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Giovanni Bongiorno

Benvenuti allo show di Sean O’Malley

Ma anche allo spettacolo d'orrore di Weili Zhang.

Fresco, dallo stile imprevedibile e spettacolare, Sean O’Malley è il ritratto del campione di ultima generazione ma è anche un ragazzo del Montana che ce l’ha fatta, uscendo dalla mediocrità attraverso il proprio talento all’interno dell’ottagono. È nota la storia di quando, per appena cinquanta dollari, tagliò entrambe le sopracciglia non molti anni fa: chissà cosa avrebbe detto se gli avessero rivelato che un giorno sarebbe diventato campione dei pesi Gallo UFC… Ci è riuscito in una delle serate più spettacolari dell’anno, una card così piena che l’ex campione dei pesi Medi, Chris Weidman, è stato relegato nei match preliminari (perdendo in modo piuttosto triste, al punto che Dana White, per affetto, gli ha chiesto di ritirarsi). O’Malley ha detronizzato uno dei migliori pesi Gallo di sempre, Aljamain Sterling, tornato nell’ottagono a pochi mesi dall’ultima volta (lo scorso maggio) per la sua terza difesa titolata dell’anno. 

 

Insomma Aljamain Sterling dalla sua parte ha quanto meno la scusa della stanchezza – lui aveva esplicitamente protestato per la richiesta di UFC di farlo combattere a così breve distanza dall’incontro precedente – e anche la sconfitta con O’Malley non ne mette in discussione la grandezza sportiva. Certo, non è proprio quello che pensa il grande pubblico, tanto meno quello di Boston che sabato sera sosteneva a gran voce O’Malley. Dopo alcune difficoltà iniziali in carriera Sterling ha ottenuto la sua chance titolata contro Petr Yan, in un match poi vinto per squalifica (Yan lo aveva colpito con una ginocchiata alla testa illegale mentre era a terra), cosa che i fan non gli hanno mai davvero perdonato. Neanche dopo le successive impressionanti prestazioni, proprio contro Yan ma anche con Dillashaw e Cejudo. 

 

Contro Sean O’Malley era comunque Sterling il favorito, anche per ragioni stilistiche: un wrestler d’élite che, giusto tre mesi fa, è riuscito a portare a terra e controllare Henry Cejudo, medaglia d’oro nella lotta alle Olimpiadi. Non avrebbe dovuto, in teoria, avere troppi problemi a controllare uno striker come O’Malley, straordinario sì ma che nel grappling ha fatto vedere poco. O’Malley però si è sempre dimostrato eccellente nel tenere i propri match in piedi e il timing fulmineo del suo counterstriking rappresentava una possibile minaccia per il campione. 

 

A inizio match Sterling ha provato a pressare O’Malley, che però aveva le idee chiare e grazie al suo footwork ha iniziato a prendere le misure. Grazie ai teep e ai leg kick, O’Malley ha iniziato a lavorare per capire le reazioni del campione in carica. Sterling è dotato di un ottimo footwork, multidirezionale e imprevedibile, ma votato soprattutto all’offensiva: quando O’Malley ha iniziato a stargli addosso, Sterling pareva in qualche maniera arrugginito nei movimenti, fiacco, a tratti indolente. O’Malley, che ha una grande intelligenza tattica – “sono un cecchino”, ha detto dopo – lo ha compreso subito e ha cominciato a cambiare il livello dei colpi tra gambe, corpo e volto. Sterling ad un certo punto continuava a provare a reagire, ma semplicemente non capiva dove e quando sarebbe arrivato il colpo successivo. 

 

I calci frontali, i diretti portati dall’esterno, il dominio degli spazi di O’Malley sono diventati evidenti dalla seconda metà del primo round, quando ha iniziato a pressare seriamente, incurante del pericolo che Sterling potesse rappresentare nella fase di lotta. Sterling, dal canto suo, ha provato – a volte con successo – a rispondere con degli inside leg kick, ma ha quasi sempre mancato il colpo successivo a causa dei movimenti di O’Malley. Al termine del round, Sterling ha provato un takedown, prontamente bloccato dallo sfidante. Un round virtualmente giocato alla pari, nel quale però O’Malley pareva già aver preso meglio le misure. Il pubblico presente, come gli spettatori da casa e probabilmente anche O’Malley, si aspettavano adesso il tentativo da parte di Sterling di portare il match a terra.

 

E così è stato. Sterling nel secondo round è partito molto carico e ha approfittato di uno scivolone di O’Malley per entrare in fase di clinch, ma Sugar si è liberato immediatamente e mentre Sterling lo inseguiva, molto aggressivo per tornare in fase di clinch, O’Malley ha schivato un diretto e messo a segno un destro letale che ha mandato Sterling al tappeto. Dopodiché ha scatenato una pioggia di pugni a martello e forse l’arbitro Marc Goddard avrebbe potuto dare la possibilità a Sterling di resistere a un altro colpo o due. La sensazione comunque è che lo stop sia stato giusto: i colpi di O’Malley sono stati pesantissimi e precisi e Sterling era visibilmente stordito, sebbene stesse provando a riportarsi in piedi.

 

Aljamain Sterling ha fatto mea culpa, ha confessato di aver sottovalutato O’Malley e ha ripensato la sua decisione di salire di categoria: se O’Malley lo aveva appena stordito, Volkanovski cosa sarebbe in grado di fargli? 

 

Al di là della schiettezza, per quanto apprezzabile, Sterling è un grande fighter e sicuramente ce la metterà tutta per tornare. O’Malley ha confessato di essersi sentito nervoso prima del match perché considera Sterling il più grande peso Gallo di tutti i tempi, ma ha scaricato la tensione dopo aver offerto la più grande performance della sua carriera. Anche su O’Malley era lecito avere dubbi e, come detto, partiva sfavorito. Adesso, con quella cintura in vita che gli sta un po’ grande, con quel destro perfetto per gli highlights, nessuno può permettersi di non prenderlo sul serio. Lui però è tornato sul suo registro abituale, ha chiesto se Marlon Vera avesse vinto e se l’incontro fosse stato noioso, per poi chiedere che la sua prima difesa fosse proprio contro Vera, l’unico che l’ha sconfitto in carriera, anche se non è riuscito a far deragliare il treno del suo hype. Per una volta, bisognava dargli retta a questo maledetto hype.

 

Tortura cinese

Oltre a mettere a segno delle prestazioni che potrebbero benissimo essere interrotte anticipatamente per manifesta superiorità – sebbene il match sia finito ai punti, la campionessa ha messo a segno quasi 300 colpi contro i 21 della sfidante, oltre a totalizzare praticamente un quarto d’ora di controllo al tappeto e in clinch – Weili Zhang ci tiene davvero molto a farsi voler bene dal pubblico americano e nelle ultime uscite ha provato a realizzare parte delle proprie interviste in inglese. 

 

Lo dico perché dal punto di vista tecnico c’è davvero rimasto poco da dire. Weili Zhang è, a ragione, la numero uno “pound for pound” delle categorie femminili, senza se né ma, e la difesa del titolo dei pesi Paglia contro una smarrita Amanda Lemos lo ha confermato. Zhang è un fenomeno nella strategia e nella messinscena del proprio gioco: Amanda Lemos era, prima dell’evento, la sfidante più credibile possibile, ma Weili Zhang ha fatto sembrare il lavoro di ridimensionamento della contendente una bazzecola. 

 

Le uniche chance di Amanda Lemos risiedevano nel suo diretto pesante, che a dire il vero ha anche centrato la campionessa, che ha sentito il colpo ma non ha mai barcollato. E in caso nella sua D’arce choke, provata più di una volta ma puntualmente sventata da Zhang, che è sempre uscita dal lato giusto senza permettere a Lemos di raggiungerla con le gambe per chiudere la morsa in maniera eccellente.

 

Zhang ha iniziato con un leg kick in counterstriking su un middle di Lemos e da lì è stato dominio puro al tappeto. Il ground and pound, la velocità di posizionamento, la pressione imposta dalla fighter cinese hanno fatto sì che un incontro titolato si trasformasse in un seminario, in una vera e propria masterclass su movimenti lottatori, ground and pound e distanze. 

 

Leg kick in counterstriking e ground and pound successivo. Il copione si è ripetuto per tutte le riprese, esclusa la quarta.

 

Già dal secondo round, dall’angolo di Lemos le dicevano di attaccare in maniera composta ma di aggredire, perché Zhang aveva – secondo loro – consumato tutte le sue energie nel grappling. Nulla di più sbagliato, tant’è che il suo precedente record di 5 takedown in un incontro è stato superato proprio in questo match, nel quale la fighter cinese ne ha completati 6. Il dominio è stato davvero indescrivibile e a parte lodare la durezza della sfidante brasiliana, che ha incassato di tutto e di più, il match è sembrato svolgersi tra fighter di livelli completamente diversi. 

 

Durante un tentativo di takedown da parte della campionessa, Lemos ha tentato una D’arce choke, che però è stata prontamente difesa da Zhang.

 

Le prime tre riprese sono state praticamente la fotocopia l’una dell’altra, fino alla quarta che, probabilmente per recuperare delle energie, è stata quella più equilibrata, ma ai miei occhi comunque nel sacco della campionessa. Zhang ha messo a segno una prestazione feroce e metodica, una vera tortura lenta ma ineluttabile, che ha costretto il più delle volte Lemos al tappeto a difendersi dal ground and pound prima e dai tentativi di sottomissione e da un controllo asfissiante, poi. 

 

Se Lemos tentava di spingere da terra, Zhang aumentava la pressione, se Lemos si muoveva, Zhang la seguiva per prendere la schiena, che in effetti nel corso dell’ultimo round è stata l’obiettivo principale della campionessa, che non ha mai smesso di cercare la finalizzazione. Zhang aveva detto in conferenza stampa che, sull’aria di Bruce Lee, sarebbe stata acqua, Lemos ha risposto che se la sarebbe bevuta. Ma solo una delle due poteva avere ragione e se l’acqua può scorrere, è vero che può anche distruggere. Weili Zhang ha dimostrato di poter essere uno tsunami, e neanche Amanda Lemos può avere tutta quella sete.

 

Al termine del quinto round, i giudici si sono espressi unanimemente in favore di Zhang (50-43, 50-44, 49-46, quest’ultimo – che non condivido – probabilmente dovuto al quarto round, il round nel quale Lemos ha subito meno, ma non per questo legittimamente nelle sue mani), che ha messo a segno la sua prima difesa titolata. 

 

Weili aveva già vinto il titolo contro Joanna Jedrzejczyk a UFC 248, ma lo aveva perso contro la sua bestia nera Rose Namajunas, che rimane l’unica ad averla sconfitta due volte. Dovesse Rose battere Manon Fiorot a settembre, probabilmente assisteremo ad una delle trilogie più assurde della storia, con Rose a cui sembra sempre mancare una lira per fare il milione e Weili che invece non ha avversarie degne di questo nome – tranne appunto la stessa Rose…

 

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Giovanni Bongiorno scrive di MMA e ne parla nel podcast di MMA Talks.