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Federico Aquè

Decaffeinati

L'ottimo funzionamento del sistema di Pizzi rende inoffensiva anche la Colombia: il Cile è pronto…

La seconda semifinale di questa edizione speciale della Copa América metteva di fronte due delle migliori Nazionali al mondo, secondo il ranking FIFA: la Colombia, terza, e il Cile, quinto. Entrambe nel gruppo delle contendenti alla vittoria finale, il loro torneo ha seguito traiettorie opposte: la Colombia è partita forte battendo gli USA padroni di casa e il Paraguay, ma si è bloccata presto perdendo contro il Costa Rica (con la qualificazione ai quarti già in tasca) ed eliminando il Perù soltanto ai calci di rigore ai quarti; il Cile ha invece esordito con una sconfitta contro l’Argentina per poi crescere di partita in partita, fino al 7-0 con il quale ha demolito il Messico.

 

Chi si aspettava una sfida alla pari tra due grandi squadre è rimasto deluso: la “Roja” ha dominato anche la semifinale, pur senza esagerare nel punteggio come contro il Messico. Ma poco oltre il decimo minuto la gara poteva già considerarsi chiusa, con il Cile in vantaggio di due gol e saldamente in controllo. La tempesta che ha ritardato di due ore e mezza l’inizio del secondo tempo ha fatto il resto: è cominciata di fatto una seconda partita in cui la squadra del CT Juan Antonio Pizzi si è limitata a gestire, fresca dopo il prolungatissimo intervallo, venendo agevolata in maniera definitiva dall’espulsione di Carlos Sánchez dopo poco più di 10 minuti.

 

Una delle caratteristiche migliori del Cile è la capacità di reagire al pressing avversario e di riuscire a guadagnare la superiorità numerica quando imposta l’azione dal basso. Pur in assenza del proprio regista, Marcelo Díaz, il centrocampista cui spetta il compito di iniziare l’azione abbassandosi sulla linea dei difensori, l’uscita del pallone dalla difesa contro la Colombia non è stata meno brillante del solito. Pizzi può contare su meccanismi rodati e giocatori intelligenti che reagiscono in fretta ai movimenti avversari, il che ovviamente ha aiutato a mascherare l’assenza di una pedina fondamentale come appunto Díaz.

 

L’obiettivo del Cile a inizio azione è spesso quello di liberare spazi per far avanzare i due centrali difensivi, Medel e Jara, sfruttando il vantaggio che viene concesso ai difensori e la loro tranquillità palla al piede (Medel d’altronde è un centrocampista, Jara invece ha personalità e tecnica per portare palla e giocarla in maniera intelligente). La superiorità creata in questo modo si ripercuote in maniera positiva sull’intera fase di possesso della “Roja”: la struttura difensiva avversaria viene disorganizzata e il Cile si crea gli spazi per le sue tipiche giocate verticali. Contro la Colombia è stato tutto più facile del previsto, perché la prima linea di pressing impostata da José Pekerman lasciava incredibilmente spazio a Medel. L’1-0, così, ci ha messo poco ad arrivare.

 

Evidentemente Pekerman si aspettava l’abbassamento tra i difensori di Silva, il sostituto di Díaz, e aveva dato il compito a Cardona, il proprio trequartista, di tenere d’occhio questo movimento. In questo caso Silva non scende e viene marcato da Sánchez: Cardona è spaesato e lascia a Medel una prateria per impostare l’azione, anche perché James si deve occupare di Isla.

 

La situazione di svantaggio precedente fa scattare un pressing totalmente fuori tempo: tutti i colombiani sono in ritardo sugli avversari diretti e alle spalle del centrocampo Aránguiz può ricevere in assoluta libertà. Dalla verticalizzazione verso il centrocampista, su cui uscirà fuori tempo Murillo, lasciando un buco enorme nella propria metà campo, nascerà il gol dello stesso Aránguiz.

 

Pekerman ha rimediato troppo tardi alla situazione, quando già il Cile aveva segnato i due gol decisivi per la qualificazione alla finale.

 

La nuova prima linea di pressing della Colombia: James esce su Medel, Martínez prende Jara, mentre Cardona marca Silva. Ad avere maggiore spazio ora è Isla, meno pericoloso e più facilmente controllabile in un secondo momento con le opportune scalate sulla fascia.

 

Così come contro il Messico, la differente organizzazione del pressing e dei movimenti difensivi è stata una delle chiavi della partita. Il Cile ha giocato con la solita aggressività, attaccando il primo possesso avversario e decidendo di lasciare maggiore libertà al terzino destro, Arias.

 

Alexis Sánchez si accentra per occuparsi di Zapata, mentre Vargas controlla Murillo. Hernández, il sostituto dello squalificato Vidal, e Aránguiz marcano i due mediani della Colombia: l’unica linea di passaggio concessa è quella verso Arias.

 

È interessante notare le diverse scalate scelte da Pizzi sui due lati del campo: più classiche sulla destra, con Fuenzalida, l’esterno offensivo, e Isla, il terzino, a seguire gli avversari diretti, Fabra e James Rodríguez rispettivamente; più complesse sulla sinistra, dove bisognava disinnescare l’abilità nell’uno contro uno di Cuadrado. L’inserimento di Silva al posto dell’infortunato Díaz è stato molto importante soprattutto dal punto di vista difensivo: “el Gato” scivolava sulla linea dei difensori permettendo a Jara di tenere una posizione più esterna e di aiutare Beausejour nel limitare Cuadrado (che infatti ha giocato male e ha pure “regalato” il primo gol con un colpo di testa indirizzato verso la propria porta).

 

 

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Due esempi: nel primo Silva consente a Jara di stare più largo per andare immediatamente in raddoppio su Cuadrado, nel secondo copre in maniera indiretta Beausejour (che sta tornando indietro) su un contropiede della Colombia, permettendo a Medel e Jara di scivolare a sinistra senza lasciare buchi alle loro spalle.

 

La Colombia ha faticato così a proporre una manovra offensiva accettabile, anche perché l’incanalamento del proprio gioco sulla destra, in parte indirizzato dal Cile e in parte conseguenza naturale della presenza di Cuadrado da quel lato, limitava la pericolosità dei “Cafeteros” alla capacità di Cuadrado di creare superiorità numerica nell’uno contro uno. L’organizzazione difensiva della “Roja”, però, ha quasi sempre avuto la meglio.

 

Torres prova a liberare lo spazio per la ricezione di Cuadrado, ma il Cile è disposto benissimo e ha un giocatore su ogni avversario. Anche per un funambolo come Cuadrado è difficile tirare fuori qualcosa da un contesto del genere, in cui deve ricevere a centrocampo e spalle alla porta, con James immalinconito sull’altro lato del campo.

 

Il Cile ha concesso una sola grande occasione su un attacco manovrato della Colombia, ma solo perché Jara si è perso Arias (su cui comunque è stato rapido ad andare in chiusura Medel), che ha sfruttato lo spazio che la squadra di Pizzi concede alle spalle della propria difesa, il rovescio della medaglia di un atteggiamento così aggressivo.

 

Bravo comunque uscirà con i tempi giusti e parerà il tiro di Arias.

 

La mancanza di connessioni tra giocatori ha reso inoffensiva la Colombia ed è stata sorprendente la scelta di Pekerman di tenere sui lati opposti del campo i suoi due giocatori più forti, James (schierato sulla fascia sinistra) e Cuadrado, essendo oltretutto stato costretto a rinunciare a Bacca, in panchina per un leggero infortunio e sostituito da Roger Martínez. In questo modo Pekerman ha costretto James e Cuadrado a dividersi i palloni e non a giocare insieme per provare a mettere in difficoltà la difesa cilena. Di sicuro avrebbe aiutato a migliorare la manovra, anche se probabilmente non sarebbe bastato: i “Cafeteros” sono sembrati una squadra disunita, troppo legata ai colpi di James e Cuadrado.

 

Pochi secondi prima dell’espulsione di Sánchez: James e Cuadrado sono effettivamente vicini, ma non hanno alcun supporto dai compagni: Moreno (entrato per l’impalpabile Cardona) e Martínez attaccano la profondità, Fabra è molto alto sulla loro stessa linea, Torres sta tornando indietro e non c’è nessun colombiano che prova a muoversi tra i giocatori del Cile. James non può far altro che lanciare lungo e regalare il pallone.

 

Anche la fase di non possesso è stata altrettanto disorganizzata, pure in una situazione molto semplice da leggere come un rinvio di Bravo. Eppure sul 2-0 di Fuenzalida la linea difensiva era disposta così:

 

Murillo e Fabra sono fuori posizione, il buco che si apre in area di rigore è impressionante.

 

In vantaggio di due gol dopo 11 minuti, il Cile ha fatto valere la propria superiorità tecnica e organizzativa per controllare la partita, dando sempre l’impressione di poter creare un pericolo ogni volta che avesse voluto accelerare. Anche quando si giocava 11 contro 11, Pekerman non è mai riuscito a rimediare all’inferiorità numerica che la Colombia soffriva in mezzo al campo e che dava alla “Roja” la possibilità di costruire facilmente le proprie azioni. Merito di un centrocampo fluido e in costante movimento anche senza lo squalificato Vidal.

 

 

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Nel primo caso la rotazione dei centrocampisti forma un triangolo a vertice alto che prende in mezzo Cardona, nel secondo Pulgar sfrutta la dilatazione delle distanze tra la difesa e il centrocampo colombiano (Torres e Sánchez escono sui rispettivi avversari, Zapata e Murillo vengono impegnati da Alexis e Vargas) per ricevere tra le linee.

 

Visto un simile dominio tattico, non sorprende la facilità con cui il Cile ha fatto scorrere i minuti dopo l’espulsione di Sánchez, in un contesto in cui Pizzi aveva già comunque scelto la via della prudenza schierandosi a specchio sulla Colombia e non disdegnando fasi di difesa posizionale con il 4-4-2.

 

Lo schieramento cileno nel secondo tempo.

 

A distanza di un anno la finale della Copa América metterà ancora una volta di fronte Argentina e Cile, senza alcun dubbio le migliori squadre del torneo. Il cammino quasi perfetto compiuto finora (solo vittorie, con 18 gol fatti e 2 subiti), la superiorità tecnica e il precedente favorevole nella fase a gironi (finito 2-1 per l’Argentina appunto) danno all’”Albiceleste” il ruolo di favorita. Il Cile però è una squadra organizzata ed estremamente pericolosa e già l’anno scorso è stato in grado di ribaltare i pronostici. Non ci poteva essere epilogo migliore per questa Copa del Centenario.

 

 

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Federico Aquè ha collaborato con Sprint&Sport, Datasport e Sportmediaset.