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Dario Saltari

Metti un giorno Lafferty in Calabria

La ricostruzione delle tappe che lo hanno portato a diventare un nuovo giocatore della Reggina.

Quando quattro anni fa ho scritto per la prima volta di Kyle Lafferty, la sua carriera ad alti livelli era già finita da un pezzo. Nel giugno del 2016, quando è uscito quel pezzo, Lafferty aveva già fallito malamente ai Rangers, dove era diventato famoso per essere diventato il primo giocatore nella storia del campionato scozzese ad essere stato squalificato per simulazione per due giornate dopo aver indotto l’arbitro ad espellere un suo avversario che lo aveva appena sfiorato con la testa; e aveva gettato alle ortiche la sua migliore stagione, in Serie B con il Palermo, litigando con il presidente Maurizio Zamparini, che lo aveva venduto nonostante i suoi 12 gol stagionali dopo averlo definito un “irlandese senza regole” e un “donnaiolo ingestibile”.

 

Nonostante ciò, sembrava che la sua storia potesse avere ancora una possibilità di redenzione. Nella stagione 2015/16 Lafferty veniva da un’annata disastrosa al Norwich, con cui aveva giocato complessivamente 75 minuti spalmati su tre partite, ma rimaneva comunque il giocatore più importante dell’Irlanda del Nord e i suoi 7 gol nelle qualificazioni agli Europei (quanti Rooney e Bale) erano stati fondamentali per riportare la Nazionale britannica a qualificarsi a un grande torneo, a 30 anni dall’ultima volta (quando l’Irlanda del Nord si qualificò ai Mondiali messicani del 1986).

 

Lafferty era sceso di categoria pur di trovare minutaggio in vista degli Europei, facendosi prestare al Birmingham, in Championship, e sembrava quindi volersi giocare le sue ultime carte in Francia per rilanciare la sua carriera. E allora non sembrava nemmeno così irrealistica come possibilità. Anzi, l’entusiasmo intorno a quella Nazionale e le aspettative intorno a Lafferty erano tali che l’aeroporto cittadino di Belfast, cioè il George Best Belfast City Airport, venne temporaneamente rinominato Kyle Lafferty Belfast City Airport.

 

Oggi Lafferty è la punta di diamante del nuovo calciomercato della Reggina, una squadra appena promossa in Serie B che assomiglia sempre di più a un gruppo di Avengers del talento sprecato o sfinito. L’attaccante nordirlandese ha raggiunto “El Tanque” Denis e Jeremy Menez, che si vanno ad aggiungere a una rosa che già può contare su giocatori come Hachim Mastour, Nicola Bellomo e Reginaldo.

 

Non so se è esattamente ciò che si aspettava Lafferty quattro anni fa, quando il mondo aveva ancora una parvenza di linearità e non eravamo tutti entrati in una puntata horror di Rick & Morty. D’altra parte, non c’è mai stato nulla di lineare nella carriera di Lafferty, che è sembrato sempre voler prendere la scelta più autodistruttiva possibile pur di arrivare al punto in cui sbarcare a Reggio Calabria durante una pandemia globale per essere presentato da una squadra neopromossa in Serie B fosse qualcosa con un senso.

 

Questa è la ricostruzione a tappe dei momenti che lo hanno portato a indossare la maglia amaranto della Reggina, da quei fatidici Europei fino a oggi.

 

Luglio 2016

Euro 2016 non è ovviamente la favola che forse Lafferty sognava. L’Irlanda del Nord si schiera con un 5-4-1 iperdifensivo che lascia l’unica punta abbandonata al suo destino e fatica terribilmente in un gruppo complicato composto da Germania, Ucraina e Polonia. La squadra di Michael O’Neill vince una sola partita in tutto il torneo (contro l’Ucraina per 2-0), l’unica in cui Lafferty rimane in panchina per tutti i 90 minuti, e l’esperienza nordirlandese viene ricordata principalmente per un coro dedicato a Will Grigg, che in teoria è la sua riserva. L’Irlanda del Nord riesce miracolosamente ad arrivare agli ottavi di finale contro il Galles, grazie a una differenza reti che le permette di qualificarsi per un soffio nel gruppetto delle migliori terze, ma dopo 75 minuti di indicibile sofferenza viene eliminata da un autogol di McAuley.

 

 

Lafferty non sembra però avere troppi rimorsi su quel torneo. Come ha raccontato lui stesso al programma Open Goal, il giorno dopo la sconfitta con il Galles si stava già consolando al party d’addio agli Europei della sua Nazionale bevendo con i ragazzi della sicurezza. La situazione è talmente allegra che inizia a giocherellare con i loro fucili scarichi. Lafferty ne prende uno, si avvicina al CT Michael O’Neill, glielo punta alla testa per scherzo e gli dice: «Adesso ti dispiace di avermi lasciato in panchina con l’Ucraina, eh, coglione?». Lafferty lo racconta con ampi gesti delle braccia a mimare il fucile tra le risate del presentatore, come se stesse raccontando una cosa divertentissima che gli è successa in vacanza.

 

Agosto 2016

Lafferty viene condannato dalla Football Association (la federazione inglese) a pagare una multa da 23mila sterline per aver piazzato una scommessa su due partite di Liga. Cioè che in Betis-Sporting Gijon e Celta Vigo-Eibar avrebbero segnato tutte le squadre, cosa poi effettivamente successa. Della sua passione per il gioco d’azzardo si parla praticamente dall’inizio della sua carriera – quando era ai Rangers si diceva avesse problemi di soldi per questo – ma questa è la prima volta in cui non è possibile derubricarla a pettegolezzo o voce di corridoio.

 

Solo un anno più tardi, però, si scopre che quella per le scommesse non è una passione ma una patologia. «Lo sapevo che era contro le regole scommettere sul calcio», ha dichiarato Lafferty in una lunga intervista alla BBC, «Ma quando hai una dipendenza vuoi solo vincere altri soldi. Sapevo che era sbagliato ma l’ho fatto lo stesso». Lafferty racconta la sua esperienza in modo crudo e diretto, da quando a 13 anni andava a giocare alle slot negli arcade per pochi spicci fino a quando, da calciatore professionista dei Rangers, ha iniziato a scommettere sui cavalli senza sapere nulla sui cavalli. «Aprivo la mia app sul cellulare e sceglievo in base al colore della maglietta o al nome. Se vincevo bene, se no passavo alla scommessa successiva».

 

«Il fatto», dice Lafferty, «è che sono una di quelle persone che si sveglia la mattina e che si sente del tutto a pezzi. Poi però posso premere un pulsante e sto a mille, sono il pagliaccio che fa le battute. Butto fuori la rabbia sul campo d’allenamento. Il calcio è stata la mia fuga». Una fuga che è ancora lontana dal concludersi.

 

Luglio 2017

Nonostante la multa della FA, Lafferty rimane incredibilmente al Norwich a giocarsi le briciole di minutaggio lasciate dai titolari, anche se la squadra è retrocessa in Championship e magari qualche chance se la potrebbe giocare. Dopo una stagione di panchine e partite da un minuto, l’attaccante nordirlandese torna in Scozia, agli Hearts, dove hanno ancora la forza di puntare su di lui. La squadra scozzese lo mette al centro dell’attacco del suo 4-2-3-1 reattivo, in cui Lafferty deve ripulire le palle lunghe e creare lo spazio alle spalle della difesa avversaria.

 

L’esperimento per una volta funziona e Lafferty torna a essere titolare di una squadra per la prima volta dopo quattro anni. L’attaccante nordirlandese segna 17 gol tra campionato e coppe nella prima stagione, in un’esperienza che è segnata forse inevitabilmente dagli odiatissimi rivali del Celtic – la squadra che provò a prenderlo quando era ancora un talento promettente vedendosi però scavalcata dai Rangers, per cui Lafferty dice di fare il tifo. Contro il Celtic, Lafferty gioca la sua prima e la sua ultima partita in campionato con la maglia degli Hearts, segnando in tre delle quattro partite contro la squadra di Glasgow. In una di queste, Hearts-Celtic 4-0 del 17 dicembre del 2017, la punta nordirlandese segna uno dei quattro gol che mettono fine a una storica striscia di partite senza sconfitte dei biancoverdi che durava da 69 partite.

 

 

Al Celtic, Lafferty ha riservato alcuni dei suoi gol più belli, dimostrando un grande senso per il romanticismo. Il più bello in assoluto, per me, è quello segnato all’inizio della stagione 2017/18, l’ultimo prima di essere ceduto. Un affondo di scherma al volo con il collo esterno sinistro dal limite dell’area, che prende in controtempo il portiere trasformandolo in una statua. Poche ore dopo torna clamorosamente ai Rangers, dopo un’assenza che durava da sei anni, e per una volta non sembra che sia di fronte a un’ultima spiaggia.

 

Agosto 2018

L’ultima volta che le loro strade si erano incontrate, Lafferty aveva 21 anni e doveva ancora dimostrare tutto il suo potenziale mentre i Rangers erano un club a fine corsa che sarebbe fallito solo pochi anni dopo. Una decina di anni dopo, le posizioni sono invertite: Lafferty di anni ne ha più di 30 e non ha più molte carte da giocarsi, mentre i Rangers stanno cercando di ricostruirsi intorno a una squadra giovane e una leggenda del calcio in panchina come Steven Gerrard.

 

L’esperienza comincia alla grande, dando a tutti l’illusione che per una volta un ritorno possa davvero funzionare. Lafferty, che condivide il peso dell’attacco con Morelos nel 4-4-2 di Gerrard, segna una doppietta al Motherwell, in una partita in cui però i Rangers riescono a farsi recuperare sul 3-3 al 94esimo. «Questo è esattamente il motivo per cui l’abbiamo comprato», dice Gerrard dopo quella partita. Il tempismo non è mai stato il punto forte dell’attaccante nordirlandese, però, e quel pareggio in extremis è l’ennesimo presagio. Il rapporto tra Gerrard e il suo attaccante da quella partita inizia a incrinarsi molto rapidamente: Lafferty inizia a sparire dall’undici titolare, poi addirittura dalla panchina. A inizio gennaio del 2019 i Rangers prendono in prestito Jermain Defoe dal Bournemouth, mettendo di fatto fine alle speranze di Lafferty di tornare al centro del progetto tecnico della sua squadra. A fine stagione l’attaccante nordirlandese decide di rescindere consensualmente il suo contratto con i Rangers, mettendo fine prematuramente alla sua esperienza senza nemmeno il fascino tragico della prima volta, quando la squadra scozzese stava per fallire e lui dichiarava di star scappando per salvare il figlio dalle faide calcistiche con il Celtic.

 

A un secondo addio segue una seconda lettera d’addio. «Mi sarebbe piaciuto se mi fosse stato chiesto di fare di più per avere più minuti di gioco ma questo era compito dell’allenatore», ha dichiarato Lafferty a Record Sport, «Lui mi ha visto ogni giorno e sono il primo ad alzare le mani e ammettere che non sono il miglior giocatore in allenamento. Le mie performance in allenamento e in partita sono come il giorno e la notte. L’allenatore mi ha giudicato per ciò che facevo in allenamento e questo mi ha impedito di giocare di più». Gerrard, con cui Lafferty ha detto di sentirsi sempre in prova, è stato se possibile ancora più diretto: «Kyle è un buon giocatore, ma mostrarlo solo a sprazzi per i Rangers non è abbastanza. Questa è la brutale verità».

 

Agosto 2019

Dopo aver fallito per la seconda volta in Scozia, per Lafferty si prospetta una nuova esperienza al di là della Manica. Per lui si parla di Arabia Saudita, Qatar, addirittura di Thailandia. Alla fine di agosto, però, forse per disperazione, si accasa al Sarpsborg 08, squadra norvegese in quel momento ultima in classifica, con appena 11 partite rimaste in calendario (in Norvegia il campionato si gioca all’incirca da aprile a novembre).

 

Lafferty viene schierato pochi giorni dopo aver firmato il contratto, per provare a risollevare le sorti di una squadra che non vince una partita da metà giugno. Le cose sembrano mettersi bene: il Sarpsborg 08 si porta sul 2-0 all’inizio del secondo tempo e Lafferty viene osannato dal pubblico. Al 69esimo del secondo tempo, però, l’attaccante nordirlandese viene espulso dopo un secondo giallo per simulazione, in un’incredibile citazione di quella strana opera d’arte che è la sua carriera. Da quel momento in poi la partita va a rotoli, e gli avversari del Viking Stavanger riescono a pareggiare in quattro minuti – tra l’85esimo e l’89esimo.

 

 

A parte questo, della sua esperienza norvegese comunque non è rimasto molto se non questo reportage di Sky Sport in cui racconta la sua vita in Norvegia e lo si vede rubare per scherzo un cellulare a un compagno. A un certo punto viene anche intervistata una tifosa  incredibilmente competente che si lamenta della sua scarsa prolificità dicendosi comunque contenta per gli spazi che crea per i suoi compagni. Anche grazie al suo unico gol nelle nove partite giocate, d’altra parte, alla fine il Sarpsborg 08 si è salvato.

 

Gennaio 2020

Rimasto nuovamente senza contratto, Lafferty scende ancora di più negli inferi del calcio europeo pur di trovare minutaggio. L’attaccante nordirlandese va nella terza serie inglese, nella squadra che Netflix ha reso l’emblema stesso del fallimento: il Sunderland. La sua esperienza è difficile ancora prima di indossare la maglia biancorossa dei “Black Cats”, come se avesse un’attrazione fatale e inesorabile per i problemi. Appena arrivato, infatti, il club è costretto a cancellare il tweet con cui aveva ufficializzato il suo acquisto, perché lo aveva annunciato con un coro che gli cantavano i tifosi dei Rangers (“He’s seven foot and he plays the flute”; cioè: è alto sette piedi e suona il flauto) con una connotazione politica delicata.

 

Ancora una volta, comunque, Lafferty arriva fuori tempo massimo (Netflix ha deciso infatti di non rinnovare Sunderland ’til I die per una terza stagione, togliendogli anche questo palcoscenico) e finisce subito ai margini della rosa. Delle 11 presenze con la maglia dei “Black Cats”, solo in una giocherà per tutti e novanta i minuti. Una partita dello scorso marzo contro il Gillingham in cui Lafferty segna una doppietta ma che il Sunderland riesce a farsi recuperare sul 2-2 al 96esimo.

 

 

Luglio 2020

Qualche giorno prima che il suo passaggio alla Reggina si materializzasse, Kyle Lafferty ha parlato del suo futuro come se fosse un vecchio marinaio pronto a salpare di nuovo, ma senza alcun tormento. «Mi piacerebbe andare all’estero», ha dichiarato al podcast Open Goal, «È tutto ciò che comporta andare all’estero: allenarsi il pomeriggio, bere caffè al sole… è una sensazione differente». Chissà se stava già parlando di Reggio Calabria. Se se la immaginava così, come un caffè al sole.

 

Arrivato allo stadio Oreste Granillo per la presentazione ufficiale, uno dei giornalisti gli ha ricordato dell’ultima volta che era stato in quel posto. Erano sette anni fa, per un Reggina-Palermo di Serie B finito 0-2. In quella partita Lafferty ci aveva messo del suo, “provocando” il primo gol di Barreto, che aveva messo in rete il tap-in generato da un suo tiro da dentro l’area respinto dal portiere avversario. Lafferty era stato uno dei punti fermi di quel Palermo, allenato ovviamente da Iachini, associandosi da attaccante del 3-5-2 con uno tra Abel Hernandez e Paulo Dybala. L’anno successivo, in Serie A, il Palermo arriverà 11esimo, lanciando nel panorama calcistico italiano non solo Dybala, ma anche “El Mudo” Vazquez e Andrea Belotti. Lafferty, invece, aveva nel frattempo iniziato la sua discesa agli inferi del calcio europeo, chissà forse anche perché nell’euforia dei festeggiamenti per la promozione ha tolto il cappellino a Iachini.

 

Certo, allora era meno imbolsito e più elastico di quanto non lo sia adesso, che ha atrofizzato ancora di più le sue caratteristiche da numero 10, muovendosi quasi esclusivamente fuori area e agendo da regista offensivo più che da vero attaccante puro. Lafferty nel frattempo ha perso anche la sua centralità in Nazionale, dove non è più titolare e non segna da quasi quattro anni. L’Irlanda del Nord può ancora qualificarsi agli Europei dell’anno prossimo passando per i playoff che si giocheranno tra ottobre e novembre per via della pandemia di Covid-19. Chissà, magari ricorderemo questi giorni come il punto di inizio del suo ritorno sul palcoscenico internazionale. Alla fine cosa ci costa credere nella sua rinascita ancora una volta? Non sarebbe certo la prima volta che succede, senza alcuna ragione logica. «È vero, sono sette anni più vecchio», ha detto lui durante la presentazione, «Ma mi sento ancora in forma».

 

«Erano quattro, cinque anni che non mi sentivo così in forma».

 

 

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Dario Saltari è uno degli scrittori che curano L'Ultimo Uomo e Fenomeno. Sulla carta, ha scritto di sport per Einaudi e Baldini+Castoldi.