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Daniele Manusia

Vincenzo Italiano re dell’autodistruzione

Il gol del 3-1 dell'Atalanta è il manifesto della fragilità della sua Fiorentina.

«Delusi». Certo. E «amareggiati», anche. Ancora una volta Vincenzo Italiano si trova davanti ai microfoni a commentare una partita in cui la sua Fiorentina non è che abbia proprio sfigurato; in cui, anzi, fino all’ultimo minuto di recupero del secondo tempo, con l’uomo in meno da più di mezz’ora per l’espulsione di Milenkovic, stava riuscendo a spingere la partita fino ai supplementari. All’andata Italiano si era lamentato dei miracoli di Carnesecchi, che avevano impedito alla Fiorentina di vincere con un risultato più rotondo dell’1-0, adesso è stata l’inferiorità numerica che li ha costretti a «difendere con un blocco basso, e lo abbiamo fatto anche in maniera ordinata. Poi è chiaro che in trincea, così, è difficile».

 

Al tempo stesso, la semifinale di ritorno di Coppa Italia con l’Atalanta è l’ennesima partita in cui la Fiorentina di Italiano perde in un modo in cui solo la Fiorentina di Italiano sembra riuscire a perdere, troppo coerente con l’idea peggiore che abbiamo di lei, e del suo allenatore, accusato di anteporre l’ideologia, o quanto meno un approccio astratto al gioco, alla gestione delle partite. 

 

Al 95esimo, dicevamo, la Fiorentina stava difendendo il 2-1 con cui sarebbe arrivata ai tempi supplementari. Un risultato a cui era arrivata grazie a un gol di Martinez Quarta che sembrava uno dei rari regali che la fortuna è stata disposta a farle in questa stagione. Piovuto dal cielo, come il cross su punizione dalla trequarti di Biraghi, caduto proprio davanti alla testa di Martinez Quarta al centro dell’area di rigore atalantina. La Fiorentina era appena rimasta in dieci contro undici, Martinez Quarta era entrato in campo da pochi minuti al posto di Belotti. Subito dopo Scamacca aveva segnato il bellissimo 2-1, con una specie di rovesciata bassa, potente e precisa, un gol perfetto per alimentare il fatalismo di chi pensa che gli giri tutto male.

 

Guardando al di là dello stile di Scamacca, però, si vede che anche su quel gol la Fiorentina difenda in modo singolare l’area di rigore. Con Martinez Quarta uscito poco prima, sul centro destra, in pressione su De Roon, era finito Mandragora vicino a Ranieri: con Nico Gonzalez che ha ripiegato sul lato debole al lato di Biraghi, la Fiorentina è in parità numerica, quattro contro quattro, con gli attaccanti nerazzurri arrivati nella zona in cui sta cadendo il cross di Ruggeri.

 

Lookman si è mosso liberamente alle spalle di Dodo e Duncan, dimenticato, arrivando a coprire una posizione pericolosa, se l’azione fosse andata diversamente.

 

Pur ammettendo l’esistenza del caso, nel calcio, molto spesso anche i piccoli accidenti sono collegati a delle scelte precise. Ad esempio nel primo gol subito ieri sera, la palla di Scamacca arriva a Koopmeiners rimpallando sul ginocchio di Mandragora che aveva intercettato il passaggio. Ma il presupposto tattico, altrettanto decisivo del gesto tecnico sfortunato, è che la Fiorentina aveva perso palla appena dopo la linea di metà campo – Nico Gonzalez, isolato a destra, solo contro tre avversari nerazzurri, aveva provato il dribbling su Kolasinac – e la difesa aveva reagito aggredendo anziché scappando indietro: Milenkovic era uscito su Scamacca mentre Ranieri era troppo lontano su De Ketelaere ed è partito troppo tardi per assorbire l’inserimento di Koopmeiners.

 

La difesa a zig-zag della Viola. Sul cronometro sono passati appena 7 minuti.

 

Prendere gol perché gli avversari sono stati bravi a sfruttare i punti deboli del tuo sistema ci può stare. Disorganizzarsi nel tentativo di essere alti e aggressivi, coraggiosi, non è un dramma se un atteggiamento di questo tipo ti permette, in altre situazioni, di recuperare palla nella metà campo avversaria o di bloccare sul nascere le transizioni. Ed è questo tipo di mentalità che permette alla Fiorentina di giocarsela anche con squadre che le stanno sopra in classifica.

 

Ieri, paradossalmente, la Fiorentina ha rischiato di più – in modo peggiore, se vogliamo provare a dare un giudizio d’insieme sulla sua fase difensiva – in parità numerica, piuttosto che con l’uomo in meno.

 

Al 24esimo del primo tempo Koopmeiners calcia dall’altezza del dischetto dell’area di rigore dopo un’azione in cui è bastato che De Ketelaere si spostasse sul centro sinistra, alle spalle di Dodo, per trovare lo spazio necessario a ricevere e portare palla fino al limite dell’area. Milenkovic lo ha lasciato condurre e alzare la testa, De Ketelaere ha trovato Koopmeiners in area con un semplice passaggio rasoterra, nello spazio tra Mandragora e Biraghi. 

 

Al 35esimo De Ketelaere calcia a fil di palo dopo essere partito in transizione da dentro la propria metà campo difensiva, con Ranieri altissimo su di lui ma non abbastanza aggressivo da impedirgli di appoggiarsi su Scamacca, appena oltre al centrocampo, e non abbastanza veloce per recuperarlo mentre scappa nello spazio. 

 

Al 40esimo sono Ederson e Ruggeri ad arrivare in area di rigore per raccogliere un cross dal fondo di Zappacosta, dopo un’azione in cui l’Atalanta ha mosso il pallone da sinistra a destra. Ederson si muove alle spalle di Milenkovic, che lo anticipa sbucciando la palla, e Ruggeri si muove alle spalle di Dodo, che non lo vede proprio e gli permette di controllare e di calciare (alto). A inizio secondo tempo sempre Ruggeri, sempre ignorato da Dodo, che lo guarda infilarsi in area come se non lo riguardasse (salvo poi reagire quando è troppo tardi), arriva a colpire la palla di testa da pochi metri.

 

Poi arriva l’espulsione di Milenkovic – in cui comunque la sua lettura dell’azione e la gestione degli spazi in coppia con Ranieri è drammaticamente determinante a far sì che Scamacca scappasse in mezzo a loro dalla trequarti di campo – la Fiorentina si compatta e in effetti rischia meno. All’83esimo, Italiano sostituisce Mandragora, che di fatto finiva spesso sulla linea dei difensori, con Comuzzo (2005) e la Fiorentina passa stabilmente a cinque dietro. 

 

Certo, l’atteggiamento è sempre quello leggero che fa correre la difesa viola perennemente sul filo del rasoio. All’85esimo rischiano di prendere una transizione con Scamacca da solo contro Terracciano, direttamente da rimessa dal fondo: lancio del portiere, colpo di testa di Ederson e Scamacca scivola alle spalle di Ranieri e della linea di difesa altissima, inspiegabilmente sovrappensiero. L’azione sfuma perché Scamacca non ha la velocità per andare in porta da solo e perché Pasalic, che si era inserito in area, sbaglia il controllo. 

 

Poi l’arbitro fischierà anche un fuorigioco di Lookman a metà azione, ma il fatto che la linea di difesa fosse così disordinata e si sia fatta sorprendere su una rimessa dal fondo a proprio favore è significativo.

 

Martinez Quarta è più alto di Ranieri, in pressione su De Ketelaere, Comuzzo era alto su Lookman che comunque gli scappa alle spalle, Kayode è praticamente sulla linea degli attaccanti. E questa è una rimessa dal fondo.

 

E così arriva l’azione del gol del 3-1, questo sì fatale. La Fiorentina non è per niente in trincea. Anzi, è alta nella trequarti dell’Atalanta e sta battendo un fallo laterale a destra. Per qualche ragione (è una situazione preparata in allenamento? Non saprei dire se fosse meglio o peggio rispetto a una totale improvvisazione…) la Fiorentina sembra interpretare quella situazione come fosse un calcio d’angolo. 

 

Nico Gonzalez fa cenno di salire e Martinez Quarta chiede a Duncan di coprirlo. in area ci sono Ikoné, Bonaventura e Nico. Biraghi è alto in marcatura preventiva su Lookman e anche Comuzzo si alza e, rispondendo forse a qualcuno che gli chiede dove stia andando, indica De Ketelaere, come a dire che anche lui è in marcatura preventiva. Fatto sta che, compreso Kayode che sta battendo il fallo laterale, sono sette i giocatori della Fiorentina a ridosso dell’area dell’Atalanta. 

 

 

Kayode batte in area ma la sua rimessa è lunga per Ikoné e corta per tutti gli altri suoi compagni, Hien salta di testa da solo e respinge fuori area. La palla arriva a Lookman, che la fa scorrere, con Biraghi che riceve una manata e chiede fallo. Intanto Scamacca è venuto incontro e Duncan non lo ha seguito, è libero di controllare e di girarsi. Pasalic ha sprintato oltre Comuzzo e la Fiorentina è improvvisamente due contro tre.

 

Arrivato a pochi metri dall’area di rigori Ranieri si pianta, interrompe la sua corsa verso la porta e si gira per provare a intercettare il passaggio di Scamacca per Lookman, alle sue spalle a sinistra. Ma non riesce a intercettare il pallone, lo sbuccia soltanto. Comuzzo, in recupero, arriva leggermente in ritardo e Lookman riesce a controllare e a calciare in diagonale. Il guardalinee alza la bandierina ma dopo un controllo il VAR convalida il gol.

 

È un’azione talmente suicida da sembrare una parodia. Perché la Fiorentina ha lasciato solo Ranieri e Duncan in protezione su un fallo laterale? Dopo essere passata alla difesa a 5, a un minuto dalla fine dei tempi regolamentari, in una situazione di complessivo pareggio e con l’uomo in meno? Perché i difensori della Fiorentina sono così aggressivi in avanti, quando c’è da marcare lontano dalla porta, e così impalpabili quando i loro avversari si avvicinano all’area di rigore?

 

 

Sul gol del finale 4-1 sono 8 i giocatori della Fiorentina ad attaccare, ma a quel punto è una situazione disperata (anche se, va detto, potevano recuperare più velocemente). La parte cattiva del mio cervello mi fa tornare in mente quell’intervista di Vincenzo Italiano con Diletta Leotta, in cui a un certo punto dice: «Se non ci fosse la partita sarebbe il mestiere più bello del mondo». 

 

Per carità, il senso è chiaro: allenare significa lavorare giorno dopo giorno, in partita l’allenatore non può intervenire, in un certo senso perde il controllo che ha durante la settimana. Al tempo stesso è non sono due cose in opposizione, l’allenamento è in funzione della partita e dalla partita arrivano risposte sulla validità dell’allenamento stesso, indicazioni su cosa cambiare.

 

E invece a volte sembra semplicemente che tra Vincenzo Italiano e le partite di calcio ci sia reciproca antipatia. Che se, in effetti, ogni tanto il caso, la sfortuna, sembra accanirsi su di lui, sia anche perché lui rifiuti di gestire quei momenti come sostanzialmente diversi da quelli di un allenamento. Come se ci fosse un rifiuto, da parte di Vincenzo Italiano, a considerare la partita come una cosa a sé, una rigidità che non forse non è ideologica quanto piuttosto emotiva, caratteriale, che gli impedisce di scendere a compromessi con la realtà mutevole di quei maledetti novanta minuti.

 

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Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020) e "Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile" (66th & 2nd, 2021).