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Dario Saltari
Fiorentina-Atalanta è stato uno spettacolo violento
04 apr 2024
04 apr 2024
Due tra le squadre più aggressive del campionato se le sono date di santa ragione.
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Dario Saltari
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IMAGO / NurPhoto
(foto) IMAGO / NurPhoto
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La squadra della Serie A che commette più falli è il Verona, e il Verona commette in media poco meno di 14 falli a partita. Se potessimo dare vita a un incubo in cui il Verona incontra il Verona, quindi, avremmo una partita con circa 28 falli. Vi sembra eccessivo? Ecco, ieri, durante Fiorentina-Atalanta, semifinale d’andata di Coppa Italia, di falli ne sono stati fischiati 32. Forse un numero è un modo troppo semplicistico e brutale di riassumere una partita, ma ci sono partite talmente semplicistiche e brutali da non avere modi più efficaci per essere descritte se non con un numero.

Fiorentina-Atalanta è stata una partita che ha contraddetto così tanti stereotipi sulla Serie A che, per paradosso, ha fatto il giro e ha finito per confermarli. Il campionato considerato dai ritmi troppo blandi e compassati ha presentato due squadre dall’intensità fuori scala, che si sono affrontate con marcature a uomo altissime su tutto il campo, fin dentro la propria area. Un’aggressività disumana, che rincorreva i giocatori in possesso come un senso di colpa, che restringeva così tanto il tempo delle giocate da impedire qualsiasi ragionamento con il pallone. È il calcio del futuro, quello messo in campo dal campionato più prudente del mondo, o semplicemente un modo nuovo per evitare qualsiasi rischio?

Brera si lamentava della statura degli italiani, attribuiva a questa la loro indole difensivista, e ieri abbiamo visto in campo 22 corazzieri. Hien, ultimo prototipo del centrale gasperiniano gigante ma allo stesso tempo veloce, a prendersi quasi letteralmente a pugni con Belotti, un uomo sempre pronto a farsi carne da cannone. Nico Gonzalez che, come al solito, cercava di passare attraverso i corpi degli avversari. L’esterno mutante Emil Holm tenuto in campo solo per fare da bersaglio ai lanci lunghi dalla difesa e bypassare il pressing della Fiorentina. A fine partita avrà ingaggiato un totale di 18 duelli aerei con gli avversari (ripeto: 18), vincendone 12.

Se guardassimo la partita da un punto di vista esclusivamente tattico potremmo anche ritenerci soddisfatti. Alla fine la partita è stata così combattuta (eh) proprio perché i due piani gara sono stati eseguiti quasi alla perfezione. Fiorentina e Atalanta volevano entrambe dominare l’avversario impedendogli di giocare sin dalle primissime battute e, per l’appunto, ci sono riuscite molto bene. Per farlo hanno preso misure estreme. Abbiamo visto Kolasinac arrivare fino alla trequarti avversaria per impedire a Nico Gonzalez di girarsi verso la porta, anche se la porta era lontana ancora una sessantina di metri. Ranieri fare lo stesso con Miranchuk.

Era talmente difficile giocare che la partita rallentava solo quando passava per i piedi dei due portieri, gli unici giocatori che le due squadre avevano deciso di non pressare. Il problema è che i due portieri erano Terracciano e Carnesecchi, di certo non le versioni più aggiornate di sweeper-keeper in circolazione, e anche questo spettacolo non è stato così edificante. Nelle interviste post-partita hanno ricordato al portiere dell’Atalanta la dichiarazione caustica di Gasperini, che per salire di livello gli chiedeva di mettersi «un po’ di ammorbidente sui piedi», e lui gli ha dato ragione sorridendo: «Quando calcio ogni tanto mi parte qualche sottomarino, qualche altra volta spedisco la palla direttamente in tribuna».

Insieme ai calci da fermo, i rilanci dei due portieri - e quindi il riciclo delle relative seconde palle - sono stati praticamente l’unica fonte di gioco di Fiorentina e Atalanta. Il paradosso della modernità di due squadre che riporta indietro il calcio. Su rilancio del portiere è “nato” l’incredibile gol di Mandragora (duello aereo vinto da De Roon, palla recuperata da Nico Gonzalez, bomba all’incrocio), e su rilancio del portiere è nata anche la più grande occasione dell’Atalanta, sprecata dal maledetto Bakker (duello aereo vinto da Holm, colpo di testa all’indietro di Lookman, anticipo di De Roon, appoggio di prima di Scamacca, filtrante di Lookman, tiro di poco a lato). Per il resto la partita è stata composta da errori di giocatori che volevano andare troppo in fretta, e dal tentativo di recuperare a quegli errori sopprimendo con un fallo ogni tentativo di ripartenza avversaria.

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Le volte in cui la palla non trovava uno sfogo verso la porta avversaria era come mandare in tilt un flipper, come mettere un Fremen nell’arena degli Harkonnen. Un massacro. I giocatori deputati a dare un pausa al gioco, a ragionare anche solo per una frazione di secondo, sono stati mangiati vivi. Dopo un primo tempo in cui è stato cancellato dal gioco, Gasperini è stato costretto a togliere dal campo Aleksej Miranchuk, che aveva proprio questa funzione. Al suo posto ha inserito il pretoriano Ederson, forse l’unico in grado di dare una patina di eleganza al trionfo della forza sulla tecnica. Da quel momento, come ha ammesso il secondo del Gasp, Tullio Gritti, «la partita è stata più equilibrata».

In mezzo a questo spettacolo post-apocalittico è stato affascinante osservare la partita di Beltran. Un attaccante argentino con una buona tecnica che è stato abbassato talmente tanto da Italiano che ormai forse dovremmo definire una mezzala difensiva. Su di lui aveva capito tutto Fabrizio Gabrielli, al suo arrivo in Italia. “Mi viene da dire che la sua maniera di interpretare il ruolo di centravanti sia in parte da centrocampista, o forse sarebbe meglio dire da boxeur, cioè da uno che le prende tanto quanto le dà”. Ieri, in quella specie di mega-rissa tra ubriachi che è stata Fiorentina-Atalanta, Beltran è sembrato l’unico a sapere effettivamente cosa fare, come muoversi quando sta per arrivarti un gancio sul mento. La sua partita è stata riempita da tagli profondissimi all’indietro, a seguire gli inserimenti in area di De Roon, e di giocate tecniche minuscole ma preziose. Protezioni spalle alla porta, palloni riciclati, falli guadagnati sulla propria trequarti. Per l’abilità ad utilizzare il corpo in mezzo a un contesto di violenza estrema sembrava di essere in uno di quei film di zombie in cui il protagonista cerca di tenere con la schiena una porta spinta da decine di mani che cercano la morte.

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Per dire di quanto anche gli sparuti momenti di bellezza ieri siano nati dalla violenza di contrasti giocati oltre il limite: il grande colpo di testa di Nico Gonzalez e la parata leggendaria di Carnesecchi che ne è seguita sono nati da questa protezione palla di Beltran, che De Roon ha provato a superare a suon di schiaffoni. La prestazione dell’argentino è stata la margherita che spunta dalla crepa sul cemento, in una partita in cui la tattica è stata talmente efficace da diventare disumanizzante.

Ieri abbiamo visto quanto disturbante possa essere il sogno di ogni allenatore italiano. Applicazione difensiva massima, aggressività estrema sulle seconde palle, ricerca ossessiva della verticalità. Sul campo un prodotto televisivo equiparabile agli snuff movie. Nel secondo tempo, con la stanchezza, anche la spettacolarità della violenza è salita di livello. Mentre vedevamo Fiorentina e Atalanta darsele di santa ragione potevamo sentire Alessandro Barbero che scandiva: guerra, zuffa, faida, trappola, spranga. A un certo punto i contrasti sono diventati talmente violenti da assumere una carica comica. Al 54esimo Mandragora ha dato una spallata talmente forte a Holm che quello è schizzato fuori dal campo e per poco non colpiva Italiano a bordo campo. A Riccardo Trevisani, che commentava la partita, è venuto da ridere tanto era stato violento quel fallo e istintivamente ha paragonato quel momento al football americano. Poco dopo abbiamo visto i tacchetti di Ederson entrare nella bocca di Belotti, tagliargli la parte interna del labbro. Quasi un film di Cronenberg. In mezzo momenti in cui l’intensità fuori controllo ha prodotto istanti di bruttezza profonda.

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La partita si è chiusa idealmente con il brutto fallo di Scamacca che, provando a recuperare Milenkovic alle spalle, è entrato con il piede a martello sulla caviglia dell'avversario. L’attaccante dell’Atalanta si è preso il giallo e ha avuto un momento di straniamento, come se per un attimo avesse visto da fuori lo spettacolo di violenza in cui era stato coinvolto. Per qualche istante è rimasto accanto al suo avversario dolorante a terra, le mani sulle ginocchia, il fiatone di chi ha appena fatto uno scatto di diverse decine di metri. Lo sguardo interrogativo e affascinato. Scamacca è rimasto lì non per scusarsi, ma per osservarlo, come un bambino che ha appena trafitto una lucertola con un legnetto e la vede contorcersi a terra.

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