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Daniele Manusia
La differenza per il Chelsea si chiama Cole Palmer
17 mag 2024
17 mag 2024
Il giovane talento arrivato dal City ha avuto una stagione d'esordio eccezionale.
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Daniele Manusia
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IMAGO / Sportimage
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Con quello segnato nella vittoria (2-1) contro il Brighton, Cole Palmer è arrivato a 22 gol in Premier League con la maglia del Chelsea; 27 stagionali, contando anche quelli segnati con la maglia del Manchester City prima che venisse ceduto. Insieme ai 10 assist in campionato, fanno 32 contributi diretti, quasi esattamente un terzo, nel totale dei gol realizzati dal Chelsea (102) in Premier League. Cole Palmer aveva già battuto il record di gol di Diego Costa (20) nella stagione 2016/17, adesso ha anche superato quello di gol+assist di Eden Hazard (31) nella stagione 2018/19. Poche settimane fa è stato premiato come giocatore dell'anno in due distinte categorie nella cerimonia annuale del Chelsea, una decisa dal voto dei tifosi e l’altra da quello dei giocatori della prima squadra; ed è candidato sia come miglior giocatore che come miglior giovane nei premi della Premier League.I numeri e i premi aggiungono concretezza a un’impressione in ogni caso piuttosto oggettiva, ovvero che Cole Palmer stia avendo una prima stagione in Premier League eccezionale. Fuori da ogni più rosea previsione, certo, anche se non si può dire che lui non avesse dato segnali di avvertimento a cominciare dall’estate, prima cioè che il City e Guardiola accettassero 42 milioni di sterline per privarsi delle sue prestazioni - o, a seconda dei punti di vista, per acconsentire alla volontà di Palmer stesso, alla ricerca di più minuti di gioco di quelli che il tecnico catalano poteva garantirgli.Lo scorso luglio Cole Palmer ha segnato il gol vittoria, con una punizione deviata, nella finale dell’Europeo Under 21 contro la Spagna, andando ad esultare davanti alla panchina spagnola, correndogli vicino e fissandoli senza dire niente, restando impassibile mentre intorno a lui si accendeva la rissa. A inizio agosto, una decina di minuti dopo essere entrato in campo, ha segnato il gol del momentaneo 1-0 nel Community Shield con l’Arsenal (che poi ha vinto ai rigori la squadra di Arteta, dopo il pareggio di Trossard): controllo al limite dell’area, sul lato destro, palla spostata sul sinistro e poi infilata sotto l’incrocio più lontano a giro. Pochi giorni dopo, a metà agosto, ha segnato il gol dell’1-1 contro il Siviglia, Supercoppa (che il City stavolta ha vinto ai rigori), con un inserimento alle spalle di Haaland e un colpo di testa ravvicinato, a incrociare il cross di Rodri, su cui Bono non ha potuto fare niente.Tre gol in tre finali.

Ma voi, uno che calcia così, lo lascereste andare in un’altra squadra?

Insomma, sarà pure stato Palmer a scalpitare, a non avere pazienza, ma anche considerando la densità di talento del Manchester City ci è voluta come minimo un po’ di miopia, o scarsa diplomazia, da parte di Guardiola, per lasciar partire un ventunenne del genere (nel frattempo ne ha compiuti ventidue) l’ultimo giorno di mercato. Un ragazzo oltretutto cresciuto a Manchester - per la precisione a Wythenshawe, quartieraccio dove è ambientata la serie tv Shameless - nel vivaio del City, anche se tifoso dello United (il nonno ha raccontato che da piccolo giocava con qualcosa di rosso sotto il completino azzurro). Il cerchio è sembrato chiudersi lo scorso novembre, quando Cole Palmer ha segnato il gol del 4-4 nel recupero della partita con il City, esultando con un’alzata di spalle perché, ha detto dopo, dato che non poteva esultare come avrebbe voluto per un gol così importante, gli è venuto spontaneo fare quello. Dopo quella partita e il suo quarto gol in campionato (quattro rigori) Gareth Southgate, che era tra il pubblico, lo ha convocato per la prima volta in Nazionale maggiore (anche se poi non lo ha fatto esordire). Sarebbe bastato continuare su quella falsariga per dare un senso alla sua stagione, per farne qualcosa di meglio di quello che ne avrebbe fatto se fosse rimasto al City, a mangiare gli avanzi di partita di Bernardo Silva e Foden. Ma quello era solo l’inizio, ai gol su rigore sono seguiti gli altri e, dopo un’altra mezza stagione, le azioni di Cole Palmer sono schizzate così in alto che c’è chi pensa che debba partire titolare al prossimo Europeo. È la sicurezza di Palmer fuori e dentro dal campo, una certezza nei propri mezzi che confina con l’arroganza, la sua faccia da schiaffi a cui però seguono i fatti, a distinguerlo. È il modo in cui Palmer crede in se stesso che spinge gli altri a credere in lui. «So essere umile, ma credere nelle tue capacità ti sarà di grande aiuto», ha detto. Non sembra solo un ragazzo a cui sta andando bene una stagione, quanto piuttosto uno a cui le cose non possono andare diversamente. Tanto per cominciare, gli riesce tutto, e anche bene. Persino il gol al Brighton di pochi giorni fa va comunque un pochino oltre quello che ci si aspetta da lui. Cucurella mette dentro una palla tesa dal fondo, a rimorchio, e Palmer ci arriva inserendosi nel triangolo formato da tre avversari. L’incontro con il cross è una felice casualità, ma il suo colpo di testa ha una precisione perversa, gira sul secondo palo come una conclusione di piatto, a giro.

Il culmine della sua stagione è arrivato nel 6-0 contro l’Everton, in cui Cole Palmer ha segnato quattro gol. L’ultimo è un rigore - quello su cui hanno litigato Nico Jackson e Madueke prima che arrivasse Gallagher a riportarli coi piedi per terra dando la palla a Palmer. Il secondo e il terzo, invece, sono ennesimi segni del destino, manifestazioni di quanto le cose che gli vanno bene in questo momento (un tap-in di testa su un tiro ribattuto dal portiere che gli arriva proprio incontro; un pallonetto da trequarti di campo con Pickford fuori dall’ara di rigore che gli passa la palla in costruzione) ma il primo è un capolavoro (gol del mese della Premier, nel mese in cui Palmer ha vinto il premio come miglior giocatore). È interessante perché comincia con un controllo impreciso di Palmer, a cui il passaggio di Malo Gusto resta sotto, costringendolo a guardarsi le scarpe come i chitarristi che spingono i pedali delle distorsioni. Allora gli si fa sotto Branthwaite, che non si aspetta il guizzo con cui Palmer gli fa passare la palla in mezzo alle gambe. Il campo però continua a restringersi intorno a lui e, superato Brantwhite, si ritrova davanti Onana (cioè Amadou Onana, difensore dell'Everton, per l'appunto): Palmer stavolta lo supera usando un compagno, passando la palla di tacco a Nico Jackson, andandola poi a riprendere alle spalle dello stesso Onana, quando Jackson chiude il triangolo.Al limite dell’area calcia di prima intenzione, di piatto sinistro sul secondo palo, non un tiro eccezionale ma efficace, sufficientemente improvviso, veloce e preciso affinché Pickford non ci arrivi. Cole Palmer ha usato un controllo sbagliato e una situazione bloccata per crearsi dal nulla un’occasione, ha avuto la creatività di trovare le soluzioni utili al suo scopo strada facendo, di costruirsi la strada verso la porta, per così dire, un passo alla volta.

È poco più di un aneddoto, ma è interessante per capire il carattere di Cole Palmer, sapere che il nonno paterno è nato nell’isola di Saint Kitts (Piccole Antille, ex colonia britannica e parte del Commonwealth). Ha raggiunto i suoi genitori, emigrati in Inghilterra a metà degli anni ‘50, dopo aver affrontato, a sette anni, solo con il fratello poco più grande, un viaggio di due settimane che lo ha portato a Southampton. Palmer ovviamente è fiero delle sue origini, è diventato virale su Tiktok rappando sulla base di un oscuro rapper jamaicano e forse, più in profondità, conserva qualcosa della libertà e del coraggio che sono stati necessari alla sua famiglia per attraversare l’oceano. Cole Palmer è parte della nuova generazione di talenti cresciuti in un calcio caotico - il calcio dei rimpalli - calciatori il cui cervello comunica coi piedi più rapidamente di quanto succedeva in passato, in cui la capacità tecnica è tutt’uno con i riflessi e con la capacità di leggere e interpretare l’azione, dando senso al caos, trovando lo spazio per giocare senza rallentare. È un calcio in cui il coraggio è fondamentale, in cui si sbaglia molto - e va accettato - ma in cui i ricavi sono comunque superiori alle perdite. Dieci giorni prima della partita con l’Everton, Cole Palmer aveva segnato due gol su rigore al Manchester United, più il terzo con cui ha deciso al centesimo minuto di gioco il 4-3 finale. È un gol fortunoso, un tiro deviato. Palmer calcia da una posizione defilata appena oltre il limite dell’area di rigore, dal lato destro, dopo aver ricevuto palla rasoterra dal calcio d’angolo. Calcia forte in mezzo a un’area piena di gente, calcia per prendere la porta, o quello che c’è in mezzo, calcia per fare male e trova la deviazione di McTominay. Gli è andata bene, ma se l’è anche andata a prendere quella palla, con l’intenzione di farci qualcosa senza sapere esattamente cosa.

I suoi tiri sono sempre secchi e imprevedibili, perché è più importante cogliere di sorpresa il portiere, anticipare i suoi tempi di reazione con traiettorie dritte e violente, piuttosto che cercare di aggirarlo con l’eleganza. La facilità apparente con cui gli riescono le cose giustifica in pieno l’esultanza un po’ didascalica con cui simula un freddo improvviso strofinandosi le braccia - Cold Palmer…A differenza di Musiala, o Wirtz, Cole Palmer non ha un controllo della palla da videogioco, non è specialmente un dribblatore, anche se all’occorrenza dribbla (è leggermente sopra la media dei pari ruolo, secondo i dati Statsbomb). Sa portare palla, è veloce in conduzione, ma è anche molto pericoloso senza, quando si smarca in zona di rifinitura o quando si inserisce nello spazio dietro o al lato dell’attaccante. Per questo gioca bene in quel ruolo ibrido tra trequartista e mezzala destra che gli concede Pochettino: «Mauricio mi concede la fiducia e la libertà di andare dove voglio in campo, dove sento che posso usare le mie qualità», ha detto.Ma ha detto anche: «Sono un giocatore che vuole sempre la palla… ovunque». E infatti si abbassa spesso a prendere palla dalla difesa, nello spazio del terzino destro, dove può usare il suo sinistro per venire dentro al campo o cambiare lato lanciando. La sua capacità di calcio, specie nei passaggi sulla media e lunga distanza, ricorda vagamente quella del primo De Bruyne, il giocatore acerbo del Genk e del Werder Brema, comunque capace di sparare il pallone da un angolo all’altro del campo con una precisione millimetrica. I passaggi di Palmer hanno quella stessa forza, quella qualità un po’ ruvida che hanno i passaggi senza esitazione di De Bruyne, a volte difficili da controllare, perché richiedono piedi altrettanto precisi, e cervello altrettanto acceso, per riceverli e controllarli. Palmer trova quasi sempre un compagno, ma capita che quello non faccia in tempo a reagire che la palla gli ha già sbattuto contro. Difficile dire se Palmer abbia quelle potenzialità (in grado, cioè, di fargli raggiungere il livello di uno dei migliori giocatori della storia della Premier League) e quella visione di gioco, ma la sua passione per i passaggi filtranti è senz’altro un buon segno.

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La stagione d’esordio di Cole Palmer, la sua prima vera stagione in Premier League (lo scorso anno Guardiola gli aveva concesso poco più di 350 minuti), sarebbe semplicemente un’ottima stagione, se non fosse per quei numeri incredibili. Confermerebbe la bontà delle sue ambizioni e della sua mentalità competitiva, senza però nascondere i margini di crescita necessari per poter essere utile in un contesto meno incasinato. Il Chelsea è la squadra più in perdita del campionato, la seconda dopo il City con il monte stipendi più alto (ma il City ha un fatturato più alto, anche se con i modi controversi che conosciamo); quella i cui tifosi non chiedono la maglia ai giocatori ma, bensì, chiedono loro di sudarla. Palmer è arrivato come un oggetto misterioso e ha riempito il vuoto lasciato da quello che sarebbe dovuto essere il giocatore offensivo più importante, Nkunku, rimasto infortunato per la maggior parte della stagione. Pochettino ha detto che «nei giorni peggiori, siamo davvero pessimi» ma anche che «quando stiamo bene, possiamo fare di tutto». Il discrimine tra l’una e l’altra cosa passa soprattutto dai piedi di Cole Palmer. Non è in grado da solo di cambiare una partita, figuriamoci una stagione. Ci ha provato in finale di FA Cup contro il City, in una partita che secondo i suoi critici ha giocato male. Nel primo tempo ha saltato Rodri in area di rigore e ha aperto il piatto, ma ne è uscito un tiro strozzato su cui Ortega non ha avuto particolari problemi; nel secondo ha messo da destra una palla sulla testa di Jackson a pochi passi dalla porta, ma quello ha schiacciato male. Ci ha provato anche con il Liverpool, nell’altra finale che il Chelsea ha perso in questa stagione, in Carabao Cup. Ha avuto un’occasione da pochi metri - come spesso gli succede frutto dell’intuito con cui segue l’azione d’attacco, calamitando respinte e palle vaganti - ma Kelleher ha fatto un miracolo chiudendogli lo specchio. Nel secondo tempo, in transizione, ha messo Gallagher da solo davanti al portiere, ma il compagno (che prima aveva colpito un palo deviando un suo cross molto teso) ha calciato sul portiere.Se questa stagione del Chelsea verrà ricordata come mediocre sarà più per una questione di dettagli che altro. Magari ci sarà spazio per ricordarla anche come l’inizio di qualcosa, il punto di partenza su cui costruire una squadra vera. Questo punto di partenza, se tale è, coincide con l’arrivo e la fioritura di Cole Palmer. La più grande sorpresa di questa Premier League. Lo sarebbe stato anche restando al Manchester City? Derek Walcott, scrittore premio Nobel nel ‘92, originario di un’isola non lontana da quella dove è nato il nonno di Palmer, scriveva: “Cos’è un uomo? Un bambino che si fa delle domande”. Per calciatori come Cole Palmer però è importante restare infantili, è importante non avere dubbi, essere certi dei propri mezzi. E creare, creare, creare ogni partita qualcosa di nuovo. Ci sarà tempo per fare bilanci, ci sarà tempo per farsi domande.

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