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Giovanni Bongiorno
UFC 300: la grande notte di Max Holloway e Alex Pereira
15 apr 2024
15 apr 2024
Non male anche la serata di Zhang, Tsarukian e Bo Nickal.
(di)
Giovanni Bongiorno
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IMAGO / USA TODAY Network
(foto) IMAGO / USA TODAY Network
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Era possibile andare oltre le aspettative che UFC 300 aveva creato? La risposta non può che essere affermativa, un sì bello grosso, dopo un evento eccezionale che ha regalato match e finalizzazioni che rimarranno nella memoria di tutti. Arrivare alla card numero 300 (e parliamo solo delle card numerate mensilmente, non di quelle settimanali che negli Stati Uniti vanno in onda su ESPN) per una promotion di MMA può significare solo una cosa: UFC è diventata un fenomeno sociale e culturale, oltre che meramente sportivo. Questo, ovviamente, negli Stati Uniti, dove la T-Mobile Arena di Las Vegas ha registrato il tutto esaurito.Hanno aperto la card Bo Nickal - wrestler eccezionale che partiva con dei favori del pronostico talmente ampi da risultare il fighter UFC maggiormente favorito della storia - e Cody Brundage - fighter modesto ma duro, utile probabilmente proprio alla costruzione della carriera di Nickal. E nonostante un’iniziale resistenza da parte di Brundage (comunque primo fighter a portare Nickal almeno al secondo round, gli altri incontri li ha vinti tutti entro i primi cinque minuti) non ha saputo arginare l’aggressività di Nickal, che non ha mai indietreggiato ed è riuscito a prendere ottime posizioni di vantaggio da terra, immobilizzando Brundage fino all’arrivo, nel corso del secondo round, di una preannunciata rear-naked choke. Il periodo di prova per Nickal può dirsi concluso. È ora di passare tra i grandi e vederlo contro un avversario che possa davvero metterlo in difficoltà.

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Dopo Nickal, che in ogni caso è uno dei talenti emergenti di maggior valore della UFC, messo in apertura come l’amuse-bouche con cui lo chef di uno stellato accoglie i suoi ospiti, è toccato all’antipasto. L’incontro tra Charles Oliveira e Arman Tsarukyan. I due si giocavano la chance di affrontare, con tutta probabilità, la bestia nera della categoria, il campione indiscusso Islam Makhachev (sebbene nelle dichiarazioni di Dana White post evento, il prossimo sfidante di Makhachev sarà Dustin Poirier) e l’incontro è stato molto equilibrato. Tsarukyan è un combattente concreto e completo, uno di quelli che, effettivamente, poteva creare parecchi problemi a Charles Oliveira. E così è stato. Il fighter armeno, con una stance chiusa e grande sicurezza nello stand-up, ha accettato gli iniziali scambi con Oliveira, che da parte sua ha mostrato la solita calma e un’ottima preparazione agli attacchi del suo avversario. A pochissimo dall’inizio del match Oliveira ha messo a segno un leg kick su un tentativo di attacco di Tsarukyan, lo ha fatto scivolare e si è fiondato su di lui tentando una choke ben chiusa. Tsarukyan, in un impeto di determinazione che è sembrato quello di Volkanovski contro Brian Ortega, ha tenuto duro è uscito dalla presa, passando in top position e iniziando un buon lavoro in ground and pound. Ma prima del termine del round, il brasiliano è tornato in piedi. La seconda ripresa ha visto un dominio efferato di Tsarukyan, che si è preso di forza il round imponendo un’asfissiante top position a terra e un gran lavoro in ground and pound. Tsarukyan avrebbe voluto replicare lo stesso copione nel corso della terza ripresa ma Oliveira aveva conservato abbastanza energie e, sebbene abbia subito inizialmente l’offensiva dell’armeno, è tornando alla carica nel minuto finale ribaltando una situazione negativa in fase di grappling e chiudendo l’incontro in posizione di vantaggio, mentre sistemava una D’arce choke. Alla fine, due giudici su tre hanno dato la vittoria a Tsarukyan, il terzo a Oliveira. Di fatto, il fighter armeno si è visto alzare il braccio per decisione “non unanime”, ma si è detto pronto per la cintura.

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A UFC 300 è anche andato in scena quello che, personalmente, è stato il mio match preferito da molti anni a questa parte, nonché uno dei più bei match visti in UFC. La salita di categoria di Max Holloway, già fermato nei pesi Leggeri anni fa da Dustin Poirier (era il 2019), in un match con in palio il titolo ad interim di divisione - nonché la cintura del “Baddest Motherfucker”, per quel che vale - rappresentava un tentativo di provare a se stesso, ma anche al pubblico, che Holloway è ancora uno dei migliori fighter nell’intero roster UFC. Missione compiuta. Max Holloway ha dimostrato, ancora una volta, di essere semplicemente una delle leggende di questo sport. Partito comprensibilmente con gli sfavori del pronostico, sapeva di dover fare un match estremamente intelligente, così come sapeva che uno o due colpi di Justin Gaethje possono mettere qualsiasi fighter fuori combattimento. Per questo Holloway è stato guardingo, estremamente concentrato, dando sfoggio già dal primo round di una strategia perfetta. Ha pizzicato Gaethje, ha accettato di essere colpito dai suoi pesanti leg kick per arrivare, grazie al suo footwork insidioso, a colpire dalla sua distanza preferita. Prese le misure, il lavoro di Holloway è stato di in & out, in un lavoro complesso e perfetto che l’ha portato sin da subito in vantaggio sui cartellini dei giudici. “Heavy Machine Max” bisognerebbe chiamarlo, Max la mitragliatrice, e se è vero che il volume di colpi è sempre stato la sua arma migliore, nel match contro Gaethje vanno sottolineati almeno altri due-tre tratti fondamentali del suo game plan. Prima di tutto lo spinning back kick all’altezza del corpo, che Holloway ha implementato da un po’ di tempo nel suo repertorio e che si è reso particolarmente efficace contro un fighter come Gaethje, che si abbassa molto per incassare. Ora, un conto è incassare i pugni di un avversario, per quanto forte, ma totalmente un’altra storia è incassare i colpi di gambe in girata, con un’inerzia superiore e l’estensione della gamba che - di base - rappresenta un’arma a colpo singolo più efficace dei pugni. Al termine della prima ripresa, Holloway, costretto quasi a parete dalla pressione di Gaethje, lo ha centrato perfettamente con uno spinning back kick sul naso, provocandone probabilmente la frattura. Un Gaethje ferito è peggio di una Gaethje rilassato e quindi Holloway ha optato per una strategia di contenimento, colpendo spesso Justin con colpi dritti, appena il suo avversario si faceva avanti. Con gli occhi spalancati propri di chi è nella dimensione dell’atto, Holloway ha gestito nel secondo e nel terzo round, probabilmente aggiudicandoseli, prima di subire un knockdown che ha fatto pensare per un attimo al peggio - dopo aver ricevuto un gancio potente all’altezza della tempia da parte di Gaethje. Giusto per ricordarsi che, anche nelle serate migliori di un fenomeno, in uno sport come le MMA, un fighter duro e coraggioso come Gaethje ha sempre una possibilità.Il quarto round, in virtù di una pressione prolungata e di un impegno continuo in fase di pressing, quasi sicuramente, se l’è aggiudicato Gaethje. Nel quinto, però è arrivato il caos. Holloway voleva gestire, Gaethje sapeva bene che la sua sola chance per vincere l’incontro era mandarlo KO e ha iniziato subito pressando. A metà round Holloway ha alzato il ritmo, avviando una mezza demolizione che ha fiaccato ulteriormente Gaethje. Ma l’americano non ha ceduto e, pur grondante sangue, ha proseguito nello scambio. Poi è arrivato il tocco che ha fatto di un grande match, un capolavoro.Citando il suo stesso match contro Ricardo Lamas (nel 2016, quasi dieci anni fa!), nonostante avesse praticamente già vinto il match ai punti, negli ultimi secondi dell’ultimi ripresa Holloway ha invitato allo scambio selvaggio Gaethje, puntando col dito il centro dell’ottagono. Gaethje - il colpitore più pauroso dei pesi leggeri - non ci ha pensato due volte. I due hanno cominciato a sbracciare violentemente accendendo l’arena: all’ultimo secondo - l’arbitro ha segnato la fine al minuto 4:59 - una bordata di Holloway, un gancio destro in piena tempia, ha messo KO Gaethje, stramazzato al suolo in una sequenza consegnata alla storia dello sport. Il KO drammatico, però, non deve far passare in secondo piano quello che è stato un capolavoro tattico, di strategia, di misure e di gestione da parte di Holloway. Il fighter hawaiano ha messo in scena una prestazione colossale, forse la migliore della propria carriera, la sublimazione del proprio stile, con finale roboante annesso. Se un giorno si vorrà far vedere un solo match per far conoscere e comprendere Max Holloway ai posteri, sarà probabilmente questo. Che poi che cosa significa essere il peggior “motherfucker” del pianeta se non scambiare selvaggiamente a viso aperto fino all’ultimo secondo in un incontro già vinto? Per quante risposte siano state arrivate da un match del genere, altrettante domande si pongono ora. La proprietà transitiva nelle MMA, non mi stancherò mai di ripeterlo, non esiste. Ma come trattare un fighter che ha appena battuto in maniera convincente e spettacolare Gaethje, che vanta una vittoria fragorosa contro Poirier, prossimo sfidante al titolo?Max Holloway al microfono ha sfidato “El Matador” Ilia Topuria, fenomenale georgiano naturalizzato spagnolo che ha portato via la cintura dei Piuma alla nemesi di Holloway, Alexander Volkanovski. Se Holloway si è riconquistato la chance di combattere per la cintura che è stata sua, anche Gaethje da parte sua ha dimostrato di poter reggere in match leggendari, e di lasciare tutto, con generosità a volte eccessiva, all’interno dell’ottagono. Il match tra Holloway e Gaethje è da UFC Hall of Fame.

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Se Holloway e Gaethje sono stati il primo piatto di una cena di alta classe, il secondo piatto - prima del dolce dello chef - è stato meno copioso ma altrettanto elaborato. Soprattutto, nell’incontro valido per la cintura dei pesi Paglia femminili, la sorpresa è stata scoprire qualche lacuna nella campionessa Weili Zhang. Nel derby cinese con Yan Xaonan, Zhang ha subito alcuni colpi importanti che parevano poterne minare le certezze, ma a che hanno anche certificato la sua durezza psicofisica. Fermo restando che al termine del primo round una recar-naked choke chiusa non rilevata dall’arbitro (o non considerata risolutrice) aveva quasi fatto svenire la sfidante, Zhang si è forse rilassata troppo nella certezza di poter gestire in maniera semplice un match che invece si è trasformato in un lavoro molto difficile per la campionessa. Tra il secondo ed il terzo round Yan ha messo a segno dei colpi importantissimi, che hanno costretto anche Zhang al suolo, limitandola nel dominio a cui ci aveva abituati. Il match è stato piuttosto strano: quando Zhang pareva avere il ritmo dell’incontro dalla propria, dei colpi sorprendentemente rapidi e con grande tempismo sono andati a segno da parte della sfidante, specie una gomitata nel corso del terzo round ed un diretto d’incontro nel quarto. Zhang ha mostrato buon controllo da terra, ma oggettivamente i colpi più potenti e che hanno fatto più danni sono stati portati a segno dalla sfidante Yan. È rappresentativo il momento, nel corso del terzo round, in cui Zhang tira il fiato da terra e cerca di colpire con upkick alle gambe la sfidante, ma subisce poi un’offensiva a suon di low kick alle cosce, da terra. Nella seconda metà del quarto round, dopo essere andata knockdown a causa del già citato diretto d’incontro, Zhang ha costretto Yan al suolo, prendendole la schiena in back mount e strapazzandola in ground and pound.Il quinto round ha visto certificare il dominio di Zhang nei takedown e nel wrestling, con cui ha dimostrato di essere sì una grande campionessa ma, allo stesso tempo, ha coperto lacune evidenti nell’identificazione delle misure giuste, lo stesso problema nel “range” messo in luce contro Rose Namajunas nel loro primo match. Zhang può e deve migliorare se vuole rimanere in cima, ma soprattutto se vuole davvero salire di divisione per affrontare Alexa Grasso.

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Arriviamo così al dessert. Che, come tutti i dolci a chiusura di un pasto copioso, non deve essere eccessivo nella quantità. Parliamo, in effetti, di mezzo round. Tanto è il tempo servito a Alex Pereira per mettere KO l’ex campione Jamahal Hill. Ha chiuso la serata quello che Sean Strickland aveva definito “il tocco della morte”, il colpo secco di Pereira, cioè, confermato anche dal misuratore di potenza dei colpi in possesso della promotion, che aveva fatto registrare una potenza inusuale, superiore persino a quella di Francis Ngannou che deteneva il precedente record (se sia un sistema scientificamente valido o meno non possiamo dirlo con certezza, certo è che un po’ di impressione la fa).Jamahal Hill è un ex campione che aveva approfittato del vuoto in categoria lasciato dall’addio di Jon Jones, prima, e dall’infortunio di Jiri Prochazk, poi, per prendersi la cintura. Anche il pareggio senza assegnazione del titolo tra Jan Blachowicz e Magomed Ankalaev a UFC 282 gli aveva spianato la strada per superare uno stanco Glover Teixeira e laurearsi campione del mondo. Nella conferenza stampa di UFC 300, Hill aveva portato con sé una catena con la stone face che identifica Pereira, sbattendola a terra e caricandosi in modo forse troppo spettacolare durante il face-off.Le provocazioni di Hill non hanno avuto l’effetto sperato, anzi, vedendo com’è andato il match si potrebbe pensare che abbiano sortito esattamente quello opposto. Hill aveva promesso il knockout, ma si era dimenticato di avvertire il suo avversario e di fatto KO c’è andato lui, a seguito di una scena tanto iconica quanto strana. Dopo un’iniziale fase di studio, durante la quale i due hanno preso le misure con i leg-kick, è stato Pereira il primo a mettere a segno dei colpi. Hill, in guardia mancina, ha dato segno di voler indietreggiare per rientrare con diretti al corpo e, in un caso, anche al mento, ma con scarso successo. Pereira sembrava un alligatore: dopo aver sbagliato le misure di due leg kick, ha iniziato a muoversi in verticale e prendere la giusta distanza con il suo pugilato, caratterizzato dalla solita guardia larga e bassa, pronta ad accogliere qualsiasi aggressore abbia l’ardire di tentare la carica sul counterstriker più pericoloso al momento in circolazione. Il blocco su alcuni leg kick di Hill ha fatto desistere l’americano dall’aumentare il ritmo. E a seguito di uno dei leg kick da parte di Hill finito sulla conchiglia di Pereira l’arbitro ha fatto cenno di stoppare l’azione, ma Pereira, in un momento inusuale, ha bloccato il polso di Dean senza nemmeno guardarlo in faccia, dando segno di voler continuare e, dopo un passo verso Hill, gli ha spento le luci con un montante mancino, che è passato in mezzo alla sua guardia e si è schiantato sul naso. Pereira ha chiuso la pratica in ground and pound e poi ha festeggiato come Khaby Lame, indicando Hill stramazzato al suolo. Poche sorprese, dunque, se non per modalità e rapidità d’esecuzione: Pereira era il favorito, è vero, ma non tanto da far pensare che al primo colpo pulito il match sarebbe terminato. E Jamahal Hill è tutt’altro che uno sprovveduto. Questo ci restituisce l’immenso valore di Pereira, un fighter che in pochi match è diventato campione di due categorie UFC ed il cui futuro, a 36 anni, appare più roseo che mai.

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