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Alfredo Giacobbe

Hype: Alexandre Lacazette

Nella rubrica in cui analizziamo i giocatori pieni di aspettative, il nuovo attaccante dell'Arsenal.

Nel momento in cui sarà ufficiale, il trasferimento di Alexandre Lacazette dall’Olympique di Lione all’Arsenal stabilirà due record: la cifra pattuita – superiore ai 60 milioni di euro includendo i bonus – sarà la più alta mai sborsata dal club londinese per un singolo giocatore e, contemporaneamente, la più alta mai incassata da quello francese.

 

Un terzo primato, meno tangibile dei primi due, tanto che per questo non sarà iscritto nei libri ufficiali, riguarderà Arsene Wenger e la sua capacità di cogliere al volo un’opportunità di mercato: Lacazette sembrava destinato all’Atletico Madrid, forse come precauzione di Simeone in caso di partenza di Antoine Griezmann verso il Manchester United, ma il blocco del mercato imposto dalla FIFA ai “Colchoneros” ha bloccato l’operazione e aperto uno spiraglio in cui l’allenatore francese ha saputo infilarsi con mestiere.

 

Le modalità del passaggio di Lacazette sono così fuori dall’ordinario che dagli ambienti londinesi si sono affrettati a ricordare che Wenger faceva già seguire il ragazzo da quasi 10 anni, come a ribadire: tranquilli, per lentezza dei processi decisionali e nell’esecuzione siamo quelli di sempre.

 

I tifosi dell’Arsenal non erano per niente in ansia. Per niente.

 

Lo stile di gioco di Lacazette
Lacazette ha da poco compiuto 26 anni, un’età nella quale un attaccante di solito si appresta ad entrare nel “prime” della carriera. Lacazette lascerà la Ligue 1 con 100 gol segnati in 203 presenze e se teniamo conto solo delle ultime 4 stagioni, quelle nelle quali è andato in doppia cifra, il ritmo di Lacazette è di 0,74 reti ogni 90 minuti.

Parliamo di uno degli attaccanti europei ad aver segnato con più continuità negli ultimi anni, un’élite in cui il solo Harry Kane è più giovane di lui. Anche volendo fare la tara al campionato francese, non considerandolo allo stesso livello competitivo di quello inglese, spagnolo, tedesco o italiano, la regolarità di Lacazette sotto rete è comunque straordinaria.

 

 

Questo exploit realizzativo è iniziato dopo la partenza di Lisandro Lopez. A quel punto Lacazette – nato a Lione, con l’intera trafila delle giovanili dell’Olympique alle spalle – ha accentrato il suo gioco, avvicinandosi alla porta. In questo modo sono state esaltate le principali caratteristiche nel suo gioco, oltre alla capacità realizzativa: Lacazette è un giocatore associativo, capace di muoversi incontro al portatore e di cucire insieme i reparti di centrocampo e attacco, con una grande tecnica che non sfocia mai in barocchismi.

 

Il suo modo di stare in campo, anzi, è piuttosto essenziale: Lacazette ha un ottimo primo tocco, che gli permette di orientarsi verso la giocata successiva, è bravo nel fraseggio stretto sia per la precisione della sua tecnica che per il tempismo nell’esecuzione. Può sembrare l’ABC di chi gioca negli spazi congestionati della trequarti, ma in pochi hanno la razionalità di Lacazette nello scegliere tra le diverse opzioni.

 

È il terzo attaccante della Ligue 1 per volume di passaggi giocati (24,5 ogni 90 minuti), il secondo del campionato per precisione (78% riusciti). Alla precisione nel gioco sul corto, aggiunge la possibilità di effettuare un cambio di gioco, lanciando con entrambi i piedi in modo estremamente preciso. La sensibilità in entrambi i piedi, la coordinazione e l’uso del corpo sono i suoi veri punti di forza.

 

 

 

Inoltre è rapido negli spazi stretti e forte sulle gambe, esplosivo nei primi passi: Lacazette è in grado di sostenere lunghe fasi di attacco statico, dove riesce a utilizzare l’appoggio sui difensori per girarsi verso la porta con rapidità. È molto migliorato nella protezione della palla nelle ultime due stagioni e resiste negli scontri fisici anche contro i difensori più rocciosi. Ma sa anche portare palla nelle fasi di transizione, senza puntare tutto sulla velocità assoluta – anche se, sia chiaro, è molto veloce – ma piuttosto su una conduzione palla al piede brillante: una categoria che, appunto, tira in ballo la capacità di prendere le decisioni migliori, le più efficaci.

 

Lacazette è sì il miglior attaccante del campionato francese per dribbling riusciti (1,8/p90), ma in pratica ne tenta pochissimi (2,5/p90 in tutto): per fare un paragone con un altro attaccante francese al centro dei discorsi del mercato estivo 2017, Kylian Mbappe tenta 3,2 dribbling ogni 90 minuti, salta l’uomo in media 1,7 volte, perde il pallone 1,5 volte.

I dati ci dicono che per Lacazette il dribbling è una extrema ratio, una scelta che va preferita ad altre solo in casi di certezza circa l’esito. E questo dà una misura della compressione del gioco che ha Lacazette e della già citata capacità associativa.

 

Quando si tratta di andare al tiro può contare su una discreta potenza e una notevole precisione con il destro, suo piede naturale, ma anche col sinistro a giro riesce ad ottenere dei buoni risultati. Diciamo che è indubbiamente un ottimo finalizzatore d’area di rigore, anche se i suoi 175 centimetri di altezza lo svantaggiano non poco nel gioco aereo: dei suoi 3,2 tiri ogni 90 minuti (nell’ultima stagione di Ligue) ben  2,4 sono stati effettuati all’interno degli ultimi sedici metri.

 

Al di là dei suoi numeri incontestabili, le prestazioni degli ultimi mesi hanno restituito di Lacazette una sensazione intangibile, ma che dice molto della sua crescita. Nell’ultimo periodo, cioè, sembra essere entrato nella cerchia di quei giocatori capaci di piegare l’andamento di una partita con la propria volontà. E un buon esempio viene dalla partita d’andata d’Europa League contro la Roma (una delle sue migliori stagionali): nel secondo tempo Lacazette ha danzato tra le maglie delle difesa romanista con Tolisso, che ha segnato il primo gol; servito altri 2 passaggi chiave ai compagni; segnato in prima persona uno splendido gol con un destro in controbalzo, dopo un altro tentativo spettacolare dalla distanza creato dal nulla.

 

 

Come potrebbe usarlo Wenger

Per l’influenza che Lacazette, oggi come oggi, ha sul gioco, possiamo dire che l’Arsenal ha forse trovato il leader tecnico di cui aveva bisogno da affiancare ad Alexis Sanchez (sempre che il cileno non vada via). Il grosso punto di domanda non riguarda tanto il suo impiego nello scacchiere dei “Gunners”, quanto le conseguenze che avrà il suo inserimento sul resto della squadra. Ad esclusione dei suoi anni di apprendistato al Lione, quando era sacrificato anche in fascia, Lacazette ha giocato quasi esclusivamente da unica punta nel 4-2-3-1 ed è certamente in questa posizione che Wenger lo utilizzerà.

 

Per la sua tendenza a muoversi incontro al centrocampo è utile affiancargli un trequartista d’inserimento, come è stato Tolisso nell’ultimo periodo lionese, e in quest’ottica Aaron Ramsey (pur con enormi punti interrogativi sul suo stato di salute e sulla sua tenuta sull’arco di un’intera stagione) potrebbe avere senso alle sue spalle, forse più di quanto lo sarebbe un giocatore creativo ma più statico come Mesut Özil. Ovviamente non si tratta di una semplice preferenza tra due giocatori e interverranno molti altri fattori reali sulle scelte di Wenger, ma in teoria il fantasista tedesco potrebbe mantenere la sua influenza nel quadrante di destra, in modo da sfruttare i tagli in profondità di Lacazette tra i centrali difensivi avversari.

 

A questo punto dobbiamo chiederci: cosa ne sarà di Alexis Sanchez? Se dovesse restare all’Arsenal – come confermano le ultime indiscrezioni di stampa, in attesa di essere smentite – Sanchez dovrà accettare un ruolo differente. Nell’ultima stagione il cileno è stato utilizzato al centro dell’attacco e Wenger ha fatto anche in modo da assecondarne il suo stile di gioco, a tratti anarchico, proprio per aumentare l’imprevedibilità della manovra della propria squadra. In qualche modo, Alexis è stato la principale causa per il ritorno a un Wenger prima maniera, quello precedente all’infatuazione per il calcio posizionale.

Sanchez, quindi, potrebbe tornare ad agire sulla fascia sinistra, dove ha comunque già giocato e ha avuto la sua influenza sul gioco dei “Gunners”. Ma entrando in mezzo al campo non troverebbe più un puro uomo d’area come Olivier Giroud (ceduto all’Everton, a quanto pare) ma un giocatore con cui associarsi e degli spazi in profondità in cui sfruttare la sua forza fisica straripante (e il pensiero va, se mi permettete il parallelo, ai tempi in cui giocava vicino ad Antonio Di Natale). Al tempo stesso, gli spazi per correre tra le linee con il pallone potrebbero comprimersi ulteriormente e non è detto che tra la razionalità di Lacazette e l’irrazionalità di Sanchez si trovi il giusto equilibrio in tempi brevi.

 

Potrebbe essere l’inizio di un nuovo Arsenal, con un fronte d’attacco composto da giocatori diversi che a loro modo si completano, ma potrebbe anche diventare un rebus difficile da risolvere. La cosa certa è che al momento molto dipenderà dalla decisione di Alexis Sanchez di andare via o restare, e dalla capacità di Wenger di immaginare ancora un nuovo Arsenal, forse il suo ultimo, quello con cui lasciare nei prossimi due anni un buon ricordo ai propri tifosi.

 

 

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Alfredo Giacobbe è nato a Napoli, dove vive, scrive e lavora. Ha contribuito all'antologia "Rivali" (Einaudi, 2022) e ha scritto "Michael Schumacher, l'uomo dietro la visiera" (66thand2nd, 2023).