Per qualcuno Guardiola è il migliore allenatore al mondo, ma anche chi non lo considera tale riconosce almeno che è stato il più influente, il più rivoluzionario, il più originale degli ultimi dieci anni. Quello che è riuscito a portare il calcio in una nuova epoca, raccogliendo i semi dell’eredità del passato e facendoli germogliare in un terreno tattico moderno. Pep Guardiola ha 48 anni – meno di Antonio Conte, Jurgen Klopp e altri allenatori che penseremmo più giovani di lui – ma è già una leggenda. Una leggenda che cammina, respira ed è ancora nel pieno delle sue forze, qualcosa di raro per un’epoca che ha bisogno del passaggio del tempo per riconoscere la portata storica del passaggio di certi personaggi.
Per quello che oggi rappresenta ci si aspetterebbe che le persone si inginocchiassero ai suoi piedi, che gli baciassero le mani, che lo ringraziassero con trasporto. La cosa interessante è che succede l’esatto contrario: è Guardiola a complimentarsi con tutti, di continuo, dagli avversari di Champions alle squadre che incontra incidentalmente in FA Cup; dai calciatori più talentuosi a quelli di cui a nessuno frega niente.
Lo fa con un’enfasi sproporzionata, usando aggettivi sempre più esagerati, spesso uscendosene dal nulla, senza che nessuno gli abbia chiesto davvero un giudizio.
Ci possono essere diverse ragioni dietro a questi complimenti sempre sopra le righe. Il primo che va considerato è l’autentico, profondo, genuino entusiasmo di Guardiola per il gioco del calcio. Guardiola ama il calcio come poche altre persone al mondo e se avete guardato il documentario All or nothing su Amazon Prime Video vi sarete trovati di fronte un uomo che passa le sue notti a immaginare i movimenti in uscita palla di Fabian Delph. Un uomo trasfigurato dalla sua passione calcistica come Smeagol con l’anello.
Un’altra possibilità è che questi elogi siano il riflesso dell’egocentrismo di Guardiola. Un allenatore che si considera così superiore al contesto che lo circonda da potersi ergere a giudice supremo, dispensatore seriale di elogi. Si ritiene così superiore agli altri da non mettersi mai sullo stesso piano. In quanto dio, il minimo che può fare è complimentarsi con i comuni mortali che incontra sul suo cammino.
Qualunque sia il motivo, gli elogi di Guardiola sono diventati uno degli spettacoli più divertenti del calcio di oggi, anche per la loro carica teatrale. Guardiola sembra sempre un uomo schiavo della pressione alta: parla veloce, gli occhi si stringono in un’espressione spiritata, scuote la testa e sembra non potersi capacitare di quanto buoni siano i suoi avversari, o i suoi giocatori, o il tecnico avversario, o i suoi stessi dirigenti.
In questi anni Guardiola ha avuto una parola d’elogio per tutti, ho provato a raccoglierle per costruire un atlante ragionato dei complimenti e degli elogi di Pep Guardiola al mondo del calcio.