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Alfredo Giacobbe

Orsolini è un trequartista o un finalizzatore?

Il punto su uno dei giovani talenti italiani più interessanti.

Riccardo Orsolini è uno dei calciatori che è cresciuto di più in questa stagione: miglior marcatore del Bologna con 8 reti (raggiunto solo all’ultima giornata da Santander), è stato anche il secondo miglior assistman della sua squadra, alle spalle del solo Palacio (rispettivamente 5 e 6 assist per i due). Numeri lusinghieri per un ragazzo di soli 22 anni, che hanno completamente cambiato la percezione che abbiamo di lui. Le domande che girano intorno all’exploit di un giovane calciatore sono le solite: le sue prestazioni recenti sono sostenibili nel lungo periodo? O meglio: ha compiuto un salto o è destinato a tornare sui suoi livelli precedenti? Inoltre, cosa c’è dietro alle cifre più vistose, cioè al di là dei gol e degli assist?

 

Da dove viene Orsolini

Orsolini è cresciuto nell’Ascoli, la squadra della sua città natale, esordendo  in prima squadra nella coda della stagione 2015/16, per un totale di 680 minuti in Serie B. Ha messo subito in mostra una buona tecnica con entrambi i piedi e una discreta duttilità tattica, anche se da subito ha affermato che il suo ruolo preferito era quello di ala a piede invertito che parte da destra. Nel 2017 è salito alla ribalta delle cronache perché a gennaio la Juventus lo ha acquistato per una cifra che si aggirava intorno ai 6 milioni di euro, poi a maggio ha terminato il suo primo campionato completo tra i professionisti con 8 gol e 6 assist (in 2773 minuti), sempre con l’Ascoli in B. A giugno di quello stesso anno è finito terzo con l’Italia al Mondiale Under 20, fregiandosi del titolo di capocannoniere del torneo con 5 reti.

 

Con queste premesse, il salto di categoria nella stagione 2017/18 era pressoché obbligato, anche se la sua prima stagione in Serie A è stata eufemisticamente interlocutoria: la Juventus lo ha girato prima all’Atalanta e poi al Bologna, e in totale ha collezionato 16 presenze, entrando dalla panchina 3 volte su 4. Gasperini, prima, e Donadoni, poi, hanno provato a utilizzarlo sia nel tridente d’attacco che come esterno a tutta fascia.

 

Anche questa stagione era cominciata così così: Filippo Inzaghi lo ha utilizzato per lo più come supersub – da agosto a febbraio ha disputato 90 minuti interi solo contro il Torino – in un impianto di gioco scelto che creava problemi intorno al suo impiego: nel 3-4-1-2, che non prevede ali, Orsolini ha giocato da punta, da trequartista, da mezzala e da esterno a tutta fascia, senza mai trovare però la piena efficacia.

 

Il cambio di contesto

La stagione di Orsolini è decollata, come quella di tutto il Bologna, con l’arrivo di Sinisa Mihajlovic. L’ascolano ha sì ritrovato la sua collocazione naturale nel 4-3-3, ma tutto il Bologna ha assunto un atteggiamento più intraprendente: con il cambio di guida tecnica, il baricentro dei rossoblu si è alzato da 44,1 metri di media a partita a 46,5 metri; i recuperi palla nella metà campo avversaria sono passati da 10,8 a 12,6 a partita; la pericolosità offensiva dei felsinei, misurata dagli Expected Goals, è salita da 1,07 xG a 1,45 xG di media a partita.

 

L’andamento in stagione dei gol (in verde) e degli Expected Goals (in nero) di Riccardo Orsolini.

 

Come si vede bene dal grafico, l’impennata nella pericolosità offensiva e nei gol di Orsolini, che è passato dal generare 0,24 xG e 0,26 gol ogni 90 minuti con Inzaghi in panchina, a 0,31 xG e 0,43 gol ogni 90 minuti con Sinisa Mihajlovic, è più che evidente.

 

 

In termini relativi, confrontando cioè le sue prestazioni con quelle del resto dei compagni di squadra, Orsolini è stato il secondo contributore del Bologna in termini di gol, dietro a Mattia Destro, e il quarto in termini di Expected Goals per 90 minuti, dietro sempre a Destro, a Santander e Edera. Le prestazioni di Destro e Edera sono state in qualche modo gonfiate dal basso minutaggio (rispettivamente 545 e 207 minuti), quindi la prestazione di Orsolini, 2049 minuti di Serie A quest’anno, è da considerarsi molto buona.

 

Anche ciò che Orsolini ha prodotto per gli altri, non solo quello che ha generato da sé, è leggermente superiore alle attese statistiche: i suoi assist sono arrivati con una frequenza di 0,18/p90, una cifra più alta dei suoi Expected Assists che ammontano a 0,11/p90. Il che rende Orsolini il quinto contributore bolognese per assist e il settimo per Expected Assists.

 

È interessante che da questi dati potremmo pensare che Orsolini, nell’economia del gioco della sua squadra, si sia fatto preferire come finalizzatore puro, piuttosto che come rifinitore.

 

 

Orsolini finalizzatore?

I dati sulla presenza di Orsolini in area di rigore e nella trequarti avversaria sembrano confermare questa ipotesi: tra i giocatori del Bologna, è ottavo per numero di tocchi palla in area avversaria (2 tocchi ogni 90 minuti); mentre è tredicesimo per numero di passaggi riusciti negli ultimi 30 metri (6,7/p90).

 

Per quanto riguarda la progressione della palla, soprattutto nella fase iniziale della stagione, il Bologna si è appoggiato molto alle corse di Mbaye e Dijks sulle fasce e ai lanci lunghi di Pulgar. Orsolini preferisce ricevere palla sui piedi, piuttosto che sulla corsa o sopra la propria testa, e nonostante un contesto inizialmente sfavorevole è riuscito comunque a rendersi utile: la sua media di metri guadagnati in avanzamento, con un passaggio o una corsa, non è la più alta tra tutti ma, ad esempio, è superiore a quella di Palacio.

 

Se la qualità tecnica di Orsolini non è in discussione, la qualità delle scelte che fa, che vanno sotto il cappello della tattica individuale, non sono ancora ad un livello di eccellenza.

 

Orsolini spesso indugia con la palla tra i piedi, nonostante abbia la possibilità di uno scarico che permetta alla squadra di guadagnare campo. Oppure lancia il pallone in un corridoio, dove il compagno non ha ancora dettato il passaggio. Commette anche qualche errore di troppo, fidandosi troppo delle sue doti tecniche, ad esempio quando serve il pallone di prima a un compagno senza un controllo aggiuntivo, per anticipare il tempo della giocata anche quando non ce ne sarebbe bisogno.

 

Al contempo, quando ha la possibilità di rientrare sul sinistro, col movimento in profondità della punta che abbassa la difesa a creargli spazio, la varietà delle opzioni presenti nel suo bagaglio tecnico lo rende imprevedibile. Orsolini ha un ottimo tiro dalla distanza, e riesce spesso a creare un’azione pericolosa quando può servire l’esterno o il terzino opposti che tagliano alle spalle dell’ultimo difensore avversario.

 

Un ultimo dato interessante da citare riguarda il record negativo che Orsolini ha sui dribbling: quest’anno ne ha tentati 3,3 ogni 90 minuti, ma ha saltato l’uomo solo nel 42% dei casi. Non è quindi uno specialista alla Boga (7,8 dribbling tentati/p90 con il 65% di successo) o alla Douglas Costa (6,8 dribbling tentati/p90 con il 65% di successo). I suoi avversari conoscono la sua preferenza di piede e ormai lo chiudono sul sinistro. Orsolini è abile a saltare l’uomo su entrambi i lati, ma sa benissimo che non riesce a creare pericoli col destro tanto quanto riesce a fare col sinistro. Quando poi riesce a procurarsi lo spazio dal lato del piede debole, l’assistenza è spesso o rasoterra o lenta a campanile, finendo per essere spesso respinta dalla difesa.

 

Sia chiaro, la qualità del calcio di Orsolini col destro, un fondamentale che ha costruito in allenamento, è molto buona, soprattutto quando tira più che quando passa. Risulta solo un po’ più prevedibile rispetto a quando riesce ad entrare nel campo.

 

Il confronto tra i gol e gli xG di Orsolini e quelli dei suoi coetanei europei impiegati nello stesso ruolo.

 

Orsolini ha superato di poco i 2400 minuti di Serie A in carriera e ogni tentativo di tracciare un bilancio oggi è fondamentalmente inutile. Le prestazioni di questa stagione gli sono bastate per saltare sopra al livello dei suoi coetanei europei, ma una sola buona stagione non può dirci se Orsolini sia effettivamente un giocatore superiore alla media. Ci ha detto però che nel futuro prossimo dovrà prendere una scelta, che non è solo sulla posizione da cui partire ma sul tipo di giocatore che vorrà diventare.

 

Per le impressioni che abbiamo tratto quest’anno, non solo dal punto di vista statistico, sembrerebbe che Orsolini sia un giocatore poco associativo. Un calciatore che partecipa meno alla costruzione del gioco rispetto ad altri compagni, con la smania di essere determinante. Questo lo porta a prendersi determinati oneri in fase di finalizzazione e anche dei rischi nei duelli individuali. Come ogni calciatore, se il contesto tattico in cui è inserito è favorevole, riesce a dare il meglio di sé, per questo probabilmente ad Orsolini tornerebbe utile un’altra stagione in una realtà come Bologna, che lo consideri centrale nel suo progetto, e che gli permetta, attraverso una continuità nel minutaggio, di consolidare gli aspetti brillanti del suo gioco e di migliorare la sua tattica individuale nelle diverse zone del campo.

 

 

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Alfredo Giacobbe è nato a Napoli, dove vive, scrive e lavora. Ha contribuito all'antologia "Rivali" (Einaudi, 2022) e ha scritto "Michael Schumacher, l'uomo dietro la visiera" (66thand2nd, 2023).