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Michel Platini e i dubbi sul sistema FIFA
21 giu 2019
21 giu 2019
Platini è stato fermato dalla polizia francese per alcune domande sull'assegnazione del Mondiale del 2022.
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Lo scorso 5 giugno, dopo essere stato rieletto presidente della FIFA per acclamazione, perché nessun altro candidato si era proposto, Gianni Infantino ha dichiarato soddisfatto alla platea: «Abbiamo completamente cambiato le cose. La FIFA è passata dall’essere tossica, quasi criminale, a quello che dovrebbe essere: un’organizzazione che tiene al calcio e si impegna a svilupparlo».

 

Poche ore dopo, il vicepresidente della FIFA, Ahmad Ahmad, presidente anche della CAF (la confederazione africana di calcio),

a Parigi dalla polizia francese per alcune domande sull’accusa di corruzione rivoltagli dall’ex segretario generale della CAF, Amr Fahmy, che aveva portato anche all’apertura di un dossier da parte del comitato etico della FIFA.

 

In particolare, Ahmad era stato accusato di:


 


 


 


 

In quel caso la FIFA, in un comunicato ufficiale, si era detta “non al corrente dei dettagli che riguardano le indagini e quindi non nella posizione di fare commenti al riguardo nello specifico”.

 

Se ho citato il caso di Ahmad non è solo per l’ironia del caso, che lo ha fatto esplodere un giorno dopo le parole enfaticamente positive di Infantino, ma perché ci permette di distinguere due punti fermi che ci saranno utili più avanti: da una parte l’eventuale responsabilità penale del soggetto, che non possiamo conoscere nel dettaglio non avendo accesso alle motivazioni che hanno portato la polizia francese a fermare Ahmad, e che non va scambiata con le accuse già citate (quelle, per l’appunto, sono solo accuse); dall’altra, però, la responsabilità politica della FIFA e di Gianni Infantino, che era stato molto vicino ad Ahmad, permettendogli di arrivare alla presidenza della CAF. Senza dimenticare che la confederazione africana era stata

per la sua elezione a presidente della FIFA al primo mandato, e che proprio ieri è stata commissariata dalla FIFA per almeno sei mesi proprio per lo scandalo riguardante Ahmad.

 




Un conto è la corruzione vera e propria, che riguarda responsabilità penali individuali, un altro conto però è considerare la gestione della FIFA da parte di Infantino e la logica di potere che lo ha portato a circondarsi di figure poco trasparenti per avere i voti necessari.

 



Queste due coordinate sono fondamentali anche per muoverci all’interno del caso riguardante Michel Platini, che martedì scorso è stato fermato e trattenuto per circa 24 ore dalla polizia francese, per dei chiarimenti riguardo al suo ruolo nell’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022, e dell’Europeo del 2016.

 

In particolare, a Platini

di quel famoso incontro tenutosi all’Eliseo nel 2010, un mese prima dell’assegnazione dei due Mondiali in questione, quando l’ex numero 10 francese faceva ancora parte del Comitato Esecutivo della FIFA, ovvero l’organo che avrebbe deciso a chi sarebbero andate quelle due edizioni della Coppa del Mondo. A quell’incontro, oltre all’allora presidente francese Sarkozy e alla sua consigliera Claude Guéant (anche lei fermata martedì), era presente l’attuale emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani, e il suo primo ministro, Sheikh Hamad bin Jassim.

 

Secondo alcuni giornalisti su più fonti, molte delle cose avvenute dopo sarebbero ricollegabili a ciò che avvenne durante quell’incontro.

 

In primo luogo, ovviamente, la decisione di votare per il Qatar per il Mondiale del 2022. Secondo quanto dichiarato da Blatter in

, Michel Platini cambiò totalmente idea dopo quella riunione, dato che, secondo l’ex presidente della FIFA, il piano iniziale era quello di votare per l’assegnazione dei Mondiali del 2022 agli Stati Uniti. «Non sono più dei tuoi perché mi è stato detto dal capo di Stato di considerare la situazione della Francia», avrebbe dichiarato Platini a Blatter, anche se l’ex stella francese ha sempre smentito.

 

Secondo la stessa teoria quell’incontro servì anche a sbloccare una serie di investimenti qatarioti in Francia negli anni successivi, non solo nel mondo dello sport. Ci si riferisce all’acquisto del PSG da parte del fondo d’investimento sovrano del Qatar, ma anche l’acquisto dei diritti TV della Ligue 1 da parte di beIN (emittente televisiva diretta da Nasser Al-Khelaifi, che è anche presidente del PSG, e di proprietà dello stesso fondo) e ad affari al di fuori del mondo del calcio, come

di 50 Airbus da parte di Qatar Airways.

 

Ma se sull’eventuale responsabilità penale di Platini bisognerà aspettare di sapere qualcosa di più dalle inchieste francesi, si può già da oggi ragionare sulle responsabilità politiche della FIFA. L’organizzazione che gestisce il calcio a livello globale può coprirsi dietro al paravento di aver allontanato Platini già nel 2015 con una squalifica di quattro anni (in quel caso per un pagamento di circa due milioni di dollari ricevuto da Blatter), ma è indubbio che Infantino non abbia mai rappresentato una rottura netta con il passato, tanto più con Blatter e Platini, di cui invece rappresenta il naturale successore.

 



Il Presidente della FIFA ha puntato fortissimo sul Mondiale del 2022, proponendo addirittura di anticipare

(inizialmente previsto per quello del 2026, come è ancora al momento) in modo da includere il principale competitor del Qatar, l’Arabia Saudita, all’interno dell’organizzazione.

 

Una mossa con cui Infantino non solo voleva

in grado di risolvere la crisi che sta coinvolgendo i due Paesi, ma anche attrarre

di puntare sul soft power sportivo, con grandi investimenti annessi.

 

Se tutto questo non vi suona nuovo è perché non è molto lontano da quello che fecero Blatter e, in misura minore, Platini nel 2010, quando la volontà del Qatar di investire sullo sport era ancora agli albori. E d’altra parte la stessa idea di trasformare i Mondiali e gli Europei in grandi manifestazioni regionali, ospitate da più paesi, fu originariamente di Platini (che ideò l'Europeo itinerante del 2020) ma viene messa in pratica solo in questi anni da Infantino, che era il suo vice alla UEFA.

 




Certo, è vero che Infantino ha promosso delle timide riforme in favore della trasparenza (togliendo ad esempio potere al comitato esecutivo, oppure rendendo accessibili alcuni documenti interni della FIFA tra cui alcuni stipendi dei dirigenti), ma il caso Ahmad dimostra che la FIFA ha ancora molta strada da fare prima di trasformarsi in qualcosa di diverso da un’organizzazione troppo facile da corrompere, come è emerso dal celebre

(il documento interno alla FIFA, reso pubblico nell’estate del 2017, senza cui le inchieste su Blatter e Platini forse non sarebbero mai state possibili).

 

E quindi il fermo di Platini più che farci appassionare alla sua personale vicenda giudiziaria, dovrebbe finalmente sollevare alcuni interrogativi sulla strada intrapresa dalla FIFA ormai da quasi mezzo secolo, con Havelange, Blatter e adesso Infantino. E cioè: fino a che punto è possibile conciliare il processo di globalizzazione del calcio con la necessità di correttezza e trasparenza di un’organizzazione che gestisce centinaia di milioni di euro ogni anno e su cui sono riposte le aspettative di centinaia di milioni di tifosi?

 

Siamo disposti ad assumerci i rischi che comporta l’organizzazione di competizioni sportive con Paesi non democratici, animati da secondi fini? Quanta corruzione è accettabile affinché il calcio sia giocato e visto in tutto il mondo?

 

In fondo anche il Mondiale del 2006 è stato seguito da uno scandalo

. Anche per questo è difficile dare una risposta netta a questo dilemma. Certo la corruzione va condannata, ma siamo anche tutti d’accordo che sia giusto che il calcio superi sempre di più l’eurocentrismo. Platini diceva di aver scelto il Qatar per dare al mondo arabo la possibilità di ospitare il Mondiale per la prima volta. Magari le sue erano dichiarazioni di facciata, scuse improbabili per nascondere un tornaconto personale, ma probabilmente ai milioni di tifosi arabi che il Qatar inevitabilmente rappresenta questo non interessa davvero.

 

 

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