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Claudio Giuliani

Dream Thiem

Dominic Thiem è il tennista più solido tra quelli della nuova generazione.

 

Quando si vede Djokovic urlare in campo, anche se il punteggio è in suo favore, allora bisogna concentrarsi sull’avversario. Dominic Thiem ha affrontato il numero uno al mondo negli ottavi di finale del torneo di Miami a viso aperto, provando a sfondare di potenza il muro serbo, l’impresa più improba del tennis moderno. Non ci è riuscito, ma il 6-3 6-4 della vittoria di Djokovic lo ricorderemo come una delle migliori partite del torneo. Il pubblico era tutto con l’austriaco, pardon: contro Djokovic, che infatti a fine partita ha esultato e salutato tradendo la solita vis polemica. È una storia vecchia quella di Djokovic mai troppo amato dal pubblico, che invece ha tributato lunghi applausi a Thiem. Erano applausi di speranza, perché per rivitalizzare un tennis che ha il solito vincitore c’è bisogno di novità, e lui potrebbe rappresentarne una.

 

 

Austria über alles

A metà degli anni ’90, ancora lontani dal dominio sul rosso di Rafael Nadal, Thomas Muster è noto come “King of clay”.

 

Nel 1989 Muster è il primo austriaco a raggiungere le semifinali agli Australian Open, anche se approfittando di uno dei soliti infortuni di Edberg, e verrà fermato da Ivan Lendl. Sembra il prologo di una grande annata, anche perché un paio di mesi dopo, a Miami, dopo aver battuto Noah in cinque set in semifinale, è pronto a prendersi la rivincita contro Lendl in finale. Ma qualche ora dopo il vittorioso incontro contro il francese, a Key Biscayne, un ubriaco lo investe con l’auto lacerandogli i legamenti del ginocchio. La sua carriera si ferma. Le foto di lui mentre allena il braccio sulla sedia a rotelle faranno il giro del mondo, in attesa che, anni dopo, Muster riesca a vincere quel torneo.

 

 

Agli inizi degli anni ‘90 Muster è un ottimo giocatore su terra battuta, specie nei tornei minori. È l’epoca dei Sampras, Agassi, Courier, che lo battono anche negli Slam. Ma poi arriva il 1995, l’anno magico. Vince 12 tornei, 11 sul rosso, e inanella una striscia di 40 vittorie di fila sulla terra battuta, record di sempre nello stesso anno. Vince Montecarlo, annullando un matchpoint nella famosa finale contro Becker vinta al quinto set, trionfa a Roma e poi alza la Coppa dei Moschettieri a Parigi, battendo Chang: è il primo austriaco a vincere una prova del Grande Slam.

 

Nel febbraio del 1996 gli riesce l’impossibile:  conquista il numero uno al mondo della classifica. Rimane in cima per una sola settimana, perché  Sampras torna subito in vetta, ma poi Thomas torna di nuovo numero 1 per altre quattro settimane fra marzo e aprile. Per il tennis austriaco si tratta di un successo straordinario, anche se Sampras e Agassi si lamenteranno perché questo numero uno in classifica è un risultato ottenuto solo per via dei tanti tornei vinti sul rosso, una cosa che oggi non sarebbe possibile.

 

 

In Austria, Muster non aveva rivali. Litigava spesso fuori dal campo (talvolta anche dentro) con Horst Skoff, tennista che gli era ben dietro in classifica (e che è morto nel 2008). Dopo il ritiro di Muster, nel 1999, il tennis austriaco sprofondò nell’oblio. Non c’era all’orizzonte nessun giocatore capace di raccogliere la pesante eredità del mancino biondo. Per anni, a tirare la carretta saranno mediocri giocatori come Haider-Maurer e Köllerer,  oppure geni con troppo talento per diventare forti come Jürgen Melzer. Intanto, pare che un coach di provata esperienza come Günter Bresnik stia allenando un futuro campione.

 

“Mi sono fatto i capelli biondi e non un tatuaggio perché i capelli poi ricrescono e li faccio tornare come prima”

 

L’arrivo di Thiem

Wolfgang Thiem e sua moglie Karin sono entrambi coach di tennis. Quando il piccolo Dominic ha circa 10 anni, papà Thiem finisce a lavorare nell’accademia di Günter Bresnik, già allenatore di Becker, Patrick McEnroe e Mansdorf. Dominic Thiem, classe 1993, gioca da quando ha 4 anni di età, ma è da dodicenne che inizia a praticare il tennis seriamente. Wolfgang chiede a Bresnik di dare un’occhiata a suo figlio. I due cominciano ad allenarsi una volta alla settimana ma dopo due anni, intraviste le potenzialità del campione, Bresnik decide di occuparsene a tempo pieno.

 

All’epoca, Thiem giocava in maniera difensiva e colpiva il rovescio a due mani; era più basso dei suoi pari età ma prometteva bene. Tuttavia, la strada per farlo diventare un campione era lunga e onerosa a livello economico. In un’intervista, i genitori di Thiem dichiareranno che hanno speso dai 60 ai 100 mila dollari ogni anno per provare a far diventare il loro figlio un campione, vendendo addirittura una casa lasciata in eredità dalla nonna materna.

 

Fondamentale per lo sviluppo dell’atleta Thiem è stato Sepp Resnik, ginnasta, calciatore, judoka e pentatleta fra le altre cose, che sarebbero l’aver attraversato il mondo in bicicletta e l’aver partecipato a numerose gare di resistenza fra ciclismo, corsa e nuoto. Resnik viene scelto da Bresnik nel 2012 per seguire la preparazione di Thiem. I due iniziano a lavorare specialmente sulle gambe del tennista, non all’altezza del tronco secondo Resnik.

 

Iniziano gli allenamenti fisici secondo uno schema non convenzionale, visto che Resnik odia le palestre. Si nuota nei fiumi, si fanno molti addominali e si corre di notte, nel parco dell’accademia militare di Vienna. Lo stesso Resnik accompagna Thiem in queste corse per provocarlo: se questi duri esercizi può farli un vecchio di 60 anni come potrebbe non farlo un giovane di 20? Mentre gli altri tennisti lavorano sodo in palestra sui pesi, Thiem corre con un tronco di 25 chili sulle spalle. Se gli atleti nuotano in piscina, l’austriaco assaggia la fredda acqua dei fiumi. Il comodo tapis roulant non serve: c’è la foresta con le sue pendenze. La storia ricorda l’allenamento di Rocky Balboa nella fredda Russia, quando corre sulla neve e spacca legna per prepararsi al match contro Ivan Drago, che si allena al caldo della palestra. Il risultato è un atleta di 185 centimetri pesante 80 chili circa, il fisico perfetto per giocare a tennis.

 

Superato un pericoloso batterio intestinale, che lo costringe all’ospedale per oltre un mese nel 2012, Thiem è pronto per fare le cose sul serio quando non ha ancora compiuto vent’anni. La sua ascesa, dal 2013 in poi, è fenomenale. A fine anno è numero 139 del mondo, dopo aver iniziato l’anno fuori dai primi 300 ATP. Nel 2014 è nei primi 50, alla posizione numero 39. E poi arriva il 2015, l’anno della consacrazione: vince i tornei di Umago, Gstaad e Nizza, tutti su terra battuta, e chiude l’anno al numero 20. Se questo non fosse sufficiente, anche Federer gli dà una ulteriore investitura scegliendolo come partner di allenamenti proprio sulla terra battuta.

 

Che tipo di giocatore è

I risultati di oggi parlano chiaro: la superficie dove Thiem si esprime al meglio è la terra battuta. Sarà che gli concede più opzioni, come lui stesso ha dichiarato nel 2015 in un’ intervista: «Se il piano A non funziona, sulla terra ho sempre il piano B: ho più alternative a disposizione».

 

Dominic Thiem ama giocare su terra battuta anche perché questa superficie è quella che esalta i suoi colpi migliori, i fondamentali da fondocampo. Sia il dritto che il rovescio dell’austriaco, infatti, hanno movimenti ampi, che quindi necessitano di tempi di preparazione maggiori per generare quello spin pazzesco che fa saltare la sua palla subito dopo il rimbalzo, specie con il dritto. È per questo che lui ama giocare ben dietro la linea di fondocampo, caricando il diritto mentre pianta bene a terra le gambe per sfruttare tutta la riserva di energia disponibile.

 

 

Specie sul dritto si vede la “scuola” Bresnik, che ha lavorato anche con Ernest Gulbis, rivoluzionando la maniera di colpire il dritto, una cosa che non si vede di solito a questo livello. Thiem esegue il dritto con una impostazione moderna e praticamente perfetta: un’ampia preparazione con la testa della racchetta rivolta in avanti anche quando inizia il movimento all’indietro; la mano sinistra che punta verso la pallina (come Gulbis); lo sguardo fisso sulla palla; un’ampia apertura alare delle due braccia nel momento di massima distanza degli arti; l’esecuzione con trasferimento del corpo dalla gamba destra alla sinistra; finale del movimento con la testa della racchetta che compie l’ultima rotazione interna, gomito-avambraccio-polso, per generare tutto lo spin possibile.

 

In molti hanno paragonato il rovescio di Thiem a quello di Stan Wawrinka. Le due esecuzioni sono in effetti simili. Entrambi i colpi sfruttano una solida base d’appoggio, le gambe, e una grande rotazione del tronco. Entrambi amano caricare il gesto con molta forza e quindi colpiscono ben distanti dalla linea di fondo, capacissimi come sono di generare grandi velocità anche da quella posizione di campo. Da questo lato Thiem riesce, specie in risposta, a “bloccare” il movimento per velocizzarne l’esecuzione, molto meglio che sul lato del dritto, il colpo meno naturale.

 

Thiem, come Wawrinka, durante la fase di caricamento usa il piede destro come cardine per iniziare a portare indietro la racchetta, ruotando quindi il tronco. A differenza di Wawrinka, Thiem tiene il gomito lungo, con il braccio più allungato. Quello di Thiem sembra più un movimento lineare, a pendolo, come si insegnava una volta; l’austriaco però, porta la testa della racchetta in alto, tenendola verticalmente, per sfruttare l’inerzia quando inizia la fase finale del movimento, quella che porterà all’impatto. Il movimento viene chiuso con il piede sinistro che si affianca al destro per bilanciare la grande rotazione del tronco, quella che genera potenza.

 

Le differenze nel rovescio fra Wawrinka e Thiem sono molto più marcate nell’esecuzione del colpo con rotazione backspin. Questo è  un colpo che l’austriaco esegue più rapidamente, con un’apertura maggiore rispetto a quella di Stan, ma che ha, quindi, una resa migliore: la palla di Thiem è più tagliata rispetto a quella di Wawrinka e dà più problemi agli avversari proprio perché ha un rimbalzo più basso per via del maggior effetto impresso.

 

 

Anche al servizio Thiem preferisce cercare il massimo spin possibile, prediligendo l’esecuzione in kick, ovvero una palla che passa alta sopra la rete e rimbalza molto alta, usata per traiettorie che vogliono costringere il giocatore in ribattuta a muoversi in laterale per intercettare la palla. Si tratta di una esecuzione che, specie da sinistra, gli consente sùbito di prendere il comando dello scambio con il diritto. A rete, dove non va spesso, non se la cava male.

 

 

Thiem dà il meglio di sé anche sui cementi non molto rapidi, come quelli americani. Quest’anno ha vinto il suo primo torneo sul cemento, ad Acapulco, e poi ha perso al terzo turno sia a Indian Wells, contro Tsonga, che a Miami, contro Djokovic. Quando gioca sui tappeti indoor soffre di più la velocità dei campi e il minor attrito dell’aria, che velocizza il gioco e che quindi lo costringe a movimenti più affrettati che, quindi, depotenziano i suoi colpi.

 

Credibilità

L’attuale numero 14 del mondo ha 23 anni e una carriera che non potrà che portargli successi. Thiem potrebbe essere il nuovo Ferrer del circuito, cioè un giocatore capace di raggiungere le vette della classifica grazie a un gioco improntato sul ritmo da fondocampo, ma con una grande differenza: potrebbe riuscire a vincere una prova dello Slam, come Ferrer non è stato capace di fare. Lo spagnolo è un grande colpitore e un gran corridore e, purtroppo per lui, si è trovato stretto nella morsa dei Fab Four, cosa che, forse, gli ha impedito di vincere una prova maggiore. Thiem avrà meno concorrenza?.

 

Da qui ad almeno cinque anni, i vari Kyrgios, Zverev e Coric, rappresenteranno avversari più malleabili rispetto a quelli di Ferrer, i vari Federer, Murray, Nadal e Djokovic?

 

Sicuramente, Thiem ha i mezzi tecnici e fisici per diventare un possibile campione Slam. La top 10 sembra il traguardo più prossimo, visto che attualmente occupa la posizione numero 14. Con i suoi 23 anni, è difficile non pronosticarlo come futuro campione, considerato che Djokovic, Federer, Nadal e Murray fra 5 anni o non giocheranno più o saranno calati sensibilmente sul piano dei risultati. Fra qualche anno Thiem si troverà a poter competere per il premio grosso, forte di una maturità e di una crescita che già a 23 anni è impressionante.

 

Se tecnicamente è infatti già molto avanti, è forse dal punto di vista mentale che la strada è ancora lunga. All’esordio su terra rossa, nel torneo di Montecarlo, ha perso ai quarti di finale da Rafa Nadal convertendo appena 2 palle break su 17. Un difetto che si porta dietro da mesi e che aveva messo in mostra anche in altri importanti tornei.

 

Passaggio di consegne

Muster lasciò il tennis nel 1999 per ritirarsi in Australia, andando a vivere in una casa con 70 acri di terra e con tanto di pista per elicottero. Fallito il suo matrimonio, tornò a Vienna per giocare il circuito Senior ma il suo livello di gioco era ancora molto alto. Decise, sulla soglia dei 40 anni, di tornare a giocare da professionista, nei tornei Challenger, proponendo il suo solito tennis, privo però di quella straordinaria vigoria fisica che lo aveva reso il “King of Clay”.

 

Accumulò una serie di sconfitte contro giocatori mediocri e dopo qualche anno, nel 2011, si decise a terminare per sempre la sua carriera. Come palcoscenico per l’addio scelse il torneo ATP di Vienna, che gli offrì generosamente una wildcard. Il tabellone gli mise contro un giovane connazionale, che lo batté in due set. Quel ragazzo, che somigliava al primo Muster, lo stesso volto lungo e scavato e le stesse orecchie a sventola, era Dominic Thiem.

 
 

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Claudio Giuliani gioca a tennis da tempo e tira il rovescio rigorosamente a una mano, con una Yonex arancione. Scrive anche su Tennispotting.