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Francesco Lombardo

Il nuovo fenomeno di Counter-Strike

Reportage dall'IEM di Katowice, dove Danil "⁠donk⁠" Kryshkovets ha scritto una pagina di storia degli…

L’ambientazione forse ve la ricordate. Era l’11 settembre del 2022 e la Nazionale di pallavolo maschile si laureava campione del mondo dopo 24 anni battendo per 3-1 la Polonia padrona di casa. Davanti al pubblico attonito della Spodek Arena di Katowice,  Michieletto e Giannelli, definiti “eroi giovani e belli” da Gian Marco Porcellini qui su Ultimo Uomo, compivano il loro capolavoro, forse ignari che quella stessa arena una volta all’anno si trasforma nell’epicentro mondiale degli esports.

 

Città fondata appena nel 19esimo secolo in piena rivoluzione industriale dopo la scoperta dei giacimenti di carbone, Katowice ha come mantenuto questa propensione naturale verso la modernità. Dal carbone al silicio sono passati più di 150 anni ma la città polacca è ancora sinonimo di apertura al futuro, come si può vedere dallo stesso tessuto della città che, tra edifici storici e contemporanei, incastona al numero 35 di Aleja Korfantego la Spodek Arena.

 

Grazie alla sua peculiare forma a disco, o a piattino (spodek in polacco significa proprio “piattino” e viene usata come parola per riferirsi anche agli UFO), la Spodek Arena è diventata un simbolo della città, presente anche sulle calamite vendute ai turisti. È un palazzetto, in sostanza, capace di ospitare fino a 11.500 persone. La costruzione dell’arena iniziò nel 1964 per terminare nel 1971 alla presenza degli stessi ingegneri e degli architetti che la progettarono: si temeva infatti che la cupola alla sua sommità non avrebbe retto, e per smentire queste dicerie all’inaugurazione furono fatti entrare i vari creatori – l’assicurazione sulla vita, diciamo.

 

Nel 1971 sarebbe stato difficile immaginare cosa sarebbe successo 42 anni dopo quando, tra spettacoli ed eventi sportivi, la Spodek Arena ha iniziato ad ospitare anche l’Intel Extreme Masters, che oggi è uno dei più importanti eventi del panorama esports. Conosciuto come IEM, l’Intel Extreme Masters è ad oggi la più longeva competizione itinerante di videogiochi. Nata nel 2006, la prima edizione si tenne al Cebit di Hannover, una delle principali fiere di tecnologia e innovazione, nel 2007, diventando presto un evento globale con diverse tappe nel corso dell’anno. Ad aprile, ad esempio, l’IEM toccherà la città cinese di Chengdu mentre a maggio sarà a Dallas, negli Stati Uniti. A febbraio, come avrete capito, è invece il turno di Katowice di ospitare i migliori proplayer di Counter-Strike, Starcraft, Warcraft, League of Legends, Dota 2, Quake, persino Fortnite.

 

Nonostante l’IEM sia una competizione rilevante per tutti gli esports, però, i titoli più importanti rimangono i primi due: Counter-Strike, arrivato alla versione Counter-Strike 2 lanciata la scorsa estate dopo il decennio di Counter-Strike: Global Offensive, e Starcraft 2, ancora oggi i protagonisti assoluti della manifestazione. Counter-Strike, in particolare, al torneo di quest’anno ha registrato quasi un milione di picco di spettatori contemporanei in streaming (972mila per la precisione, come riportato dalla piattaforma Esports Charts).

 

Certo, anche l’Intel Extreme Masters di Katowice ha dovuto difendersi per rimanere rilevante sullo scacchiere geopolitico degli esports. Da una parte i Major di Counter-Strike hanno preferito altre città, dall’altra Starcraft II ha di fatto accettato i soldi dell’Arabia Saudita per “spostare” il mondiale a Riyadh in occasione della prossima Esports World Cup. L’evento polacco, però, rimane uno dei più affascinanti, come ha sottolineato Michal “CARMAC” Blicharz, Vice-president of Product development di ESL, il più importante esports tournament organizer al mondo, durante la cerimonia di apertura dell’edizione 2024: «Katowice è il luogo dove i giocatori diventano leggende, dove si forgiano i campioni, dove ogni player vuole vincere per poter dire, in futuro: Io ho vinto a Katowice». Un discorso pronunciato davanti a circa diecimila spettatori per un tutto esaurito registrato già il venerdì, il primo giorno di competizione dal vivo, e continuato fino alla domenica quando il Team Spirit ha vinto, anzi, stravinto sugli avversari Faze Clan. A trascinare il team russo alla vittoria è stato Danil “⁠donk⁠” Kryshkovets, diventato 17enne appena 17 giorni prima, precisamente il 25 gennaio. Una vittoria che, come aveva affermato CARMAC, non dimenticherà e che probabilmente non dimenticheremo nemmeno noi.

 

Le migliori giocate di “donk” a Katowice.

 

Nonostante le vibrazioni più alte dell’intero evento si siano registrate durante la partita giocata dagli Ence – team finlandese ma con quattro giocatori polacchi inevitabilmente sostenuti dal pubblico di casa, che hanno riportato una squadra “locale” ai quarti di finale del torneo dopo otto anni – la vera notizia di questo IEM è stato “donk”. Originario di Tomsk, città di quasi mezzo milione di abitanti situata sul fiume Tom’, nel cuore della Russia più vicino all’Asia centrale, a 16 anni è andato via di casa per diventare un giocatore professionista di Counter-Strike. Il primo miracolo della sua storia però è avvenuto ancora prima, perché “donk” è riuscito a farsi un nome nonostante fino a quel momento giocasse con un ping (ovvero il tempo di invio del segnale ai server di gioco) cinque volte superiore a quello a cui è abituato oggi, che gioca a Belgrado, sede del suo Team Spirit. Anche quella di “donk” è una storia di talento abbinato a una motivazione fuori dal comune, con sessioni anche di 14-15 ore di gioco e allenamento al giorno. «Era necessario per farmi vedere», ha detto, «Adesso negli Spirit ho dovuto limitarmi ma tra review delle partite, analisi strategica e allenamento con il team in totale sono ancora 10-12 ore quotidiane al giorno di lavoro».

 

Capelli biondi, quasi un caschetto allungato dietro, occhi lunghi, “donk” è sbocciato a Katowice ma non è un nome del tutto nuovo per chi segue più assiduamente la scena competitiva di Counter-Strike. Scorrendo la sua storia competitiva su Liquipedia o su HLTV, due dei principali siti di informazione sulla scena dell’FPS (acronimo che sta per first person shooter, cioè sparatutto in prima persona) targato Valve, non sembrano esserci stati finora grandi risultati. Eppure negli ultimi sei mesi una statistica su tutte appare inconfutabile: ha vinto tre LAN, ovvero tre eventi dal vivo, su tre a cui ha partecipato. Ad agosto 2023 ha trionfato con il Team Spirit in “casa”, a Belgrado, alla PARI Dunav LAN contro i Virtus Pro. A dicembre, a Dubai, ha invece vinto la BetBoom Dacha, ancora contro i Virtus Pro in finale, diventando il secondo giocatore più giovane di sempre a ottenere il premio dell’HLTV MVP all’età di 16 anni e 320 giorni. Un premio che ha conquistato anche a Katowice, il suo primo “Big Event”, come vengono chiamati i tornei più importanti (ma sotto i Major nella scala di importanza), diventando questa volta il più giovane giocatore di sempre a conquistarlo a 17 anni e 17 giorni.

 

Ci sono giocatori che provano anni a vincere Katowice, o anche solo ad arrivare in finale, lui è riuscito a farlo in un anno. Per comprendere meglio perché si parla di un nuovo fenomeno, affiancandogli già giocatori come S1mple o Zywoo, tra i migliori player di Counter-Strike negli ultimi anni con il primo eletto addirittura giocatore del decennio da ESL, è sufficiente un dato: 1,70 tournament rating. Il rating di Counter-Strike è un aggregatore di dati, introdotto dalla piattaforma HTLV nel 2010 e aggiornato nel 2017, che tiene conto del danno inflitto, delle prime eliminazioni, delle vittorie di round in solo contro un certo numero di avversari e molti altri fattori, cercando di fornire un numero che possa spiegare quanto sia stato importante o meno il contributo di un giocatore. “Donk” alla fine del torneo, prendendo in esame tutte le partite giocate, ha registrato in media un rating di 1,70, il più alto mai registrato da un player nella storia di Katowice, con un picco di 1,93 in occasione della finale nelle tre mappe disputate contro i Faze Clan. Per trovare un risultato così bisogna tornare indietro al 2017, sette anni fa, quando Niko all’ESL One di New York registrò un altro 1,70 durante l’intero torneo, rimasto finora il record nei “Big Event”. 

 


Gli highlights della sfida.

 

“Donk” è inoltre primo in sette delle undici classifiche realizzate all’IEM Katowice: in pratica non lo è solo nelle categorie che non gli competono per ruolo. Il pro-player russo è un cosiddetto entry fragger, ruolo che richiede un alto grado di responsabilità: è colui che deve entrare o difendere per primo in site, le aree indicate sulla mappa per piazzare la bomba, di fatto è il primo giocatore a entrare nella visione nemica, necessario per prendere informazioni sulle posizioni dei giocatori del team avversario e per ottenere la prima kill del round che molto spesso va poi a indirizzarne l’esito. Avere un rating così alto significa, sostanzialmente, aver vinto quasi tutti gli scontri a fuoco: il suo stile aggressivo si sposa benissimo con questa richiesta strategica. Per fare un paragone western, “donk” ha sempre bruciato sul tempo i nemici dei duelli del mezzogiorno di fuoco. Il paragone con i debuttanti suoi predecessori è imbarazzante: il miglior esordiente a un “Big Event” era stato finora B1t, nel 2021 a Colonia, con “appena” 1,22. Non fanno meglio anche altri grandi nomi: Zywoo, in forze ai Vitality e ritenuto il miglior giocatore attuale, nel 2023 a Katowice aveva registrato un rating di 1,28; nel 2022 Broky era arrivato a 1,30; S1mple nel 2021 si era issato a 1,31.

 

Nell’intervista sul palco seguita immediatamente alla finale, intervistato dalla belga Eefje “Sjokz” Depoortere – qualcuno forse la ricorderà come la tifosa belga che in un video sui social “provocò” gli italiani spezzando gli spaghetti in occasione degli Europei 2021 alla vigilia di Italia – Belgio – “donk” è sembrato sopraffatto dalla felicità non riuscendo a trovare le parole per descriverla: «I don’t know what to say. I’m very, very happy», ha detto semplicemente, mentre l’intera arena intonava il suo nome, che è addirittura diventato un verbo sostantivato nelle bocche di caster, commentatori e giornalisti che parlavano dei suoi avversari: tutti “get donked”.  

 

L’affermazione di “donk” è importante anche per un altro motivo. Il Team Spirit conta infatti quattro giocatori russi e un giocatore ucraino, Myroslav “zont1x” Plakhotja. Non si tratta di una sorpresa o di un’eccezione: sia su Counter-Strike che su Dota 2, titoli più diffusi nell’Europa orientale, ma anche in generale nell’esports non è raro trovarsi di fronte a team composti da giocatori provenienti da questi due Paesi oggi in guerra per via delle rispettive tradizioni sportive. La storia della squadra, da questo punto di vista, è esemplificativa, dopo essere passata dalle congratulazioni del presidente Vladimir Putin (dopo la vittoria nel 2021 del The International, il mondiale di Dota 2 – successo bissato poi l’anno scorso) al trasferimento a Belgrado, in Serbia, per poter operare lontano dalle sanzioni, in serenità e senza condizionamenti.

 

Anche negli esports, infatti, è stato bloccato l’accesso ai tornei a tutte quelle organizzazioni esports direttamente collegate con il governo di Putin. È stato il caso, ad esempio, dei Virtus Pro che dopo il ban temporaneo sono stati costretti a lasciar giocare i propri giocatori sotto il nome di Outsiders, capaci di vincere l’Intel Extreme Masters di Rio de Janeiro nel novembre 2022. Oggi invece, dopo aver ceduto la proprietà a due imprenditori armeni, eliminando ogni collegamento con società legate al governo russo, i Virtus Pro hanno ottenuto il permesso di poter competere nei vari circuiti esports con il loro vecchio nome.

 

Al di là delle questioni politiche, è bello vedere che a un livello più umano e personale la maggior parte dei giocatori russi e ucraini hanno voluto continuare a competere insieme. Alcuni di loro, addirittura, hanno chiesto di loro sponte di non essere identificati con la bandiera russa nel portale Liquipedia, preferendo non rappresentare la Russia.

 

Anche in questo caso Katowice è sembrata in qualche modo assorbire il condizionamento che le arrivava dalla storia: quando Putin il 24 febbraio 2022 ha ordinato l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, infatti, l’IEM di quell’anno era in pieno svolgimento. All’epoca in semifinale al torneo arrivarono i Natus Vincere, storica organizzazione esports ucraina, il cui presidente fu costretto a fuggire nelle ore immediatamente successive all’aggressione, come raccontato sul Washington Post. Di quella squadra faceva parte anche il già citato Aleksandr “S1mple” Kostyliev, uno dei migliori giocatori di sempre di Counter-Strike, che sul palco della Spodek Arena di Katowice tenne un discorso toccante: «Nella mia carriera ho giocato al fianco di player ucraini, di player russi, di player americani, e tutti loro sono grandi persone», disse rivolgendosi contemporaneamente ai suoi compagni di squadra, composta da tre russi e due ucraini. «Tutti noi dobbiamo dare l’esempio in questo torneo e nel mondo. Dobbiamo stare insieme ai nostri amici, ai nostri veri amici; vinciamo insieme e perdiamo insieme. Tutti noi vogliamo la pace per l’Ucraina e il mondo. Abbiamo paura, certo, ma prima di tutto dobbiamo rimanere umani».

 

La sua posizione con il protrarsi della guerra è diventata via via più radicale ma l’appello lanciato allora a Katowice oggi, a distanza di due anni, non solo appare ancora attuale ma sembra rinnovarsi nell’abbraccio finale tra Donk e Zont1x. Un russo da una parte, un ucraino dall’altra, due compagni di squadra che cercano di scrivere insieme la storia dell’esports di Counter-Strike.

 

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Francesco "Deugemo" Lombardo, classe '88, dal 2014 racconta il mondo dell’esport attraverso personaggi, eventi e tornei, narrandolo in tutte le sue declinazioni. Collabora attualmente con GEC, Il Fatto Quotidiano, SNAI, Everyeye, Corriere dello Sport e TuttoSport.