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Cosa cambia col Mondiale a 48 squadre
11 gen 2017
11 gen 2017
Il calcio per Nazionali non sarà più lo stesso.
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«Il calcio è molto più che solo Europa e Sud America. Il calcio è globale». È con queste parole che Gianni Infantino ha presentato l’espansione della Coppa del Mondo a partire dal 2026 da 32 a 48 squadre,

ieri dal Consiglio della FIFA all’unanimità. In questo modo Infantino si è posto prepotentemente come punto d’arrivo nel processo di globalizzazione dei Mondiali, partito con Havelange nel 1982 (quando si passò da 16 a 24 squadre) e passato per Blatter nel 1998 (da 24 a 32).

 

 





Infantino ha in questo modo confermato

precedenti alla sua elezione, e cioè che non rappresentasse affatto una rottura col passato, se si escludono questioni culturali della nostra epoca come la trasparenza e la lotta alla corruzione. Le motivazioni finanziarie e politiche che spingevano Havelange e Blatter ad aumentare le partecipanti alla Coppa del Mondo sono le stesse che spingono oggi Infantino a fare lo stesso, in maniera semmai ancora più radicale.

 

Sedici squadre in più vuol dire più partite da disputare (80 invece di 64) e quindi anche più diritti TV, biglietti, pubblicità e merchandising da vendere. La FIFA, per intenderci,

in un miliardo di dollari l’aumento d’entrate totale, per un profitto di circa 640 milioni. Un flusso di denaro enorme che si dirigerà soprattutto verso piccole federazioni che fino a oggi non potevano nemmeno ambire ad avere la speranza di accederci. Quelle stesse piccole federazioni che a febbraio hanno sbriciolato il fronte del consenso dello sceicco Salman, il principale avversario alle elezioni di Infantino, dato per favorito prima del voto.

 

È questo il punto di contatto tra la questione finanziaria e quella politica. Infantino è riuscito a vincere le elezioni promettendo un fiume di denaro (la promessa era: 5 milioni in quattro anni a tutte le federazioni nazionali; 40 milioni in quattro anni a tutte le confederazioni regionali; un milione in quattro anni per le spese di viaggio delle federazioni più bisognose; 4 milioni in quattro anni per ogni associazione regionale giovanile) che ha trovato proprio nell’espansione del Mondiale a 48 squadre. D’altra parte Infantino

: «I soldi della FIFA sono i vostri soldi». Quello che rimane ancora da decidere è dove questo fiume si dirigerà.

 

 



 

La FIFA non ha ancora annunciato a quali confederazioni verranno assegnati i nuovi sedici slot disponibili dal 2026 (nel comunicato ufficiale si legge che verranno decisi entro maggio). In questo senso, bisogna tornare sulle parole di Infantino di ieri. Che non facevano riferimento solo all’egemonia culturale di Europa e Sud America su questo sport, ma anche, forse, ai probabili perdenti in questa partita.

 

UEFA e CONMEBOL, la confederazione europea e sudamericana, al Mondiale sono infatti già sovrarappresentate (attualmente detengono un massimo di 19 posti su 32, cioè praticamente il 60% del totale) e saranno sostanzialmente escluse dal processo d’espansione (a parte forse la UEFA, che chiede 16 posti invece degli attuali 13). I sedici nuovi posti, quindi, andranno quasi nella loro totalità a tre confederazioni: l’AFC (asiatica), la CAF (africana) e la CONCACAF (Nord America, Centro America e Caraibi), cioè quelle che erano ufficialmente dalla parte di Salman prima delle elezioni di febbraio, ma che al momento del voto gli hanno tolto la terra sotto i piedi.

 

L’AFC, ad esempio, secondo alcune simulazioni potrebbe quasi raddoppiare i propri posti al Mondiale (da un massimo di 5 a 8), il che significherebbe, tra le altre cose, possibilità raddoppiate di qualificarsi per Qatar e Cina. In questo senso, potrebbe aver avuto il suo peso anche l’accordo che il gruppo Wanda, mega conglomerato cinese che ha iniziato ad investire nello sport, ha firmato con la FIFA nel marzo dell’anno scorso, diventandone il primo sponsor cinese.

 

Ma, più di tutte, la vera vincente in questo processo d’espansione sarà con ogni probabilità la CONCACAF, uno degli epicentri di corruzione principali del caso Blatter. Oltre a una rappresentazione al Mondiale quasi raddoppiata, infatti, la CONCACAF otterrà molto probabilmente anche il diritto ad ospitare il Mondiale del 2026, dopo che Stati Uniti, Canada e Messico hanno deciso di unificare la propria candidatura (Trump

) per compiacere Infantino, che nel suo programma predicava Mondiali regionali anziché nazionali.

 

Non è una sorpresa, quindi, che la UEFA, che alle elezioni di febbraio ha appoggiato Infantino ufficialmente, abbia preso questa espansione in maniera piuttosto fredda. Nel suo

, l’organizzazione guidata da Ceferin ha fatto sapere di aver sostenuto il nuovo formato solo perché “era chiaro che tutte le altre confederazioni fossero in grande maggioranza a favore” e inoltre si è detta “soddisfatta di essere riuscita a posporre la decisione finale riguardo all’allocazione degli slot per ogni confederazioni nel futuro formato della Coppa del Mondo”. Una battaglia che forse, quindi, spera ancora di poter vincere.

 

Chi l’ha presa ancora peggio, se possibile, è il mondo dei club e delle leghe europee. L’ECA (la European Club Association, l’organizzazione che riunisce i principali club europei) ha rilasciato

molto duro, in cui si dice contraria al nuovo formato, che ritiene non necessario e basato su “ragioni politiche più che sportive”. Il presidente della Liga, Javier Tebas, ha addirittura

che il campionato spagnolo impugnerà la decisione della FIFA davanti ai tribunali sportivi di Bruxelles e Nyon. Una decisione, nelle parole di Tebas, che pregiudica il mondo del calcio professionistico.

 

 





È ancora poco chiaro perché club e leghe europee si stiano opponendo a questo nuovo formato così duramente. Il Mondiale infatti non comporterà partite aggiuntive per le nazionali (il massimo di partite disputabili è rimasto a sette) e per adesso non è previsto nemmeno nessun cambiamento nel processo di qualificazione. «Il messaggio chiave dai club, che apprezzo pienamente, è sempre stato di non toccare il calendario, le date della Coppa del Mondo e l’onere per i giocatori: abbiamo esaudito tutte queste richieste»,

Infantino alla BBC.

 

Nonostante ciò, è evidente che l’espansione del Mondiale a 48 squadre crea una frattura probabilmente insanabile tra il calcio delle nazionali e quello dei club. Se i club, con la riforma della Champions League appena approvata e le prospettive di Superlega in vista, stanno andando sempre più verso un calcio per poche grandi squadre di altissimo livello in modo da offrire uno spettacolo televisivo e reale sempre migliore, le nazionali, invece, stanno intraprendendo il cammino opposto, allargando la platea delle partecipanti per aumentare l’offerta a scapito della qualità.

 

Il nuovo formato, infatti, prevede una gara in meno nella prima fase a gironi rispetto ad adesso (cioè due partite a squadra anziché tre), il che vuol dire ancora meno tempo per esprimere un’idea di calcio e aumento esponenziale del peso dei singoli casuali eventi sui risultati finali. Se ciò non bastasse, la FIFA ha anche fatto sapere di star valutando l’inserimento dei rigori obbligatori in caso di pareggio nella fase a gironi, perché con solo tre squadre aumenta anche la possibilità di “biscotti” e altri accordi poco trasparenti tra le squadre.

 

In questo modo, però, aumenterebbero ulteriormente le chance di passare il turno delle piccole squadre, che potrebbero puntare esclusivamente sui rigori per trasformarsi in sorprese. D’altra parte, lo stesso Infantino ha fatto gli esempi di Costa Rica al Mondiale 2014, e Galles e Islanda all’Europeo del 2016 per difendere la riforma: tre squadre che non hanno espresso esattamente un calcio moderno, ma che hanno comunque riempito i giornali attraverso la retorica della favola.

 

Se dovessimo comparare le competizioni per club e quelle per nazionali a delle serie TV, potremmo dire che mentre le prime hanno deciso di investire su sceneggiature complesse e attori di primo livello, le seconde hanno invece puntato tutto su upset e colpi di scena a ripetizione. Gli spettatori forse continueranno a vedersi tutti e due i tipi di serie con la stessa passione, ma l’evoluzione del genere andrà avanti solo da una parte.

 

 

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