La Premier League 2023/24 si è conclusa con la vittoria del Manchester City, uno dei pochi fattori di continuità in un campionato in cui valori delle squadre sembrano sempre cambiare molto. L’unica altra squadra ad aver infatti confermato il suo status della scorsa stagione è l’Arsenal, che si è confermata la prima rivale per il titolo, resistendo in lotta fino all’ultima giornata. Per il resto, la zona Champions si è completata con un Liverpool non sorprendente nel risultato ma nel percorso, che li ha visti a lungo competere per il titolo, e con lo straordinario Aston Villa di Emery che, come il Newcastle nella scorsa stagione, ha approfittato del vuoto di potere nella zona medio-alta di classifica per prendersi un quarto posto storico.
Ormai è una tendenza abbastanza consolidata: almeno una tra Chelsea, Tottenham e Manchester United deve vivere una stagione da banter era. Quest’anno è toccato, come ormai spesso negli ultimi anni, al Manchester United, che a febbraio sembrava abbastanza certo di un posto in Europa League ma che, dopo un crollo atroce negli ultimi mesi di campionato, è riuscito a farsi superare da Newcastle e Chelsea, chiudendo ottavo. Adesso per entrare nelle coppe deve vincere la finale di FA Cup, il problema è che è contro il Manchester City.
Tra i risultati più meritevoli al di fuori delle grandi ci sono quelli raggiunti da Andoni Iraola, che ha portato il Bournemouth al suo record di punti in Premier (48), e l’uomo che Iraola ha sostituito a Bournemouth, ossia Gary O’Neil, capace di portare a una serena metà classifica un Wolverhampton in disfacimento tecnico e che lo ha chiamato solo quattro giorni prima dell’esordio in campionato. Decisamente meno bene è andata a Burnley e Sheffield United, attese da due campionati molto difficili e che si sono conclusi con delle tristi retrocessioni e, nel caso di questi ultimi, con il record di gol subiti in una singola stagione di Premier – 104, con il precedente record di 100 che risaliva a quando la Premier era a 22 squadre.
A differenza degli scorsi anni, questo va segnalato, la qualità dei singoli è stata molto più diffusa all’interno delle squadre, tanto che la regola che solitamente impieghiamo nella preparazione di questa Top XI – ossia non inserire più di due giocatori per squadra – è stata particolarmente semplice da rispettare. Come da prassi, il modulo di base è un 4-3-3, ma volendo potete anche provare a leggerlo come un 3-2-5 in fase di possesso.
Portiere: Jordan Pickford (Everton)
Nell’ultimo triennio Pickford ha attivamente salvato l’Everton con le sue parate – alcune stupende, come questa contro il Chelsea – confermando anche il suo status di titolare della Nazionale inglese nonostante i brevi lampi di Henderson e Ramsdale.
Rispetto alla scorsa stagione, Pickford è stato molto più protetto dai suoi compagni, tanto che l’Everton è passato dall’essere la quarta peggior squadra per tiri in porta concessi a essere la quinta migliore. Ciononostante, il portiere dell'Inghilterra è riuscito a migliorare i suoi dati in termini di post-shot expected goals evitati – +4.1, meno solo di José Sa e del "Dibu" Martinez – e per percentuale di parate, indice di una qualità nello shot-stopping che non è gonfiata dai tanti tiri subiti, come per altro confermato dai 13 clean sheets stagionali, solo 3 in meno di Raya dell’Arsenal.
Pickford resta un portiere a tratti old-school: raramente si allontana dall’area e quasi tutto quello che gli passa dalle mani o dai piedi in costruzione viene spesso lanciato via senza troppi pensieri. Per paradosso queste qualità sono però perfette per una squadra che costruisce poco dal basso: Pickford è uno dei migliori portieri della Premier League nel gioco sulla lunga distanza e Dyche ha incastrato questa qualità a meraviglia nel suo gioco, usandolo in modo sistematico per cercare Calvert-Lewin, che sia per produrre transizioni lunghe o per costruire delle utilissime seconde palle da aggredire. Un utile bonus da aggiungere a un portiere sempre più affidabile.
Questa, all’ultimo minuto contro lo Sheffield United, resta probabilmente la parata più spettacolare della sua stagione.
Terzino destro: Trent Alexander-Arnold (Liverpool)
Il percorso di Trent Alexander-Arnold nel Liverpool sembra fatto per polarizzare sempre di più le opinioni sulle sue qualità. Dall’anno in cui il Liverpool è tornato campione d’Inghilterra, per Trent c’è stata un’alternanza perfetta tra le sue stagioni migliori e peggiori: molto bene o molto male, senza via di mezzo. In questa stagione siamo stati decisamente nel primo scenario.
Il periodo di ripresa di Alexander-Arnold è iniziato nel finale della scorsa stagione, con l’idea di Jurgen Klopp di cominciare a impiegarlo sistematicamente come terzino invertito ma con movimenti diversi dallo standard, che lo portano a giocare spesso in seconda linea vicino a Endo o Mac Allister o, anche più spesso, a restare in prima linea, o prendendo un ruolo da terzo di difesa a destra o invertendosi propriamente con il centrale di destra (Konaté o Quansah).
Se inizialmente questa scelta sembrava più un tentativo di coprire i suoi difetti in non possesso che non di esaltarne le qualità con il pallone, con il passare dei mesi ci siamo accorti che in realtà era il contrario. Certo, Alexander-Arnold non ha più i numeri sovrumani negli assist degli anni scorsi – solo 4 in 26 partite – ma in questo ruolo da quarterback può vedere ancora meglio il campo e i movimenti dei suoi compagni, con il risultato che, pur non entrando quasi più nella rifinitura direttamente, questa è diventata la sua miglior stagione in termini di azioni che portano a tiri – 5.35 per 90’.
L’incredibile stagione di Alexander-Arnold è stata sporcata solo da un infortunio al ginocchio che lo ha bloccato da febbraio ad aprile, tirandolo fuori a inizio secondo tempo dallo scontro diretto dell’Emirates con l’Arsenal e facendogli saltare quello di Anfield con il City. In queste due partite, il Liverpool ha ottenuto un pareggio e una sconfitta, compromettendo la corsa al titolo.
La stagione di Alexander-Arnold in un’azione: ricezione in prima linea tra i due centrali, scansione del campo e lancio perfetto sulla corsa di Salah alle spalle di Zinchenko.
Difensore centrale: William Saliba (Arsenal)
Nella scorsa stagione l’infortunio di William Saliba ha messo fine in anticipo alla lotta al titolo dell’Arsenal. Quest’anno, il suo ritorno in coppia con Gabriel ha permesso ai "Gunners" di tenere il passo del Manchester City fino alla fine della stagione.
Saliba ha dato prova del suo valore durante tutta la stagione – letteralmente, dato che ha giocato tutti i minuti dell’Arsenal – controllando più o meno tutti gli attaccanti con una sicurezza sorprendente. Lui e Gabriel hanno iniziato la stagione cancellando Haaland dal campo durante la vittoria contro il Manchester City nel Community Shield di agosto e hanno replicato durante lo scontro diretto dell’Emirates di ottobre, impedendogli di creare anche un solo tiro. Nello 0-0 dell’Etihad di marzo il discorso non è stato molto diverso, con Saliba che ha regalato una prestazione eccezionale anche quando costretto per lunghi tratti a difendere dentro l’area di rigore.
Il francese è però anche un formidabile gestore del pallone: rispetto alla scorsa stagione, quando si divideva il lavoro in costruzione con Gabriel, Saliba ha aumentato ulteriormente i suoi palloni toccati e i suoi passaggi tentati – da 77 a 82 e da 70 a 75 per 90’ rispettivamente – diventando il primo riferimento della squadra, mostrando una calma glaciale nel giocare anche in spazi stretti e contro la pressione.
Quando Saliba era ancora in prestito al Marsiglia, Emanuele Mongiardo lo aveva prospettato come uno dei migliori difensori al mondo in potenza. A due anni di distanza, anche se non è stato sufficiente per far vincere il titolo ai Gunners, possiamo dire che Saliba ha rispettato l’hype.
Difensore centrale: Ezri Konsa (Aston Villa)
Ezri Konsa è stato forse il giocatore meno celebrato dell’Aston Villa di Unai Emery, spesso nascosto sotto una serie di nomi decisamente più cool come quelli del Dibu Martinez, di Ollie Watkins o di Douglas Luiz. Eppure, la stagione del centrale inglese, anche per il ruolo che riveste nella paradigmatica linea difensiva di Emery, non ha nulla da invidiare a quelle di molti suoi compagni.
Konsa è un difensore molto moderno: ha un fisico abbastanza massiccio ma anche una buona rapidità di passo. In campo, l’inglese si presta benissimo alle idee di Emery: è molto orientato all’anticipo – completando bene un compagno più di copertura come Pau Torres – e ha una sua raffinatezza, riuscendo spesso a conservare il possesso dopo il primo intervento e mostrando una buona qualità nel gestirlo anche sotto pressione.
Le qualità atletiche di Konsa sono poi diventate molto utili nella parte finale della stagione, in cui la stanchezza e gli infortuni hanno reso meno puntuale la trappola del fuorigioco di Emery. Il centrale inglese è infatti diventato utile proprio grazie alla sua velocità, con cui è stato spesso chiamato a fare recuperi lunghi per rimediare a qualche movimento sbagliato della linea. Essere un difensore nel sistema di Unai Emery comporta uno sforzo di concentrazione eccezionale e Konsa ha dimostrato in tutta la sua stagione di rispondere perfettamente a questa necessità, diventando un imprescindibile come mai prima d’ora.
Terzino sinistro: Destiny Udogie (Tottenham)
A inizio stagione, con Conte ormai fuori dal Tottenham, pochissimi si sarebbero aspettati di vedere Destiny Udogie diventare parte integrante degli "Spurs". Invece, come raccontato dallo stesso Udogie, è stato lo stesso Postecogloua chiamarlo in estate per dirgli che lo reputava un giocatore importante.
La fiducia di Postecoglou in Udogie si è tradotta in un lavoro molto radicale per ricostruirne la sua identità in campo. Nel Tottenham l’italiano ha giocato come falso terzino, affiancandosi a Bissouma e Pedro Porro in seconda linea sulla costruzione e andando poi ad accompagnare l’azione nel mezzo spazio sinistro, cercando continuamente combinazioni con Son e Maddison.
In questa stagione, Udogie è stato tra i migliori esterni della Premier League per passaggi progressivi, conduzioni e tocchi dentro l’area. Inoltre, ha mostrato anche un’aggressività di primo livello – qualità imprescindibile in una squadra pensata per pressare in modo intenso – e una maggiore comprensione del campo alle sue spalle. Come lui stesso ha spiegato: «Giocando a centrocampo devi sapere cosa succede dietro di te, devi essere pronto quando ricevi il pallone e devi sapere cosa c’è davanti e dietro di te».
Il risultato del lavoro di Postecoglou è stata una bellissima sintesi tra le qualità intrinseche di Udogie nelle conduzioni e la sua bravura nell’attaccare gli spazi che si trova davanti e la maturità che deriva dall’interpretazione di un ruolo più riflessivo, in cui è fondamentale modulare ogni tocco e ogni movimento. La sua stagione è finita con un mese di anticipo per un infortunio che gli farà saltare l’Europeo - una nota ancora più amara se pensiamo che in questa stagione era finalmente riuscito a ottenere la sua prima convocazione in Nazionale.
Il suo primo gol in Premier League arriva proprio con un movimento perfetto nell’area piccola.
Mediano: Rodri (Manchester City)
Per raccontare cos’è stata la stagione di Rodri si può partire da un semplice dato: il Manchester City ha perso 3 partite in questo campionato – contro Wolverhampton, Arsenal e Aston Villa – e in tutte e tre lo spagnolo era squalificato.
Rispetto all’ultima volta in cui è entrato in questa Top XI, Rodri ha aumentato ancora di più il ventaglio di cose che offre in campo. In questa stagione lo spagnolo è, come da prassi ormai, il giocatore con più passaggi effettuati (111 per 90’) e il secondo per passaggi progressivi (12, dietro solo a Xhaka) in Europa. Altrettanto da prassi è ancora una presenza difensiva fondamentale per il modo in cui riesce a dare stabilità nelle rare occasioni in cui il City è costretto a difendere in transizione. A questo, però, ha aggiunto anche una presenza mai vista negli ultimi trenta metri.
Lo spagnolo ha segnato 8 gol in Premier League – la sua miglior stagione in carriera – e la maggior parte di questi sono arrivati con la stessa meccanica con cui ha segnato il gol decisivo dell’ultima Champions League: il tiro di prima in attacco su un cutback; un movimento e un gesto talmente ben coordinati da sembrare una serie di replay. Come se non bastasse, Rodri ha anche stabilito il suo record di assist stagionali – 9, che diventano 13 includendo anche le coppe – e, soprattutto, si è conquistato uno status di leader emotivo fondamentale per Guardiola, una figura parzialmente persa dopo l’addio in estate di Ilkay Gundogan.
A fine aprile, Guardiola ha definito Rodri «nettamente il miglior centrocampista al mondo» e in effetti è difficile dargli torto, anche vedendo il volume e la varietà delle giocate che offre nelle sue partite.
Mezzala destra: Phil Foden (Manchester City)
L’esplosione di Phil Foden a inizio 2024 è stata il turning point di questa stagione del Manchester City. Lo è stata per il modo in cui l’inglese è riuscito a trovare la capacità di accelerare il gioco in una squadra altrimenti più ossessionata dal controllo del solito.
Guardiola ha usato Foden un po’ ovunque a livello nominale ma di fatto con l’obiettivo di farlo finire a muoversi nel mezzo spazio destro, dove può usare l’esterno del suo raffinatissimo sinistro per muoversi nello stretto e creare la superiorità che, su quel lato di campo, il City non è più riuscito a creare dopo la cessione di Riyadh Mahrez.
Foden ha premiato la fiducia di Guardiola diventando l’uomo dei momenti che hanno definito la corsa al titolo del Manchester City. Contro il Brentford, a febbraio, è stato lui a segnare la tripletta che ha permesso al City di vincere una partita in cui era andato sotto contro una squadra che sembrava in missione; nel derby di Manchester, a marzo, ha fatto altrettanto segnando una doppietta – con il primo gol di una bellezza straordinaria – con il City sotto per 1-0; ad aprile, contro l’Aston Villa, lo ha fatto la terza volta, segnando un’altra tripletta e, infine, nell’ultima della stagione, contro il West Ham, lo ha fatto una quarta, con la doppietta che ha dato ufficialmente il titolo al City. Dopo anni in cui la sua presenza era stata una semplice aggiunta a una squadra già perfetta senza di lui, Foden è diventato quel talento che tutti ci aspettavamo nel 2019 e su questo titolo del Manchester City il suo è stato forse l’impatto più importante.
Mezzala sinistra: Declan Rice (Arsenal)
Declan Rice è stato l’uomo più chiacchierato dell’estate 2023 in Premier League. Contro più o meno ogni aspettativa che accompagna questo tipo di acquisti, Rice ha impiegato pochissimo a giustificare la scelta dell'Arsenal di spendere 105 milioni di sterline per lui: già nelle prime partite della stagione si è subito mostrato incredibilmente attento in possesso – a volte anche diventando un po’ conservativo – ma anche in grado di entrare nell’azione a tutte le altezze del campo. Anche per questo motivo, Arteta ha usato l’inglese sia come lone six, con compiti soprattutto di copertura delle linee di passaggio e di inizio della manovra, sia come box-to-box vero e proprio, libero quindi di dare supporto in prima costruzione e poi accompagnare l’azione fin dentro l’area avversaria.
In quest’ultima forma – che poi è stata quella tipica di tutti i big match – Rice ha dato il meglio di sé; con la sua presenza fisica, la sua enorme falcata e il suo senso dello spazio, l’inglese è diventato un incursore straordinario, capace anche di segnare 7 gol in stagione, numeri mai lontanamente avvicinati con il West Ham.
In questa stagione, però, abbiamo scoperto anche che Rice è un incredibile battitore di piazzati: da gennaio, quando ha iniziato a prendere tutti gli angoli dalla destra, l’inglese ha trovato 7 dei suoi 8 assist stagionali – anche questo un record – e ha contribuito attivamente a rendere l’Arsenal la squadra con più gol segnati da piazzato nella storia della Premier League.
Il suo acquisto alla fine non è stato sufficiente per portare l’Arsenal al primo titolo dopo vent’anni ma sicuramente ha contribuito ad avvicinare ancora di più i "Gunners" allo standard di perfezione del Manchester City.
Esterno destro: Cole Palmer
Cole Palmer ha iniziato la stagione nel Manchester City come un classico esterno che parte da destra e converge per andare sul suo piede sinistro – così ha segnato il suo primo gol, nel Community Shield con l’Arsenal – e la sta finendo senza una posizione definita ma vivendo in funzione degli spazi che crea e che gli altri creano per lui, diventando un ibrido tra un rifinitore puro e un centravanti, abbinando a questo anche una qualità straordinaria in fase di pressione.
Palmer è uno di quei giocatori il cui valore tecnico sembra quasi artificiale: non ha un dribbling vellutato come Neymar ma quando affronta i difensori sembra avere una velocità di pensiero troppo superiore – per avere un’idea potete vedere questo gol contro il Luton – e soprattutto sembra sempre capire prima dove andare a prendere il pallone.
Uno dei segni più incredibili del talento di Palmer è il modo in cui risponde alla pressione: in stagione ha segnato 9 rigori su 9, di cui due nei derby contro Arsenal e Tottenham e due in pieno recupero contro United e City. In questi mesi l’inglese è diventato il giocatore a cui tutti passano la palla per creare occasioni e, insieme a Gallagher, è anche uno di quelli che sembra avere di più la testa sulle spalle, come dimostra il modo in cui si è messo tra Jackson e Madueke durante una lite per un rigore contro l’Everton.
I suoi 22 gol e 11 assist stagionali sono stati determinanti per impedire al Chelsea di sprofondare nella più assoluta mediocrità; grazie al suo talento, i "Blues" sono riusciti a risalire dalla metà classifica di dicembre fino al sesto posto finale, con un 2024 da 32 punti in 18 partite, peggiore solo di quelli di Arsenal, Liverpool e Manchester City.
Nelle compilation di questa stagione di Palmer c’è una giocata per ogni gusto.
Esterno sinistro: Anthony Gordon (Newcastle)
Anthony Gordon è arrivato a Newcastle nel gennaio 2023, mentre l’Everton era in preda al più completo disfacimento tecnico e societario. Il biondissimo esterno inglese ha impiegato tutta la prima parte dello scorso anno ad ambientarsi nel sistema di Howe, riuscendo a prendersi il posto da titolare solo all’inizio di questa stagione, per sua fortuna cominciando subito a produrre risultati.
Anthony Gordon è uno di quei giocatori che basa molto del suo gioco sulla capacità di prendere velocità con pochi passi. L’ex Everton non ha un repertorio di skills particolarmente ampio ma al tempo stesso possiede un controllo in velocità di alto livello e un’accelerazione straordinaria, che è poi ciò che gli consente di essere così incisivo anche senza una tecnica di base eccessivamente raffinata.
Lo stile di Gordon è quello di un giocatore molto diretto al risultato: quando parte in velocità ha come unico obiettivo quello di arrivare a definire l’azione. Non a caso, la sua giocata preferita è quella classica dell’esterno a piede invertito, che parte molto aperto sulla sinistra e rientra per aprirsi il tiro con il piede forte. Questa qualità, per paradosso, si sposa benissimo con una squadra diretta come è il Newcastle di Eddie Howe, che si appoggia molto su transizioni sia lunghe che corte.
In questa Premier, Gordon ha segnato 11 gol e offerto 10 assist, essendo di fatto l’unico giocatore del Newcastle non triturato dagli infortuni e, anche per questo, l’unico capace di mantenere un rendimento importante per tutta la stagione.
Punta: Dominic Solanke (Bournemouth)
Sono passati quasi dieci anni da quando Dominic Solanke dominava la Youth League con l’Under 19 del Chelsea; ora "l’arciere" ha 29 anni, è al Bournemouth dal 2019 e negli ultimi tre anni è stato prima fondamentale nel riportare le "Cherries" in Premier League, poi nel salvarle e infine nel portarle al loro record di punti in categoria.
Solanke è uno di quei centravanti che hanno una base tecnica nel loro gioco che li rende capaci di fare più o meno tutto. Nella scorsa stagione, per esempio, Gary O’Neil lo aveva utilizzato esclusivamente come creatore di spazi da attaccare per Philip Billing, tanto che l’inglese aveva chiuso la stagione con più assist (7) che gol (6). In questa, con l’apporto di Billing che si è ridimensionato, Iraola ha destinato quasi tutti i compiti di finalizzazione a Solanke, che quindi ha concluso la sua stagione con 19 gol in Premier League, di netto il suo miglior totale in carriera. Nel suo campionario si trovano tanti gol da nove classico, con tocchi dentro l’area piccola ma quelli più caratterizzanti del suo gioco sono quelli in cui è lui a crearsi lo spazio con il pallone – tipo questo contro l’Aston Villa in cui gira intorno a Pau Torres con un controllo sinistro-destro e soprattutto questo contro il Luton, in cui fa un tunnel di suola ad Hashioka.
Il lavoro fatto da Iraola su Solanke si basa anche sull’approccio che il basco ha dato al suo Bournemouth. Le "Cherries" sono diventate una delle squadre che pressa meglio in Premier League e Solanke ne è un interprete formidabile – è il giocatore che ne porta di più nell’ultimo terzo in Premier League – e questo, come spiega lui stesso, lo aiuta a trovarsi più alto in campo, costringendolo a un minor lavoro di ripiego e dandogli la possibilità di costruirsi gli spazi come meglio crede. In estate, probabilmente, Solanke andrà all’Europeo con l’Inghilterra, ricevendo un meritatissimo riconoscimento per il lavoro fatto in questa stagione.