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Emanuele Atturo
City-Liverpool ci ha ricordato cos'è il calcio dei grandi club
23 dic 2022
23 dic 2022
La partita di Carabao Cup ha avuto una leggerezza che avevamo dimenticato.
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Emanuele Atturo
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Foto di PA Wire/PA Images / IPA
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Liverpool-City di Carabao Cup, buttata in calendario alle 21 di un giovedì sera pre-natalizio, ispirava sentimenti contrastanti. Da una parte il senso di nausea, di eccesso. Venivamo da un mese di partite ogni giorno, avevamo ancora tutti negli occhi l’incredibile finale dei Mondiali tra Argentina e Francia, la sfida Marvel tra Mbappé e Messi, la parata del “Dibu” Martinez. Non avevamo ancora finito di scrollare i video dei festeggiamenti a Buenos Aires e già dovevamo tornare negli stadi inglesi?D’altra parte c’era curiosità di vedere la miglior partita del calcio contemporaneo per club può proporre oggi, e capire la differenza estetica col calcio per nazionali. Come sarebbe stato? Ci avrebbe annoiato l’assenza di epica? Che effetto ci avrebbe fatto il confronto tra due squadre sicuramente più organizzate di quanto l’ultimo mese ci ha abituati?Avremmo ritrovato Haaland, il grande assente dei discorsi mitici che il calcio in queste settimane ha fatto attraverso i Mondiali. Di Haaland abbiamo dovuto dimenticarci, se volevamo continuare a parlare in maniera definitiva di Mbappé, Messi e Cristiano Ronaldo. Haaland però è uno che si fa notare e dopo dieci minuti dall’inizio di City-Liverpool ha già segnato. Come se avesse bisogno di dieci minuti per venire a capo delle difficoltà strutturali di una partita di calcio. Altrettanto naturalmente, è stato Kevin De Bruyne a fornirgli l’assist. Un cross di sinistro tirato da una di quelle zone che le statistiche indicano come teoricamente innocue per crossare. È un cross sul primo palo, dove un secondo prima non c’è nessuno e un secondo dopo c’è Erling Haaland che anticipa Joe Gomez. Siccome non c’è quasi mai niente di normale in Haaland, non lo è certo il suo tiro: fatto con la suola del piede. Il tipo di conclusione marziale che Ibrahimovic ha introdotto nel calcio. Ora pare diventata parte necessaria del repertorio di questi superfreak.Le caratteristiche di questo calcio turbocapistalistico espresso dalla Premier League è che gli eventi spesso coincidono esattamente con le nostre aspettative. Pochi minuti prima Haaland aveva già mandato alla conclusione Cole Palmer; addirittura dopo diciassette secondi era finito a tu per tu con Kelleher, dopo una giocata miracolosa di Gundogan, ma aveva tirato un pallonetto altissimo - era troppo presto persino per lui. In generale il City stava giocando come una squadra che si costruisce un’occasione unita ogni volta che attacca. Il City controlla il territorio, crea una mole ampia di occasioni, dà l’impressione di poter vincere facilmente, a tratti di dilagare. È una squadra che pare voler stritolare le squadre avversarie. Daniele Manusia a ottobre aveva scritto che la squadra di Guardiola a volte trasforma i propri attacchi in “esercizi coreografici”. Eppure la resistenza del Liverpool, anche in questa sua versione minore, è notevole. La squadra non esce mai davvero dal match, è sempre velenosa in transizione. Al 17’ pareggia con grande semplicità. Matip porta palla fino alla trequarti, fino a una zona piena di giocatori del City, e ha l’intuizione di servire Milner, che si è inserito indisturbato. Lì ha messo semplicemente in mezzo per Carvalho che ha semplicemente messo in porta col piatto.

Le squadre non sembrano fare alcuna fatica per segnare, produrre momenti e spettacolo. Gli attacchi sono leggeri e clinici, le difese sono vacue e distratte. Più in generale c’è un’energia diversa che vibra nell’aria, una spregiudicatezza, un coraggio nel prendersi rischi che avevamo dimenticato durante il Mondiale. Pare esserci meno “gravitas”, meno serietà. Quindi le squadre non giocano per calcolo, non cercano alcun controllo sulle partite: senza palla tengono le linee alte e provano riaggressioni ambiziose; con la palla aspettano fino all’ultimo secondo utile per provare a giocare alle spalle della pressione avversaria, o provano a batterla con i dribbling anche in zone rischiose di campo. Lo spazio del campo sembra più grande, o più piccolo, a seconda dei momenti. Le squadre si muovono in pressing o in possesso come un corpo unico. È una versione accelerata, ipertrofica, del calcio che abbiamo guardato nell’ultimo mese. Un calcio più facile, più veloce, più leggero, che arriva a contestare la definizione di sport a basso punteggio. È stato come andare in sala giochi dopo un mese di messa (e intendiamoci: non c’è nessun giudizio di valore in questo, sono due esperienze importanti).Ai Mondiali la paura di perdere generava la paura dell’errore, la paura dell’errore generava l’ossessione per il controllo; l’ossessione per il controllo produceva primi tempi bloccati (metà delle partite sono finite zero a zero al primo tempo) e secondi che si scombinavano all’improvviso. E poi il caos. Squadre che collassavano sulle proprie paure, di fronte ad altre che volavano sulle ali della disperazione. È stato bellissimo, a tratti tragico, a tratti comico, quasi sempre epico.E allora davanti a City-Liverpool è difficile capire cosa pensare. Il fatto è che sembra, per usare una frase fatta, “un altro sport”. La Carabao Cup è poco sentita e allora le squadre giocano più aperte? Oppure c’è davvero un modo di intendere il calcio che può essere così radicalmente diverso? Più probabilmente, è la natura stessa della sfida tra Liverpool e Manchester City, che da anni si sfidano senza freni, proponendo uno dei migliori spettacoli di intrattenimento che il calcio contemporaneo può offrire.Al di là delle impressioni generali, ci sono cose specifiche che nell’ultimo mese avevamo dimenticato, ma che sono tutti buoni motivi per cui ci piace il calcio. Gli assist di De Bruyne, per esempio. Nel primo tempo mette 4 volte un compagno solo davanti al portiere. Fra il 35’ e il 36’ ci riesce due volte. Prima con un cross basso per la corsa a rimorchio di Gundogan; poi con uno di quei cross parabolici che può mettere solo lui, col suo piede programmato da un’intelligenza artificiale. Nessun giocatore porta la definizione “macchina da assist” a un livello così letterale.Ci sono poi due nuovi giovani del City di cui dobbiamo fare la conoscenza. A sinistra gioca Cole Palmer, un’ala slanciata di grande corsa che ha qualcosa di retrò nell’interpretazione del ruolo. Gioca a piede naturale, corre sul binario, ha un gran piede. Terzino, o meglio falso terzino, c’è Rico Lewis, 18 anni, un metro e 70 d’altezza, un’intensità e un’intelligenza spaventose. Poco prima della sosta era diventato il più giovane marcatore della storia del City in Champions. Di lui Guardiola dopo la partita ha detto: «Ha un grande decennio davanti a sé, sarà un incredibile giocatore del Manchester City perché è intelligente, umile, capisce tutto in un secondo e lo applica. Abbiamo un incredibile terzino destro con noi per i prossimi anni». Prendete come volete queste parole, a seconda del vostro rapporto con gli elogi di Guardiola.L’altra cosa con cui dobbiamo tornare a familiarizzare è il complesso rapporto tra Darwin Nunez e la porta avversaria. Intendiamo, finora non ha segnato poco, perché 9 gol, uno ogni 118 minuti, non sono pochi. Però sarebbero potuti essere molti di più, e più indirettamente il confronto con Haaland sembra squalificarlo nei nostri discorsi. Nunez ha accumulato più o meno gli stessi xG di Haaland, quindi le sue occasioni se le costruisce, ma ha segnato 15 gol in meno. A fine primo tempo spreca due occasioni. Due occasioni non semplicissime, ma che sembrano gridare “questo attaccante non vale 100 milioni!” - purtroppo le valutazioni di calciomercato incidono ancora troppo nei nostri giudizi.Ci sono momenti di City-Liverpool in cui salta tutto, in cui le squadre sembrano poter segnare ogni volta che il campo si ribalta da un lato o dall’altro. Questo momento arriva all’inizio del secondo tempo. Al 46’ Mahrez riceve un lancio di Rodri in area di rigore. Robertson forse è preoccupato dalla posizione di De Bruyne e rimane stretto a copertura del corridoio, e allora Mahrez lo attacca largo. Classica occupazione perfetta degli spazi dei giocatori di Guardiola. Solo che il lancio è lento e comunque Robertson ha il tempo di recuperare. Mahrez però vanifica il recupero col suo primo controllo. È un controllo d’esterno, di controbalzo, dopo il quale piega tutto il corpo verso sinistra. Senza nemmeno che ce ne accorgiamo, ha già calciato sul secondo palo.Un minuto dopo il Liverpool pareggia ancora. C’è un’altra giocata sensazionale, stavolta di Oxlade-Chamberlain, un giocatore di cui se si parla così poco è solo a causa degli infortuni che lo perseguitano. Chamberlain ha 4 avversari intorno, si destreggia come può, sembra cercare il modo per non fare danni in quella situazione, invece ha una grande intuizione. Con l’esterno lancia nel corridoio davanti a sé Darwin Nunez. Ecco sulla precisione di Nunez possiamo discutere, ma sulle sue doti atletiche no. La facilità con cui brucia Laporte fa paura - e infatti quest’anno è stato il giocatore con la più alta velocità di punta toccata in Premier. Nunez arrivato dentro l’area alza la testa e serve Salah, invece di calciare.Dieci minuti dopo segna ancora il City, ancora con un assist di De Bruyne, a cui forse andrebbero direttamente vietati i cross, perché non è giusto che uno strumento così inefficace nel calcio contemporaneo tra i suoi piedi diventi così mortale. Per le difese è troppo difficile da contrastare. Stavolta il cross arriva perfetto su Nathan Aké sul secondo palo. È il quinto passaggio chiave di De Bruyne in meno di un’ora. Guardiola ha detto che il belga ha giocato con un fuoco particolare, forse per la brutta esperienza del Belgio al Mondiale. Dice che quando gioca così, con un po’ di scontrosità, è il miglior De Bruyne possibile.A quel punto la partita sembra poter finire 10 a 9, 14 a 13. Le squadre sembrano poter segnare 40 gol. Invece, in qualche modo, ci si ferma. La palla buona per pareggiare il Liverpool ce l’ha con Darwin Nunez, che di nuovo cade nelle proprie fragilità. «Fidatevi: nessuno sa quando Darwin può diventare forte. Se poteste vedere quello che fa in allenamento restereste stupefatti», dice Klopp. Il problema che Nunez non è in allenamento ma nella situazione peggiore per un attaccante che ha problemi a mettere la palla in porta: ha cioè una lunga corsa in cui può pensare tutto il tempo alla conclusione. Arrivato nei pressi della porta, non vuole tirare; cerca con insistenza compagni a cui passare il pallone, come aveva fatto in occasione del 2-2. Solo alla fine, proprio quando ha appurato che non può passare la palla, tira in modo triste. Anche perché non aveva davvero preparato il tiro con la sua corsa. Allora Nunez è sembrata l’unica persona angosciata in questa partita divertente in cui nessuno sembrava avere paura del risultato.

In realtà di questa vittoria, per paradosso, aveva bisogno soprattutto il City di Guardiola, che non aveva battuto il Liverpool negli ultimi cinque incontri. Eppure non sembra esserci una grande ansia nell’aria.Pochi minuti prima, attorno al 65’, Guardiola e Klopp se la ridevano in panchina, come di fronte a uno spettacolo che in fondo li riguardava relativamente. Una leggerezza che stona con la rivalità sempre più accesa che c’è negli ultimi anni tra le due tifoserie. Lo scorso anno in FA Cup i tifosi del City hanno interrotto il minuto di silenzio che lo stadio stava dedicando alle vittime di Hillsborough; nella sfida di ottobre i tifosi Reds hanno lanciato delle monete a Guardiola. Sono solo gli ultimi episodi della faida.In campo questa pesantezza si è vista giusto a dieci minuti dalla fine, dopo una brutta entrata di Fabinho su Rodri, per il resto ha regnato una grande pace.Cosa preferite, giocatori che si gridano addosso per insultarsi dopo i calci di rigori, le provocazioni, il trash talking, le piccole astuzie con cui le squadre del Mondiale hanno provato a prevaricarsi, oppure questo clima gioviale, quasi frivolo? Non è una domanda retorica, non saprei rispondere. È stato rinfrescante vedere la levità di City-Liverpool, e anche l’organizzazione offensiva, il coraggio, l’ambizione, con cui le squadre hanno giocato, producendo uno spettacolo a tratti persino eccessivo. Eppure la sensazione è che qualcosa si sia perso qualcosa di intangibile, rispetto alle partite di qualche giorno fa, e che non ha a che fare col piano visibile di una partita. In ogni caso, resta difficile scegliere tra l’uno e l’altro, tra la sacralità di una partita mondiale e l'intrattenimento puro del calcio per club a questi livelli (comunque poco comuni). A così pochi giorni di distanza dall’epica del calcio per nazionali, la partita di ieri ci ha ricordato quanto può essere diverso il calcio, quanto diversi sono gli spettacoli che piò contenere.

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