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Dario Saltari
Il miglior attaccante di cui non avete ancora sentito parlare
26 apr 2024
26 apr 2024
Ollie Watkins sta avendo una stagione straordinaria con l'Aston Villa, dopo un lungo percorso.
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Dario Saltari
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Su Ollie Watkins la metafora del cardine calza a pennello. Su di lui l’Aston Villa si appoggia per andare da una parte o dall’altra del campo, chiudersi o aprirsi a seconda delle esigenze. I difensori lo cercano quando la pressione degli avversari diventa insostenibile, il suo ruolo è proprio quello: trasformare il peso in energia. Watkins fa tutto come se fosse naturale. Pressare quando c’è da pressare, venire incontro quando c’è da venire incontro, andare in profondità quando c’è da andare in profondità. Segnare, ovviamente. Un elemento in apparenza irrilevante e che pure fa viaggiare un peso enorme a un centimetro da terra, come se nulla fosse. Il peso della difesa avversaria che gli spinge alle spalle, quello della sua difesa che sta cercando di prendere fiato: con Ollie Watkins diventano propulsioni. Senza di lui anche il più piccolo movimento sarebbe molto più faticoso, quasi impossibile. Senza di lui l’Aston Villa non starebbe dove sta.

Nell’ultima partita di campionato, la vittoria casalinga contro il Bournemouth per 3-1, è venuto a prendersi il pallone ben sotto la linea del centrocampo. Ha controllato una traiettoria a mezza altezza col piatto, tenendo il centrale che lo aveva seguito sulle spalle come un grosso zaino da campeggio. Lo ha tenuto lì lasciando il pallone incustodito, attirando il raddoppio avversario. Ha evitato anche quello, passando il pallone all’indietro, con la punta, verso la propria difesa. L’Aston Villa ha risalito velocemente il campo e quando Rogers ha alzato lo sguardo per cercare un compagno nella metà campo avversaria ha trovato di nuovo Watkins, l’opzione migliore ancora una volta. L’attaccante inglese ha sprintato per guadagnare un po’ di spazio sul difensore avversario, poi si è fatto passare il pallone dietro il piede d’appoggio per aprirsi il passaggio verso l’area di rigore. È stato un attimo: con un filtrante che ha tagliato in diagonale la difesa del Bournemouth, Watkins ha messo in porta Diaby, che ha segnato il gol del 2-1. Circa venti minuti dopo, ha messo a segno un assist ancora più impressionante, permettendo all’Aston Villa di fissare il risultato sul 3-1.

Nella giornata di campionato precedente, con la rete che ha sigillato lo 0-2 all’Emirates contro l’Arsenal, Watkins ha raggiunto quota 19 gol in campionato, uno solo in meno di Erling Haaland e Cole Palmer in Premier League. Se si allarga lo sguardo ai cinque principali campionati europei sopra di lui possono issarsi solo Harry Kane, Serhou Guirassy, Kylian Mbappé, Lautaro Martinez e Lois Openda. Poi nessun altro. Con i due messi a segno contro il Bournemouth, è arrivato anche a 12 assist stagionali. Se si sommano ai gol, solo Mbappé e Harry Kane numericamente possono dire di aver fatto meglio di lui. In tutte le competizioni fanno 26 gol e 12 assist. Un’enormità.

«So che posso arrivare intorno ai 20 gol in Premier League», diceva circa due anni fa al Guardian, quando in pochi gli credevano. «Arrivare a quella cifra ti mette in una categoria diversa. Inizi ad essere visto come un killer di fronte alla porta avversaria. […] Ci sono stati diversi giocatori di questo tipo negli ultimi anni ed è ciò per cui voglio essere conosciuto anche io». Oggi Watkins è il primo giocatore inglese ad aver segnato almeno 10 gol nelle sue prime quattro stagioni nella prima divisione inglese dai tempi di Robbie Fowler. Era il 1997.

Ollie Watkins, del killer, non ha nulla. Quando parla abbassa gli occhi, il tono della voce. Se si fa silenzio non è a disagio. «Alcune persone sentono il bisogno di usare il telefono, io posso sedermi al tavolo e ascoltare». Watkins è introverso, passa molto tempo nella sua testa a criticare se stesso. «A volte eccede nell’analizzare», ha detto il suo ex allenatore Steven Gerrard. È un tratto che aveva anche da ragazzo. «Era il più grande critico di se stesso», ha detto Kevin Nicholson, un suo allenatore delle giovanili «Veniva sempre da te e ti sfidava come allenatore, per aiutarlo continuamente a migliorarsi. Diceva: "Cosa posso fare di meglio in questa situazione?". Era sempre lì dopo l'allenamento a fare pratica, anche se si trattava delle cose più semplici, come tirare calci di punizione in una porta vuota».

Ollie Watkins ha 28 anni, prima dei 25 non aveva mai giocato in Premier League. Per arrivare ha dovuto provarci e riprovarci, fin dagli inizi. Fa un primo provino per l'Under 9 dell’Exeter City ma viene scartato. Aveva un problema con l’attenzione, dice. Dovrà farsi un altro paio d’anni di Sunday League prima che un altro scout della stessa squadra lo noti di nuovo. Ancora prima di arrivare in prima squadra si è fatto una stagione di prestito al Weston-super-Mare, al sesto livello della piramide calcistica inglese. Tornato alla base, è riuscito finalmente ad entrare in prima squadra, nell’ottobre del 2015, quando aveva quasi vent’anni. L’Exeter City era in League Two, la nostra Serie D.

Ollie Watkins segna ogni anno, anche molto per la sua età, ma non salta nemmeno un gradino. Solo in pochi si accorgono che il suo talento è fuori posto. Nel marzo del 2017, pochi mesi prima di essere acquistato dal Brentford, viene notato da uno scout che tiene una rubrica sul Daily Mail. Watkins, c'è scritto, ha “il tipo di immaginazione che non vedi spesso a questo livello”. A fine stagione vince finalmente il premio di giovane dell’anno della League Two, con l’Exeter arriva anche in finale playoff per la promozione in League One. Si giocherà il 28 maggio del 2017, contro il Blackpool, a Wembley. Prima di quel giorno, Watkins non ci era mai entrato nemmeno da tifoso. «Qualche settimana fa ho visto Chelsea-Tottenham [semifinale di FA Cup, giocata a Wembley, ndr]. Guardare questo tipo di partite e poi giocare nello stesso stadio dove si sono tenute è qualcosa che non dimenticherò mai».

Il calcio minore gli ha insegnato il lato difensivo del suo lavoro, dice Ryan Northmore, il suo allenatore al Weston-super-Mare. «Il calcio che ti insegnano nelle Academy è molto concentrato su ciò che fai con il pallone, e gli attaccanti cresciuti in questo modo finiscono per aspettare che gli arrivi alla fine dell’azione». Non è solo retorica del fango, quello che Northmore definisce il «valore di vincere i duelli aerei nella tua area su un calcio d’angolo». Per Watkins è stato anche un modo per aggiungere qualche gol al suo score stagionale, il suo obiettivo fin dall’inizio. «Gli ho detto: senti, tu sai creare gol, puoi prendertela con le persone [che ti criticano, ndr] ed esprimerti come vuoi, ma forse puoi trovare altri cinque, sei gol se forzi gli errori dei difensori, se metti qualche trappola e vai in pressione».

Al Brentford passa in Championship, in Serie B. Rimarrà lì per altre tre stagioni. Un altro lungo periodo in un calcio che sembra non potergli appartenere. Un altro lungo periodo che si rivelerà prezioso. Ollie Watkins è il tipo di giocatore che sembra migliorare ogni anno che passa,che usa ogni esperienza per cesellare il suo talento. Che preferisce usare poco Instagram, far parlare il campo. Il suo mestiere è il calcio. «Ho sempre detto che se giocherò bene il resto arriverà di conseguenza», ha risposto, quando gli hanno detto che usando di più i social si sarebbe potuto far notare. Al Brentford segna in tap-in, a giro sul palo più lontano, da fuori area, forte sotto la traversa, in scivolata ad anticipare il difensore, di testa a superare il portiere. Il riflesso di una completezza tecnica impressionante, forse ereditata dai suoi inizi da centrocampista. Alla fine delle prime due stagioni, però, i gol sono ancora solo 20. È vero quello che dice: è il numero di gol a metterti in un’altra categoria.

Alla terza stagione i gol arrivano. Sono 26 in 49 presenze, se si contano anche i playoff per approdare in Premier League. In semifinale, contro lo Swansea, segna il gol che apre la rimonta nella partita di ritorno, nell’estate degli stadi vuoti nel mezzo della pandemia. Un inserimento al centro della difesa avversaria, rimasta aperta dopo un calcio d’angolo a favore, chiuso da un tiro a incrociare a tu per tu col portiere. Uno di quei gol che sembrano facili finché non li fai. Sarà l’ultimo con la maglia del Brentford, che perderà in finale contro il Fulham ai tempi supplementari. Per Watkins l’ultima partita prima di cambiare squadra e salire di livello sarà di nuovo una sconfitta in una finale playoff, di nuovo a Wembley.

Si dice che l’ultimo gradino sia il più difficile, ma per Watkins non è poi così diverso da tutti gli altri. All'Aston Villa arrivano stagioni con tanti gol (40 in campionato, nelle prime tre), ma ancora una volta non abbastanza, una compostezza tecnica tenuta anche al massimo livello che rimane all’ombra di giocatori più appariscenti. L’Aston Villa è la squadra di Jack Graelish, con cui sviluppa un’intesa speciale, una specie di riflesso pavloviano nello scattare in profondità quando i suoi dribbling rientrano dentro al campo. Al massimo del suo numero 10, Emiliano Buendìa. Watkins sembra rappresentare l’Aston Villa più di loro. Una squadra né di alta né di bassa classifica, in cui è difficile capire che ambizioni avere.

La svolta per entrambi arriva con Unai Emery, nuovo allenatore della squadra di Birmingham dall’ottobre del 2022. Watkins viene messo davanti a uno schermo che trasmette video tattici di Edinson Cavani e Carlos Bacca, istruito a concentrarsi sui corridoi centrali del campo. «[Prima di Emery, ndr] Mi stavo abbandonando all’abitudine. Sento di aver preso una strada diversa, concentrandomi veramente sull’essere un attaccante. Prima avrei cercato di mettere la palla in area e poi inserirmi per colpire di testa il mio stesso cross». Adesso, dice, il suo obiettivo è essere il main man.

È difficile distinguere tra l’evoluzione tecnica e la convinzione, perché Watkins non ha dovuto sacrificare parti del suo gioco per arrivare a una maggiore efficienza. Forse concentrarle in momenti più piccoli dentro le partite, quello sì. Per dire: in Europa non troverete molti altri attaccanti da 20 gol in campionato, oggi, capaci di dare questa palla, di avere questa visione.

Watkins è uno di quegli attaccanti per cui si può cedere alla tentazione di apparire snob dicendo che il gol è l’aspetto meno interessante del suo gioco. Un giocatore che ha dovuto percorrere una lunga strada per arrivare ai rumor di mercato che riguardano le big six, e che pure non sembra provare nessun senso di rivalsa. Che è contento quando segna, ma anche quando può fare qualcosa di più semplice, come una protezione palla a centrocampo con cui alzare il baricentro della squadra di una ventina di metri. In entrambe le cose Watkins mette una compostezza vagamente aristocratica, lontane dall’immagine sporca dell’attaccante che viene dal basso, che pure dovrebbe appartenergli. Nei suoi movimenti non c’è fretta, non c’è urgenza, non c’è disperazione. Il suo calcio sembra dire che c’è sempre tempo, se lo si sa prendere.

A inizio febbraio, contro lo Sheffield, supera quota dieci gol in campionato, il giro di boa alla cifra che si era dato come obiettivo qualche anno prima per entrare nella categoria degli attaccanti di élite. Tutto nasce da una palla d’esterno morbidissima di Douglas Luiz per il suo scatto in profondità. Watkins non è particolarmente veloce, ma con il primo controllo se l’allunga comunque verso l’area, incurante del possibile ritorno del difensore avversario alle sue spalle. Watkins aspetta e aspetta, fino ad avere una scivolata tra i piedi pur di avere la giusta distanza dalla palla. È la premessa tecnica alla sua finalizzazione di alto livello, un tiro rasoterra ad incrociare che non lascia al portiere nemmeno la speranza del tuffo.

Da quel gol sono passati quasi tre mesi e otto gol solo in Premier League. Watkins adesso è a 19 gol in campionato, e potrebbe arrivare finalmente a 20 già domani, contro il Chelsea. L’attaccante dell’Aston Villa ha una sua abitudine ai gol contro le big six: ha già segnato all’Arsenal, al Manchester United, al Manchester City, al Tottenham, al Liverpool (per ben cinque volte). Ovviamente al Chelsea. Proprio contro il Chelsea, quasi esattamente un anno fa, era arrivato a quota 50, tra gol e assist, con la maglia dell’Aston Villa. Oggi Watkins è a 94 e di lui si parla anche come principale candidato a vice Kane in Nazionale in vista degli Europei. È buffo come agli attaccanti venga richiesto così tanto e alla fine tutto si riduca a un numero.

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