Il mondo delle MMA è in continua evoluzione e da un anno all’altro cambiano molte cose. Come per il 2018, abbiamo scelto i fighter che terremo d’occhio con più attenzione il prossimo anno. Siamo sicuri che ci saranno molte sorprese, rispetto a quello che ci aspettiamo, e se avete l’impressione che ci siamo dimenticati qualcuno scrivetelo pure nei commenti. Buona lettura.
1. Che 2019 sarà per i fighter italiani?
Di Giovanni Bongiorno
Lo scorso anno è stato ricco di alti e bassi per i principali fighter italiani: se era da molto (troppo) tempo che le MMA non erano presenti nelle principali promotion internazionali, con il passare dei mesi sono arrivate alcune delusioni. È stato un anno molto positivo per Carlo Pedersoli Jr., che dopo aver battuto Nicolas Dalby, in Cage Warriors, ha esordito in UFC, ottenendo una split decision contro Brad Scott. È arrivata allora l’opportunità di farsi vedere in un co-main event, contro Alex “Cowboy” Oliveira: è andata male, purtroppo, ma è stato anche l’ennesimo incontro accettato con poco preavviso da Pedersoli Jr.
Sia con Dalby che con Scott ha mostrato le sue abilità in gabbia, l’arsenale di tecniche molto vario e la bellezza stilistica che lo accompagna: Carlo Pedersoli Jr. è un fighter buono per tutte le stagioni, striker raffinato ma concreto e grappler travolgente ed efficace. L’età (25 anni) gioca a suo favore e il 2019 potrebbe essere il definitivo trampolino per la sua carriera.
Una parabola simile, nel 2018, l’ha avuta Mauro Cerilli, che a marzo in Cage Warriors ha abbattuto in appena 15 secondi il super favorito campione dei Massimi-leggeri Karl Moore, riuscendo nella sua prima difesa del titolo dei Pesi Massimi. Una vittoria che gli è valsa una chance per il titolo nella singaporiana ONE Championship, contro un veterano come Brandon Vera. Anche in questo caso il match non è andato come previsto e Cerilli è caduto dopo pochi secondi, rovinando il finale di quello che sarebbe stato un anno da sogno. Nel 2019 starà a lui ottenere nuove possibilità.
Un finale d’anno decisamente meno amaro ce l’ha avuto invece Stefano Paternò, ex campione dei pesi welter Cage Warriors, che sebbene sia stato sconfitto da Ross Houston al termine di cinque riprese per decisione non unanime (e sul filo del rasoio), ha mostrato tutto il suo valore nel corso dell’anno battendo John Maguire e Mehrdad Janzemini. L’obiettivo per il 2019 di Paternò sembra chiaro: riconquistare il titolo Cage Warriors e pensare, con tutta probabilità, all’entrata in UFC.
Nel 2019 dovranno tornare a combattere anche i 3 atleti italiani ormai parte dell’UFC da più anni, a cominciare da Alessio Di Chirico che ha avuto un anno difficile da interpretare. Dopo aver sconfitto Julian Marquez, al termine di un’autentica guerra, ha dovuto fare buon viso (come è sempre suo stile) di fronte all’annullamento del suo incontro con Jared Cannonier (che ha colto l’occasione di combattere con David Branch ed entrare in top 10) e proprio quando aveva trovato la card giusta (quella di Londra) e l’avversario giusto (Tom Breese, forte di una vittoria all’esordio nei Medi contro Dan Kelly) ha dovuto rinunciare per infortunio. La speranza è che Di Chirico torni presto in gabbia e che ricominci il suo cammino verso la cima dei ranking.
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Non è stato un buon anno neanche per Marvin Vettori, alle prese con una segnalazione USADA di cui si aspetta ancora di capire l’entità. Lui ha annunciato che ci saranno presto novità ma è stato un peccato fermarsi dopo la prova in crescendo contro Israel Adesanya, dello scorso aprile. Un match in cui, anche se ha perso per decisione non unanime, aveva fatto notare netti miglioramenti in ogni fase del combattimento, contro un fighter che l’UFC sembra voler spedire direttamente al vertice della piramide dei Medi. Vettori, anzi, è l’unico fighter ad aver messo in difficoltà Adesanya, grazie alla propria fisicità, al miglioramento del cardio, alla capacità d’avanzamento e alla qualità da incassatore (tempo fa, proprio in un’intervista qui su l’Ultimo Uomo aveva detto: “La mia mascella è di platino”). L’augurio è che la situazione giuridica si risolva al più presto, e che nel 2019 Marvin torni finalmente alla vittoria.
Anche Mara Romero Borella ha avuto un anno difficile, per via soprattutto di un infortunio al ginocchio. Il 2 febbraio Borella tornerà nell’ottagono contro l’imbattuta Taila Santos: sarà un rientro duro, contro un’atleta forte in ogni area del combattimento, ma ha già dimostrato il suo valore e le sue capacità nel grappling, da sempre suo punto forte.
Infine, merita una menzione d’eccezione l’italiano d’adozione Alen Amedovski. Macedone, ma ormai da anni stabile in Italia, ha messo a segno ben 3 vittorie nel solo 2018 e, dopo alcuni infortuni, gli sono bastato meno di cinque minuti in totale per ottenere tre KO netti su Badr Mamdouh, Will Fleury ed Ibrahim Mane (il primo battuto a Magnum FC 4, gli altri due in Bellator). È dotato di mani pesantissime e di un ottimo senso della distanze, è ancora imbattuto (con un record di 8-0) ed ha sconfitto tutti i suoi avversari per KO o TKO. Amedovski ha 30 anni e chissà che nel 2019 non riesca a fare un importante passo avanti nel panorama internazionale.
2. Daniel Cormier
Di Daniele Manusia
Foto di Steven Ryan / Stringer
Mi fanno male le ossa delle mani mentre lo scrivo, ma il 2019 potrebbe essere l’anno in cui Daniel Cormier darà l’addio alle MMA. Non dico che sarebbe ingiusto e, in fondo, cos’altro potrebbe fare Cormier per arricchire la storia dello sport a cui ha dato dieci anni della sua vita?
Chi, tra i suoi fan, vorrebbe veramente vederlo in gabbia ancora contro Jon Jones? Tutti vorrebbero vederlo vincere con Jon Jones, ovviamente, ma chi tra quelli che hanno imparato a volergli bene per il suo stile unico, per il carattere buffo e familiare, per il coraggio dimostrato ripetutamente, vorrebbe vederlo nuovamente cadere sotto la pioggia di colpi di un atleta più giovane, più dotato fisicamente e forse anche tecnicamente, alla soglia dei 40 anni?
Il 2018 è stato un grandissimo anno per Daniel Cormier. Ha difeso la cintura dei Massimi-Leggeri con Volkan Oezdemir (che veniva da 5 vittorie consecutive), poi ha strappato quella dei Massimi al campione più duraturo della categoria, Stipe Miocic, e infine ha difeso anche quella stoppando la striscia vincente di Derrick Lewis (che veniva da 3 vittorie consecutive, tra cui quella con Francis Ngannou). Il campione più attivo della promotion, il fighter dell’anno per l’UFC e un po’ per tutti.
Quando mancavano pochi giorni, si è liberato della cintura più “leggera”, che ha difeso per tre anni e mezzo ma che non avrebbe più difeso. Ma è sembrato anche un gesto per allontanare da sé, il più possibile, lo spettro di Jon Jones. La sua intenzione è quella di combattere con Lesnar e uscire di scena con un incontro non poi così facile e soprattutto ricchissimo. Certo ci potranno essere sorprese, Cormier potrà decidere per orgoglio di guardare ancora una volta negli occhi, da molto vicino, Jones; oppure potrebbe dare una nuova opportunità a Stipe (per ora scomparso dai radar).
Ma forse, per una volta, possiamo augurarci un 2019 scontato e sereno. Daniel Cormier, più di chiunque altro, se lo merita.
3. Jon Jones
Di Daniele Manusia
Che dire del 2018 di Jon Jones? Un buon anno, considerando che è finalmente tornato a combattere e si è sbarazzato di Alexander Gustafsson in maniera decisamente più chiara e dominante di quanto avesse fatto nel loro primo incontro (del 2013)? Un anno mediocre, per un fighter di 31 anni che forse, magari, se non ci fossero stati tutti quegli scandali, più persone avrebbero potuto considerare come il migliore di sempre? Un anno buttato, dopo aver buttato anche il 2017 falsando il precedente rientro con Daniel Cormier ed essersi fatto trovare un’altra volta positivo?
Difficile dare un’opinione vicina a una qualche forma di oggettività sul presente e il passato recente di Jon Jones, più facile pensare quale possa essere la versione migliore del futuro. Per lui e per noi. A Jon Jones non sembra interessare la disputa su chi sia il migliore e non sente il bisogno - “l’importante è il percorso, non il singolo incontro” - ma è indubbio che nel 2019 dovrà combattere anche per ripulire la sua legacy. Se è vero che non ha bisogno di un nuovo incontro (terzo? secondo?) con Daniel Cormier per provare il suo valore, è comunque vero che se i due non si affronteranno più resterà una macchia indelebile sul suo curriculum.
Jon Jones vuole mettere le mani anche sulla cintura dei Pesi Massimi, dopo aver raccolto da terra quella dei Massimi-Leggeri e forse il tempismo con cui è rientrato permetterà all’UFC di evitare ogni imbarazzo, regalando a Cormier l’incontro d’addio con Brock Lesnar e preparando la strada di Jones con incontri comunque straordinari con Stipe Miocic o, visto che se ne sta parlando in questi giorni, Cain Velazquez (che deve sì passare sopra un ostacolo bello grosso come Francis Ngannou, ma che poi potrebbe vendicare l’amico Daniel Cormier).
Probabilmente, Jon Jones riuscirà in tutto quello che si proporrà di fare nel 2019. Perché in effetti, se non il migliore di sempre, è forse il migliore oggi tra quelli che pesano quanto lui, e nell’incontro con Gustafsson è apparso affilato e intelligente come sempre, una volta superata la porta d’ingresso dell’ottagono. Ma, a mio modesto parere, ha torto quando dice di non aver bisogno di un nuovo incontro con Cormier per dimostrare la sua superiorità. Non solo perché è una vicenda triste rimasta in sospeso, ma anche perché nel loro secondo incontro Cormier sembrava riuscire a tenergli testa, prima che la sua testa venisse colpita da un calcio. Il dubbio che quell’esplosività fosse “aiutata” da qualche fattore esterno non potrà togliercelo mai nessuno, e forse neanche Cormier potrà mai prepararsi altrettanto bene come ha fatto nel luglio del 2017, ma se la fine di una storia ha un qualche significato, sarebbe importante averne una chiara e definitiva.
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Il 2019 potrebbe essere l’anno in cui Jon Jones si prende due troni e due corone, ma che senso ha regnare in un castello pieno di fantasmi di antichi re, che la corte magari ricorda con più affetto? La vera battaglia di Jon Jones sarà quella umana: dovrà diventare un essere umano migliore.
4. Kamaru Usman
Di Gianluca Faelutti
Nel 2018 Kamaru Usman ha proseguito un’ascesa che sembra inarrestabile, e nel percorso ha messo in luce non solo il suo stile ma anche una solidità sorprendente. Usman sembra fare sempre esattamente quanto basta per avere la meglio sul proprio avversario, senza strafare, senza dare spettacolo per il piacere di farlo, e soprattutto senza mai rischiare neanche per un attimo di perdere. Per la sua capacità di controllare i match dal ground game, anzi, ricorda un grandissimo come George St-Pierre.
Usman ha combattuto tre volte in questo 2018. Nel primo incontro ha avuto la meglio su un coriaceo Emil Meek, ma non è stata una prestazione convincente: tanta top position, pochi colpi e qualche grattacapo di troppo nelle rarissime fasi in piedi.
Il secondo è stato contro Demian Maia, un accoppiamento relativamente facile per Kamaru visto che sarebbe stato improbabile vederlo costretto schiena a terra e ancor di più immaginarlo soccombere in piedi. Il terzo e ultimo incontro, però, è stato contro un fighter complesso come Rafael Dos Anjos, e Usman ha dato il meglio di sé: pressione incessante, 12 atterramenti, 49 colpi dal ground game contro un ottimo bjj come quello di RDA, gran lavoro a parete con 33 colpi dal clinch. Una supremazia totale in ogni fase del combattimento, compresa quella in piedi.
Usman si presenta così in questo 2019, giunto alla posizione numero due del ranking dei pesi welter, pronto ad attentare al titolo di Tyron Woodley. L’incontro, se tutto va bene, è previsto per il prossimo 2 marzo (UFC 235), dopo che Dana White ha fatto firmare Usman per un incontro titolato senza chiedere al campione in carica che aveva difeso la cintura appena lo scorso settembre (contro il fenomeno Darren Till). A restare in piedi, nel gioco delle sedie, Colby Covington, che per quanto non abbia fatto nulla per stare simpatico a nessuno era diventato campione ad interim lo scorso giugno.
Nonostante l’ingiusto trattamento dei fighter da parte dell’UFC, Kamaru Usman è un validissimo pretendente al titolo, oltre che un fighter creativo ed estremamente intelligente. Sarà bello vederlo contro Woodley e capire come continuerà la sua strada.
5. Max Holloway
Di Giovanni Bongiorno
Max Holloway non aveva iniziato l’anno nel migliore dei modi. Dopo il rematch del 2 dicembre 2017 contro Jose Aldo, non è più riuscito ad entrare nell’ottagono per via di una serie di infortuni. Prima, il 3 marzo, per un infortunio alla gamba; poi, il 7 aprile, in vista dell’incontro con Khabib Nurmagomedov (in sostituzione di Tony Ferguson), a causa della debilitazione fisica per raggiungere il peso, con conseguente esclusione da parte della commissione medica; infine, il 7 luglio, ha dovuto rinunciare al match contro Brian Ortega a causa dei sintomi di una concussione cerebrale.
La situazione si è fatta via via più delicata, soprattutto per i possibili effetti a lungo termine dell’ultimo infortunio, e Holloway ha passato un periodo estremamente duro che gli ha fatto anche conoscere la depressione. Nonostante ciò, Holloway è riuscito a tornare in grande stile. Nel match dello scorso 8 dicembre, proprio contro Ortega, il fighter hawaiano ha dato una grande prova del suo talento. “Blessed” ha costruito quella che è probabilmente la miglior prestazione della propria carriera, difendendo senza apparenti difficoltà, in un match quasi a senso unico terminato per stop medico al termine del quarto round, la corona dei pesi piuma.
Foto di Vaughn Ridley / Stringer
Adesso è a quota 13 vittorie di fila, con il maggior numero di colpi significativi messo a segno in un singolo match UFC (290), il maggior numero di vittorie nella categoria dei piuma UFC (15) e i bonus Performance e Fight of the Night. Si prepara un grandissimo 2019 per Holloway, se fosse vero, come qualcuno dice, che potrebbe tentare la scalata nei Pesi Leggeri, con il desiderio di vendicare le sconfitte subite in carriera .
Si parla, quindi, di un possibile rematch con Dustin Poirier, oppure di un superfight con Conor McGregor. Un’altra possibilità, è il sempreverde Champ vs Champ contro Khabib Nurmagomedov. Insomma, le possibilità di rendere il 2019 l’anno migliore nella carriera di Max Holloway ci sono tutte. “Blessed” è un fighter in perpetua evoluzione e presenta una versione migliore di sé stesso ogni volta che entra in gabbia. È una delizia per i suoi fan, una croce dei suoi avversari. Non è solo l’uomo da battere nella categoria, ma forse il miglior Peso Piuma della sua generazione.
6. Israel Adesanya
Di Gianluca Faelutti
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A post shared by Israel Adesanya (@stylebender) on Jan 4, 2019 at 7:15pm PST
Rimasi a tal punto folgorato dal suo esordio in UFC, contro il grappler Rob Wilkinson, che decisi di scriverci immediatamente un pezzo. Ma quell’esordio non è stato un fuoco di paglia: nel 2018 Adesanya si è rivelato il fighter più sorprendente dell’anno, l’astro nascente più luminoso e forse inaspettato.
Il background di alto livello nella kickboxing sembrava pronosticare il fatto che Adesanya potesse diventare uno striker d’elite anche nelle MMA, ma pochi potevano immaginare una predisposizione naturale tanto straordinaria per quanto riguarda il grappling, e più precisamente il grappling difensivo. Adesanya ha una capacità nel gestire le distanze, nell’eludere i colpi avversari e nel colpire, anche d’incontro e con precisione, davvero fuori dal comune. Tutte qualità che verrebbero vanificate se Adesanya non avesse anche sviluppato una capacità così sbalorditiva di tenere i match in piedi, una qualità che è diventata sempre più evidente, incontro dopo incontro.
Il suo secondo match (dello scorso aprile) lo ha visto opposto a Marvin Vettori, e Adesanya si è imposto senza strafare, correndo pochi rischi contro un gran wrestler dalle mani pesanti. Adesanya ha iniziato così una scalata vertiginosa del ranking e tre mesi dopo ha combattuto contro un top 10, Brad Tavares.
L’incontro è finito ai punti, ma il dominio di Adesanya è stato assoluto: decisione unanime, con due giudici che lo vedono vincente in tutte cinque le riprese. Tavares ha provato invano ben 12 atterramenti, che Adesanya ha difeso, sfruttando la troppa discrepanza di velocità, e l’enorme differenza di caratura tecnica.
Quindi, Adesanya ha incontrato anche Derek Brunson, un wrestler ancora superiore ai precedenti che, anche lui, ha provato disperatamente a portarlo a terra. Sette tentativi elusi e tante energie sprecate, finché Adesanya ha capito che era arrivato il momento di smettere di preoccuparsi unicamente al grappling difensivo e ha cominciato il suo contrattacco: una serie di ginocchiate al volto e pugni che in una manciata di secondo hanno mandato a dormire Brunson.
Il 2019 comincia con il botto per Adesanya, che il prossimo 10 febbraio affronterà una leggenda come Anderson Silva. Se forse è troppo parlare di una specie di passaggio del testimone da una generazione all’altra, sicuramente non sarà una passeggiata per Adesanya, messo di fronte a uno dei migliori striker della storia dello sport, anche se lontano dal prime fisico. Insomma, il 2019 sembra preparare sfide ancora più difficili per Adesanya, ma se dovessi puntare su un futuro campione dei medi, lo farei su di lui.
7. Anthony Smith
Di Giovanni Bongiorno
Anthony Smith ha avuto un 2018 da ricordare. Dopo aver perso un incontro sanguinoso contro Thiago Santos a 185 libbre, “Lionheart”, fighter dai colpi pesantissimi, aveva deciso di salire di divisione. Una scelta che si è rivelata azzeccata, viste le tre vittorie consecutive e il raggiungimento dell’incontro per il titolo contro Jon Jones.
Smith ha fatto battuto fighter esperti ma ancora pericolosi come Rashad Evans e Shogun Rua, per poi sorprendere il mondo con la rear-naked choke su Volkan Oezdemir. Tre successi per certi versi sorprendenti, che hanno convinto i vertici UFC a sfruttare la sua ascesa e a dargli la possibilità di tentare l’impresa, che al momento sembra molto difficile, di togliere il titolo a Jon Jones. Se volete seguire il suo 2019, quindi, l’appuntamento con lui è a UFC 235, il prossimo 2 marzo, nel main event.
8. Amanda Nunes
Di Giovanni Bongiorno
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A post shared by ⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀⠀ Amanda Nunes (@amanda_leoa) on Jan 7, 2019 at 6:09am PST
Nell’ultimo incontro del suo anno, Amanda Nunes ha letteralmente distrutto Cris Cyborg. È stata una vittoria epocale, per certi versi, perché Cyborg sembrava imbattibile e l’UFC le aveva da poco cucito addosso un’intera categoria, quella dei Pesi Piuma. Amanda Nunes aveva già dimostrato a tutte le prime contendenti della sua divisione, Pesi Gallo, di essere la migliore e la UFC ha voluto puntare tutto su un superfight fra le due campionesse. Visto il risultato, nessuno può lamentarsi.
Amanda Nunes adesso è la nuova star, la fighter da battere, la prima donna a detenere la cintura in due divisioni contemporaneamente. Prima della grande vittoria contro Cris Cyborg, aveva scherzato con Raquel Pennington, facendola sembrare semplicemente come una fighter non al suo livello. La domanda adesso è se esista qualcuno che possa contrastare il suo dominio, a parte Valentina Shevchenko che sembra al momento l’unica che può metterla in difficoltà. La fighter russa, però, diventata campionessa dei Pesi Mosca (cioè 10 libbre più in basso della categoria minore dominata da Amanda Nunes) e per incontrarsi la UFC dovrebbe quindi organizzare un altro superfight...
Nunes e Shevchenko hanno combattuto già due volte, e in entrambi i casi è stata la brasiliana a prevalere, anche se in match estremamente equilibrati, specie il secondo, terminato per decisione non unanime (e da molti contestato). Chissà che il 2019 non posso riservarci la terza sfida tra queste due fighter, la massima espressione delle MMA femminili al momento. Ma anche se dovesse esserci un rematch con Cyborg, be’, non saremmo certo noi a lamentarci.
9. Dustin Poirier
Di Gianluca Faelutti
Dustin Poirier è uno dei fighter che più si è evoluto nel tempo: il suo stile pugilistico si è affinato a livelli sublimi e le sue combinazioni di braccia, oggi, sono spettacolari oltre che tremendamente efficaci. Due battaglie epiche hanno caratterizzato quella che per lui è stata l’annata più importante della sua carriera, perché arrivate contro due avversari molto forti come Justin Gaethe e Eddie Alvarez. Due prestazioni gladiatorie, feroci, straordinariamente dominanti che hanno segnato un 2018 fuori dal comune.
Dustin Porier è un fighter che ama la guerra, ma combatte in modo elegante, è sempre molto aggressivo pur senza scomporsi. Ha anche un ottimo wrestling. Insomma, sta diventando un “Diamante” (è il suo soprannome) sempre più puro, anche grazie a una mentalità da grandissimo competitore. Al momento è senza incontro e nel ranking UFC dei Lightweight è subito dietro Conor McGregor (che a sua volta è dietro Tony Ferguson e Khabib Nurmagomedov). E se fosse lui l’outsider della categoria? La risposta, forse, ce la darà il 2019.
10. Yair Rodriguez
Di Gianluca Faelutti
Alla vigilia del match contro Frankie Edgar, del maggio 2017, Yair Rodriguez era considerato un predestinato. La sua sconfitta, netta e per molti inattesa, decretò un ridimensionamento che sembrava irreversibile: Yair da allora è passato dall’essere considerato un astro nascente, allo status di bluff. Considerato da molti (forse anche dall’UFC con cui hanno faticato a rinnovare il contratto) un abbaglio, un fuoco di paglia.
Nel 2018, però, ha messo in scena uno degli incontri più avvincenti in assoluto contro un duro come Chang Sung Jung, lo zombie coreano, dimostrando di essere un fighter vero, non solo capace di prodezze altamente scenografiche, ma anche dotato di una grande determinazione e di una buona tolleranza ai colpi.
La vittoria è arrivata al fotofinish, con Jung che ha tentato un’ultima offensiva (quando il match era ormai destinato a finire ai punti e probabilmente con una sua vittoria di misura), Rodriguez ha inventato un’incredibile gomitata, risolvendo così il match all’ultimo istante e nel modo più imprevedibile possibile. Il KO dell’anno gli ha regalato una vittoria che sa di rilancio e che potrebbe aver donato nuove certezze a un fighter talentuoso e dotato dei calci più imprevedibili e spettacolosi di tutto il roster.
Se Rodriguez riuscirà ad aggiungere ai suoi lampi di genio un affinamento in quelle che sono le sue aree più lacunose (ground game difensivo e limiti di guardia) diventerà un fighter temibile per chiunque. Che il 2019 possa donarci un Rodriguez vincente oltre che spettacolare?
11. Zabit Magomedsharipov
Di Gianluca Faelutti
Magomedsharipov è il nostro pupillo fin dai primi incontri (ed era già nell’elenco dei fighter da seguire lo scorso anno). È semplicemente uno dei talenti più puri emersi negli ultimi anni: uno striker estroso ma anche un grappler sublime, com’è tradizione della sua terra d’origine, il Daghestan. È rapido, tecnico, dinamico e creativo. Ama i colpi girati, in special modo gli spinning back e spinning high kick, che esegue a velocità supersoniche. Inoltre, è eccezionalmente elusivo in difesa, grazie ai movimenti di corpo e al suo perpetuo gioco di gambe.
Nel 2018 sono arrivate due vittorie estremamente convincenti, dove ha palesato un talento notevole nelle schivate, e adesso lo aspetta l’incontro con il numero 6 del ranking Featherweight, Jeremy Stephens (che viene da una sconfitta con Jose Aldo). Il 2019 potrebbe essere quello in cui attacca al vertice della categoria, o quanto meno l’anno della definitiva consacrazione.
Foto di Ed Mulholland / Getty Images
12. Nick e Nate Diaz
Di Giovanni Bongiorno
Non c’è nulla di certo quando di mezzo ci sono i fratelli Diaz, che non calcano il pavimento dell’ottagono da tempo ormai immemore, ma il 2019 potrebbe essere finalmente l’anno del loro ritorno.
Il 31 gennaio 2015 è stata l’ultima data che ha visto protagonista il maggiore dei fratelli Diaz, Nick, in un match a UFC 183 contro il leggendario Anderson Silva. Il Ragno aveva vinto il match per decisione unanime, ma è stato poi trovato positivo a sostanze proibite e il risultato del match è stato tramutato in No Contest. Da allora ci sono state molte voci, ma nessuna conferma del ritorno di Diaz. L’ultima lo vorrebbe protagonista di un match contro Jorge Masvidal ad UFC 235, ma l’idea sembra ormai tramontata.
Nick Diaz è uno dei fighter più entusiasmanti dell’intero roster UFC, ma la continuità in gabbia non è mai stata il suo forte: dal 2012 ad oggi ha combattuto solo tre match, forse a causa di richieste economiche eccessive. Nick oggi ha 35 anni e potrebbero rimanergli pochi match da giocarsi in carriera, sempre che voglia davvero rientrare in gabbia. Sfumato il match contro Jorge Masvidal, per Nick Diaz si ripresenta l’enigma di una nuova sfida, l’incertezza del ritorno.
Discorso diverso per Nate: dopo essersi scostato dall’ombra del fratello, ma con la volontà di ricalcarne le gesta, manca dall’agosto 2016, da quando è stato sconfitto per decisione maggioritaria da Conor McGregor a UFC 202. Poi, si era parlato di un match contro Dustin Poirier, già in programma per UFC 230, che però è saltato. Magari Nate Diaz non ha più stimoli per combattere e ha bisogno di un grande evento per farlo tornare sui suoi passi, tipo la chiusura della trilogia contro Conor McGregor (che ha vinto il rematch dopo la prima sconfitta).
Per adesso però ci sono solo voci e nessuna certezza. Sarebbe molto entusiasmante assistere al rientro dei Diaz, con tutto ciò che questo comporta: dirty boxing, taglio delle distanze, scariche fra corpo e volto, e un submission game di primissimo livello. I Diaz sono la personificazione del picchiatore da strada all’interno della gabbia: amati da alcuni, odiati da altri, ma nessun vero amante delle MMA si perderebbe un loro incontro. Chissà che il 2019 non ci dia la possibilità di rivederli ancora una volta nell’ottagono.
13. Antonio Carlos Jr.
Di Gianluca Faelutti
“Cara de Sapato”, come è chiamato Antonio Carlos Jr., ha combattuto un solo match nel 2018, contro Tim Boetsch, e lo ha vinto firmandolo come consuetudine con un Rear Naked Choke. Il quarto nei cinque match vinti consecutivamente in UFC e si può dire tranquillamente che Antonio Carlos Jr. fa parte dell’élite dei grappler, grazie a un brazilian jiu jitsu tecnicamente sublime a cui unisce un atletismo prepotente e una grande lucidità mentale. La sua forza fisica si esprime anche nelle fasi di striking, dove la sua stazza lo rende capace di colpi potenti e gli permette di gareggiare alla pari con fighter magari più qualitativi in piedi, ma spesso più piccoli e con un minore allungo. Dopo tante conferme, nel 2019 Antonio Carlos Jr. avrebbe bisogno di sfide più probanti, che il brasiliano ha tutti i mezzi per superare con successo, entrando fra i primi dieci Pesi Medi UFC.
14. Marlon Moraes
Di Giovanni Bongiorno
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A post shared by 〽️arlon 〽️oraes (@mmarlonmoraes) on Jan 6, 2019 at 2:05am PST
Nonostante Marlon Moraes avesse guadagnato legittimamente la title shot nella categoria delle 135 libbre a seguito della vittoria su Jimmie Rivera a UFC FN 131, il brasiliano lo scorso 2 febbraio ha comunque accettato un match contro Raphael Assunçao. Il suo connazionale ha così rovinato il debutto di Moraes in UFC, battendolo per split decision a UFC 212, e “Magic” nel 2019 è quindi pronto alla rivincita.
Nonostante ciò, Moraes ha dimostrato comunque di essere un fighter molto interessante. Forte sia nella muay thai che nel BJJ, ha saputo mescolare benissimo le eccellenze in ogni campo del combattimento, offrendo ai propri avversari incontri sempre più duri e spigolosi, terminati spesso in suo favore grazie a fulminanti KO, palesando i miglioramenti nel timing e la sicurezza all’interno della gabbia. Ne sanno qualcosa Jimmie Rivera e Aljamain Sterling, quest’ultimo abbattuto con una ginocchiata alla tempia ad UFC FN 123.
Marlon Moraes, insomma, sembra essere uno dei pochi fighter a poter tener testa a TJ Dillashaw dal punto di vista stilistico, ma per arrivare a quel livello dovrà prima battere Raphael Assunçao, che rimane un rebus difficile da risolvere. Assunçao è un fighter completo, forse meno pericoloso negli ultimi anni dato il calo fisiologico dovuto all’età e i conseguenti infortuni, ma comunque con un curriculum di tutto rispetto, che può vantare vittorie prestigiose contro nomi del calibro di Rob Font, Aljamain Sterling, Bryan Caraway, Pedro Munhoz, TJ Dillashaw, Joe Pearson, Joe Lauzon e Jorge Masvidal. Per Moraes, insomma, l’inizio del 2019 non sarà semplice.
15. Santiago Ponzinibbio
Di Gianluca Faelutti
Ponzinibbio ha sorpreso in tanti. Inizialmente sembrava un fighter troppo grezzo per poter sfidare i migliori al mondo, ma ne avevamo sottovalutato l’impeto, la straripanza fisica e la forza mentale. E forse anche la caratura tecnica del suo pugilato. Ottimo jab, macigni al posto delle mani, una capacità davvero impressionate di accorciare la distanza e un gran ritmo che gli permette di avere un volume di colpi elevato. Oltre a un grappling difensivo che si è dimostrato sempre più valido. Santiago Ponzinibbio sarà una minaccia per tutti nel 2019 e potrebbe diventare un valido outsider nei Pesi Welter (al momento è al settimo posto nel ranking UFC).
16. Cain Velasquez
Di Gianluca Faelutti
Se solo la carriera di Cain Velasquez non fosse stata falcidiata dagli infortuni staremmo parlando, forse, del più grande Peso Massimo di sempre; ma la storia, anche quella sportiva, non si fa con i “se”, e per questo oggi Velasquez ha un bisogno disperato di nuovi successi. Inizia per lui un capitolo nuovo da aggiungere alla propria storia, alla sua carriera grandiosa anche se menomata da una sorta di maledizione (anche se recentemente ha detto di essere rimasto fermo anche per restare vicino alla moglie e al figlio piccolo, oltre che per gli infortuni).
Cain Velazquez non combatte dal 2016 ma il vantaggio di essere stato fermo tanto a lungo, paradossalmente, potrebbe essere quello di aver preservato la sua mascella, risparmiandole anni di battaglie che l’avrebbero indebolita. La mascella, in questo sport, è più importante di un fisico giovanile, e potrebbe rivelarsi un fattore determinante già per il suo prossimo incontro, il 17 febbraio, contro Francis Ngannou.
Cain potrebbe avere ancora moltissimo da dare a questo sport, anche per le enormi motivazioni con cui torna nell’ottagono. Francis Ngannou, però, dopo un momento di sfasamento (di shock, forse, successivo all’incontro con Miocic in cui è stato controllato per 5 round) è tornato a far paura, mandando KO Curtis Blaydes. La seconda di vita di Cain comincia da una sfida difficilissima, e più che un lieto fine potrebbe essere un nuovo inizio.
17. Conor McGregor
Di Daniele Manusia
Foto di Harry How / Getty Images
Pochi giorni dopo che Mayweather ha incassato un altro ricco assegno per una farsa di molto peggiore rispetto a quella dell’agosto 2017, mandando più volte al tappeto nella prima ripresa Tenshin Nasukawa (un kickboxer ventenne con un record di 28-0), la moglie di Conor McGregor ha messo alla luce il loro secondo figlio. Il 2019 è cominciato positivamente, quindi, e la speranza è che McGregor torni a concentrarsi sulle cose che contano veramente, tappandosi le orecchie gonfie per restare sordo al canto delle sirene.
McGregor non deve solo farsi perdonare l’anno di pausa rubato agli appassionati di MMA per il suo tour mondiale di trash talking con Mayweather (conclusosi poi con un incontro in cui tutto sommato ha fatto una figura migliore di quella che avevano predetto in molti, sicuramente migliore di Tenshin) ma anche un 2018 che ricorderemo solo per due cose:
Perché ad aprile ha tirato un carrello per i bagagli contro il pullman che doveva trasportare Khabib Nurmagomedov in albergo, alla fine di un evento in cui McGregor non era invitato.
Perché ad ottobre, dopo aver offeso famiglia, fede e patriottismo di Khabib Nurmagomedov, è stato sconfitto e umiliato nell’ottagono. E purtroppo la cosa non si è fermata lì.
Conor McGregor non ha solo confermato le sue lacune nella lotta a terra (contro, comunque, uno dei migliori lottatori in attività), ma in qualche modo ha anche eroso il suo personaggio, trasformandolo in una macchietta auto-promozionale troppo sfacciata per avere ancora effetto. McGregor deve assolutamente tornare a vincere in un ottagono di MMA, per ridare lustro al suo brand e dimostrare che il suo amore con questo sport non è secondario al resto delle sue attività. Deve dimostrare, in una parola, di essere ancora un fighter autentico.
Per farlo non deve per forza di cose battere Nurmagomedov, impresa che sembrerebbe impossibile, se non per il fatto che McGregor ha già dimostrato di saper imparare dai propri errori, proprio in occasione dell’altra sconfitta più umiliante della sua carriera (quella con Nate Diaz). Sarebbe interessante vedere cosa cambierebbe nel piano gara e nello stile di McGregor, ma sarebbe comunque bello vederlo combattere con un altro avversario di livello. Sarebbe fantastico il rematch con Max Holloway, che da quando McGregor l’ha battuto (nel 2013) è diventato uno degli striker più letali dei Pesi Piuma (senza più veramente dei contender da eliminare, se non il solo Frankie Edgar). Sarebbe una bella sfida anche quella con Dustin Poirier, uno striker duro che viene da tre belle vittorie consecutive e che nel ranking dei Pesi Leggeri gli sta subito dietro (anche se McGregor lo sconfisse nella categoria dei Piuma a UFC 178).
Insomma, le opportunità per mettersi davvero alla prova non mancheranno. E il 2019 potrebbe essere l’anno del ritorno di Conor McGregor, l’anno in cui torneremo a parlare di lui per le sue qualità di fighter e non per la sua capacità di attirare l’attenzione.
18. Khabib Nurmagomedov
Di Daniele Manusia
Foto di Harry How / Getty Images
Khabib Nurmagomedov non ha niente da dimostrare e non deve niente a nessuno. Dopo aver reclamato la cintura per anni, dopo aver tirato in ballo McGregor quando McGregor era all’apice, è finalmente diventato campione e ha finalmente battuto McGregor - gli ha dato una lezione, anzi, come nessuno aveva mai fatto prima. Tutto questo, nel 2018.
Adesso Nurmagomedov può sedersi sul suo record, 27-0, e continuare a portare la sua fama in giro per il mondo. Di Paesi che violano diritti umani, di pseudo-terroristi, presidenti/dittatori e sceicchi autoritari con cui farsi le foto ce ne sono abbastanza da restare anche un paio d’anni lontano dall’ottagono. Se è questo quello che vuole Nurmagomedov per il suo 2019, nessuno potrà comunque mettere in discussione il suo valore.
Perché va detto che la profondità del suo talento, la violenza di cui è capace (nei limiti del regolamento e anche al di là di esso), oggi è conosciuta praticamente a tutti. A nessuno verrebbe in mente di dipingerlo, come si faceva fino a poco tempo fa, come un fighter monodimensionale; nessuno si sognerebbe di rinfacciargli gli infortuni. E probabilmente, più in generale, per chiunque abbia a cuore le MMA, sarà impossibile dimenticare Khabib Nurmagomedov al suo meglio: quei cinque minuti alla volta in cui è in grado di schiacciare qualsiasi altro essere umano al tappeto, togliendogli un appoggio dopo l’altro, annichilendo qualsiasi tentativo del suo avversario di alzarsi, di respirare, di salvarsi. Il ritmo e il rumore del suo ground and pound, il volume dei colpi di cui è capace. Le facce dei suoi avversari quando l’arbitro li separa alla fine della ripresa: il sollievo perché in fondo è solo uno sport, l’angoscia perché sta per cominciare una ripresa nuova.
Nurmagomedov è già parte della storia di questo sport estremo e contraddittorio, lo sport più contemporaneo di tutti, l’unico in grado di condensare in un’esibizione atletica e tecnica il senso drammatico degli anni che stiamo vivendo. E Nurmagomedov - la cupezza interiore con cui combatte, lo stile sublime che riscatta la violenza - è forse il singolo fighter che meglio di tutti incarna la sublime disperazione del mondo nella seconda decade del XXI secolo.
Khabib Nurmagomedov, però, può ancora estendere il suo dominio. Può allungare il suo record e dimostrare il proprio valore a spese di altri uomini. Può arrivare a 30-0, 40-0, perché no? Potrebbe vedersela con il campione della categoria sottostante alla sua, Max Holloway, tanto per dimostrare (nel caso ci riuscisse) la sua superiorità contro lo striker più veloce e con il volume di colpi più alto di tutta la promotion. Potrebbe dare a McGregor un’altra chance, per chiudergli la bocca definitivamente e seppellire una rivalità tossica.
Oppure potrebbe affrontare il solo fighter che ancora osa mettere in discussione le sue capacità. L’ultimo che ancora non gli mostra il rispetto che, indiscutibilmente, remando contro la corrente dell’UFC che non lo ha mai visto di buon occhio anche perché musulmano, si è conquistato con il sudore e il sangue (degli altri).
Ovviamente sto parlando di Tony Ferguson, dell’incontro maledetto, annullato già 4 volte, che tutti vorrebbero vedere nel 2019. Nurmagomedov non deve niente a nessuno, né a noi, né a Conor McGregor, né a Tony Ferguson. Ma Nurmagomedov sa che dal punto di vista competitivo, è quella la cosa giusta da fare. Se l’UFC deciderà di riprovarci per una quinta volta, e se non ci saranno altri infortuni o incidenti. Insomma, se dio vorrà.
19. Darren Till
Di Giovanni Bongiorno
Darren Till ha cominciato alla grande il proprio anno, sconfiggendo in una battaglia quasi scacchistica (che nell’ottagono significa molto equilibrata) Stephen Thompson. Il successo ottenuto in quel caso, forse inaspettato, gli ha dato modo di ottenere a soli 26 anni, e da imbattuto, la chance titolata contro Tyron Woodley. Il match contro Woodley, però, è stato a senso unico: un primo round di studio, nessun colpo pesante; un secondo round in cui ha provato ad accorciare ma ha subito il counterstriking di Woodley, che non ha avuto particolari difficoltà a prendergli il tempo e centrarlo con un diretto al volto che lo mandato al tappeto. Da terra, poi, è stato praticamente un massacro: Woodley ha concluso il match con un grandinata di colpi e dopo la sconfitta Till ha dichiarato che forse è tempo di salire di categoria, perché il taglio del peso lo debilita troppo.
Forte fisicamente, veloce, intelligente in gabbia, forse con qualche problema di cardio nelle battute finali dei match. Darren Till è un fighter in evoluzione, pronto a fare il vero salto di qualità nei Pesi Medi, qualora dovesse salire di divisione visti i continui problemi con la bilancia. Intanto, la UFC lo ha messo nel main event di UFC London il 16 marzo contro l’ex campione ad interim dei pesi welter Colby Covington. Un’altra chance per dimostrare di poter stare fra i grandi.
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20. Paulo Costa
Di Giovanni Bongiorno
Paulo Costa, soprannominato “The Eraser” (cioè l’Eliminatore), ha combattuto solo una volta quest’anno, a UFC 226, evento nel quale ha annichilito Uriah Hall. Dopo questo incontro, la UFC aveva già organizzato un match contro Yoel Romero, ma il cubano, dopo aver battuto Luke Rockhold, aveva subito un infortunio che lo aveva costretto a rimanere fuori dai giochi.
Al momento non si sa nulla del 2019 di Paulo Costa, nessun match organizzato, nessun rumor. Ciò che sappiamo è che il ventisettenne di Belo Horizonte è uno dei fighter emergenti più pericolosi nel panorama delle 185 libbre: concreto, forte fisicamente, veloce, estremamente tecnico per la massa muscolare con cui si presenta, con un pugilato feroce ed estremamente pericoloso. Un’esperienza devastante per gli avversari che potremmo paragonare ad un carro armato veloce che abbatte tutto ciò che gli si pari davanti.
Per testare il suo talento però gli manca un match d’élite, e il 2019 potrebbe offrire al brasiliano questa possibilità.
21. Cris Cyborg
Di Giovanni Bongiorno
Il 2018 si è chiuso in modo amaro per quella che fino a qualche mese fa era considerata la fighter più forte in circolazione. Dopo la vittoria su Yana Kunitskaya, Cris Cyborg è capitolata a UFC 232 contro Amanda Nunes, vittima del talento e della determinazione della sua connazionale. Cyborg non era mai sembrata così vulnerabile nell’ottagono ed è sembrata anche impreparata ad affrontare situazioni di difficoltà, avanzando anche dopo pesantissimi colpi al volto, dimostrando una certa di mancanza di lucidità in momenti di forte pressione.
Ma non bisogna dimenticare che Cris Cyborg rimane comunque una delle fighter più forti in circolazione e al momento l’unica capace di batterla ad oggi rimane Amanda Nunes. In questo senso, il 2019 potrebbe essere l’anno della rivalsa o del definitivo tracollo per Cyborg, che potrebbe tentare il rematch contro Nunes oppure provare un incontro diverso, ad esempio contro Megan Anderson. Il 2019 sarà l’anno in cui probabilmente si definirà definitivamente la sua legacy.
22. Alexander Volkanovski
Di Giovanni Bongiorno
Alexander Volkanovski ha iniziato il 2018 sconfiggendo Jeremy Kennedy, lo ha proseguito dominando un coriaceo Darren Elkins e lo ha concluso abbattendo Chad Mendes, cioè uno fra i più duri contendenti tra i Pesi Piuma. Volkanovski è, oggi, una delle rivelazioni della categoria, forse persino più maturo e pericoloso di Zabit Magomedsharipov. Alto 168 cm, ma con un allungo incredibile di ben 182 cm, e uno stile arrembante e aggressivo che fa di pugilato e wrestling le sue armi principali, Volkanovski ha lanciato la sua scalata al titolo sconfiggendo Mendes, suo primo vero match d’élite che è servito come avvertimento all’intera categoria.
23. Valentina Shevchenko
Di Giovanni Bongiorno
Alla perenne rincorsa di un titolo UFC, Valentina Shevchenko ha provato due volte a prendersi quello delle 135 libbre da Amanda Nunes, non riuscendo però mai nell’impresa. Nonostante ciò, Shevchenko ha comunque dimostrato di essere assolutamente una fighter d’élite, imponendosi con una prestazione sfavillante su Priscila Cachoeira a UFC FN 125 nel mese di febbraio. La fighter kirghizistana ha sottomesso la sua avversaria nel secondo round tramite rear-naked choke per guadagnarsi la title shot nella categoria dei pesi mosca e giocarsi la chance con quella che è stata la sua più grande rivale nella muay thai, cioè Joanna Jedrzejczyk. Shevchenko ha portato a casa la vittoria ai punti anche contro di lei e si è laureata campionessa.
Nel 2019 “Bullet” potrebbe dover affrontare l’ex campionessa Nicco Montaño, privata della cintura dopo il suo forfait nel precedente match organizzato proprio contro la Shevchenko a UFC 228.
24. Tony Ferguson
Di Giovanni Bongiorno
Foto di Harry How / Getty Images
L’uomo nero (traduzione del suo soprannome: “El Cucuy”) è tornato in grande spolvero a UFC 229, lo scorso 6 ottobre, dimostrato la propria superiorità su Anthony Pettis, in un match che si è trasformato in brevissimo tempo in una guerra. Ferguson non combatteva da un anno a causa di un infortunio al ginocchio (che Pettis ha provato a sfruttare a suo favore nelle fasi iniziali del match) e ha vinto per TKO al termine di due riprese particolarmente sanguinolente.
A ottobre 2017 aveva battuto Kevin Lee, vincendo il titolo ad interim dei Pesi Leggeri, e ormai ha vinto undici match consecutivamente. Nella striscia di vittorie figurano atleti di prima fascia come Rafael dos Anjos, Edson Barboza, Josh Thomson e Kevin Lee, che rappresentano passato, presente e futuro della divisione. Ferguson ha vinto praticamente contro tutti nella divisione dei Pesi Leggeri (tranne Conor McGregor) e adesso sembra voler accettare unicamente un incontro con il campione in carica, Khabib Nurmagomedov.
Il match con Khabib, com’è noto, è già saltato ben 4 volte, e la colpa si divide equamente fra i due combattenti, che hanno dovuto rinunciare per infortunio due volte a testa. Ma ancora oggi Ferguson rappresenta l’antitesi stilistica perfetta di Khabib: è ostico, ruvido, completo, letale da ogni posizione, anche e soprattutto con la schiena a terra. Quando insegue l’avversario è devastante, scambia a viso aperto senza paura, è dominante in fase di grappling ma può terminare il match in una frazione di secondo anche da posizioni svantaggiose.
A volte in difficoltà in fase difensiva di striking nei momenti d’alta intensità dell’avversario, ma trova sempre il modo per uscirne e volgere la situazione a proprio vantaggio. Per dirsi il più forte di categoria, ovviamente, deve battere il campione. E forse non c’è match di questo più atteso nel 2019.
25. Rose Namajunas
Di Giovanni Bongiorno
La campionessa dei pesi paglia ha combattuto solo una volta nel 2018, riuscendo nell’impresa di difendere il titolo dalla pericolosissima Joanna Jedrzejczyk, in occasione di UFC 223. Dopo quell’incontro Namajunas ha poi passato del tempo a recuperare da un infortunio, una stenosi spinale che sembrava persistere. Da poco Brett Okamoto di ESPN ha parlato del suo ritorno per il co-main event dell’evento numero 237, l’11 maggio a Curitiba, in casa della sfidante Jessica Andrade. Qualora Namajunas dovesse vincere, significherebbe la seconda difesa titolata, e per la prima volta al di fuori degli Stati Uniti.
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26. Jacare Souza
Di Giovanni Bongiorno
Molti avevano diversi dubbi sul proseguimento della carriera di Jacare Souza, che aveva chiuso il 2017 con la devastante sconfitta subita per mano dell’attuale campione Robert Whittaker nell’aprile di quell’anno, me compreso. Souza, all’alba dei suoi 40 anni, però, ha deciso di rimettersi in piedi, rientrando in gabbia il 27 gennaio 2018 e demolendo in un solo round Derek Brunson. Nonostante abbia poi perso per split decision a maggio (UFC 224) nel match contro Kelvin Gastelum, prossimo sfidante al titolo dei pesi Medi, Souza non ha fatto alcun passo indietro, prendendo il posto di Luke Rockhold, infortunato, nel match di UFC 230 contro Chris Weidman.
Partito forse non nel migliore dei modi, rallentato da un’abilità non eccelsa in fase di striking che gli fa preferire i colpi singoli alle combinazioni, ma favorito da un’impareggiabile abilità in fase di ground game, Souza è riuscito a vincere contro il più mobile Weidman, dopo essersi reso conto del vantaggio acquisito ogni volta che colpiva per primo. Il fighter brasiliano è quindi rientrato a pieno titolo nel contesto iridato, che quest’anno lo vedrà puntare al vincitore dell’incontro tra Whittaker e Gastelum.
27. Francis Ngannou
Di Daniele Manusia
Francis Ngannou ha avuto un 2018 terribile. L’ha iniziato perdendo l’incontro più importante della sua carriera, controllato e dominato dal campione Stipe Miocic. La sua prima sconfitta dopo sei vittorie consecutive, la sua prima sconfitta in assoluto. E qualcosa si è rotto dentro Francis Ngannou, mostrando per la prima volta le conseguenze di una fragilità interiore che solo la sua voce infantile anticipava. Ngannou non è sembrato Ngannou contro Derrick Lewis, in uno degli incontri più noiosi della storia dei Pesi Massimi. Il fighter più eccitante e spaventoso della categoria, con una storia alle spalle con cui è impossibile non empatizzare, era diventato improvvisamente un pezzo del mobilio vecchio e decisamente troppo ingombrante.
Per questo, dopo aver fatto crollare Curtis Blaydes al tappeto dopo appena 45’’, Francis Ngannou ha detto che la sola che gli interessava era di tornare a divertirsi. Combattere, per un fighter, deve essere anche un piacere. Combattere, però, per un fighter senza esperienza, è una sorpresa continua, e non tutte le sorprese sono piacevoli. Cosa sarà di Ngannou adesso che ha assaporato e superato la sconfitta, adesso che ha pagato le conseguenze dei suoi limiti? Lo sapremo a breve: il 2019 inizia con un incontro, quello con Cain Velazquez, che ancora una volta è troppo grande perché Ngannou possa permettersi di fallire. Ma ormai Ngannou dovrebbe aver imparato a fare i conti con la pressione.
O no?
28. Michael Page
Di Giovanni Bongiorno
Michael “Venom” Page è una delle rivelazioni più importanti degli ultimi anni. Peso Welter attualmente in Bellator, a 31 anni Page è considerato da una parte degli osservatori come uno dei talenti emergenti più pericolosi in circolazione e da un’altra come un fighter senza spessore. Come al solito, sarà l’ottagono a dare una risposta.
Finora l’avversario più importante di Page è stato Evangelista “Cyborg” Santos, ex marito di Cris Cyborg, demolito ormai due anni e mezzo fa con una ginocchiata volante. A febbraio, il fighter britannico dovrebbe tornare finalmente nella gabbia, dove affronterà Paul “Semtex” Daley, che sarà il primo vero banco di prova per entrare nell’élite di categoria.
Page è un combattente atipico: striker straordinario, dotato di un inventario molto vario che spazia da colpi girati di braccia a calci imprevedibili, fino ad arrivare a KO spettacolari, come la ginocchiata che ruppe il cranio al già citato Evangelista Santos. Il suo tempismo e la sua capacità di dettare il ritmo dell’incontro lo hanno reso il simbolo della spettacolarità all’interno della gabbia. Il 2019 per Page potrebbe essere il definitivo anno della consacrazione.
29. Cody Garbrandt
Di Giovanni Bongiorno
È stato un anno difficile per Cody Garbrandt, dopo aver perso brutalmente contro TJ Dillashaw, adesso pronto all’arrembaggio della cintura delle 125 libbre.
Il fighter americano, che aveva dimostrato di avere un arsenale di tecniche da combattente di prima fascia, ha però messo in luce anche limiti importanti, come ad esempio l’incapacità nel saper gestire propriamente le emozioni all’interno della gabbia quando viene coinvolto personalmente. Caratterizzato da una boxe impetuosa, grandi schivate laterali, grande equilibrio ed un eccellente timing che gli ha permesso di vincere quasi facilmente con un campione del calibro di Dominick Cruz, Cody Garbrandt è in questo momento senz’altro il numero due di categoria, dietro proprio a Dillashaw.
Nel 2019 Cody Garbrandt dovrà rimettersi in piedi, avendo dalla sua non solo la grande tecnica ma anche un’età giovane che gli permette di crescere ancora. Il suo avversario di UFC 235 è Pedro Munhoz, un avversario di tutto rispetto, uno striker dal buon ritmo e dalla grande esplosività che ha collezionato scalpi importanti come quelli di Bryan Caraway, Brett Johns e Rob Font. Potrebbe essere l’anno del rilancio delle sue ambizioni, quindi, o anche del definitivo naufragio dell’hype intorno al suo nome. Come sempre, nelle MMA, tutto dipenderà dal prossimo incontro.
30. Luke Rockhold
Di Giovanni Bongiorno
Luke Rockhold ha combattuto soltanto tre volte dal 2016 ad oggi, collezionando una vittoria contro David Branch e due sconfitte, una contro Michael Bisping (che lo ha privato del titolo dei pesi medi) ed una contro Yoel Romero, che lo ha ridimensionato. Rockhold però non si è fatto abbattere da questo score non entusiasmante e ha addirittura rilanciato la posta, annunciando il proprio ingresso nella divisione delle 205 libbre e lanciando la sfida nientemeno che a Jon Jones.
Certo, quella di Rockhold è una scommessa rischiosa, considerando l’incredibile talento di Jon Jones, e sotto questa luce non stupisce che il suo trash talking non venga preso troppo seriamente. D’altra parte, Jon Jones non ha nemmeno risposto alle provocazioni, anche perché deve preoccuparsi di Anthony Smith a UFC 235.
Un match più plausibile sembra invece quello contro Gustafsson. Il fighter svedese è infatti uscito notevolmente ridimensionato dal secondo confronto con Jones e potrebbe essere più alla portata di Rockhold. Dal canto suo, Rockhold deve dimostrare di aver superato i limiti nello striking in fase difensiva, in modo da esaltare al massimo il suo grappling e il suo striking che, in fase offensiva, è composto, forte ed efficace. Rockhold dovrà anche superare i limiti dimostrati riguardo alla solidità della sua mascella, limiti che potrebbero derivare proprio dal taglio del peso. Dopotutto è di fatto un peso massimo mascherato da medio e non deve essere facile per lui rientrare nella categoria delle 185 libbre.
Il 2019 sarà forse l’ultima chiamata per Rockhold nelle MMA, che gli concederanno un ultimo tentativo per rientrare nella cerchia dei fighter d’élite.