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Foto di Christian Petersen / Getty Images
Sport Daniele Manusia 29 dicembre 2017 8'

Come pensa Vettori prima di un incontro

La notte del 30 dicembre Marvin Vettori entrerà per la quarta nell’ottagono UFC. Cosa pensa un fighter a pochi giorni dall’incontro, come si fa a conciliare sicurezza nei propri mezzi e umiltà?

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Sei mai andato KO, o anche solo knockdown?

“Mai nella vita.”

 

Quando eri ancora dilettante, in uno sparring, in una rissa?

“Mai.”

 

Sei sicuro della tua mascella, quindi, l’hai testata?

“La mia mascella è di platino.”

 

E se dovesse succedere qualcosa che non ti aspetti e perdessi l’incontro, come reagiresti?

“Questa è una domanda un po’ del cavolo…”

 

Te la faccio perché da come parli sembra che non esista neanche una sola possibilità che tu perda quest’incontro, o un altro incontro qualsiasi.

“Come reagirei? Come reagisco sempre dopo una sconfitta. Torno in palestra, vedo quello che c’è di buono nell’incontro, quello di cattivo, ci lavoro, lo miglioro, poi torno a combattere e spacco il culo al prossimo avversario.”

 

Qualcuno dice che non hai le mani abbastanza pesanti. Hai mai mandato qualcuno KO?

“Un Ko pulito-pulito, che spegne proprio l’avversario, no. Con il culo per terra varie volte, nello sparring mi è successo parecchie volte di mandarli knockdown, sono arrivato al punto in cui stavano prendendo troppe botte e ho abbassato il ritmo. Ma con il caschetto e i guantoni è difficile spegnere le persone.”

 

UFC 207: Carlos Junior v Vettori

Foto di Christian Petersen / Getty Images

 

È la mia quarta intervista a Vettori e ormai penso di conoscerlo abbastanza da poter insistere su alcuni argomenti senza farlo innervosire. Fin dal primo momento sono stato affascinato dalla sicurezza di Marvin Vettori, quella che per i suoi detrattori (meno numerosi dopo l’ultima bella vittoria in UFC con Miranda, che gli è valsa un nuovo contratto prima ancora che fosse scaduto il precedente) è mitomania, trash-talking. La mia impressione invece è quella di un ragazzo autentico, trasparente nei suoi estremi e nelle sue contraddizioni, che non fa nulla per controllare l’immagine che abbiamo di lui, e la mia breve esperienza di intervistatore mi ha insegnato che è una cosa rara. Oltretutto le MMA sono una disciplina in cui non è concesso sottovalutare nessuno ma in cui, al tempo stesso, si paga carissima ogni esitazione (per usare le parole del coach John Danhaer: “Per ogni match perso per troppa sicurezza, ce ne sono decine persi per eccessiva timidezza”). Nessun fighter sale sull’ottagono pensando a quanto è forte il suo avversario, a quanto può fargli male e che umiliazione pubblica potrebbe attenderlo: ma pensare che un professionista che compete nell’organizzazione migliore al mondo possa sul serio ignorare il valore di chi si trova davanti è semplicemente un’ingenuità.

 

Cosa ne pensi di chi dice che sei arrogante?

“Non mi va neanche di parlarne. Sono persone che non conoscono le dinamiche, se si interessassero di più e non guardassero solo alla facciata, prima di tutto di me stesso ma anche dello sport, capirebbero che è diverso da come la immaginano. Il discorso dell’arroganza è relativo: la mia non è arroganza contro l’avversario, è sicurezza nei miei mezzi e studio delle sue caratteristiche. Queste due cose sommate producono fiducia. Per il resto non capisco neanche quando mi comporto da arrogante secondo loro… I fan per fortuna avranno modo di conoscermi meglio e approfondire magari la mia storia.”

 

Mentre combatti riesci a conservare questa fiducia?

“Durante l’incontro la fiducia dipende dal fatto che io sono pronto per ogni evenienza, che il match può andare in qualsiasi modo. Non penso che finirò l’incontro in tre minuti e che tutto deve andare liscio, ma so di essere preparato anche per affrontare degli ostacoli.”

 

A che punto la sicurezza diventa mancanza di umiltà?

“L’umiltà è alla base del fighter che sono oggi, se non fossi umile non avrei modo di imparare così tanto dai miei vari sparring partner, dai coach. Devi avere la mente completamente aperta, devi essere una spugna, devi imparare anche da persone che magari sono molto meno forti di te ma che qualcosa possono insegnartelo.”

 

Perché allora non ti piace parlare delle sconfitte?

“Venti minuti dopo l’incontro con Cara de Sapato (cioè Antonio Carlos Jr, la sua unica sconfitta in UFC, nda) ho detto in un’intervista che un giorno diventerò campione del mondo. La mia testa è programmata così, a reagire senza piangersi addosso. Se rimugino su qualcosa che è andata male lo faccio per un giorno, ma quello dopo già sono di nuovo al lavoro.”

 

UFC 207: Carlos Junior v Vettori

Foto di Christian Petersen / Getty Images

 

In realtà a nessun fighter piace parlare delle proprie sconfitte. Direi anzi che non piace a nessuno in generale, non piace neanche a voi quando parlate al telefono con vostra madre o con vostra moglie. La notte del 30 dicembre Marvin Vettori entrerà per la quarta volta nell’ottagono dell’UFC, con un record parziale 2-1 e 12-3. Affronterà Omari Akhmedov, trentenne del Dagestan con un record di 17-4. Akhmedov è un peso Welter che ha combattuto nei Medi solo una volta (contro Thiago Perpetuo), ha una formazione nella lotta ma non rifiuta lo scambio in piedi. Quando ci siamo sentiti mancava poco più di una settimana all’incontro ed era l’ora di pranzo in California, Marvin si trovava tra un allenamento e l’altro, aveva già cominciato a tagliare il peso. Purtroppo non ho modo di restituire la tensione emotiva e la stanchezza che si percepiva nel suo tono di voce. Questa intervista è anche un tentativo di capire come pensa un fighter a pochi giorni dal match.

 

Come sei uscito dal tuo ultimo incontro con Miranda, cosa hai imparato?

“Sono stati tre round molto duri, sono maturato come fighter e mi sento molto migliorato da allora. Al prossimo match vedrai tanti miglioramenti, sulla lotta, in piedi, a terra. Se me ne darà la possibilità, se non lo finisco subito voglio dire.”

 

Hai qualcosa da rimproverarti in quell’incontro?

“Nel terzo round magari ho lasciato che la mia stanchezza si vedesse troppo. Lui era duro come il ferro, io ho continuato a spingere ma lui ha continuato a resistere, è rimasto nel match fino alla fine.”

 

Nell’ultima nostra intervista dicevi di essere pronto per i tre round, perché pensi di esserti stancato?

“Un insieme di cose. Magari c’è stata una gestione delle energie che non è stata il massimo dell’efficienza. Ho imparato dal match precedente (con Antonio Carlos Jr “Cara de Sapato”, sconfitta per decisione unanime, ndr) e stavolta ho voluto assolutamente aggiudicarmi il primo round. Sono partito a cannone, praticamente è stata una martella dopo l’altra. Nel secondo sono calato un minimo, ma ho vinto tutti e due i round nettamente. Io avevo speso tanto nei primi due, e sono arrivato al terzo un po’ meno fresco, mentre lui aveva speso meno e secondo me è arrivato al terzo con un po’ più di energie. E sapeva di aver perso i primi due round, che doveva provare a vincere l’incontro nel terzo. Ma anche il terzo round l’ho vinto a mio avviso e mi hanno dato 30-27 due giudici su tre. In questo camp abbiamo lavorato al massimo sulla gestione delle energie.”

 

Su che altro ti sei allenato in questo periodo?

“Su tutto. Soprattutto nella difesa dello striking e nella difesa dei takedown. Nel wrestling in generale. In piedi ho lavorato molto sui movimenti della testa, sulle combinazioni più pulite, sui lavori di rimessa mischiati all’anti-tackle… poi in funzione del match ho lavorato su altre cose specifiche.”

 

Hai considerato i punti di forza di Akhmedov?

“Sì, nella lotta, nel wrestling. Ha un buon double-leg, si butta dentro, ma fa molti errori. In piedi è stato messo KO da gente che… guarda non voglio sottovalutarlo ma il suo striking sicuramente non è di alto livello. Ha un buon double-leg e annessi, il wrestling è il suo punto di forza, e poi sbraccia con il gancio destro. Ha quel gancione lì, con il braccio destro. Però ha sempre sofferto con i mancini (Vettori è mancino, ndr)…”

 

Dopo l’incontro Antonio Carlos Jr dicevi di esserti pentito della strategia, che non ti saresti più adattato all’avversario.

“Sì, non nascondo che con l’occasione giusta lo porto anche giù Akhmedov. Sono sicuro che se lo metto schiena a terra fa la fine del topo anche lì. Mi preparo per il match, ma senza snaturarmi.”

 

Non cercherai di evitare di andare a terra?

“A terra sono superiore, sono di un altro pianeta. Se lui mi porta a terra non è che ho paura che finisca il match, solo che io e te lo sappiamo benissimo che agli occhi dei giudici fanno punti anche se ti porta giù e ti tiene lì senza fare un cazzo. E magari così si porta a casa i round. Poi lui ha anche problemi con il cardio… senza sottovalutarlo, sono sicurissimo. So che sono un fighter di un altro livello.”

 

Se soddisfatto del match-making?

“Soddisfatto… volevo un nome più grande ma una vittoria in UFC è sempre una vittoria. Aggiungerò una tacca verde e nel prossimo match spero mi diano qualcuno nel top 15 del ranking, per poi da lì salire. È stato sfortunato lui, poteva avere match molto più facili. Secondo me il benvenuto che gli darò nei Pesi Medi non sarà molto piacevole, poi dopo deciderà lui se restarci oppure no.”

 

Come pensi che finirà l’incontro con Akhmedov?

(Dopo averci pensato qualche secondo, ndr). “Ko per ginocchiata in faccia, al quarto minuto del primo round.”

 

UFC 207: Carlos Junior v Vettori

Foto di Christian Petersen / Getty Images

 

Marvin Vettori non è il tipo di fighter che scrive frasi motivazionali su Twitter o su Instagram. I social network ci aiutano a confondere la vita degli atleti con la loro rappresentazione e forse per questo in molti si costruiscono un’identità virtuale centrata sui sacrifici e sul duro lavoro. Il che non significa che per gli altri (diciamo quasi tutti) la vita dell’atleta sia più semplice. Anche questa sarebbe un’ingenuità. Quando pensiamo a un atleta professionista dovremmo automaticamente tenere presente i sacrifici e le scomodità, la pressione mentale e il rischio che hanno deciso di assumersi. Marvin Vettori ha lasciato il suo paese in Trentino da giovane, ha lavorato a Londra di notte come buttafuori per pagarsi gli incontri e adesso vive lontano dalla famiglia perché la realtà gli ha dato indizi sufficienti per continuare a credere nel suo sogno. Oltretutto è un sincero appassionato di MMA, guarda e studia praticamente tutti gli incontri, conosce tutti i fighter della sua divisione e non solo.

 

Qual è il sacrificio più grande che hai fatto per diventare fighter?

“Non ce n’è uno in particolare, più che altro dopo un po’ ti abitui a tutta una serie di sacrifici che se li racconti a una persona normale ti dice tu sei pazzo. Arrivare a casa esausto ogni giorno, pieno di botte, sempre a farti metter punti, ad andare in giro con i graffi, con un occhio nero, segnato in faccia, e devi sempre spiegare. Mentre stai facendo qualcosa ti viene un dolore ma devi far finta di niente, per non parlare della dieta che prima di un match, se esci, è un’esperienza miserabile. Cose che fanno parte del nostro lavoro e non mi lamento, ma ti abitui a uno stile di vita che non è facile. Ah, poi sono lontano da casa, dalla famiglia, dagli amici. Sono anni che non torno in Italia in pianta stabile. Ma io sceglierei di vivere così per questa vita e per altre dieci vite.”

 

Ti capita di uscire con delle ragazze con un occhio nero?

“Certo. È capitato più volte così che senza lividi. Questo è uno sport con un pubblico prettamente maschile, magari qualcosa hanno sentito ma ti tocca spiegare. Poi però sono affascinate.”

 

Quand’è l’ultima volta che hai messo i punti?

“Un mese e mezzo fa. Ma pochi giorni fa ho messo la colla sul sopracciglio. Considera che io ho più di 40 punti in faccia. La gomitata da sotto che ho preso nell’incontro con Uda mi è costata 14 punti. Che poi più punti mettono meglio è, ti chiudono bene la ferita, fanno un buon lavoro.”

 

Mettiamo che vinci quest’incontro. Chi vorresti dopo?

“Ce ne sono tanti. Thiago Santos, Borracinha, sarebbero dei bei match per me”.

 

Anche Borracinha di cui si parla molto bene (ha un record di 11-0 e da poco è entrato nel top 15 del ranking UFC)?

“Gli passo sopra come un treno! Sì, è quotato, ma non me ne frega niente, fa una fine misera se me lo mettono contro. Poi ci sono David Branch, Uriah Hall, Anderson Silva, Yoel Romero… Ma nessuno mi impressiona più di tanto, ti dico la verità.”

 

Un giorno vorrai il rematch con Cara de Sapato?

“Penso che se lui andrà su nei ranking lo incontrerò di nuovo. Io salirò sicuro, se lo fa anche lui mi prendo la rivincita. Sono uscito senza un graffio da quell’incontro. Ha vinto giocando con il regolamento, ha fatto quello che doveva fare per vincere, altri modi non li aveva, non poteva confrontarsi con me in piedi. Ma io sarei potuto andare a un matrimonio subito dopo e nessuno avrebbe capito che avevo appena fatto un incontro.”

 

 

Tags : marvin vettorimmaufc

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020).

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