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Michele Tossani

Come Gotti ha risollevato il Lecce

Il nuovo allenatore ha riportato la calma in una situazione difficile.

Il numero 40 ha un significato particolare per le religioni cristiane, e non solo. Ricorre spesso all’interno della Bibbia e la stessa Quaresima, periodo giorni compreso fra il mercoledì delle ceneri e l’inizio della Settimana Santa, prende il nome dal latino medievale quadragäsëma (che significa quarantesimo giorno). Tradizionalmente, quindi, un periodo di quaranta giorni è considerato lungo a sufficienza per meditare e purificarsi. E se bastano quaranta giorni per un essere umano, deve aver pensato Luca Gotti, perché non potrebbe valere lo stesso anche per una squadra di calcio?

 

Quaranta giorni, infatti, sono quelli trascorsi dall’infausto Lecce – Verona dello scorso 10 marzo quando, al termine di uno scontro diretto vinto dagli avversari, il tecnico salentino Roberto D’Aversa colpì Thomas Henry con una testata. Un gesto impossibile da ignorare, e che portò all’esonero di un allenatore la cui stagione stava già iniziando a mostrare qualche crepa.

 

Senza nemmeno volerlo, in quel momento, il Lecce ha dato una sterzata a una stagione che stava per attorcigliarsi nel momento peggiore possibile, quando si decide cioè la lotta salvezza. Una sterzata che nei fatti consisteva nella decisione del presidente Saverio Sticchi Damiani e del responsabile dell’area tecnica Pantaleo Corvino di affidare la conduzione della squadra a Luca Gotti.

 

Il tecnico veneto ha accettato una sfida che poteva rivelarsi molto difficile. Il Lecce di D’Aversa infatti aveva iniziato bene la stagione – chiudendo il girone di andata con 21 punti conquistati, un solo punto in meno rispetto al record del club giallorosso nei campionati a 20 squadre stabilito dal Lecce di Zdeněk Zeman nella stagione 2004-05 – ma all’inizio del nuovo anno aveva cominciato un pericoloso processo di involuzione, che ha portato la squadra ad ottenere appena 5 punti (frutto di una vittoria e due pareggi) nelle dodici partite che hanno preceduto l’esonero (compresa la famigerata partita contro il Verona).

 

A dire il vero il Lecce non era mancato a livello di prestazioni, almeno fino alla netta sconfitta con il Bologna (4-0) dell’11 febbraio. Nonostante i risultati altalenanti, la squadra di D’Aversa era ancora caratterizzata da un calcio intenso, fatto di pressing alto e ripartenze brevi, che metteva spesso in difficoltà gli avversari.

 

Il Lecce, però, continuava ad avere due problemi, che nella prima parte di stagione era riuscito brillantemente a nascondere: da una parte la cronica incapacità di convertire in gol le occasioni create; dall’altra il veloce esaurimento delle energie atletiche, con la squadra che calava vistosamente superata l’ora di gioco. A questi problemi andava aggiunta una fragilità difensiva che aveva portato il Lecce a subire almeno un gol a partita, ad eccezione delle due vittorie registrate a settembre in casa contro Salernitana (2-0) e Genoa (1-0).

 

D’Aversa sembrava stesse perdendo anche il controllo dello spogliatoio. Spia di questo problema i contrasti avuti con Gabriel Strefezza, uno degli artefici della salvezza conquistata l’anno prima con 8 reti segnate. Non a caso, l’italo-brasiliano a gennaio è stato ceduto in Serie B al Como, dove si trova attualmente impegnato a dare il proprio contributo per la promozione della squadra allenata da Cesc Fabregas.

 

Certo, se non ci fosse stata la testata a Henry, D’Aversa probabilmente non sarebbe stato allontanato da una società non certo incline ai cambi di panchina in corsa. Il Lecce infatti non aveva esonerato il proprio tecnico in nessuna delle due precedenti esperienze in Serie A, né quella con Fabio Liverani durante la stagione 2019-20 (conclusasi con la retrocessione) né quella della scorsa stagione, con la salvezza brillantemente ottenuta da Marco Baroni, nonostante anche questa avesse attraversato delle fasi difficili.

 

Si è arrivati a Luca Gotti, quindi. Il tecnico nativo di Adria aveva già lavorato con Corvino a Bologna, dove era il vice di Roberto Donadoni, e veniva dalla deprimente esperienza allo Spezia, dove era stato esonerato nel febbraio del 2023 con la squadra al quartultimo posto. Arrivato in Salento, Gotti ha avuto un effetto immediato che in pochi si aspettavano. Un bottino di 11 punti in 6 partite, frutto di tre vittorie, due pareggi e una sola sconfitta (in casa del Milan). Grazie a questa striscia di risultati, Gotti ha issato il Lecce al tredicesimo posto in classifica, a +7 dalla zona retrocessione quando mancano soltanto quattro partite al termine del campionato. E pensare che i punti di vantaggio sulla terzultima potevano essere 9 se non fosse stato per il maldestro intervento difensivo compiuto all’ultimo secondo della partita col Monza che ha causato il rigore del pareggio brianzolo pochi attimi dopo il vantaggio leccese, frutto di una prodezza balistica di Nikola Krstović.

 

Non è stata solo questione di entusiasmo da nuovo allenatore. Gotti ha infatti risollevato il Lecce lavorando su due aspetti: quello psicologico e quello tattico. Dal primo punto di vista, deve aver sicuramente aiutato la sua pacatezza in un momento in cui i nervi erano particolarmente tesi. «Non bisogna spaccare tutto. La realtà è che bisogna stare calmi». Gotti ha rivelato alcuni dettagli personali che hanno subito creato empatia con il pubblico, e forse anche con la squadra. «Il mio 2023 è stato è stato fisicamente difficile perché ho avuto due operazioni invasive che mi hanno impedito di accettare le offerte che mi sono state proposte», ha detto in una delle sue prime conferenze stampa.

 

Gotti ci ha messo del suo anche da un punto di vista tattico, correggendo alcuni aspetti del Lecce di D’Aversa e rilanciando alcuni giocatori che erano finiti in secondo piano o che stavano vivendo un periodo di appannamento. Il nuovo allenatore ha iniziato decaffeinando la fase difensiva di una squadra abituata, come detto, ad aggredire subito forte in avanti, creando situazioni di uno contro uno a tutto campo in non possesso.Gotti ha, per così dire, calmato le acque, proponendo una squadra in grado di alternare situazioni di pressing alto ad altre di difesa posizionale in zone più basse, attenta a chiudere i corridoi centrali del campo per andare poi ad attaccare la palla quando il gioco viene dirottato sulle corsie esterne.

 

La chiusura dei canali centrali del terreno di gioco è stata possibile grazie anche alla decisione di Gotti di promuovere a coppia titolare in mediana quella formata da Ylber Ramadani e Alexis Blin. L’albanese già con D’Aversa era stato utilizzato da schermo e da play davanti alla difesa ma in un centrocampo dove agiva da vertice basso di una linea a tre. Con l’altro francese Mohamed Kaba perso per la stagione a marzo (a causa di un grave infortunio al ginocchio), il rilancio di Blin al fianco di Ramadani ha consentito a Gotti di costruire una diga davanti ad una retroguardia che, meno esposta a fasi nelle quali era chiamata a coprire tanto campo alle proprie spalle, ha saputo dare maggior protezione a Wladimiro Falcone. Il risultato è stato che il Lecce ha registrato ben 4 clean sheet nelle 6 partite disputate dal cambio in panchina.

 

Ma le modifiche apportate da Gotti non hanno riguardato solo la fase di non possesso. Alcuni cambiamenti significativi sono stati fatti anche per quanto riguarda la fase offensiva. Da questo punto di vista Gotti ha iniziato invertendo le posizioni fra i centrali difensivi Marin Pongračić e Federico Baschirotto, col croato spostato sul centro sinistra ed il conseguente scivolamento dell’ex Ascoli sul centro destra. Così facendo il Lecce ne ha guadagnato in fase di costruzione, aiutando soprattutto Baschirotto, che ora gioca nella zona del suo piede forte.

 

Una ulteriore mossa di Gotti è stata quella di utilizzare la salida lavolpiana (cioè l’abbassarsi di un centrocampista fra i difensori o accanto ad essi per creare superiorità numerica contro la prima linea difensiva avversaria) affidandosi a Blin. Lo si è visto in occasione della seconda rete realizzata dai giallorossi in casa del Sassuolo, in cui il movimento di Blin a retrocedere sulla linea dei propri difensori ha permesso al Lecce di creare una situazione di superiorità numerica tre contro due sfruttata poi dalla conduzione in avanti di Pongračić. Il centrale croato ha quindi lanciato in profondità Antonino Gallo, autore dell’assist per la rete di Patrick Dorgu.

 

 

Proprio Gallo e Dorgu fanno parte di un’altra intuizione di Gotti. Inizialmente messi in concorrenza da D’Aversa per il posto di terzino sinistro del 4-3-3, il palermitano e il danese vengono invece utilizzati in contemporanea da Gotti, che schiera Gallo come quarto di difesa a sinistra e Dorgu come esterno alto appena più avanti, sulla stessa corsia o anche su quella opposta. Quando Gallo e Dorgu si trovano a giocare nella stessa catena, i due danno vita ad un binario che coniuga velocità, resistenza e doti tecniche di un certo livello, col danese che spesso si sposta internamente lasciando la fascia alle incursioni del compagno di squadra. Il lato mancino del campo è così diventato preponderante per il Lecce. D’altronde è stato lo stesso Gotti, alla vigilia della trasferta di San Siro per affrontare il Milan (partita nella quale Dorgu ha iniziato la gara da ala destra) ha dichiarare che il danese «è tutto da scoprire: può arrivare al ruolo di terzino, ma per me non è solo un terzino». 

 

Anche in attacco Gotti ha trasformato una precedente concorrenza interna in una nuova opportunità. E lo ha fatto decidendo di schierare contemporaneamente in campo nell’undici titolare Krstović e Roberto Piccoli. A Salerno, dove ha esordito come allenatore del Lecce, Gotti aveva inizialmente proposto Piccoli in un ruolo alla Mario Mandžukić nella Juventus, vale a dire come esterno alto a sinistra. Dopo averlo impiegato anche da trequartista alle spalle di Krstović, nelle ultimissime uscite Gotti ha optato per la soluzione con le due punte, affiancate. 

 

I due stanno trovando un’intesa che va crescendo di partita in partita, lavorando insieme per difendere palla o per far allungare la squadra avversaria attaccando la profondità. Krstović (che col Monza ha interrotto un digiuno realizzativo che durava dal tiro deviato da Johan Vásquez nella porta del Genoa a fine gennaio) resta dei due quello che si prende maggiormente la responsabilità di tirare (anche quando sarebbe meglio gestire la palla).

 

Gotti ha anche dimostrato di saper coinvolgere tutta la rosa. Oltre a Blin, il nuovo tecnico ha fatto crescere il minutaggio di altri giocatori, come Joan González, Hamza Rafia e Nicola Sansone, utilizzati rispettivamente come jolly di centrocampo, centrocampista centrale e al centro dell’attacco.

 

A questo si aggiunge anche l’impiego di Santiago Pierotti. L’argentino, arrivato a gennaio per colmare il vuoto lasciato dalla partenza di Strefezza, è presto diventato un oggetto misterioso, pronto a finire nella categoria dei giocatori stranieri passati dall’Italia senza lasciar segno. Gotti invece lo ha trasformato in una sorta di supersub, che sta pesando molto nella stagione del Lecce. Lo si è visto in occasione dei due assist forniti a Sansone contro l’Empoli e a Krstović contro il Monza, due partite nelle quali l’ex Colón ha messo insieme un totale di ventidue minuti giocati, recuperi compresi. La speranza, a questo punto, è che Gotti riesca a rivitalizzare in queste ultime partite anche Pontus Almqvist, partito bene in stagione ma poi eclissatosi per via di alcuni problemi fisici.

 

Insomma, alla fine la testata di D’Aversa a Henry è stato il classico problema che nasconde un’opportunità. Certo, resta ancora un piccolo passo da fare in chiave salvezza e le difficoltà non sono magicamente sparite. Il Lecce continua ad essere una squadra che fa difficoltà a tramutare in gol le tante occasioni prodotte, e da questo punto di vista è stata clamorosa la partita contro la Roma al Via del Mare, in cui la squadra di Gotti è riuscita nell’impresa di tirare per 27 volte verso la porta di Svilar senza mai segnare.

 

Su queste questioni, però, ci sarà davvero bisogno di più tempo, a partire da un’estate in cui Gotti presumibilmente avrà voce in capitolo anche sulla costruzione della squadra. Per adesso i tifosi del Lecce possono godersi questa squadra compatta, dal gusto antico senza risultare vecchia. Vista da fuori è sembrato quasi semplice, se a Luca Gotti sono bastati solo 40 giorni. 

 

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Michele Tossani, classe 1978. Giornalista, match analyst e insegnante di storia e filosofia. Uno dei tre del podcast Il Terzo Uomo. Lo trovate in giro e su lagabbiadiorrico.com