
Scegliere le 30 migliori foto del decennio è stata un’operazione complessa. Prima di tutto perché non è facile capire cosa si intende per “migliore” quando si parla di fotografia sportiva: le più belle? Le più rappresentative? Le più iconiche? Insomma questo tipo di liste viene fatta sempre per sottrazione, soprattutto quando riguarda un periodo di tempo così lungo.
Nella scelta abbiamo provato a tenere conto di più aspetti, da quelli storici a quelli emotivi, e ovviamente anche della soggettività di chi sceglie. Per ogni foto abbiamo abbinato una breve spiegazione, o un estratto da un articolo de l’Ultimo Uomo.

Foto di FILIPPO MONTEFORTE/AFP via Getty Images
Più della vittoria in finale, più della vittoria per 3-1 a San Siro, l’epica dell’Inter del Triplete passa dalla partita del Camp Nou nel ritorno della semifinale di Champions League contro il Barcellona. Rimasti in dieci dal 28esimo, i giocatori di Mourinho sono riusciti a difendere il doppio vantaggio contro la squadra più forte del mondo grazie a una prestazione eroica.
L’esultanza dopo il fischio finale di Mourinho rimane uno dei momenti più alti della sua carriera, con il Barcellona che aziona gli idranti per ripicca. In questa foto il fotografo si concentra sulla corsa con il dito alzato dell’allenatore, mentre in primo piano Eto'o sembra un ectoplasma di gioia e Maxwell sullo sfondo si toglie lo scotch dai calzettoni sconsolato.

Foto di Suzanne Plunkett-Pool/Getty Images
C’è una piccola targa sul campo 18, periferia di Wimbledon, a ricordare l’infinita maratona tra John Isner e Nicolas Mahut: 11 ore e 5 minuti di tennis. Il “match del secolo” viene definito, una partita che ha riscritto tantissimi record, ma che soprattutto ha finito per scoperchiare uno degli ultimi baluardi reazionario del tennis moderno, l’ultimo set senza il tie-break. Una regola che a Wimbledon hanno cambiato per non vedersi costretti a un altro 70-68, tanto epico quanto indigesto ai calendari.
In questa foto Isner ha appena mollato la racchetta, ormai un'estensione del suo corpo, per lasciarsi andare a un liberatorio urlo di gioia. Dietro di lui i pochi spettatori sembrano svegliarsi da un sonno. Da qualche parte fuori dall’inquadratura Mahut entra nella storia dalla parte sbagliata.

Foto di Jamie McDonald/Getty Images
Al 116’ della finale del Mondiale di calcio 2010, Andres Iniesta riceve un passaggio da Fabregas appena dentro l’area di rigore. Lo stoppa con la punta del piede destro, portandosela avanti con un leggero pallonetto, prima di incrociare il tiro alla destra di Stekelenburg. È il momento più alto di un’idea di calcio che ha dominato la fine dello scorso decennio e influenzato in maniera indelebile questo.
Iniesta si toglie la maglia e sotto c’è una dedica a Dani Jarque, amico e compagno nelle Nazionali giovanili, morto per un attacco di cuore l’anno prima, appena diventato il capitano dell’Espanyol. Qualche anno dopo Iniesta racconterà di come la morte dell’amico lo portò a soffrire di depressione proprio nel periodo precedente il Mondiale del 2010.

Foto di GABRIEL BOUYS/AFP/GettyImages
Lancio lungo, Mario Balotelli lascia rimbalzare il pallone una, due volte, se lo porta avanti con lo stinco sinistro e appena prima di entrare in area scarica un fulmine alle spalle di Manuel Neuer. Poi l’esultanza: via la maglia, i muscoli che si gonfiano, un classico istantaneo.
Negli anni questa foto è diventata la base per meme, fotomontaggi, prese in giro. Eppure rimane l’immagine più indelebile di uno dei centravanti più chiacchierati di questo decennio, nel momento più brillante della sua carriera, arrivato mentre giocava per un paese che non lo ha mai davvero accettato.

Foto di Nathaniel S. Butler/NBAE via Getty Images
Sotto di tre punti, con meno di 10 secondi da giocare, Ray Allen riceve un pallone sporco mentre cammina all’indietro alla ricerca dell’angolo destro del campo. Il resto è storia: Allen segna uno dei canestri più importanti di questa decade, permettendo a Miami di allungare gara 6 ai supplementari e di riportare in equilibrio la serie. Pochi giorni dopo arriverà la vittoria nella decisiva gara 7.
Questo scatto in particolare ricostruisce abbastanza bene il caos di quell’azione, ma soprattutto consegna all’immortalità il gesto di Ray Allen, uno dei tiratori più eleganti ed efficaci della storia di questo sport.

Foto di Matthias Hangst/Getty Images
Uno dei momenti sportivi più assurdi dell’ultimo decennio. In un impeto di insensata rabbia, Luis Suarez morde con violenza la spalla di Giorgio Chiellini. Una volta a terra si tocca gli incisivi per il dolore del morso o forse per dissimulare un colpo ricevuto, sullo sfondo il difensore della Nazionale si tocca la spalla, tra il perplesso e il dolorante.

Foto di Laurence Griffiths/Getty Images
Brasile 1 - Germania 7. Una delle sconfitte più incredibili della storia dei Mondiali, che il Brasile ha vissuto in casa, all'Estadio Mineirao di Belo Horizonte. Se in campo i giocatori sembravano più increduli che disperati, sugli spalti si consuma la tragedia. Tra le molte foto che potevamo scegliere, questo tifoso che morde una bandierina riassume nella maniera più simbolica possibile il dramma vissuto da un paese.

Foto di Martin Rose/Getty Images
Il miglior giocatore del mondo mentre va a ritirare il premio più inutile del mondo dopo la finale persa contro la Germania, quello di miglior giocatore del Mondiale. Un premio che sa di beffa: Messi non è stato il miglior giocatore di quella competizione, ma vincendo quella partita avrebbe potuto probabilmente prendersi finalmente il titolo ipotetico di miglior calciatore della storia.

Foto di Al Bello/Getty Images
Un immagine che ha contribuito a rendere iconico un gesto tecnico eccezionale, quello di Odell Beckham jr. nella partita contro i Dallas Cowboy. Il wide receiver dei New York Giants riesce a prendere il pallone con una mano, piegando il proprio corpo come un giunco nel vento.

Foto di Michael Regan/Getty Images
«La storia del Leicester ricalca in modo così esatto il plot del “miracolo sportivo”, il suo arco narrativo, il suo sistema di personaggi, da esprimere una potenza stereotipica persino superiore a una narrazione finzionale. Per definirla è stato praticamente impossibile utilizzare termini diversi da ‘Fiaba’, ‘Miracolo’, ‘Favola’, e in effetti la storia del Leicester contiene al suo interno buona parte dei caratteri che Vladimir Propp aveva individuato come quelli fissi di una fiaba di magia. Esiste una somiglianza strutturale tra le fiabe di magia e le storie dei miracoli sportivi, data soprattutto dalla similitudine e la fissità del loro arco narrativo: entrambe partono da una situazione iniziale di difficoltà, spesso di estrema difficoltà, e mettono in scena una risalita inesorabile e incredibile, intervallata da prove di forza. Entrambe prevedono un sistema di personaggi abbastanza fisso, fatto di caratteri stereotipici. Questo le rende estremamente semplici, riconoscibili e chiare nelle loro intenzioni morali.»

Foto di JEFF PACHOUD/AFP via Getty Images
Durante la dodicesima tappa del Tour de France 2016, Chris Froome si trova coinvolto in un tamponamento sulla salita del Mont Ventoux con una moto, che gli rompe la bicicletta. Dopo un momento di caos generale, la maglia gialla decide di continuare la sua scalata a piedi, di corsa.
Questa foto è particolarmente significativa perché dalle immagini TV non si riuscì a capire bene la dinamica dell’incidente e quello che viderò gli spettatori fu esattamente questo: le spalle della maglia gialla che arrancavano in salita.

Foto di Joe Murphy /NBAE via Getty Images
The block. LeBron James mette la firma sulla vittoria più importante della sua carriera con una delle sue giocate più riconoscibili: la chasedown block su Iguodala, lanciato per segnare due facili punti in contropiede nei minuti finali di gara 7. Per Cleveland è la prima storica vittoria, dopo una rimonta da 3-1, grazie a una delle prestazioni più incredibili mai viste alle Finals del giocatore più incredibile visto in questa decade.

Foto di Laurence Griffiths/Getty Images
«Cristiano si sdraia a terra e piange, non gli importa più essere il più forte del mondo, il più bello del mondo, Cristiano piange e basta. Gli si posa una falena sulle sopracciglia, che è una cosa così incredibile da essere veramente letteratura, una metafora così articolata che io veramente non ve la so spiegare, andrebbe chiesta al dio delle falene, allo scrittore di questa storia».

Foto di Adam Pretty/Getty Images
Dopo le Olimpiadi di Londra la carriera di Phelps sembrava finita: «nel 2000 era un prodigio; nel 2004 brillante ma imperfetto; nel 2012 una leggenda che stava facendo il suo tour d’addio» scriveva in quei giorni Sport Illustrated. Dopo il 2012 Phelps aveva avuto un periodo buio in cui era stato anche arrestato per guida in stato di ebbrezza.
L’anno precedente alle Olimpiadi di Rio però Phelps era riuscito a tornare in forma, arrivando alle gare come uno dei favoriti. Nessuno poteva immaginare però un’altra Olimpiade da dominatore, a 31 anni. Per la quarta volta risultò il nuotatore più medagliato, arrivando a vincere la 23esima medaglia d'oro, la 28esima in totale. In questa foto Phelps esce per l'ultima volta dall'acqua da vincitore e si commuove.

Foto di Cameron Spencer/Getty Images
L'immagine che ha definito le Olimpiadi di Rio e che meglio definisce uno dei più grandi atleti della storia. Il fotografo ha raccontato che per scattare questa foto - durante le semifinali dei 100 metri - si è piazzato proprio nel punto della pista in cui Bolt inizia a staccare inesorabilmente i suoi rivali. Una foto tecnicamente impeccabile, anche nell'idea di movimento che riesce a restituire, che però diventa iconica soprattutto grazie al sorriso beffardo e inspiegabile di Bolt.
Il corridore giamaicano in questa foto sembra davvero lo struzzo beep beep che si prende gioco di un piccolo gruppo di Willy il coyote prima di piantarli in asso.

Foto di Pascal Le Segretain/Getty Images
La storia di Simone Biles è una storia di razzismo, riscatto, sacrificio, ma è anche e soprattutto la storia di una atleta incredibile, forse la migliore del decennio, capace di spostare in avanti i limiti del suo sport, la ginnastica artistica. Le sue esibizioni sono state tra i momenti più intensi delle Olimpiadi di Rio, vederla volteggiare in aria o sulla trave è stato qualcosa di magnifico, di unico, irripetibile.

Foto di Michael Zagaris/San Francisco 49ers/Getty Images
«Eravamo al culmine del movimento Black Lives Matter, sorto dopo l’uccisione di Michael Brown a Ferguson nell’agosto del 2014 e poi divenuto il network principale di contestazione dei numerosi omicidi per mano di agenti di polizia. Colin divenne il simbolo, anche forzatamente cristologico, dello sportivo di successo che immola la sua aurea, la sua carriera per qualcosa più grande di lui. In molti non apprezzarono il gesto: l’inginocchiarsi sull’erba mentre risuonava l’inno a stelle e strisce era visto come un inutile narcisismo fine a se stesso, un pericoloso radicalismo. Ora molti di quelli che si esprimevano contro Kaepernick sono in prima fila, braccia serrate e sguardi verso il prato da gioco.»

Foto di FRANCISCO LEONG/AFP via Getty Images
«Come se non bastasse una statua, un museo, una piazza, ora sull’isola di Madeira anche l’aeroporto porta il suo nome, ma non è questa la parte bella della storia. La parte bella è che l’iconografia di Cristiano Ronaldo ha raggiunto un livello così elevato che insieme al nome, all’interno dello scalo ci hanno piazzato anche un busto bronzeo che riproduce la testa del portoghese. La parte davvero bella, però, è che il busto fa schifo».

Foto di Fabio Rossi/AS Roma/ LaPresse
«Sono passati un paio di giorni dall’addio di Totti alla Roma, davanti ai sessantacinquemila spettatori dell’Olimpico, al resto dei romanisti in lacrime che lo hanno guardato su uno schermo e anche a tutti quegli spettatori non-romanisti che si sono sentiti coinvolti da una storia che finisce dopo 25 anni. Gran parte del mondo del calcio, cioè, ma anche qualcuno dal di fuori. C’è qualcosa di più difficile di separarsi nella vita umana? Di più universale?»

Foto di Christian Petersen/Getty Images
L’incontro tra Conor McGregor e Floyd Mayweather è stato uno degli eventi più chiacchierati del decennio. Considerato dai più un circo, una farsa, è servito però a consacrare l’ascesa delle Mixed Martial Arts, lo sport che ha più visto aumentare la sua popolarità negli ultimi dieci anni, anche grazie a Conor McGregor.

Foto di Gabriele Maltinti/Getty Images
«Nessuno di noi aveva un’idea personale o particolarmente significativa su Davide Astori, eppure alla notizia scioccante della sua morte si è accompagnata una strana sensazione di intimità, come se fosse molto più vicino a noi di quanto pensavamo, come se, in un certo senso, lo conoscessimo. All’improvviso abbiamo preso consapevolezza di quanto ci fosse familiare il suo volto, il suo modo di giocare, il suo modo di essere. E, con questa consapevolezza, ci siamo resi conto di quanto profondamente ci addolorasse la sua perdita: anche attraverso la bolla di solito ambigua dei social network, la copertura mediatica rispettosa e goffa, si riusciva a capire quanto il sentimento della sua scomparsa fosse profondo, autentico e senza ipocrisie.»

Foto di ALBERTO PIZZOLI/AFP via Getty Images
«Mai come in questo periodo storico lo sport vive la contraddizione di dover celebrare l’eccezionalità – il più forte, il più veloce, il più abile – e al tempo stesso illudere il suo pubblico che con la forza di volontà si possa forzare il proprio codice genetico e recuperare qualsiasi svantaggio anche sociale. Nessuno al mondo può prendere la palla di piede dove l’ha presa Cristiano Ronaldo con la sensibilità tecnica necessaria per mandarla in rete (persino lui non c’è mai riuscito prima e difficilmente riuscirà in futuro a fare una rovesciata altrettanto incredibile) ma Cristiano stesso a vederla come il prodotto del proprio duro lavoro».

Foto di FRANCK FIFE/AFP via Getty Images
La vittoria della Francia ai Mondiali in Russia è stata netta. La squadra di Deschamp ha dimostrato di essere la formazione più pronta, se non la più spettacolare quella in grado di controllare meglio le dinamiche di un torneo spesso bloccato. Se i migliori giocatori sono stati probabilmente Griezmann, Pogba, Varane, nessuno è sembrato in grado di portare il calcio nel futuro come Kylian Mbappé.
Se questo è stato il decennio di Messi e Ronaldo, non si stupirebbe nessuno se il prossimo fosse il decennio di Mbappé.

Foto di TIMOTHY A. CLARY/AFP via Getty Images
«Durante la premiazione Williams piange, Osaka piange, il pubblico le ricopre di fischi, poi Serena prende il microfono e si assume la responsabilità di smorzare i toni, precisando che la rabbia non ha a che fare con la sua avversaria: “Vi dico solo che lei ha giocato alla grande, ha vinto il suo primo Slam. Festeggiamo Naomi, basta fischi, congratulazioni a lei, se lo merita”. Chi si aspettava però che Williams sarebbe tornata sulle proprie posizioni in conferenza deve essere rimasto deluso.
“Non posso sedermi qui e dire che non avrei dovuto dare del ladro all’arbitro, perché dal mio punto di vista mi ha tolto un game. Ho visto altri uomini dire agli arbitri parecchie cose. Io sono qui a combattere per i diritti della donna e per l’uguaglianza. Ho trovato sessista il fatto che mi abbia tolto un game. A un uomo non l’avrebbe mai fatto. Mi ha fatto perdere la testa. Io sono qui a combattere per le donne, per i nostri diritti, perché la Cornet possa togliersi la maglietta senza venire multata. Credo che ciò che è successo stasera possa essere da esempio per le donne che in futuro vorranno esprimere ciò che pensano, ed essere forti. Dopo oggi saranno autorizzate a farlo. Magari non ha funzionato per me stessa, ma funzionerà per altre, in futuro”».

Foto di ALEJANDRO PAGNI/AFP via Getty Images
Il 24 novembre dovrebbe disputarsi la partita di ritorno della Finale di Copa Libertadores tra Boca Juniors e River Plate, al Monumental. A poche ore dalla partita fuori dallo stadio succede di tutto: dei tifosi del River assaltano il pullman del Boca, rompendo i vetri con dei mattoni e ferendo dei giocatori.
La partita viene prima posticipata di due ore, poi dopo molta confusione definitivamente rimandata. Per ore all’interno dello stadio rimangono in attesa pochissimi spettatori, entrati forse troppo presto. Le foto del giorno dopo sono incredibili, raccontano bene la desolazione di una pessima giornata per il calcio sudamericano.

Foto di JOHN THYS/AFP via Getty Images
La fine tragica di un innamoramento magico.

Foto di Andrew Redington/Getty Images
«Una vittoria storica per tante ragioni – perché era addirittura la 22esima volta che partecipava dal lontano debutto nel 1995; perché è tornato a vincere un Major a 43 anni, dopo addirittura 11 anni dall’ultimo; perché l’ultimo Augusta Masters vinto risaliva addirittura al 2005 (il più lungo intervallo tra una vittoria e l’altra nella storia del golf) – ma che comunque non gli ha permesso di raggiungere il primato di Jack Nicklaus, che di Major ne vanta 18».

Foto di Al Bello/Getty Images
Le foto di boxe sono tra le più belle del mondo dello sport. I motivi sono anche semplici: ritraggono un conflitto, la lotta tra due uomini seminudi, il loro sudore, i muscoli, il dolore, i volti che si deformano. Questo scatto è la perfetta rappresentazione simbolica di uno degli upset più inattesi del decennio. Il fuori forma, e a molti sconosciuto, Andy Ruiz che domina il fenomeno dal fisico scolpito Anthony Joshua.

Foto di Matthias Hangst/Getty Images
«Il tennis che abbiamo avuto la fortuna di guardare degli ultimi 15 anni ha praticamente esaurito il nostro vocabolario, e non è semplice riuscire a restituire la grandezza e l’assurdità e l’epica della finale tra Novak Djokovic e Roger Federer. Abbiamo già detto che è stata la finale di Wimbledon più lunga di sempre: 4 ore e 58 minuti, dieci in più della leggendaria sfida a Nadal del 2008, quando Federer aveva 27 anni e la fascia non copriva nessuna stempiatura. È stata la prima finale di Wimbledon in cui un tennista ha vinto dopo aver annullato due matchpoint. È stata la prima finale di Wimbledon decisa dal tiebreak sul dodici pari, introdotto quest’anno»

Foto di Maja Hitij/Getty Images
Megan Rapinoe è il simbolo di un movimento che dopo aver lottato per anni, negli ultimi 12 mesi è riuscito a ritagliarsi il suo spazio. Il Mondiale di calcio femminile in Francia ha messo in mostra i progressi fatti da molte Nazionali, tra cui l'Italia arrivata fino ai quarti.
La Nazionale Statunitense ha dimostrato di essere ancora la migliore squadra e Rapinoe una delle migliori calciatrici al mondo, ma non è solo per questo che la sua esultanza è nelle foto più importanti del decennio. Rapinoe è diventata la voce delle istanze dei più deboli, i suoi discorsi sono sempre inclusivi e hanno aperto alle diversità. In un mondo - quello dello sport - spesso chiuso su se stesso, la calciatrice degli USA ha dimostrato quanto gli atleti possono far parte del discorso pubblico.

Foto di Amin M. Jamali/Getty Images
Il 10 ottobre 2019 all’Azadì Stadium di Teheran per la prima volta nella storia della Repubblica islamica dell’Iran, ad una partita ufficiale della Nazionale vengono ammesse le donne.