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Emanuele Atturo

I tiri di Valverde andrebbero dichiarati illegali

Il tiratore più violento del calcio internazionale?

Non so quanti di voi erano davanti alla tv a marzo per guardare la partita tra Uruguay e Perù. Se non eravate davanti allo schermo sarà circolato sulle vostre timeline, qualche giorno fa, un tiro di Federico Valverde detto El Pajaro. Un tiro così violento che la palla ha rimbalzato sul palo ed è stata risputata fuori dalla porta così velocemente che è sembrato uscire dallo schermo del vostro telefono, uscire nella vostra stanza, rompere alcuni confini della realtà.

 

L’utente cita il gamebreaker su FIFA street, quella modalità per cui il tuo giocatore entra in modalità berserk e diventa implacabile, con dribbling e tiri che rompono le leggi fisiche.

 

La palla viene respinta dall’area di rigore del Perù, le squadre si organizzano lentamente mentre la palla arriva a Valverde e sembra non dover succedere nulla. Poi se la aggiusta per tirare da un momento all’altro. È lontanissimo dalla porta, oltre i trenta metri, e sembra francamente un’idea stupida. Un gesto di pura violenza irrazionale – entrare in una stanza e rovesciare il tavolo, spazzolare via i bicchieri da una mensola. C’è un frastuono persistente di trombette, un nido di vespe che pende sullo stadio come un lampadario, eppure riusciamo a sentire lo schioccare del tiro dal piede di Valverde, il suo collo esterno che schiaffeggia la palla. Poi la telecamera che fa uno scatto più brusco del solito per seguirla, e il rumore sordo della traversa, e l’”uh” istintivo dei tifosi. Una reazione puramente gutturale a quello che hanno appena visto, uno di quei rumori abissali di stupore di fronte ai gesti tecnici bruschi. La palla sbatte sulla traversa con una violenza tale che torna fuori dall’area in meno di un secondo. È uno di quei tiri la cui violenza è sottolineata dal palo che li respinge. Non avremmo avuto lo stesso senso di forza se la palla fosse entrata. Ricordiamo la stessa sensazione per la celebre traversa di Adriano contro il Palermo, in cui il pallone vola per il campo come un’astronave aliena. Se la rete assorbe la potenza di certi tiri, i legni la riflettono uno specchio con la luce.

 

È strano che il video del tiro di Valverde sia circolato in questi giorni, e non a marzo, quando è stato effettuato, se non che internet segue ritmi e logiche tutte sue. Un tiro esiste nella realtà empirica in un certo tempo, e poi acquisisce una nuova realtà sette mesi più tardi. Il video è circolato in questi giorni perché in un’amichevole più recente contro l’Iran Valverde ha usato il suo tiro come un’arma contundente contro i giocatori avversari. Ha calciato la palla quattro volte e in tre occasioni ha quasi decapitato i giocatori dell’Iran. Dopo ogni tiro subito i calciatori si sono accasciati a terra come colpiti da una pietra particolarmente dura, impreparati alla violenza disumana che Valverde scarica sui suoi tiri. Una partita che rischia di costringere a mettere fuori legge i tiri di Valverde – come forse bisognava mettere fuori legge i tiri di Kolarov quando ha quasi ucciso l’arbitro Saccani con un tiro, in un Lazio-Torino di qualche anno fa.

 

 

 

 

Come in Holly e Benji il tiro di Valverde non è un semplice gesto tecnico, ma una specie di arte marziale, un’implacabile manifestazione degli elementi. La partita contro l’Iran ha preso i contorni grotteschi di quella puntata di Holly e Benji in cui Oliver Hutton tira fortissimo addosso ai giocatori avversari, ferendoli, facendoli cadere, o spingendoli direttamente dentro la porta con tutto il pallone.

 


In Holly e Benji personaggi come Mark Lenders, Oliver Hutton o Patrick Everett possiedono un loro tiro brandizzato, una specie di trucco forgiato dopo poderosi allenamenti, e che riesce a craccare qualche legge della realtà. Anche i tiri di Valverde hanno l’aspetto di un fenomeno paranormale. Quella contro il Perù non è l’unica traversa veemente di Valverde. Qualche mese fa, contro il Barcellona, ha cercato di buttare giù la porta con un altro tiro che sembra contenere tutta la rabbia contro questo mondo infame. I tiri di Fede Valverde sono così enfatici che hanno qualcosa di irreale, di fumettistico. La parodia di un tiro violento. Ed è ancora più strano che a eseguirli sia questo essere umano che in passato aveva una voce molto simile a quella di Mickey Mouse.

 


Valverde in realtà non ha segnato molti gol da fuori area in carriera, appena 4 col Real Madrid, ma l’ultimo è stato di grande importanza. Nel Clasico di domenica ha ricevuto al limite dell’area uno scarico di Mendy. Nessuno si è precipitato a schermargli il tiro, e lui se lo è preso volentieri, calciando di interno così forte che pareva un tiro di collo, finito rasoterra all’angolo.

 

Molti tiri di Valverde sono invece la dimostrazione che la potenza non è la qualità più importante quando si calcia da fuori area. Più che la precisione a pesare è l’intelligenza nella scelta dell’esecuzione tecnica ideale in una precisa situazione di gioco. Un esempio è Fabian Ruiz, uno dei più incisivi tiratori da fuori degli ultimi anni. Ruiz non sceglie mai tiri violenti ma usa l’interno per calciare nell’angolo più lontano per il portiere. Raramente sono tiri molto potenti o molto precisi, ma sono il compromesso migliore possibile tra potenza e precisione in un dato momento per battere il portiere. Fabian Ruiz è anche un maestro nella scelta del tiro da fuori, nel calcolare bene il punto del campo in cui un tiro sarà redditizio. Valverde calcia invece con la fretta di chi segue un’urgenza e non può mettersi a fare troppi calcoli.

 

L’impressione, però, è che Valverde sta soltanto aggiustando la mira. La sua capacità di segnare da fuori area diventerà sempre più un fattore per il Real Madrid. Già rispetto allo scorso anno sembra essere migliorato. Ancelotti ha detto «Mi sembrava strano che l’anno scorso aveva segnato un solo gol. Gli ho detto “hai un sasso nel piede, se non fai almeno dieci gol a stagione dobbiamo stracciarti il cartellino”».

 

In ogni caso, il fatto che i tiri di Valverde non siano sempre così efficaci, rende la loro violenza più vistosa. Sembra che Valverde calci forte per il gusto di farlo, per amore del gesto più che per arrivare a un risultato. Quando questa violenza che proietta sul pallone poi trova addirittura la porta è strano. Nel gol segnato con la maglia della Celeste contro il Cile, per esempio, sembra ci sia un errore. Ci serve qualche secondo per renderci conto che la palla è entrata.

 


Valverde è arrivato al Real Madrid nel 2016. Uno dei giovani che il club ha prelevato dal Sudamerica come scommesse a basso costo e quindi a basso rischio. Un centrocampista dallo stile intenso, uruguaiano e poco madridista. Se per madridista intendiamo quello stile di gioco per cui i calciatori giocano dissimulando il fatto che stanno compiendo un’attività fisica. Valverde ovviamente ha un livello tecnico alto, altrimenti non giocherebbe nel Real Madrid, ma queste devono sempre stare al passo con doti atletiche debordanti, che lo rendono una specie di nube d’energia che schizza per il campo. Quando va in contrasto con gli avversari sembra volerli divorare. Dice che quando Florentino Perez lo vede lo apostrofa come “uruguaio!”, e forse non c’è cosa più uruguaiana e meno madridista del fallo da ultimo uomo fatto su Morata lanciato a rete, un paio d’anni fa. Una manifestazione del suo spirito battagliero, e della sua visione del calcio più “sporca”. Racconta che per poter giocare e affermarsi nel Real Madrid ha dovuto cambiare regime alimentare, e anche affiancarsi a un mental coach. La sua crescita è stata così grande che oggi può giocare nel Real Madrid ed essere uno dei migliori in campo contro il Barcellona. Ancelotti lo utilizza in tutti ruoli, sfruttando tutte le sfumature della sua intelligenza tattica. Del resto ha doti aerobiche così importanti che è come avere due giocatori in uno. Dopo la vittoria contro il Barcellona Toni Kroos ha detto che Valverde è oggi tra i tre migliori calciatori al mondo.

 

Il modo in cui calcia però rimane la parte più vistosa del suo gioco. Guardando giocare Valverde viene da pensare che quello è in fondo l’unico modo possibile che ha per tirare. Pur non avendo eccezionalità fisiche vistose, Valverde è uno dei migliori atleti del calcio contemporaneo, e spicca in una squadra generalmente molto tecnica e di controllo come il Real Madrid. Mentre i giocatori accanto a sé palleggiano con la massima calma, Valverde corre animato da un’urgenza strana. Riempie la sua partita di scatti in cui affetta il campo in verticale, ingaggia contrasti che sembrano emanare una piccola denotazione e quando calcia l’atmosfera si piega. Una stella vola dal suo piede verso la porta con una traiettoria accecante. I difensori pregano di non incrociarla, di restare incolumi. Poi il pallone finisce la sua corsa e una nube si alza in cielo assumendo la forma di un teschio.

 

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Emanuele Atturo è nato a Roma (1988). Laureato in Semiotica, è caporedattore de l'Ultimo Uomo. Ha scritto "Roger Federer è esistito davvero" (66thand2nd, 2021).