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Fabio Barcellona
Quanto è forte l'attacco del Liverpool
20 apr 2018
20 apr 2018
Sadio Mané, Roberto Firmino e Mohamed Salah compongono uno degli attacchi più formidabili del calcio europeo, e la Roma deve studiare una strategia per fermarli.
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Fabio Barcellona
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Firmino si stacca dalla linea difensiva del Manchester United e si posiziona alle spalle dell’uomo in pressione del portatore di palla per raccordare il gioco tra centrocampo e attacco. In questo caso, la consueta prudenza dello United, suggerisce ai suoi centrali di rimanere bassi, senza seguire il movimento di Firmino.


 

Mané è l’interprete più verticale del terzetto offensivo del Liverpool. Più di Salah, il senegalese ama correre il campo il più in verticale possibile, riducendo i tagli interni e le conduzioni verso il centro del campo che caratterizzano invece il gioco dell’egiziano.

 

L’

nel gioco del Liverpool è andato al di là di ogni rosea previsione. L’ex attaccante di Roma e Fiorentina ha trovato dentro il gioco di Klopp l’ambiente ideale per mettere a frutto tutte le sue doti, che non si esauriscono certo all’enorme velocità che è in grado di raggiungere sia in possesso del pallone, che correndo senza di esso. La tecnica nel controllo del pallone nello stretto lo rende capace di dialogare in rapidità in spazi angusti e di giocare con profitto spalle alla porta; con Mané ha affinato, grazie anche al lavoro di Klopp, la capacità di attaccare la profondità nei tempi corretti, creando un mix di tempismo e velocità pura difficilmente gestibile da qualsiasi difesa.

 



L’attacco in transizione rimane l’arma offensiva più affilata dei "Reds"; modulando l’altezza del pressing Jürgen Klopp è riuscito a diversificare la natura dei suoi contrattacchi, utilizzando il pressing alto per generare ripartenze corte e originandone invece di più lunghe abbassando il baricentro.

 

Tuttavia, la fase offensiva del Liverpool possiede soluzioni ben delineate anche per le fasi in cui è costretta a manovrare contro una difesa schierata. La circolazione di palla della squadra di Klopp non è particolarmente complessa, ma rapida e capace di prendersi rischi.

 

Il Liverpool è, dopo Manchester City e Arsenal, la squadra che effettua più passaggi per minuto di possesso palla (10.7), indice di un ritmo elevato della circolazione del pallone. È la quarta squadra di Premier per precisione di passaggi (85.75%), sporcata da un grosso utilizzo di passaggi filtranti e lanci lunghi: sono la prima squadra di Premier League per numero di passaggi filtranti (13.4 ogni 90 minuti) e tra le migliori 6 del campionato è quella che, abbondantemente, effettua più passaggi lungi (quasi 44 ogni 90 minuti).

 

L’utilizzo del lanci lunghi, oltre a chiamare in causa l’abilità di Mané e Salah di attaccare la profondità, anche contro difese schierate, è funzionale alla creazione di seconde palle nell’ultimo terzo di campo che gli uomini di Klopp riescono con estrema frequenza a riconquistare creando così i presupposti per attaccare una difesa disordinata.

 

A eccellere nel recupero delle seconde palle sono le mezzali e, soprattutto, Roberto Firmino, che sui lanci lunghi verso i suoi compagni di reparto che si muovono in verticale si stacca dalla difesa e cerco lo spazio di possibile ricaduta del pallone sulla eventuale respinta dei difensori.

 

L’utilizzo dei filtranti chiama invece direttamente in causa il trio d’attacco e la ricerca di combinazioni rapide, corte e incisive tra le tre punte. Salah, Mané e Firmino giocano sempre molto stretti e vicini tra loro e una delle soluzioni preferenziali dell’attacco posizionale del Liverpool consiste nell’imbucata palla a terra verso una delle punte che innesca dialoghi ravvicinati tra i tre attaccanti. La tecnica, la capacità di scambiarsi la posizione e i tempi di attacco alla profondità del reparto offensivo sono le armi che Klopp ha a disposizione per rendere efficace questa soluzione d’attacco.

 


Salah, Mané e Firmino giocano stretti e vicini. Firmino si stacca e serve il taglio di Mané. Uno schieramento e uno sviluppo tipico del Liverpool contro le difese schierate.


 

Il timing nell’attacco della profondità delle punte, in particolare quello di Momo Salah, è utilizzato soprattutto per cercare una soluzione sull’esterno contro le difese schierate, che però provano a non schiacciarsi troppo nella propria area. Con squadre che adottano una soluzione difensiva del genere i "Reds" vanno al cross con frequenza dalla trequarti campo, giocando dei palloni tagliati e veloci alle spalle della linea difensiva e confidando nella rapidità e nel tempismo dei propri attaccanti nell'arrivare sulla palla prima dei difensori.

 


Nell’ultima giornata di campionato il terzino Alexander-Arnold gioca un traversone alle spalle della difesa del Bournemouth, trovando Salah che attacca la profondità e realizza il gol di testa. Una soluzione ricorrente del Liverpool contro difese schierate.


 



Il Liverpool è imbattuto in Champions League e in campionato ha perso solo due volte agli albori della stagione, contro il Manchester City (affrontato in inferiorità numerica per più di un’ora) e contro il Tottenham; e altre due volte dopo la cessione di Coutinho, contro lo Swansea e il Manchester United.

 

Se la partita contro lo Swansea può essere catalogata come un incidente di percorso, tenuto conto anche della grossa e sfortunata produzione offensiva del Liverpool nella partita (21 tiri e 2.2 xG), è invece interessante l’ultima sconfitta in campionato, arrivata un mese e mezzo fa all’Old Trafford contro i "Red Devils" di José Mourinho.

 

Come sua abitudine, il Manchester United, forte anche del doppio vantaggio precocemente conseguito, ha giocato una partita fortemente conservativa schierandosi molto basso. È stata l’unica volta in stagione in cui la squadra di Klopp non è riuscita a tirare su azione da dentro l’area e la sua produzione offensiva, figlia quasi esclusivamente di conclusioni da calcio piazzato, è stata capace di generare solamente 0.78 xG, un valore molto basso per una squadra come il Liverpool.

 

A questo punto dobbiamo chiederci se la scelta di Mourinho di negare la profondità agli attaccanti del Liverpool abbassando il baricentro e costringendoli a giocare in ogni occasione contro la difesa schierata è la migliore soluzione per limitare l’attacco di Klopp. E, soprattutto, è un’opzione che la Roma può adottare nella doppia sfida di semifinale di Champions League?

 

La natura difensiva più profonda della Roma risiede in un mix di pressing offensivo e difesa a zona, sempre piuttosto avanzata. Il Barcellona è stato affrontato in entrambi i match tenendo il più alta possibile la linea difensiva, con buon successo, a dispetto dei 4 gol subiti, persino nella partita di andata, dove i giallorossi erano stati

dalla qualità individuali degli avversari, più che da un predominio tattico.

 

Nella partita di ritorno Di Francesco aveva estremizzato le caratteristiche della propria difesa e

, scegliendo un 3-4-3 che riusciva a difendere bene il 4-4-2 del Barcellona. Quella che sembrava una scelta limitata a una sola partita è stata

, in maniera controintuitiva rispetto alla verticalità e all’attacco a tre punte della Lazio, affrontato ancora con il 3-4-3 e una linea difensiva altissima.

 

Contro la Lazio la scelta rischiosa ha pagato e la strada intrapresa sembrava essere quella definitiva, ma, nel turno infrasettimanale contro il Genoa, la Roma è tornata alla difesa a 4, che tuttavia ha abbandonato a 20 minuti dalla fine per difendere il vantaggio conseguito.

 

Di Francesco dovrà quindi scegliere se schierare una linea a 3 difensori e il suo nuovo 3-4-3 o optare per il collaudato 4-3-3; inoltre dovrà decidere se, anche contro il Liverpool, tenere la linea difensiva alta o, in maniera più prudente, abbassare il baricentro e provare a ridurre lo spazio alle spalle dei propri difensori.

 



Contro il Barcellona, che presentava come punte Messi e Suárez in un momento di forma piuttosto grigio, la scelta di difendere alto e tenere lontani dalla propria porta i fuoriclasse avversari era stata piuttosto logica, considerando anche la scarsa attitudine ad attaccare la profondità delle punte blaugrana.

 

I tre difensori centrali garantivano oltretutto superiorità numerica contro i due attaccanti del Barça e la decisione di schierare in mezzo la velocità di Manolas, tra Fazio e Juan Jesus, era un’assicurazione contro ogni sbavatura. Contro il Liverpool però, una difesa a 3 schierata alta presenterebbe parecchi rischi.

 

Contro il tempismo e la velocità degli attaccanti dei Reds il rischio principale è quello di lasciare troppo campo alle spalle dei difensori, a cui si aggiungerebbe quello legato alla possibilità di affrontare il tridente d’attacco del Liverpool in parità numerica, senza avere un uomo libero di chiudere le eventuali falle.

 

Uno schieramento arretrato a 3, anzi, potrebbe persino agevolare l’eccellente pressing offensivo avversario, che sarebbe in grado di pressare in parità numerica e generare le sue solite occasioni dal recupero avanzato del pallone.

 

La scelta di una difesa a 4 sembrerebbe per questo la più prudente, specie se Di Francesco vorrà mantenere alto il baricentro della sua squadra senza snaturarne l’identità tattica. Sarà necessaria un’estrema attenzione nei meccanismi dell’elastico difensivo (il movimento ad alzarsi e ad abbassarsi della linea difensiva in funzione della possibilità degli avversari di giocare una palla alle sue spalle) e occorrerà una partita perfetta nella lettura delle diverse situazioni, scegliendo bene i momenti in cui la linea difensiva potrà mantenersi alta e quelli in cui dovrà provare a scappare indietro in anticipo rispetto alla velocità degli attaccanti del Liverpool.

 

L’essenzialità della manovra offensiva della Roma potrebbe essere un vantaggio, limitando le occasioni in cui il pressing di Klopp può tramutarsi nel playmaker della squadra, rubando palla in zone pericolose. Ma anche con una difesa alta i giallorossi dovranno comunque rimanere compatti e con i reparti vicini per evitare che un allungamento delle distanze tra difesa e centrocampo consenta al Liverpool di conquistare le seconde palle, che potrebbero costituire un punto debole della Roma, anche a causa della scarsa reattività di De Rossi e Strootman.

 

Uno scenario alternativo, ma non irrealistico considerando il sottovalutato pragmatismo di Di Francesco, vede invece la Roma concentrata, più che a difendere nella maniera che conosce meglio, a rendere meno comodo l’attacco del Liverpool, abbassandosi e facendo densità nella propria metà campo.

 

I giallorossi hanno mostrato di non essere particolarmente capaci di resistere a lungo in fasi conservative di difese posizionale e rischierebbero di complicare la propria fase offensiva oltremodo con transizioni troppo lunghe; ma, come il match di ritorno contro il Barcellona, la semifinale di Champions League è un’occasione troppo ghiotta per non giocare d’azzardo se il guadagno potenziale è così alto.

 

Lo scontro tattico tra la difesa della Roma e l’attacco del Liverpool non è l’unico tema dell’attesissima rivincita della finale di Coppa dei Campioni 1983/84. Direttamente connesso a questo, c’è quello tra l’efficacia del pressing di Klopp contro la costruzione bassa non sempre sicura dei giallorossi. O, ancora, quello tra la tenuta della difesa del centro dell’area dei "Reds" e l’attacco della Roma, diametralmente diverso da quello, dominato fisicamente, del Manchester City. Di certo la possibilità di prenotare un posto per Kiev passerà dalla capacità della squadra di Di Francesco di limitare e contenere la forza offensiva di quella di Klopp.

 

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