• Apocalisse Mondiale
Emanuele Atturo

È giusto picchiare Neymar?

Come nel 2014 Neymar rischia di non giocare più a causa di un fallo.

Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.

 

Una delle foto più celebri dello scorso Mondiale non sembra nemmeno una foto di calcio. Neymar Jr. è a terra, in posizione fetale, con una mano si tocca la caviglia e con l’altra abbraccia il pallone come fosse un feticcio, un gioco caro ma su cui si annidano le proprie fragilità. Indossa un’espressione di profonda sofferenza, che contrasta con i capelli perfettamente acconciati. Sopra di lui Valon Behrami ride e lo indica con una mano e l’aria irridente. “Guarda questo bambino, che sceneggiata” sembra dire, facendosi espressione del pensiero di molte persone che stavano guardando la partita e che consideravano Neymar un simulatore, un frignone, un pagliaccio.

 

 

Era il pensiero comune. In quei giorni uscivano meme di Neymar che continuava a rotolarsi a terra per tutta l’estensione dell’universo. Sotto ai video delle sue partite utenti commentavano «Se fossi stato in campo gli avrei dato il resto». C’è una parte di pubblico che non sopporta la dimensione finzionale che Neymar porta in campo, nel suo gioco elusivo e nel modo in cui a volte sembra voler sceneggiare le sue partite.

 

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Era la partita d’esordio del Mondiale in Russia e Neymar era tra due fuochi: a 26 anni avrebbe dovuto essere il suo Mondiale, quello affrontato al culmine delle proprie possibilità; d’altra parte veniva da una seconda parte di stagione complicata da diversi problemi alla caviglia. In quell’esordio contro la Svizzera aveva sfogato la tensione a modo suo: sfidando tutti i diretti marcatori, facendo del calcio una questione individuale. In quello stato d’animo Neymar pare animato da un’energia oscura: ci costringe a guardare la sua forza, la sua qualità tecnica, la facilità con cui spazza via altri esseri umani meno dotati di lui. Se guardate il suo primo pallone toccato è infantile il modo in cui tiene palla quasi disinteressandosi dello svolgimento della partita. Aspetta soltanto che Behrami gli vada addosso per colpirlo. È un atteggiamento denunciato da altri giocatori della Ligue 1 a cui è toccata la sua marcatura. Per esempio Jordan Amavi: «Vedendolo dal campo posso dirvi che aspettava di essere pressato e scaricava la palla all’ultimo momento disponibile. Che cosa aspettava? Penso che cercasse di farsi fare fallo».  

 

 

Neymar tiene il pallone sempre un tempo di troppo, si impunta e aspetta il corpo del difensore alle sue spalle. Il suo è un gioco elusivo, e la violenza dei difensori una contorta testimonianza del suo essere inafferrabile. Vuole creare uno scontro tra la sua tecnica e i suoi inganni, e la violenza dei difensori. A quella foto si arriva alla coda di questo duello western tra lui e Behrami. Quindi se da una parte Neymar sembra cercare lo scontro fisico, dall’altra le squadre ne abusano per provare a fermarlo, o a tirarlo fuori dalla partita. La foto scattata sopra lui e Behrami è successiva a uno scontro in cui il centrocampista svizzero va dritto sul ginocchio di Neymar. Contro la Svizzera ha subito 10 falli, un record registrato nei campionati del mondo dal 1998. La sua ultima azione giocata in un Mondiale era stato nel quarto di finale contro la Colombia nel 2014, quando Zuniga gli era montato col ginocchio sulla schiena. Neymar era rimasto a terra per qualche minuto, poi portato via in barella. Non tornerà in campo per la tragica semifinale contro la Germania. Se la ginocchiata fosse arrivata qualche centimetro più in basso, dice, avrebbe dovuto smettere con il calcio. Contro la Serbia, alla prima partita del Mondiale in Qatar, Neymar ha subito altri 9 falli (altro record) e uno di questi gli ha procurato un’altro infortunio alla caviglia. L’arto su cui si raggruma tutta la sua fragilità fisica.

 

Il Mondiale è un torneo breve: ci sono poche partite, pochi palloni, pochi momenti, che possono fare la differenza fra gloria e tragedia. Neymar è quel tipo di giocatore che può creare un momento di magia che sconvolge gli equilibri di una gara. Quando il pallone è tra i suoi piedi gli avversari tremano, e fermarlo in un modo qualsiasi diventa necessario.

 

Neymar arriva al nocciolo di una delle questioni ataviche del calcio, presente a ogni livello di competizione: è giusto, o quantomeno legittimo, picchiare un giocatore molto tecnico? La questione può anche essere messa così: lo squilibrio di talento in campo – che da un certo punto di vista è anche uno squilibrio di dono – è giusto che venga compensato dalle maniere forti? In fondo la giurisprudenza del calcio permette i falli: li punisce ma li tollera, perché è uno sport di contatto e le sfumature tra i contatti e i falli sono tante. Non bisogna esagerare, ma i falli sono contemplati dalla dinamica della partita. Anche quando i falli non sono il risultato di una negligenza del marcatore, ma della sua intenzione.

 

Per questo è possibile adottare il fallo come strumento tattico. Con questo non diciamo nulla di nuovo o di particolarmente sconveniente: il fallo è la rete di salvataggio per squadre che giocano con una strategia spregiudicata; oppure è l’arma che altre squadre usano per portare fuori fuoco gli avversari. Quando si affronta il Brasile di Neymar, il fallo diventa sia il rimedio estremo alla sua superiorità tecnica, sia un’arma utile a distrarlo, a trascinarlo fuori dalla partita mentalmente o, come è successo contro la Serbia, fisicamente. A volte però contro Neymar il fallo non è soltanto uno strumento razionale, ma la violenza, lo scontro fisico, diventano l’approdo emotivo della relazione che si stabilisce tra lui e i difensori che hanno lo snervante lavoro di marcarlo.

 

Che per Neymar il calcio a volte diventi una sfida personale con i difensori non è un mistero. Lo ha detto lui stesso, con una retorica da cowboy: «Nei duelli con i marcatori che ho dovuto affrontare alle volte ho vinto io, altre hanno vinto loro». Questo getta un effetto drammatico attorno a Neymar e alle sue partite. Nei suoi duelli con i difensori si crea uno spettacolo estetico a parte: tutti guardano Neymar e aspettano che faccia qualcosa in grado di far vibrare il nostro senso del bene e del male, come in un incontro di wrestling. Questa dimensione morale in una partita è quella che riesce a creare anche Cristiano Ronaldo. Che sia in campo o in panchina, le telecamere non possono fare a meno di inquadrarlo, vanno verso di lui attirate dal suo magnetismo. Lui sembra saperlo, visto che la sua espressività ha i tratti caricaturali di Vince McMahon. Pare voglia commentare con la sua faccia la sceneggiatura della partita. La storia di Ronaldo in una partita è semplice: è quella del suo successo o del suo insuccesso. L’ironia sta nel fatto che lui stesso pare non riesca a vederci nessuna sfumatura in mezzo.

 

La storia di Neymar è invece sempre la storia dei suoi duelli con i difensori. Lo scontro tra la violenza implicita nel suo gioco, che può mirare all’umiliazione tecnica, e quella esplicita dei difensori che devono marcarlo. Una situazione che può evocare in noi esaltazione o indignazione. Questo stile di gioco rimanda direttamente a una figura archetipica del folklore brasiliano, quella del Malandro: «È lo spaccone, l’imbroglione di strada, un guerriero urbano che vive dei suoi inganni e del suo fascino». 

 

La storia di Neymar è però anche quella della sua integrazione antropologica nel calcio europeo. In questo Mondiale sembra avere cambiato atteggiamento. Giocando più centrale gli uno contro uno in isolamento si sono diradati; Neymar viene usato soprattutto per la sua capacità di gioco in spazi stretti, cucitura sulla trequarti, rifinitura. Lui ha imparato a non prenderla più troppo sul personale. Dopo i falli si rialza placido, attento a non farsi trascinare mentalmente dai difensori in un territorio che fa comodo soprattutto a loro. Nella prima partita contro la Serbia è stato evidente il suo cambio d’atteggiamento, sebbene con qualche momento rusticano. Come quando ha detto ai tifosi serbi di non sentire i loro fischi, per poi tirare il calcio d’angolo con l’intenzione di segnare direttamente (e quasi riuscirci).

 

Tuttavia è rimasta intatta la necessità di fermare Neymar in tutti i modi possibili – del resto il primo gol del Brasile nasce da una sua sontuosa giocata sulla trequarti. 

 

La Serbia ha commesso il primo fallo su di lui dopo cinque minuti, e il più brutto al 48’. A rivederlo somiglia a un’esecuzione. Neymar porta palla sulla trequarti, da sinistra converge verso il centro. La difesa della Serbia è messa male, Gudelj se ne accorge e parte per stenderlo. Se preferite, parte con l’idea di dover fare un intervento rischioso, in scivolata, in cui avrebbe potuto prendere la palla, ma anche la caviglia di Neymar. Essendo in notevole ritardo, prende la caviglia. Dopodiché sono arrivati altri brutti falli, in particolare di Lukic, quasi tutti sulla caviglia. Neymar non ha fatto una piega, ogni volta che si è risistemato i calzettoni e ha ripreso a giocare. Infine quello decisivo, di Milenkovic, disperato nel tentativo di recuperare un uno contro due con Neymar e Vinicius Jr. Prima della partita a Belgrado un bambino aveva previsto una larga vittoria della Serbia, con Neymar che sarebbe uscito dal campo «piangendo come un bambino».

 

Neymar è uscito con addosso un solo scarpino, e un piede nudo livido e gonfio. Un’immagine che ci ricorda crudamente la brutalità dietro la storia degli scontri di Neymar, su cui da anni ironizziamo. Il fatto che Neymar si sia costruito nel tempo la fama di un simulatore, o quanto meno di uno che esagera i contatti, che vive una sua dimensione finzionale, teatrale, in campo, fa dimenticare la realtà delle botte che prende. Dopo la partita con la Serbia ha riportato una lesione al legamento laterale della caviglia, ha saltato la seconda partita con la Svizzera, salterà la terza e secondo questo articolo di The Athletic è difficile immaginarlo tornare prima dell’eventuale finale. Lui su Instagram ha scritto di essere figlio del Dio dell’impossibile, come a voler dire che proverà a tornare a giocare a qualsiasi condizione. Il CT Tite dice di essere fiducioso che Neymar tornerà a giocare il Mondiale.

 

 

Il Brasile però rischia di venir eliminato dal Mondiale senza il suo giocatore migliore, come nel 2014. Oggi, come allora, per un intervento violento dentro a una partita in cui il fallo è stato usato sistematicamente per arginarlo. Un destino ironico, per un giocatore accusato di fingere ed esagerare i falli che subisce. In un certo senso Neymar è stato vittima del suo talento, del suo gioco elusivo e sfuggente, della sua capacità di nascondere il pallone ai difensori proprio all’ultimo momento. Non c’è stato niente di immorale nei falli della Serbia, ma nel frattempo noi perdiamo forse la possibilità di vedere splendere uno dei talenti più unici della storia del calcio nel palcoscenico più importante, in quello che molto probabilmente sarebbe dovuto essere il suo ultimo Mondiale.

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).