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Francesco Lombardo

La pandemia ha cambiato anche gli esports

Reportage da Berlino, dove si è disputato il Summer Split del LEC 2022.

Adlershof era quello che una volta sarebbe stato definito un quartiere operaio. Oggi ospita uffici, locali per pranzare, pochi per cenare, palazzoni che per la maggior parte fanno entrare impiegati del settore terziario. C’è persino un centro universitario dell’Ateneo di Berlino, in particolare di facoltà scientifiche, con le strade che ne anticipano la natura come Gottfried Leibniz Strasse o Albert Einstein Strasse, vicine alla biblioteca dedicata a Erwin Schrodinger. Come quartiere ci troviamo alla periferia sud-est di Berlino, a meno di trenta minuti dal nuovissimo aeroporto di Berlino Brandeburgo. C’è anche un intero isolato dedicato alla televisione: in uno di questi edifici c’è lo studio dove viene registrato il The Voice Junior tedesco, un format che ha preso piede anche in Germania.

 

Andando poco più oltre lungo la strada Am Studio, si arriva ad altri padiglioni al cui ingresso, sulla via, sventola una bandiera con scritta bianca su sfondo rosso: League of Legends European Championship, o più semplicemente LEC. Il LEC, o la LEC (non è ancora chiaro il genere della competizione quando è oggetto di discussione in italiano), è la massima competizione continentale europea di League of Legends. La competizione esiste dal 2013, quando Riot Games decide di introdurre dei veri e propri campionati per le sue regioni competitive: esiste per la Cina, esiste per la Corea del Sud, per il Nord America, il Vietnam e molte altre. Il formato competitivo, più che al calcio, è simile alla pallavolo o al basket: una stagione regolare con partite di andata e ritorno tra tutte le squadre partecipanti e una fase playoff che coinvolge solo le migliori che lottano per il titolo. Due volte l’anno: la competizione si divide infatti in Spring Split, disputato tra gennaio e marzo, e Summer Split, disputato solitamente tra giugno e agosto. In Europa sono perfettamente identici, così come in Cina e Corea del Sud: il primo però mette in palio la qualificazione, per il solo vincitore, al Mid-Season Invitational, il primo evento internazionale dell’anno; il secondo permette alle tre migliori squadre europee di partecipare ai Worlds, il Mondiale di fine stagione ed evento più importante dell’intero anno di League of Legends.

 

L’attuale nome della competizione europea è però nato nel 2019 con un rebranding totale della vecchia EULCS e il passaggio al formato franchising in stile NBA: niente promozioni, niente retrocessioni, ogni squadra acquista la proprietà dello slot e la mantiene a tempo indeterminato a meno di imprevisti. Lo scorso anno, per esempio, il club tedesco dello Schalke 04 è stato di fatto costretto a vendere lo slot in LEC per fare cassa, vista la crisi finanziaria e di risultati della squadra di calcio: la vendita all’organizzazione esports franco-svizzera dei BDS ha permesso di ricavare quasi 30 milioni di euro per un posto che lo Schalke04 aveva comprato tre anni prima a otto. Attualmente partecipano dieci squadre, seppur si stia pensando a un ampliamento a dodici nei prossimi anni secondo alcune voci di corridoio. La principale differenza rispetto agli sport tradizionali, però, è sostanzialmente una: le squadre non hanno un proprio stadio e tutte le partite, cinque al giorno per due giorni la settimana (il sabato e il venerdì tranne nel caso della Superweek quando si gioca anche la domenica), si disputano presso gli LEC Studio di Am Studio Strasse. 

 

In realtà è uno studio piccolo, almeno se paragonato a dove si giocarono le finali dei Mondiali 2019, che avevano fatto registrare il tutto esaurito con quasi 20mila posti occupati. Lo Studio utilizzato per l’LEC conta invece poco meno di 200 posti, creando un ambiente familiare, quasi casalingo, nonostante sia una delle competizioni esports più seguite al mondo: ogni giornata, secondo i dati riportati da Esports Charts, registra infatti circa 200mila spettatori contemporanei di media, variabili nel corso delle settimane in base a quali partite, di cartello o meno, sono in calendario. Se la differenza tra le finali di un qualsiasi evento esports viste dal vivo e in streaming è decisamente netta, il pregio dell’LEC è che riesce a proporre allo spettatore, che sia in loco o comodamente seduto sul proprio divano, un’esperienza non troppo differente. Chi assiste alle partite di League of Legends dal vivo dagli studi di Riot Games ha un valore aggiunto rispetto alla diretta su Twitch o YouTube ma anche rispetto al seguire una finale in un’arena da migliaia di posti. Essendo gli spettatori così pochi, il format diventa quasi quello di uno show televisivo. 

 

L’obiettivo è far sentire gli spettatori importanti, coccolati e continuamente coinvolti dall’abbraccio dei giochi di luce e di ciò che accade sul palco. Dalle interviste pre-partita a quelle post-partita, alle statistiche sui giocatori, fino alla narrazione delle rivalità tra le squadre. Dal vivo inoltre si può anche apprezzare la vicinanza con i giocatori professionisti che si sfidano sul palco. I vari Upset, Perkz, Caps, Vetheo, tra i giocatori più amati e seguiti, distano nemmeno dieci metri da dove si trova il pubblico e si sentono le urla, le voci, si può assistere ai loro sguardi preoccupati, sereni o arrabbiati quando qualcosa va storto. 

 

C’è da dire che poche cose vanno nel verso previsto, almeno sotto il profilo competitivo. Quando arrivo a Berlino alla vigilia della quarta settimana di campionato, il LEC è reduce da due settimane di pausa. Le prime tre settimane hanno consegnato una classifica per alcuni versi inattesa con Excel, Fnatic e Rogue al primo posto a pari punti con cinque vittorie in cui la sorpresa sono i primi in ordine di apparizione: l’organizzazione britannica è riuscita per la prima volta ad agguantare i playoff della competizione solo nello scorso split, anche grazie all’arrivo di un giocatore come Mikyx, e in questo Summer Split sembrano già essere uno dei team più solidi e in forma del campionato. Poi seguono G2 Esports, Mad Lions e Vitality, con quattro vittorie, seguiti da Astralis e Misfits con tre, mentre SK Gaming e BDS chiudono la classifica con appena un punto. La domanda che in molti si fanno è a chi avrà giovato la pausa, se qualcuno ne potrà approfittare per scappare o per iniziare a macinare punti. 

 

La prima partita a cui assisto vede di fronte Excel e Astralis: da un lato una squadra quadrata, già rodata, dall’altro una formazione nuova ma che in realtà ha un nucleo di giocatori che già si conoscono, composto da Vizicsacsi, Xerxe e Kobbe. Il game è in completo controllo degli Excel fin dal primo minuto anche se la prima uccisione a loro favore arriva tardissimo per gli standard della competizione, oltre il decimo minuto, con il pubblico che inizia a rumoreggiare in attesa di vedere il primo vero scontro di questa giornata. Il pubblico, forse più che in altri sport, vuole innanzitutto lo spettacolo. D’altra parte, una caratteristica di League of Legends, e degli appassionati di esports in generale, è che il tifo per le singole squadre è poco presente. Essendo una disciplina nuova, moderna, con squadre, club e blasoni che hanno qualche anno, non si è ancora radicato un tifo personale.

 

La temperatura del pubblico però sale mano a mano che ci si addentra nella sfida. Quella che sembrava una partita ormai indirizzata, si trasforma improvvisamente in un incubo per gli Excel: più passano i minuti più si rendono conto di non essere in grado di chiudere il match, forzando alcuni scontri nella base avversaria che si traducono in un nulla di fatto. Finché, ormai arrivati sopra i 40 minuti di partita, gli Astralis resistono all’ultimo assalto, eliminano la squadra avversaria e volano letteralmente verso la base nemica per distruggerla e vincere il game tra lo stupore dei caster, increduli e urlanti per provare a descrivere quanto stesse accadendo, e l’ovazione degli spettatori. È il più classico dei “comeback” e il pubblico è impazzito.

 

Le cose cambiano quando scendono in campo i G2 Esports o i Fnatic, due dei club più vincenti e più presenti nel panorama competitivo, nonché due organizzazioni che hanno scritto la storia del League of Legends europeo: su 19 stagioni disputate, nove volte hanno vinto i G2 e sette volte i Fnatic. La loro rivalità, forse l’unica davvero radicata, si basa anche sul fatto che i Fnatic sono l’unico team occidentale, quindi Nord America inclusa, ad aver vinto un mondiale, nel 2012, mentre i G2 sono il primo e unico team occidentale ad aver conquistato il Mid-Season Invitational nel 2019, il secondo evento internazionale più importante.

 

Quando arrivano i Fnatic in studio l’atmosfera cambia improvvisamente. Nonostante negli anni abbiano cambiato diversi giocatori (quest’anno sono addirittura arrivati tre nuovi player, Wunder, ex-G2, Humanoid, ex-Mad Lions e due volte iridato, e Razork, ex-Misfits), i Fnatic continuano ad avere un fascino irresistibile su tanti appassionati di League of Legends: il tifo per loro è un vero tifo. Dall’altra parte i Misfits non sono venuti a fare da comparsa. Seppur siano in quel momento in settima posizione, arrivano in realtà da un’ottima settimana che li ha portati a vincere due partite su due con i giocatori che, dopo le difficoltà iniziali, sembrano aver iniziato a ingranare fra di loro, trascinati dal fenomeno di domani: il midlaner Vetheo. È uno dei migliori giocatori europei sfornati negli ultimi anni che probabilmente, alla scadenza del contratto, si trasferirà in una squadra di più alto profilo. Per il momento, però, i Misfits se lo tengono stretto e a ragion veduta: perché se è vero che molte squadre non hanno ancora un tifo dedicato, alcuni giocatori, i più iconici, sì. E se in Corea esiste la Chiesa di Chovy, uno dei giocatori di Seul più in crescita negli ultimi due anni, in Europa è già iniziata la Vetheo-mania: nel pubblico, soprattutto quando le cose per i Fnatic iniziano a mettersi male, sono diversi che lo osannano, con urli che sottolineano ogni uccisione o giocata che compie: lui li sente e si inorgoglisce ancora di più, sfruttando sulla Landa tutta l’adrenalina. Come quando con Akali, un campione che consente di realizzare giocate spettacolari, entra in teamfight, ottiene una doppia uccisione e riesce a uscirne vivo con meno di 10 punti vita facendo rimanere il pubblico con il fiato sospeso.

 

Un copione simile, anche nell’esito, si ripropone pochi minuti dopo quando a giocare sono i G2 Esports. Una partita che sulla carta dovrebbe essere sufficientemente semplice perché i G2 sono i campioni in carica mentre dall’altro lato ci sono gli SK Gaming, fanalino di coda. I G2 arrivano però da una settimana chiusa con una doppia sconfitta, anche se il livello degli avversari, Mad Lions e Fnatic, era nettamente superiore agli SK. Se nel game precedente il pubblico urlava “FA-NA-TIC! FA-NA-TI-C!”, quando tocca ai G2 la cantilena cambia e diventa “LET’S GO G2! LET’S GO G2!” per un team che ogni settimana ha la propria curva a sostenerli, con tanto di bandiere, cartelloni e magliette: è la cosiddetta G2 Army, senza dubbio una delle tifoserie più affezionate. Vederla dal vivo, ascoltarla dal vivo, è un’esperienza unica, soprattutto perché non viene intaccata minimamente dalla sconfitta degli G2.

 

Brokenblade e Flakked, rispettivamente il toplaner e il botlaner, si sono rasati a zero, mossa che aveva già fatto un anno fa il loro compagno di squadra in midlane Caps per cercare di cambiare, anche scaramanticamente, l’inerzia del campionato scorso. Contro gli SK però sembra non funzionare e i sorrisi dei G2 Esports inquadrati a inizio partita si trasformano rapidamente in preoccupazione, visto come il game si sta evolvendo. L’aver concesso tre uccisioni nei primi minuti al midlaner avversario, il tedesco Sertuss, ancora una volta con Akali, uno dei suoi pick iconici, ha indirizzato la partita in modo ben preciso, senza che i G2, nonostante gli sforzi, riescano a raddrizzarla. Chi manca di più è Jankos, il jungler, solitamente molto vocale, oggi decisamente spento: è sufficiente uno sguardo dalla platea per rendersi conto che è preoccupato, pienamente consapevole che qualcosa in questo momento non funziona. La loro sconfitta non è affatto casuale. I G2 perderanno anche il giorno dopo, mentre gli SK Gaming otterranno un’altra, inaspettata, vittoria contro gli Excel.

 

Alle 22.30 rimane un ultimo game da giocare, quello tra Rogue e Vitality. Dopo aver perso le prime due partite, i Rogue hanno vinto le cinque successive ritornando prepotentemente in corsa per il campionato, mentre i Vitality continuano a essere l’eterna incompiuta. Lo scorso novembre l’organizzazione ha deciso di puntare, dopo diversi split anonimi, su un roster di tutto rispetto, da subito indicato da molti come un “super team” in cui spicca senza dubbio il midlaner croato Perkz, vincitore di otto titoli europei con i G2 Esports (giocando due ruoli differenti), di un titolo MSI e di una finale mondiale, oltre all’aver vinto al suo primo split in Nord America. All’inizio del 2022 ha fatto il suo ritorno in Europa e per la prima volta in stagione il pubblico può ammirarlo da vicino.

 

Perkz è considerato il miglior giocatore che l’occidente abbia mai avuto ma quest’anno ancora non si è visto tutto il suo potenziale. Ogni volta che la telecamera lo inquadra il pubblico mormora, come si aspettasse da un momento all’altro un colpo di genio. Peccato che dall’altra parte i Rogue non abbiano alcuna intenzione di regalare alcunché: un team solido, rodato, che ha saputo ben inserire i due nuovi innesti Comp e soprattutto il coreano Malrang già fin dal primo split disputato. Anche in questo game, per la terza volta durante la serata, in corsia centrale viene scelta Akali, nelle mani di Perkz dopo i game giocati da Vetheo prima e Sertuss poi. Il risultato però non è lo stesso, anzi: i Rogue non concedono nulla e si prendono tutto.

 

Che tra le due squadre ci sia una differenza di base, non sul gioco o sull’abilità dei singoli ma sull’approccio, lo si nota guardando semplicemente le facce dei giocatori, distanti pochi metri: i Vitality parlano poco, sono corrucciati nelle espressioni, preoccupati; i Rogue comunicano in continuazione, sono sereni. Odoamne, il toplaner, è quello che parla più di tutti. Anzi, non parla, urla: riesce persino a superare le voci dei caster e del pubblico. Tutte le sue indicazioni si sentono distintamente. Comp e Trymbi, la botlane, si lasciano addirittura scappare una fragorosa risata quando i due avversari di corsia, Carzzy e Labrov, prendono l’iniziativa in un due contro due chiudendo con una doppia uccisione. È in questo modo che decidono di fatto le sorti, se non dell’intero game, sicuramente della corsia inferiore. Carzzy con la sua Zeri pensa di poter prendere vantaggio avendo raggiunto il livello sei e avendo pertanto sbloccato la propria abilità suprema; dall’altra parte però il pick di Taric come supporto permette a Trymbi di poter agilmente controllare le aggressioni nemiche, trasformando l’iniziale svantaggio in un perfetto fight a proprio favore, dato che ha Kalista, e quindi anche la libertà di poter colpire gli avversari con le proprie lance. Ne esce un nulla di fatto per i Rogue che lo stesso Perkz, che ho raggiunto pochi minuti dopo l’incontro con un pizzico di emozione, è costretto ad ammettere. Il gamer croato è consapevole che il suo team, i Vitality, ha molto sui cui lavorare per puntare a obiettivi più alti.

 


A fine partita la squadra vincitrice si avvicina ai limiti del palco, gli spettatori scendono dalla piccola tribuna predisposta con i posti per poter scambiare anche un cenno, o un semplice pugno chiuso, con i giocatori. Lo stesso avviene per i caster, i commentatori delle partite, che negli esports, e in particolare su League of Legends, sono delle vere e proprie personalità e figure di riferimento: è possibile imbattersi in un Vedius, in un Medic, o anche in una TroubleInc (ognuno di loro, da buon gamer che si rispetti, ha un nickname) mentre ci si sposta dalla zona partita a quella adiacente. Qualche spettatore chiede una foto, un altro di confrontarsi sulle scelte delle squadre, se siano state giuste o sbagliate. È un ambiente che non può essere ricreato in un evento più grande ma solo in un format televisivo come questo.

 

Come stampa, poi, non mancano le interviste post-partita che le squadre e i giocatori decidono di concedere o meno ai vari reporter che arrivano da tutta Europa per seguire il campionato dal vivo ma soprattutto per avere l’occasione di parlare a quattr’occhi con i giocatori e i coach. Interviste singole, non conferenze stampa come siamo magari abituati in altre discipline sportive, con l’intercessione di Riot Games che, attraverso i propri responsabili, fa da tramite tra le richieste della stampa e le squadre. Personalmente riesco a raggiungere Simon “fredy122” Payne, coach dei Rogue che ho avuto la possibilità di intervistare al termine della partita contro i Vitality, rimasto spiazzato quando si è reso conto che l’intervista si sarebbe fatta dal vivo. 

 

Il Covid è stato infatti il peggior nemico dell’LEC negli ultimi anni. Ha totalmente rivoluzionato le abitudini di organizzazioni esports e pro-player che per quasi due anni hanno giocato ognuno dalla propria gaming house, senza potersi nemmeno recare agli studi preposti. Riot Games, nel 2020, era riuscita ad adattarsi abbastanza rapidamente alle limitazioni imposte dalla pandemia ma è chiaro che il valore aggiunto del palco, del pubblico e del giocare dal vivo non è paragonabile alla propria comfort zone degli “uffici” di ogni squadra.

 

Nonostante questo sia il primo split in cui finalmente dopo due anni e mezzo sia tornato il pubblico e il primo split in cui tutte le partite del giorno si disputano in studio, non significa che sia tutto rientrato nella norma. Ancora adesso, durante la giornata di campionato a cui ho assistito, ben due partite si sono giocate da remoto (una a causa della positività di un giocatore, l’altra a causa dell’impossibilità di una squadra, che ha la propria sede in Danimarca, di recarsi in Germania per via dell’enorme traffico estivo negli aeroporti). Il giorno dopo, il sabato, addirittura tre partite si sono giocate da remoto per la positività di un altro giocatore. La pandemia è lontana dal termine, la normalità, anche in LEC, non è ancora tornata. 

 

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Francesco "Deugemo" Lombardo, classe '88, dal 2014 racconta il mondo dell’esport attraverso personaggi, eventi e tornei, narrandolo in tutte le sue declinazioni. Collabora attualmente con GEC, Il Fatto Quotidiano, SNAI, Everyeye, Corriere dello Sport e TuttoSport.