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Federico Aquè

Pogba è rinato

Con il passaggio da Mourinho a Solskjaer, il centrocampista francese sembra tornato quello di un…

Paul Pogba aveva visto dalla panchina l’ultima partita di José Mourinho da allenatore del Manchester United, una sconfitta per 3-1 ad Anfield contro il Liverpool dello scorso 16 dicembre. Per la terza volta di fila il centrocampista francese era rimasto escluso dai titolari in Premier League, una cosa che non gli capitava da inizio carriera, da quando cioè nel 2012 decise di lasciare lo United per firmare con la Juventus. In quel momento Pogba aveva 19 anni ed era solo un grande talento all’inizio del suo percorso di crescita. Alla Juve non ci mise molto a farsi notare e a trovare un posto in squadra, e dalla seconda stagione in bianconero non gli era più capitato di trovarsi fuori dai titolari per tre partite di fila per una scelta tecnica.

 

Nessuno aveva mai messo in discussione Pogba come stava facendo Mourinho nelle sue ultime settimane da allenatore dello United. Ancora prima che le cose precipitassero il rapporto tra i due era stato conflittuale e ricco di attacchi più o meno diretti, e sul finire della gestione di Mourinho la loro relazione sembrava ormai ai minimi termini. Il portoghese aveva tolto a Pogba i gradi di vice capitano dello United e non lo considerava più nemmeno un titolare. A dicembre la stagione dei “Red Devils” sembrava compromessa e la miglior rappresentazione dei loro problemi era il rapporto tra l’allenatore e il miglior giocatore della squadra.

 

L’esonero di Mourinho, in questo senso, si è rivelato un punto di svolta per la stagione dello United. Con Ole Gunnar Solskjaer, il sostituto del portoghese fino al termine della stagione, i “Red Devils” non hanno perso una partita e hanno raggiunto in meno di due mesi il quarto posto in Premier, che al momento dell’esonero di Mourinho era lontano 11 punti. Il simbolo di questa trasformazione è proprio Paul Pogba.

 

Le ragioni della rinascita

I numeri del centrocampista francese con Solskjaer sono semplicemente assurdi. In Premier nelle ultime nove giornate Pogba ha segnato 8 gol e dato 5 assist ai compagni. In tutto ha contribuito in maniera diretta a 13 gol: nessun altro giocatore nei cinque principali europei ha fatto meglio in questo periodo. E gli 11 gol complessivi segnati finora rappresentano già il record personale in un singolo campionato. Pogba è l’unico centrocampista in mezzo ai migliori attaccanti ed esterni offensivi della Premier: solo Agüero, Salah, Aubameyang, Kane, Hazard, Mané e Sterling hanno segnato più di lui. Escludendo quella contro il Newcastle, in tutte le partite di campionato con Solskjaer c’è la sua firma con un gol o un assist.

 

 

Alla radice di un cambiamento così evidente c’è il motivo forse più semplice. A inizio stagione Pogba aveva detto di non essere felice allo United, aggiungendo che un giocatore scontento non può dare il suo meglio. Intervistato dopo la vittoria per 1-0 sul Tottenham, a cui aveva contribuito con l’assist decisivo, un lancio millimetrico di almeno 40 metri per Rashford, Pogba descriveva così il suo momento di forma: «Mi diverto a giocare. Era difficile con la tattica che usavamo prima. A me piace attaccare, pressare, giocare alto». Forse non è una banalità dire che il rendimento di Pogba è cambiato perché è tornato a essere felice. Di certo non può spiegare in maniera profonda la sua trasformazione, ma sottolinea quanto sia importante per un allenatore la gestione dei rapporti con i giocatori. Gli equilibri all’interno di un gruppo di persone diverse, con personalità molto diverse tra loro, sono sempre instabili e saperli maneggiare è una parte fondamentale del lavoro di un allenatore. I contrasti tra Mourinho e Pogba ci hanno ricordato che quasi mai è una buona idea mettersi contro il miglior giocatore della squadra.

 

Il gol di Rashford (e l’assist di Pogba) da ogni angolazione.

 

Ovviamente dietro il rendimento di Pogba ci sono anche ragioni tattiche. Con Mourinho il francese doveva ravvivare una manovra che faticava a portare la palla avanti e che spesso si affidava ai lanci su Lukaku per arrivare nella trequarti avversaria. La prudenza dello United in possesso teneva Pogba piuttosto bloccato, dosando i suoi inserimenti e gli strappi con la palla per non sbilanciare la squadra, ma a limitare il suo rendimento erano più che altro le difficoltà a creare connessioni efficaci con i compagni.

 

La quantità di cose che sa fare Pogba rende il suo talento adattabile praticamente a ogni contesto. Alla Juve era un giocatore di strappi e accelerazioni e aveva un’influenza maggiore sulle fasi finali dell’azione che sulla costruzione. Nella Francia di Deschamps si è invece prevalentemente occupato di fare da collegamento tra la prima costruzione e gli attaccanti, fornendo un appoggio sicuro ai difensori e facilitando la risalita del campo con una verticalizzazione, associandosi ai compagni vicini o con un’accelerazione palla al piede. Pogba ha svolto questo compito poco appariscente con grande maturità, unendo una squadra che tende sempre a spaccarsi in due quando attacca.

 

Il problema non era quindi rappresentato tanto dal ruolo ma più che altro dai compiti richiesti da Mourinho e, più in generale, dal contesto tattico dello United. Pogba in Nazionale gioca principalmente da interno ed è fondamentale per far risalire il pallone, in questa stagione Mourinho lo ha invece quasi sempre schierato da mezzala nel centrocampo a tre, quella che in teoria sarebbe la sua posizione preferita. Con l’allenatore portoghese, però, sia che si occupasse di pulire l’inizio azione che di far avanzare la manovra giocando nella metà campo avversaria, Pogba doveva alzare di continuo il livello delle sue giocate per collegarsi ai compagni e illuminare una manovra che faceva una gran fatica a far arrivare la palla negli ultimi metri. Nascondere col talento problemi così profondi nell’organizzare attacchi efficaci era diventato impossibile anche per un giocatore col bagaglio tecnico di Pogba.

 

Dall’ultima partita giocata con Mourinho, in Champions League a Valencia. Pogba ha di fronte una linea avversaria ma davanti a lui si muove solo Mata. Alla fine è costretto a scaricare a destra, dove ci sono sia Valencia che Fellaini.

 

Solskjaer ha immediatamente dato una struttura più chiara alla fase offensiva dello United e ha messo da subito Pogba al centro della manovra, nella posizione di mezzala sinistra. In costruzione la squadra infatti si sbilancia dal lato del centrocampista francese, che ha attorno a lui una rete di compagni con cui può scambiare il pallone, mentre la fascia destra viene lasciata al terzino, che deve garantire una risalita del campo più diretta con un’iniziativa personale. Pogba può intervenire a inizio azione dando un appoggio ai difensori oppure occuparsi della manovra nella metà campo avversaria cercando di ricevere tra le linee.

 

Partendo dal 4-3-3 come sistema di base, dei tre centrocampisti il francese è il più libero di muoversi in avanti e inserirsi, mentre Herrera e Matic si preoccupano di dare stabilità alla squadra in caso di palla persa. L’equilibrio garantito dai due compagni alle spalle ha liberato la parte più creativa del talento di Pogba, una cosa di cui è consapevole lo stesso centrocampista francese: «Avere Herrera e Matic alle spalle mi aiuta. So che Matic sarà lì e che possiamo pressare alto, mentre io posso tirare, passare la palla… è questo che facciamo col nuovo allenatore. So di essere coperto alle spalle e sono libero».

 

Come la Francia di Deschamps, lo United di Solskjaer ama attaccare soprattutto in transizione ma spesso ha troppo talento in più dell’avversario e deve controllare la palla per la maggior parte del tempo. Contro avversarie di alto livello, però, i “Red Devils” preferiscono difendere a un’altezza medio-bassa per avere ampi spazi da attaccare dopo aver recuperato la palla. Il talento di Pogba è fondamentale in ogni contesto, che si tratti di rompere situazioni bloccate con una giocata o di sfruttare gli spazi aperti dai compagni, oppure di facilitare la risalita del campo quando gli spazi si allungano e lo United punta ad attaccare soprattutto in ripartenza. In quelle circostanze Pogba diventa letteralmente ingestibile per gli avversari, perché può far guadagnare molti metri con un solo passaggio o preoccuparsi di portare avanti la palla da solo in conduzione.

 

L’unica soluzione è buttarlo giù.

 

Inserito in una squadra più organizzata, che riesce finalmente a connettere e a sfruttare i suoi migliori talenti offensivi, Pogba sta dominando con una continuità mai avuta prima. Le sue statistiche hanno avuto un miglioramento impressionante rispetto alla prima parte della stagione: Pogba tocca di più la palla (55,5 tocchi per 90 minuti con Mourinho, 71 tocchi p90 con Solskjaer), arriva di più in area (2 tocchi p90 con Mourinho, 3,6 con Solskjaer), completa più passaggi (43,07 p90 con Mourinho, 55,77 con Solskjaer), crea più occasioni (1,14 p90 con Mourinho, 1,9 con Solskjaer) e tira di più (2,54 p90 con Mourinho, 4,12 con Solskjaer). Anche dal punto di vista qualitativo il suo contributo alle fasi di rifinitura e finalizzazione è eccezionale: la somma di xG e xA è passata da 0,5 p90 con Mourinho a 0,91 con Solskjaer. In pratica con i suoi tiri e gli ultimi passaggi Pogba crea in potenza un gol a partita.

 

Non possiamo sapere quanto durerà questo momento di forma così straripante, ma in ogni caso sarebbe sbagliato calibrare le nostre aspettative su Pogba sulla base di quanto sta facendo nelle ultime settimane, in cui l’idea che sia un giocatore in grado di risolvere ogni partita e la realtà non sono mai state così vicine. È lecito aspettarsi che prima o poi questo momento finirà e che anche lo United di Solskjaer dovrà affrontare dei periodi di crisi. Forse Pogba deciderà di concentrarsi sempre di più sul fare gol o dare l’assist decisivo per dimostrarsi all’altezza delle enormi aspettative che lo circondano da sempre, in realtà la grandezza del suo talento sta anche in dettagli meno appariscenti, nel fare sempre ciò che serve alla squadra senza per forza dover fare qualcosa di eccezionale ogni volta che tocca la palla. Ricordiamocene quando non avrà più medie da attaccante e tornerà a essere soltanto uno dei centrocampisti più forti della sua generazione.

 
 

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Federico Aquè ha collaborato con Sprint&Sport, Datasport e Sportmediaset.