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Mattia Pianezzi

Mario Mandzukic è davvero cattivo?

Mandzukic è il "cattivo" della nostra Serie A, ma è un'immagine autentica o costruita?

È innegabile che Mario Mandzukic sia uno dei feticci del nostro campionato e che difficilmente si possa ricordare la Serie A di questi ultimi anni senza di lui: per la sua militanza nelle fila della squadra più amata e più odiata d’Italia, per la difficoltà che avremmo nel dimenticare un uomo di un metro e novanta che interpreta il ruolo di esterno travolgendo terzini, ma soprattutto per la forza mediatica di un personaggio non comune. Mandzukic ormai, nel bene e nel male, per chi lo tifa e per chi lo odia, è uno dei simboli della Serie A, il nostro personaggio cattivo preferito, che lui stesso alimenta con atteggiamenti da duro dei cartoni animati dentro e fuori dal campo.

 

A parte le cattiveria agonistica, che si presume sia la stessa che hanno tutti quelli che calcano i campi da gioco e non ci sia nulla di propriamente cattivo, Mandzukic ha un nugolo di fan/hater che arrivano proprio dal suo stile di gioco brutalista e della sua personalità spigolosa, che nel pensiero collettivo vanno a braccetto. Persino Buffon ha condiviso un meme mandatogli dai fan che dice: “Quando per sbaglio finisci in mezzo a una rissa/ Ma se in giro insieme a Mario Mandzukic”.

 

Persino la notizia finta della presunta rissa tra Bonucci e Alves durante la finale di Cardiff, era nata da un’intervista del croato inventata di sana pianta, che però conferma come la nostra idea di Mandzukic sia quella di un tipo tutto d’un pezzo, burbero, un Vin Diesel dello spogliatoio attento alle cose importanti mentre le primedonne litigano per le piccolezze. 

 

Questa idea non è passata inosservata al marketing della Juventus e al social media manager di Mandzukic, che hanno creato e cavalcato una campagna social apposita: tutta la storia del #NoGood si basa su un misto di realtà ed esagerazione, raffigurando Mandzukic come un uomo senza sensibilità, freddo e distaccato.

 

 

Mandzukic è stato eletto per due anni di fila dalla redazione di Ultimo Uomo come calciatore che più volentieri ti porteresti in una rissa, ma è vero anche che se la Juventus è riuscita a usare questi tratti del suo personaggio per una campagna di marketing in fondo in fondo non può essere tutto vero. I veri cattivi, in teoria, non sono commerciali. Quindi, al di là delle costruzioni mediatiche, la domanda è: Mario Mandzukic è veramente cattivo o lo disegnano così?

 

Ipotesi numero 1: Mandzukic è cattivo

Per indagare la reale cattiveria di Mario Mandzukic la prima cosa da chiedersi è se è cattivo con gli altri. Il croato ha una lunga storia di imbruttite intense e comportamenti sul campo che ballano sul limite sottile tra l’agonismo, la provocazione e lo sbrocco. E alcune volte ha passato il limite.

 

Quando giocava nelll’Atletico Madrid – una squadra che forse ha contribuito a plasmare il suo carattere spigoloso -Mandzukic ha pensato bene di minacciare i giocatori più comunemente additati come antipatici della Liga spagnola. Una sorta di inconsapevole operazione simpatia. A gennaio del 2015 l’Atletico è al Camp Nou e Mandzukic si scontra ripetutamente con Sergio Busquets. Gli tira l’orecchio e, dopo che lo spagnolo reclama e ottiene un fallo, prova a forzarlo ad alzarsi. Busquets si ribella agitandosi e Mandzukic che sembra uno scoglio millenario inamovibile, ma in realtà la faccia gli diventa rossa come se tutto il sangue gli fosse andato al cervello e sembra più arrabbiato che mai. I calciatori di entrambe le squadre si impegnano per tenerlo fermo.

 

 

Mandzukic ha poi un rapporto particolarmente turbolento con Sergio Ramos – ma d’altronde, se non sei madridista, come potresti non averlo? Già ai tempi del Bayern il croato e lo spagnolo non erano amici per la pelle. Ad aprile del 2015, durante i quarti di finale di Champions League tra l’Atletico e il Real Madrid i due sono spesso venuti a contatto e si sono punzecchiati ripetutamente a parole prima, con spinte e piccole gomitate poi, fin quando Ramos ha sgravato e gli ha messo un gomito nel sopracciglio, unico punto debole di un Mandzukic che altrimenti sembra composto di lega d’acciaio. Nella stessa partita Mandzukic ha litigato anche con Carvajal, accusato dalla stampa di aver morsicato il croato durante una trattenuta a gioco fermo (smentita arrivata in ordine dai canali ufficiali di Carvajal – non ho morsicato nessuno – e da Manduzkic – nessuno mi ha morsicato). Gli alterchi col numero 4 dei blancos sono continuati nella finale di Champions League del 2017, con Ramos che si lamenta di qualcosa e Mandzukic che lo sovrasta urlando “WHAT?”.

 

Foto di Michael Regan / Getty Images.

 

Quando la temperatura in campo si alza, non è Mandzukic quello che la farà abbassare. Dalla Champions League abbiamo una collezione preziosa di imbruttite che potevano sfociare in momenti ben peggiori: lui che guarda così male Lewandowski da gravitargli addosso fino a tirargli una testata; lui che imbruttisce Messi, lo spintona dopo un tentativo di riappacificamento un po’ gaglioffo e nella stessa partita spinge via Piquè con fare da gangster; lui che guarda malissimo Glik dopo un pestone dello stesso ad Higuain.

 

Poi beh, sì, c’è quel caso del saluto nazionalista croato dopo l’assoluzione di un paio di criminali di guerra, e della foto con un ex generale abbastanza controverso della guerra per l’indipendenza della Croazia ma qui si va su un campo minato di ideologie e trame di cui non chiederei conto a Mandzukic.

 

Adesso però chiediamoci: Mandzukic è cattivo con i suoi compagni? Beh, pure.

 

C’è un’intervista di Mandzukic in cui in generale sembra buono ma tira in mezzo alcune frasi di cui nessuno che l’ha visto giocare può fidarsi. Ad esempio dice che non è un robot, che è esattamente la frase che direbbe un robot cattivo che non volesse farsi scoprire; poi gli viene chiesto se è la sua aria da cattivo a far pensare che non abbia un cuore, dietro la sua armatura metallica; lui risponde secco, probabilmente imbruttendo il giornalista: «Ma no, sono “cattivo” solo sul campo», che poi è un’altra delle frasi che direi se fossi davvero cattivo cattivo e volessi nasconderlo.

 

Sull’aereo per Doha, in cammino verso la supercoppa italiana, Evra prova a coinvolgere Mandzukic nel suo mondo social molto pazzo, fatto di una positività che Mandzukic non può condividere: in un video dall’aereo il francese prova a fargli dire “I love this game”, prova a farlo ridere insieme a Khedira, ma Mandzukic è inamovibile. Cede poi, dice “of course I love this game, but no good”, che tradotto al di là degli hastag, sembra voler dire “of course I love this game ma lasciami in pace Patrice che voglio ascoltare la mia playlist di death metal mentre penso ai regali di Natale”. Ok, Mandzukic ci fa, ma sembra che ci sia anche.

 

In partenza per la tournée estiva del 2017, la Juventus ammaccata da Cardiff non vede l’ora di riprendere il suo cammino. Sull’aereo Benatia è seduto vicino a Pjanic e inizia una diretta video Instagram sciocca; Mandzukic li becca sull’app e commenta subito per fermare la troppa gioia dell’aeromobile con un’esortazione forse troppo brutale per usarla con dei compagni di squadra che, si presume, siano anche un po’ tuoi amici: «Stop this circus».

 

 

In questo senso Mandzukic è il perfetto generale di campo di un allenatore come Allegri, che oltrepassa la linea tratteggiata dell’area tecnica per sgridare i suoi giocatori che esultano troppo. Solo pochi giorni fa, poi, durante la finale di Coppa Italia con il Milan ha mostrato zero compassione o riconoscenza per il suo ex-compagno di squadra, Leo Bonucci, scanzando il suo abbraccio come se si trattasse di un appestato, un appestato che se non sta molto attento potrebbe anche venire pestato. Chi tratta così un ex-compagno che ha vissuto un anno difficile? A cui probabilmente manchi?

 

L’escalation di cattiveria coi suoi compagni però ha avuto un climax di bullismo negli spogliatoi dopo il match con l’Empoli di febbraio 2017. La malvagità in questo gesto non sta nella “punizione” ad un Asamoah vanesio che guarda quanto gli sta bene la giacca (abbastanza bene), quanto nel rapidissimo e preciso calcolo che deve fare Mandzukic per capire come può fare più male possibile ad Asamoah muovendosi il meno possibile; con un colpo praticamente da biliardo colpisce una delle due scatole di plastica dura (credo durissima) che colpisce a sua volta l’altra scatola e prende Asamoah direttamente dove fa più male, ovvero in mezzo allo stinco, dove ti esce quel livido che non se ne va più per un annetto buono; questa è la versione Mandzukic del far camminare tuo fratello piccolo sopra i mattoncini Lego.

 

 

 

 

Ipotesi numero 2: Mario Mandzukic è buono

Esiste però una forza uguale e contraria che fa pensare che quella di Mandzukic sia solo la scorza, il guscio di una gustosa noce di bontà, o almeno di simpatia. Oppure che sia soprattutto un’operazione di branding. Anche solo il fatto che Mandzukic sia disposto non solo a scherzarci sopra ma a metterla a profitto suo e della società mostra grande auto-ironia, e l’auto-ironia difficilmente è una caratteristica degli insensibili.

 

Mandzukic dimostra un discreto attaccamento ai suoi compagni di squadra, o quantomeno un rispetto generale per tutto ciò che non lotta contro di lui (e quindi è suo alleato) che, se è possibile, lo rende ancora più un antieroe. Dopo la notizia falsa della rissa nello spogliatoio di Cardiff, creduta vera da molti proprio per questa sua attitudine, Mandzukic ha pensato bene di smentirla con un post su Instagram molto mandzukic. Il croato ha riservato lo stesso trattamento a Tuttosport, reo di aver parlato di una sua recente avversione al sacrificio, sostanzialmente accusandolo di non essere più il solito Mandzukic. La risposta è stata secca, certo, e beffarda, ma da buono.

 

Anche nel suo rapporto con la Croazia ci sono degli aspetti relativamente positivi: a parte l’aver donato sei tonnellate di viveri alla regione della Slavonia quando nel 2014 è stata colpita da un’inondazione, Mandzukic è un faro della sua Nazionale per cui sembra spendersi come se non di più di quanto faccia per i propri club, in passato ha fatto da garante nell’affare Vrsaljko all’Atletico Madrid ed è molto amico di Modric, in generale è sempre contento di tornare nel gruppo della nazionale a scacchi.

 

Anche con alcuni juventini Mandzukic sembra essere tutto sommato buono. In questa foto scherza coi suoi compagni di squadra e gli tira le palle di neve (anche se non ne conosciamo il contenuto: pietre, cocci, uranio?) e sembra un grosso buontempone con la faccia da pesce cartilagineo.

 

Se c’è qualcuno che immaginiamo essere lontano dalla gioia ballerina di Cuadrado è proprio Mario Mandzukic, e invece eccoli insieme, allegri, ad allenarsi, con Mandzukic apparentemente più tirato nel sorriso ma decisamente sincero nella gioia, e quasi sofferente del caldo, quindi umano, vicino non solo a Cuadrado ma anche a noi altri. Esiste una foto in cui spezza la schiena di Dybala in amicizia, e poi c’è lo scherzone a Pjanic durante i festeggiamenti per lo Scudetto, il classico schiaffetto sulla spalla lontana che ti fa pensare sia stato un altro a dartelo (Mandzukic lo esegue con la stessa faccia inespressiva e appuntita di sempre, ma è uno scherzo classico, da prete, che non ci aspetteremmo da lui). C’è pure un video in cui Lichtsteiner, mentre fuma un sigaro, intervista Mandzukic e Khedira dopo lo scudetto 2016; tra una risata e l’altra sembra che i tre abbiano degli inside jokes, tra i quali i salti di Khedira (?), un viaggio del tedesco a Maiorca (?!) e la capacità realizzativa rivedibile del croato. Il che ci conferma che non è permaloso e che abbia in se una discreta componente di simpatia.

 

 

Per aumentare il suo livello di carineria (riuscendoci benissimo), Mandzukic ha spesso mostrato alcune foto del suo carlino. Si chiama Leni, e Mandzukic dice che lo rende felice, e che «è piccolo, ma intelligente e forte». Per far capire la fissazione di Mandzukic, una volta ha fatto scrivere sulla sua scarpa da gioco il nome della sua ragazza seguito da quello del carlino. Nessuno così può essere cattivo.

 

Il verdetto

Alla fine di questo viaggio nella personalità di Mandzukic probabilmente non siamo ancora riusciti a capire se sia buono o davvero cattivo. Quantitativamente la cattiveria vince sulla bontà: l’agonismo estremo dell’attaccante lo aiuta molto ad apparire sempre come un tipo quantomeno rude sul campo, e fuori dal campo fa ben poco per smentire o smussare questa attitudine, e permette di contare più episodi a favore della tesi di cattiveria.

 

Qualitativamente poi ci sono con alcuni momenti cattivi così genuini che non riescono ad essere controbilanciati da giochi con le palle di neve o dalla sua capacità di far parte di un gruppo affiatato. Alcuni comportamenti possono far parte di un personaggio autocostruito simili a quelli di un heel nel wrestling, ma non cancellano scintille di autentica cattiveria (come il colpo ad Asamoah o le provocazioni a Messi) condite con ambigui nazionalismi (in Croazia sono più comuni e normali di quanto li consideriamo da noi, ma quanti punti di cattiveria vale una foto con un criminale di guerra).

 

Questa dialettica, in fin dei conti, è ciò che rende il personaggio di Mandzukic così efficace e vero. Come tutte le persone normali Mandzukic probabilmente non è solo cattivo, né ha mai lavorato su se stesso per diventare più buono. Quello che lo rende unico nel sistema di personaggi della Serie A è il fatto che a un certo punto abbia capito che questa scorza da duro anziché danneggiarlo gli è comoda, e che non fa nulla per scrollarsela di dosso. Anzi.

 

 

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Mattia Pianezzi scrive di pallone anche per Crampi Sportivi, di musica per Deer Waves e DUDE Mag, ispirato da Simon Reynolds e Zalayeta.