, Vignato sembra avere tutte le qualità per giocare in futuro a centrocampo come mezzala di possesso. Per ora tenerlo vicino alla porta e sfruttare la sua creatività per il Bologna potrebbe essere una buona idea, e Mihajlovic lo ha fatto giocare fra i suoi trequartisti. Dice di ispirarsi a Coutinho e Neymar. Sarà un anno di transizione e di adattamento, ma cercate di non perdervi neanche un minuto di quando è in campo: Vignato è già oggi uno dei giocatori esteticamente più piacevoli da veder giocare.

 

Sebastian Walukiewicz - Cagliari - 2000

Arrivato al Cagliari a gennaio, ha collezionato 16 presenze nei suoi primi mesi in Serie A e non ancora ventenne, ma è in questa stagione che ci si aspetta molto da Sebastian Walukiewicz. Un difensore centrale polacco grande e spesso come un mobile, che ha subito regalato freschezza e potenza fisica a un reparto un po’ carente e con poche prospettive. Eusebio Di Francesco sembra puntare molto su di lui, e sembra poterlo schierare in difesa insieme all’esperto Pisacane. Se quest’ultimo è un difensore abituato a lavorare sulle letture, Walukiewicz è un centrale più aggressivo e fisico, il cui istinto lo porta sempre a cercare l’anticipo in zone avanzate del campo.

 

 

Il sistema di Di Francesco, con una difesa alta e in linea, lo costringerà ad affinare le sue interpretazioni mentali, e a difendere con tanto campo alle spalle. Non stiamo parlando di un difensore reattivo sui primi passi, come potete immaginare, ma in allungo ha una velocità notevole. La sua corsa in allungo potente ricorda in parte quella di un altro giovane difensore del nostro campionato, Nikola Milenkovic. Anche il polacco ama assumersi responsabilità col pallone tra i piedi, e se non ha un grande gioco di passaggi compensa con improvvise accelerazioni nei corridoi centrali che nel nostro campionato imparerà forse a limitare, ma che rappresentano uno degli aspetti più interessanti del suo gioco. A metà agosto ha ricevuto la sua prima convocazione con la Nazionale polacca.

 

Sebastiano Esposito - Inter - 2002

In un’intervista di due anni e mezzo fa (quando cioè doveva ancora compiere 16 anni) Sebastiano Esposito si definiva «un attaccante cattivo sotto porta, che sa dove cade la palla, l’area è il mio forte». Al tempo stesso, aggiungeva, «mi piace fare il anche il trequartista». Di Esposito in realtà sappiamo meno di quanto se ne è parlato. Si tratta di un centravanti vecchio stampo e contemporaneamente di un attaccante moderno, che sa farsi trovare al posto giusto al momento giusto negli ultimi metri ma anche partecipare alla manovra staccandosi dalla linea difensiva avversaria. Certo, tutto questo, “in erba”. 

 

Esposito ha un ottimo calcio di destro – anche su punizione, come testimoniano i gol con la Nazionale Under 17 – e una tecnica che in effetti gli permette giocate non solo da numero 9, anche lontano dalla porta, ma fa ancora fatica a trovare gli spazi giusti, gli mancano un po’ di forza e di esplosività per vincere i duelli uno contro uno quando si allarga per ricevere e, in generale, ad alto livello in area di rigore è più complicato prendere palla. Forse l’aspetto che meglio lascia sperare di Esposito è la sua mentalità, la totale mancanza di timidezza in campo e la voglia di lavorare per crearsi uno spazio in una squadra competitiva come l’Inter.

 

È difficile sapere se Esposito avrà più occasioni quest’anno, soprattutto se l’Inter dovesse tenere, oltre a Lukaku e Sanchez, anche Lautaro, Perisic (che, pare, potrebbe riciclarsi come attaccante) e l’altro under 21 italiano Eddie Salcedo. Magari, proprio per farlo giocare di più, l’Inter potrebbe decidere di darlo in prestito anche se ha le caratteristiche per trovarsi bene nel sistema di Conte. In ogni caso sarà un anno di transizione per lui, in cui prendere le misure a un livello tecnico e fisico più alto e iniziare a trovare la propria dimensione. Il tempo, come si dice, è dalla sua parte.

 

Eljif Elmas - Napoli - 1999

A 21 anni Elijf Elmas ha già più di 100 presenze tra i professionisti, più di dieci con la sua Nazionale. Questo potrebbe farci dimenticare di quanto si tratti, in realtà, ancora di un giovane il cui talento è ancora tutto da modellare.

 

Quest’anno è stato inserito nelle rotazioni del Napoli, sia con Ancelotti che con Gattuso, gradualmente: 26 presenze, di cui 12 da titolare. Alcuni aspetti del suo gioco sono riusciti già a brillare: il controllo tecnico in spazi stretti, la capacità di resistere al pressing e di aiutare la squadra a risalire il campo. Di fronte a un campionato più esigente dal punto di vista tattico e fisico, Elmas ha alzato il livello della sua aggressività, a volte faticando a trovare la misura (è stato il giocatore del Napoli con più cartellini gialli per 90 minuti). Non è riuscito però a essere incisivo negli ultimi metri: 1 gol e 1 assist, 15 passaggi chiave complessivi. Questo nonostante Gattuso verso la fine della stagione lo abbia fatto giocare esterno offensivo, un ruolo su cui è nata anche una piccola polemica. Gattuso ha notato che è il ruolo in cui gioca in Nazionale, per giustificarsi, ed è anche il ruolo che Elmas preferisce fare, forse perché sgravato da troppe responsabilità difensive. Gattuso però ha anche detto che è «Come mezzala che può diventare un fenomeno». Sta esagerando? Quest’anno comincerà a darci qualche risposta.

 

Hamed Traoré - Sassuolo - 2000

È incredibile pensare che Traoré abbia appena 20 anni, visto che si prepara ad affrontare il quarto campionato tra i professionisti della sua vita. Dopo essersi messo in mostra con un ottimo campionato in A con l’Empoli, la scorsa stagione nel sorprendente Sassuolo di De Zerbi, Traoré non è stato un titolare fisso, giocando però con regolarità: 31 presenze in quasi tutti i ruoli. Traoré ha infatti giocato come trequartista, ala, mezzala e mediano, mettendo in mostra grande duttilità. 

 

Era lecito aspettarsi delle difficoltà nel passaggio dall’Empoli a una realtà più competitiva come quella del Sassuolo. Traoré si è trovato in una squadra che in questa stagione ha messo in mostra dei talenti unici. Dopo aver iniziato titolare come trequartista nel 4-2-3-1, ha perso il posto in favore di Djuricic, forse più pronto a interpretare alcune richieste dell’allenatore. Tuttavia De Zerbi ha mostrato grande fiducia in Traoré, indicandolo insieme a Boga, Locatelli e Berardi come giocatori che già oggi possono «giocare in una big».

 

Non è ancora chiaro quale sia il miglior ruolo per Traoré. La sua qualità migliore è la capacità di far risalire il pallone, o in conduzione o con passaggi verticali che esprime meglio giocando in mezzo al campo da mezzala, ma anche meglio da trequartista dove riesce a essere più incisivo. Tuttavia De Zerbi ha parlato di lui anche come di un attaccante e effettivamente in questa stagione ha messo in mostra una buona qualità sotto porta, segnando 5 gol, piazzandosi dietro solo a Caputo e Berardi come xG creati (4.8). 

 

De Zerbi ha dimostrato di saper lavorare molto bene con i giovani, anche con pazienza. Traoré è ancora giovanissimo e una nuova stagione a Sassuolo, anche se non dovesse giocare sempre titolare gioverà sicuramente alla costruzione del suo talento. 

 

Lucien Agoume - Inter - 2002

Agoume si è messo in mostra a 16 anni nel Sochaux, in Ligue 2. L’Inter è stata rapidissima ad assicurarsi le prestazioni di quello che viene chiamato, chissà se a torto o ragione, “il nuovo Pogba”. Dopo una stagione passata tra Primavera e prima squadra, giocando pochissimo ma avendo la possibilità di allenarsi con Conte, sembra arrivato per lui il momento di mettersi alla prova in Serie A. Il suo trasferimento in prestito allo Spezia sembra questione di ore e sarebbe sicuramente una buona notizia per lui, che nel 4-3-3 di Italiano potrebbe trovare spazio come mezzala. 

 

Nonostante la giovane età, infatti, Agoume sembra già fisicamente pronto per un campionato di primo livello, una qualità rara per un centrocampista di 18 anni. Ma se le qualità fisiche sono fondamentali per giocare in mezzo al campo in Serie A, Agoume si è messo in mostra grazie a una facilità nel giocare il pallone molto naturale. Il centrocampista francese, da anni nel giro delle nazionali giovanili transalpine, ha infatti un calcio molto pulito, che gli permette di lanciare lungo con estrema facilità e precisione. In generale la tranquillità con cui gestisce il pallone è piuttosto impressionante per la giovane età.

 

A dicembre si era parlato di un suo possibile impiego vista l’assenza di molti dei centrocampisti della prima squadra, ma Conte aveva frenato: «Lucien ha ancora bisogno di fare uno step, ha qualità ma viene da un campionato diverso ed è arrivato in uno molto tattico, ha bisogno di lavorare ma ha tutte le qualità e quando ci sarà possibilità ci lavoreremo». Fare esperienza in un contesto con meno pressioni, dove anche sbagliare, sarebbe l’ideale ambientamento per Agoume al calcio italiano. Tuttavia se non sarà in questa stagione, il futuro per il francese appare molto roseo.

 

Riccardo Calafiori - Roma - 2002

Fino a poche settimane fa Riccardo Calafiori era conosciuto quasi esclusivamente per il trauma del gravissimo infortunio subito nell’ottobre del 2018, quando una brutta entrata di Vaclav Svoboda in Youth League contro il Viktoria Plzen gli ruppe praticamente tutto ciò che aveva dentro al ginocchio sinistro – tutti i legamenti, tutti i menischi e la capsula articolare. Per fortuna il primo agosto, con l’esordio tra i professionisti contro la Juventus, la storia di Calafiori è andata oltre l’omaggio fatto da Dzeko, quando dopo un gol ha mostrato la sua maglia per augurargli una pronta guarigione, ed è diventata quella di un vero giocatore – di un talento emergente che cerca la sua affermazione in Serie A.

 

Calafiori è un terzino sinistro non particolarmente moderno ma estremamente dinamico e puntuale nell’attaccare l’ampiezza in profondità – una qualità che è diventata evidente proprio all’Allianz Stadium, quando ha procurato il rigore del momentaneo 1-2 ricevendo in area una grande apertura di Villar alle spalle di Danilo, che poi l’ha messo a terra. Calafiori, essendo molto alto, ha una fisicità poco comune per un terzino, e con le gambe lunghe non è molto reattivo sui primi passi ma può raggiungere grandi velocità in campo aperto. Proprio la continuità nei movimenti senza palla e l’intensità nella corsa sono le qualità più riconoscibili di Calafiori, che è molto conservativo nelle scelte con la palla e non può certo definirsi un terzino-regista. 

 

 

A meno di improbabili nuovi acquisti della Roma a sinistra, si giocherà le sue chance con Spinazzola, che non fa certo dell’integrità fisica il suo punto di forza. Per questa ragione, e per la fiducia che Fonseca sembra riporre in lui, è possibile che abbia un minutaggio particolarmente alto per un diciottenne. Sarebbe una bella storia di rinascita, nonché una risorsa inaspettata per il club giallorosso che in un momento non facilissimo da un punto di vista finanziario può ancora una volta fare affidamento sul suo vivaio. 

 

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