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Foto di Marco Luzzani / Getty Images
Serie A Emanuele Atturo 1 settembre 2020 4'

Raspadori è un centravanti atipico per il calcio italiano

Il giovane neroverde ha un talento peculiare, ma è nel posto ideale per svilupparlo.

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Questo articolo è uscito originariamente in inglese per il blog di Wyscout. Lo trovate a questo link.

 

Giacomo Raspadori ha esordito in Serie A con la maglia del Sassuolo per appena un minuto alla fine della scorsa stagione, ma è solo quest’anno che si è cominciato a parlare di lui in maniera più seria. È arrivato a quasi 300 minuti giocati, è partito due volte da titolare, e ha segnato due reti in campionato di discreta importanza. Alla Lazio, prima di realizzare il suo primo gol in Serie A, ne aveva segnato un altro dopo appena 7 minuti, poi annullato. Altre volte è entrato dalla panchina portando sul campo un gioco imprevedibile ed estremamente reattivo in spazi stretti. Al Cagliari, pochi giorni dopo la partita con la Lazio, ha segnato un gol bello e difficile. Ha raccolto palla poco prima della metà campo e l’ha corsa tutta palla al piede, toccando una velocità di punta significativa. Masiello, alle sue spalle, non riusciva a stargli dietro. Poi Raspadori ha tirato con un destro incrociato rasoterra lento e preciso.

 

È entrato nelle rotazioni di De Zerbi solo alla fine dell’anno, quando il calendario congestionato e l’assenza di Defrel lo hanno costretto a pescare dalla Primavera un’alternativa di “Ciccio” Caputo. Il suo impatto è stato interessante perché Raspadori sembra nato per fare la punta in un sistema come quello del Sassuolo, fortemente strutturato attorno ai princìpi del gioco di posizione.

 

Stiamo parlando di un profilo tecnico anomalo nel calcio contemporaneo. Perché ha il fisico da creatore di gioco ma lo stile da finalizzatore. È stato paragonato infatti a un altro grande cannoniere brevilineo come Totò Di Natale, anche se lui dice di ispirarsi al “Kun Aguero”: «Il suo modo di giocare mi fa impazzire. Mi hanno accostato anche a Di Natale e Tevez. Ma resto coi piedi per terra». A dire il vero ha giocato anche esterno d’attacco oppure in uno degli slot da trequartista nel 4-2-3-1. È la sua particolare fisicità a renderlo così versatile. Alto 1,72, quadricipiti abnormi, baricentro vicino a terra, Raspadori ha una reattività che gli permette di giocare in frazioni di tempo e di spazio inferiori a quelle degli altri giocatori. Una caratteristica esaltata anche dal suo ottimo primo controllo e da una conduzione palla precisa e sensibile con entrambi i piedi.

 

Nonostante queste caratteristiche fisiche e tecniche, che sembrano quelle di un esterno dribblomane, Raspadori ha la mentalità e l’istinto da finalizzatore. Si può giocare in attacco essendo alti poco più di un metro e settanta? Sin dalle giovanili ha ricoperto quasi tutti i ruoli offensivi, ma è stato lui stesso – l’anno scorso, dopo la partita in Coppa Italia contro il Perugia – a dire di essere una prima punta. I suoi movimenti ovviamente sono più vari di quelli di una prima punta “classica”. Raspadori non si limita ad attaccare la profondità ma viene spesso incontro al pallone per cucire il gioco sulla trequarti, dove dimostra un’ottima sensibilità tecnica nel gioco corto. Anche quando può girarsi e provare la rifinitura ha visione e un’ottima precisione nel passaggio.

Ma sa anche muoversi in avanti con grande intensità tra i due centrali per creare lo spazio sulla trequarti per i compagni. Nell’occasione per esempio si butta a capofitto tra i due difensori della Lazio per scoprire lo spazio a Djuricic che avanzava col pallone. L’azione termina con un tiro del serbo sulla traversa.

 

Raspadori_profondità-1

 

Quando viene servito in profondità rasoterra Raspadori è rapido, intenso, difficile da contenere. La sua rapidità in spazi brevi lo rende formidabile nella preparazione al tiro negli ultimi metri, soprattutto perché il buon uso di entrambi i piedi rende difficile leggere le sue intenzioni. Anche quando il marcatore riesce a prendere contatto nel corpo a corpo la sua forza negli appoggi con le gambe è tale da permettergli di girare attorno a difensori anche molto più alti e potenti di lui. Contro la Lazio, per esempio, Acerbi ha faticato a contenere la sua elettricità nel duello fisico corpo a corpo. Naturalmente Raspadori diventa ininfluente sui palloni alti, sia in area di rigore che nel gioco di sponda. Per sua fortuna nel Sassuolo è una situazione di gioco inesplorata: è la squadra che statisticamente lancia meno in Serie A.

 

La squadra di De Zerbi, col suo gioco di posizione e il palleggio complesso e ravvicinato tra i giocatori offensivi, sembra costruita per esaltarne le caratteristiche e farlo crescere in un contesto protetto. Davanti a sé può imparare da un maestro del gioco senza palla come Caputo: «In questi mesi ho imparato da tutti. Da “Ciccio”, Boga e Berardi. Allenarsi con loro è stato un arricchimento. E in campo mi trovo a mio agio. Devo ringraziare De Zerbi che ha sempre avuto fiducia. E prima tutti i responsabili delle giovanili. La squadra mi ha aiutato in questo percorso di crescita» ha detto Raspadori.

 

I suoi limiti sono ovviamente tutti fisici. Per giocare da numero 9 ad alti livelli senza poter pareggiare la presenza fisica dei centrali difensivi, Raspadori dovrà specializzare e aumentare lo spessore del suo gioco, con e senza palla. In particolare dovrà imparare a rendere più efficace il suo tiro, buono ma non ancora a un punto che gli permette di spiccare. Deve migliorare sia in potenza che in precisione. La prossima stagione di Serie A capiremo qualcosa in più sul suo talento, così anomalo ma per sua fortuna protetto da una squadra che al momento sembra il posto migliore per poterlo sviluppare.

 

Tags : giacomo raspadoriroberto de zerbisassuolo

Emanuele Atturo è nato a Roma (1988) dove vive e lavora. Laureato in Semiotica, si interessa di cultura pop e sottoculture. È caporedattore de l'Ultimo Uomo e scrive in giro.

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