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Daniele V. Morrone

5 partite per conoscere Franz Beckenbauer

Come giocava il "Kaiser" al suo picco tecnico ed estetico.

Si rimane sorpresi ancora oggi a guardare le partite di Beckenbauer, quanto possa essere elegante un calciatore che, in teoria, dovrebbe pensare a non far segnare gli avversari. La sua tecnica e le sue letture sono senza tempo. Sempre in movimento, sempre a testa alta per cercare i compagni meglio posizionati ed eseguire il passaggio perfetto. Il suo stile di gioco e il suo carisma daranno una dimensione alla maglia numero 5, fino ad allora esclusivo del numero 10 e del 9. Con lui per la prima volta il giocatore più tecnico, il faro creativo della squadra non ha un ruolo offensivo, non gioca già sulla trequarti o in attacco, ma ci arriva da dietro.

 

Ho scelto 5 partite che più mi hanno restituito questo senso di stupore – 5 partite che hanno reso Beckenbauer “il Kaiser”.

 

 

Quarti di finale del Mondiale 1970 contro l’Inghilterra

 

Prima di diventare il più celebre libero della storia, Beckenbauer è stato il miglior centrocampista d’Europa vestendo la maglia numero 4. L’arretramento nella posizione (e il conseguente cambio di maglia) è stato chiave per i successi futuri, ma c’è tutta una prima parte della carriera in cui Beckenbauer è prima il ragazzo prodigio del calcio tedesco che incanta al Mondiale 1966 e poi il miglior centrocampista europeo al Mondiale 1970, quello che vincerà lo scontro diretto con Bobby Charlton, eliminando l’Inghilterra campione del mondo in carica e vendicando la finale di quattro anni prima. Nel 1966 l’allenatore Schön aveva pensato che non fosse la scelta giusta far marcare Charlton al giovanissimo Beckenbauer, e la aveva pagata cara.

Quattro anni dopo il problema neanche si pone. Ora Beckenbauer è un giocatore maturo e può gestire sia la marcatura che la costruzione della manovra. A centrocampo accompagna l’altro fenomeno della squadra: la mezzala sinistra Wolfgang Overath del Colonia. Franz e Wolfgang non sono specialisti che si dividono i compiti: entrambi rubano, lottano, creano e si fanno trovare in avanti. I due giocatori più tecnici in campo si dividono il pallino del gioco, con Beckenbauer che avanza in conduzione non appena vede lo spazio libero. La facilità di dribbling delle sue cavalcate mette in apprensione la linea difensiva avversaria che non sa mai se affrontarlo o scappare indietro. Può succedere di vederlo arrivare fino all’area di rigore avversaria senza apparente fatica.

 

Nonostante questo, l’Inghilterra passa in vantaggio con un cross basso da destra che Mullery calcia di prima in porta alla mezz’ora. Arriva anche il raddoppio, a inizio secondo tempo, con un cross stavolta alto ma sempre da destra, per il gol di Peters. Al minuto 68 un passaggio di Overath per Beckenbauer lo trova fronte alla porta a poter puntare Mullery fuori area. Il dribbling spostandosi la palla con l’esterno destro è fin troppo facile. In questo modo, Beckenbauer si ricava lo spazio per il tiro dal limite, per il gol del 2-1 che riapre la partita. È la sua prima e unica rete al Mondiale messicano, ma arriva nel momento decisivo.

 

 

È il momento in cui la Germania Ovest capisce di potercela fare. Di lì a poco arriva il gol del pareggio con un colpo di testa di Uwe Seeler e poi quello della vittoria, nei tempi supplementari, con Gerd Müller. Nella partita successiva ci sarà l’epico scontro con l’Italia, il famoso 4-3 (che avevamo raccontato qui) e il suo infortunio con la rottura della clavicola in uno scontro con Cera, che lo porterà a giocare con il braccio destro fasciato attaccato al corpo tutto il resto della partita, supplementari compresi. La Germania Ovest perderà ai supplementari quella partita, ma l’immagine di Beckenbauer inizierà a trasformarsi nell’icona del “Kaiser”.

 

Finale dell’Europeo 1972 contro l’URSS

 

L’inizio di tutto: la migliore versione della Germania Ovest vista e il primo titolo in Nazionale per il Beckenbauer libero. Non si può spiegare la vittoria nella Coppa del Mondo due anni dopo senza la vittoria dell’Europeo in Belgio. La Germania Ovest è guidata sempre da Helmut Schön, lo stesso che ha accompagnato tutto l’inizio di carriera di Beckenbauer e che l’ha convinto a spostarsi come libero. Ai quarti viene battuta l’Inghilterra per 3-1 a Wembley, in semifinale il Belgio per 2-1 ad Anversa e in finale l’URSS per 3-0.

 

L’URSS è guidata in difesa dal libero georgiano Murtaz Khurtsilava, la risposta sovietica a Beckenbauer, ed è formata dal blocco della Dynamo Kiev. Ha una preparazione fisica invidiabile, ma non riesce a risalire il campo contro una Germania che ha una conoscenza del campo enciclopedica. La linea sovietica viene spinta indietro e questo permette a Beckenbauer di avere una tasca di campo ampia in cui agire incontrastato. Di fatto, è l’innesco del controllo totale da parte della Germania, grazie alla versione più dominante di Beckenbauer.

 

 

Al suo fianco viene messo Georg Schwarzenbeck, compagno anche nel Bayern, al centro della retroguardia. Schwarzenbeck era soprannominato “il pulitore del Kaiser” e non poteva essere più diverso da Beckenbauer, e per questo era perfettamente complementare con lui. Tanto Beckenbauer avanza ad accompagnare la manovra, tanto Schwarzenbeck si impegna a coprire le eventuali falle, con sincronismi fondamentali. Beckenbauer lascia il pallino del gioco al talentuoso Netzer e si occupa invece di dare sostegno alla manovra intervenendo alle sue spalle, scegliendo bene i momenti della salita e ripulendo tutti i palloni che gli capitano sui piedi. Se però arriva un passaggio sbagliato o una incomprensione, i contropiede sovietici vengono spenti sul nascere dallo stesso Beckenbauer, e dove non arriva Beckenbauer ecco che interviene il fidato Schwarzenbeck.

 

Il gol del vantaggio arriva col solito Gerd Müller al 27’, con l’azione che nasce da una conduzione centrale di Beckenbauer fino alla trequarti, con un avversario lasciato di sasso con un dribbling d’interno. Nella prima metà del secondo tempo arrivano anche il secondo e il terzo con Wimmer e ancora Müller. Racconta lo stesso Beckenbauer: «Facchetti era noto per le sue incursioni in avanti. Pensai: “Se è così pericoloso anche se non ha quasi spazio per sé, quanto più efficaci potrebbero essere quelle corse dalla mia posizione, accentrata e profonda?”».

 

Doppia finale di Coppa dei Campioni 1973-74 contro l’Atlético Madrid

 

Prima della generazione di Beckenbauer, il Bayern Monaco non era la squadra dominante in Germania che siamo abituati a conoscere oggi. Prima di lui infatti aveva vinto un solo campionato tedesco negli anni ‘30 e nei primi anni della carriera di Beckenbauer la squadra principale di Monaco è il 1860, la stessa che lui tifa. Beckenbauer aveva scelto il Bayern proprio a causa di una partita contro il 1860, quando aveva appena 13 anni ed era nelle giovanili del SC Monaco 1906 (la squadra col campo proprio davanti alla casa in cui è cresciuto). Durante quella partita un giocatore del 1860 lo schiaffeggia e Beckenbauer, ferito nell’orgoglio, decide di vendicarsi andando a giocare per il Bayern. Con Beckenbauer, Maier, Müller e compagni cambia tutto e nasce la versione a cui associamo da tempo l’immagine del Bayern. Se in Germania il primo campionato arriva nel 1969, ci vorranno altre quattro stagioni per arrivare al primo successo europeo, quella Coppa dei Campioni che poi vincerà per tre stagioni di fila, portando il suo club a essere una potenza anche a livello europeo.

 

La partita che ha cambiato la storia del Bayern sono in realtà due, dalla storia diversissima tra loro. L’avversario è l’Atlético Madrid guidato da Luis Aragones a centrocampo, il primo grande Atlético, già allora famoso per l’aggressività al limite della scorrettezza in campo (ricorda qualcosa?). L’impatto fisico madrileno viene inizialmente ben gestito dal Bayern proprio grazie alla capacità di Beckenbauer di aiutare la circolazione del pallone. Müller non è però in giornata e ai primi minuti non arriva quella rete del vantaggio che sarebbe meritata. Nel secondo tempo arrivano le occasioni anche per l’Atlético, ma il Bayern stringe i denti e resiste. Si va ai supplementari. Luis Aragones segna il gol del vantaggio con una bella punizione dal limite a cinque minuti dalla fine, ma quattro minuti dopo Beckenbauer trova il compagno Schwarzenbeck libero a centrocampo e decide di servirlo. Il suo tiro da fuori area porta al pareggio. La lotteria dei rigori allora ancora non esisteva e quindi si va al replay.


Nella partita di due giorni dopo non c’è storia. Forse per stanchezza, l’Atletico Madrid è l’ombra di se stesso e il Bayern sembra andare al doppio della velocità. La superiorità tecnica di Beckenbauer esce fuori, così come l’intesa con Gerd Müller e le triangolazioni che riescono a memoria sulla trequarti mandano completamente fuori giri la difesa madrilena. Per un giocatore che non spiccava per tecnica come Müller, avere accanto un compagno in grado di dargli il pallone pulito è stata parte della sua fortuna. Beckenbauer, come tutti i grandi campioni, faceva sembrare i propri compagni più forti. 

 

 

Finale del Mondiale 1974 contro l’Olanda

 

Quando si stringono la mano da capitani prima del fischio d’inizio della finale del Mondiale di Germania Ovest 1974, Johan Cruyff è già pronto a giocare, mentre Franz Beckenbauer è con la tuta d’ordinanza blu e si premura di salutare gli arbitri. Con una carriera in parallelo, la finale dei Mondiali del 1974 è stato anche lo scontro tra i due migliori giocatori europei dell’epoca e tra due figli del dopoguerra. Cruyff e Beckenbauer sono due facce di una stessa medaglia: entrambi geniali, tecnici, carismatici; Johan è arrogante e anticonvenzionale come il nuovo che avanza in Olanda, Franz è a sua volta arrogante ma come la borghesia bavarese e la sua inscalfibile etica del lavoro. Johan pensa di poter cambiare il mondo e Franz è lì per impedirglielo. Entrambi li vedi ovunque in campo, col pallone o a gesticolare senza.

 

 

La finale del ‘74 è una delle più celebri partite della storia anche per tutto questo simbolismo che si porta dietro. L’andamento è noto: l’Olanda inizia a bomba, passa subito in vantaggio con un rigore procurato dalla conduzione di Cruyff e domina i primi minuti, sembra poter segnare in ogni momento ma il secondo gol non arriva. Arriva invece il rigore del pareggio alla prima vera azione offensiva della Germania Ovest. L’Olanda controlla il pallone, ma è la Germania a trovare il gol del 2-1 poco prima della fine del primo tempo con Gerd Müller (e chi, se no?). Nel secondo tempo inizia la tragedia olandese, con i giocatori che si sentono schiacciati dal cronometro che corre e dal fatto che la partita gli è sfuggita di mano. In tutto questo, nessuno pensa a fermare Beckenbauer.

 

Il capitano tedesco tira le fila di una squadra che si scopre paziente e per nulla spaventata dal momento storico. Beckenbauer vince il confronto diretto con Cruyff più in termini di letture difensive che di direzione del gioco in fase di possesso. Tocca relativamente pochi palloni, prova solo 2 dribbling, ma dietro non si passa. L’Olanda chiuderà con 5 tiri in porta, gli stessi della Germania Ovest. Beckenbauer è un difensore non velocissimo nel breve, ma estremamente intuitivo nei cambi di ritmo, nel posizionamento e nell’uno contro uno. Cruyff ci ha sempre tenuto a specificare che ci ha giocato tante altre volte con Beckenbauer, vincendo la maggioranza delle volte. Certo, tranne quella sbagliata: «Il suo segreto era sapersi posizionare nel posto giusto al momento preciso. Ti chiudeva, tappava tutte le linee di uscita e ti lasciava solo una via: farti andare dove voleva che tu andassi, così che lui potesse arrivare a toglierti palla».

 

Ritorno della Semifinale Coppa dei Campioni 1974-75 contro il Saint-Etienne

 

Il Bayern non dominava il gioco, ma riusciva ad apparire comunque invincibile. E il motivo principale era che aveva Beckenbauer. Non doveva controllare il pallone e neanche i ritmi, gli bastava la giocata giusta per arrivare al gol ed era sempre in grado di trovarla prima o poi. Il calcio contemporaneo ha provato questa stessa sensazione con il Real Madrid di Zidane delle tre Champions League consecutive, ed è una bella coincidenza che per il Bayern siano arrivate lo stesso numero di Coppe di Campioni.

 

Il Bayern di quella generazione ti sfiancava psicologicamente: qualunque cosa provasse l’avversario trovava il modo di uscirne vincitore. Una squadra abituata a lunghi tratti di sofferenza all’interno delle partite e a volte anche delle eliminatorie, ma mai battuta definitivamente. In tre stagioni, tolte le eliminatorie contro l’Ujpest e l’Ararat, non si vedono vittorie roboanti del Bayern. Dopo la sconfitta contro l’Ajax di Cruyff nei quarti di finale 1972-73, con un 4-0 senza appelli all’andata, Beckenbauer e compagni cambiano marcia e nel loro picco di carriera per il resto d’Europa è impossibile superarli.

 

Era una questione più che altro psicologica e in questo Beckenbauer era fondamentale. Era la sua squadra in tutto e per tutto. Forse, da questo punto di vista, l’esempio migliore è la semifinale contro il Saint-Etienne della stagione 1974-75. Le sfide tra la migliore squadra tedesca e la migliore squadra francese sono un classico di quel periodo e culmineranno con la finale 1975-76, quella della terza coppa bavarese (che porterà poi al suo secondo Pallone d’Oro). È nella stagione precedente, però, che si è visto in che modo Beckenbauer rendesse speciale quel Bayern.

 

L’andata in casa del Saint-Etienne viene giocata meglio dai francesi, ma il Bayern resiste e si chiude sullo 0-0. Al ritorno ci pensa il “Kaiser” a crearsi da solo il gol del vantaggio alla prima occasione da gol, così da mettere in chiaro i termini dell’incontro. Serviva un guizzo e non poteva che arrivare da Beckenbauer stesso.

 

 

Racconta sempre Johan Cruyff: «La migliore qualità di Beckenbauer era quella di saper prendere sempre la migliore decisione per la squadra. Franz, che era un calciatore fantastico, aveva una mente adatta a trovare sempre una soluzione. Un tipo intelligente. Io molte volte lo vedevo mandare un pallone in tribuna e mi dicevo: “Che strano, questo con la capacità che ha di giocare come ha fatto a calciare fuori e così lontano?”. Poi ore dopo riguardavi la partita, vedevi la situazione dei giocatori in campo e avevi la risposta: “Aveva ragione Beckenbauer, era la migliore cosa da fare”».

 

Nel gol del vantaggio riceve palla libero nello schema da calcio d’angolo, il primo della partita. In teoria dovrebbe stoppare e crossare da quella posizione, ma alzando la testa non vede nessun compagno libero in area e allora prende una decisione completamente controintuitiva che risulta però vincente. Utilizza l’esterno destro, prima nel controllo e poi nella conclusione. Una scelta anche di stile, dato che l’esterno era diventato un suo marchio di fabbrica.



Beckenbauer non è stato l’unico ad interpretare il ruolo di libero in chiave offensiva ed elegante. Negli stessi anni c’è ad esempio il cileno Elias Figueroa in Brasile e il giovane Scirea in Italia. Ma sicuramente è stato quello che ha raggiunto un picco tecnico e creativo che forse è irraggiungibile. Beckenbauer non è un libero che viene a giocare palla fino sulla trequarti in tranquillità, è un rifinitore che parte dalla linea difensiva per ordinare e innalzare la manovra. Un giocatore che ti permette di avere sempre un uomo in più a centrocampo con il talento per decidere una partita e allo stesso tempo di difendere in tranquillità il migliore attaccante avversario.

 

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Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987, per l'Ultimo Uomo scrive di calcio e basket. Cruyffista e socio del Barcellona, guarda forse troppe partite dell'Arsenal.