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La top 50 della NBA: 25-1
13 ott 2017
13 ott 2017
La redazione si è riunita di nuovo per decretare i 25 migliori giocatori della prossima stagione.
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Mancano ormai solo pochi giorni all’inizio della regular season NBA, e per cercare di presentarla al meglio la redazione de l’Ultimo Uomo si è messa una mano sul cuore, cercando di darvi le migliori coordinate per destreggiarvi tra i 450 giocatori che determineranno la prossima stagione. Ognuno di noi tredici ha stilato la propria lista dei migliori 80 della lega secondo il criterio “quanto sposteranno in attacco e in difesa nella prossima stagione”: facendo una posizione media tra le liste di tutti, siamo giunti alla top-50 che vi apprestate a leggere, commentando poi a mo’ di conversazione quanto uscito. Questa è la seconda parte dopo quella di mercoledì.

25) Kristaps Porzingis, New York Knicks

Lorenzo Neri: Presto per trovarlo così in alto? Probabilmente sì, ma il potenziale di questo 220 centimetri che tira e tratta la palla come il più naturale degli esterni è davanti gli occhi di tutti. Anche della dirigenza dei Knicks che ha - finalmente - deciso di rifondare attorno a lui.

Fabrizio Gilardi: Però ha già detto che da 5 non ci vuole giocare. Se dovesse diventare una condizione non negoziabile potrebbe anche essere che la sua posizione resti questa, a prescindere da quanto forte sia (un sacco) e quanti margini abbia (una marea).

Daniele V. Morrone: È la stagione in cui deve dare continuità ai picchi di talento. Al momento gli si chiede solo questo, perché comunque tanto basta per essere tra i migliori.

Francesco Andrianopoli: È già ora un protettore del ferro di livello assoluto, cosa che non si può certo dire, ora come ora, di Towns, e probabilmente non si dirà mai di Jokic; esserci riuscito nel deserto post-nucleare che erano (e sono ancora) i Knicks è ancora più sorprendente. Però in attacco in realtà non ha mostrato grandi miglioramenti rispetto alla stagione precedente: cifre grezze più alte ma semplicemente per un volume maggiore. Qui bisogna fare dei passi avanti decisi, perché rispetto agli stessi Towns e Jokic siamo invece parecchio indietro.

Nicolò Ciuppani: Questa è una posizione più sulla fiducia che su quanto fatto vedere finora. Deve limare molti lati del suo gioco e trovare continuità di rendimento. Se ci dovesse riuscire però la 25 rischierebbe di stargli pure stretta; per ora però credo ce ne siano di più che oggi incidono maggiormente su una partita.

Dario Costa: Cose da fare a New York City quando il tuo miglior compagno di squadra è Tim Hardaway Jr. Obiettivo dichiarato: entrare nei quintetti All NBA. Obiettivo sognato: Spike Lee che impara a pronunciare il tuo nome e cognome correttamente.

24) DeMarcus Cousins, New Orleans Pelicans

Fabrizio G.: Il più alto giocatore di questa classifica che cambierà maglia durante la stagione 2017-18. #FreeAnthonyDavis

Francesco A.: Quanto “vale” DMC in una trade? Chi è disposto a dargli il max contract che ovviamente pretenderà quest’estate? È forse il giocatore a cui, in assoluto, è più difficile attribuire il giusto peso e il giusto “prezzo”: in astratto i suoi talenti sono innegabili, ma in concreto chi è VERAMENTE disposto a privarsi di asset (o di una buona fetta del proprio spazio salariale) per portarselo a casa per qualche mese?

Nicolò C.: Fred Katz dixit: “Ci sono almeno 15 GM che non lo vorrebbero avere neppure gratis”, e ovviamente caratterialmente ci sta ed è comprensibile. Ma ci sono parecchie sere all’anno in cui prende a spallate le corazzate dell’Ovest, vincendo pure più volte di quanto sia lecito aspettarsi da uno che gioca 1-vs-5.

Dario Vismara: Ma quindi non vogliamo dare neanche una chance che possa funzionare con quello in top-10?

Daniele V.: Io ci spero, mi piacerebbe che l’esperimento totalmente lontano dalla corrente tattica attualmente dominante funzionasse. La NBA ha bisogno anche di questi esperimenti per non essere una lega di squadre allineate nel provare a fare la brutta copia degli Warriors. Poi un suo successo sarebbe un successo anche per Anthony Davis, e nessuno può voler del male ad Anthony Davis, no?

23) Marc Gasol, Memphis Grizzlies

Lorenzo Bottini: Si deve godere al massimo questi pochi anni che gli restano prima di trasformarsi nel fratello maggiore.

Daniele V. : Tecnicamente completo, maestro delle intangibles, carattere sempre positivo e determinato. La sua sola presenza in campo significa che la sua squadra competerà su ogni pallone.

Lorenzo N.: È un - passatemi il termine - centro classico che ha saputo evolversi secondo i nuovi dogmi tattici degli ultimi anni. Se risente del fisico è solo per l’età, non per la velocità di esecuzione, visto che la testa gira con un secondo di anticipo rispetto agli altri. E speriamo che non cada nella... catarognizzazione.

Dario V.: Voi fate quello che dovete, ma io una partecipazione ai playoff di Gasol - se rimane ragionevolmente sano - non la metto mai in dubbio. Chissà se si giocherà altri anni di carriera anche lontano dal Tennessee.

22) Nikola Jokic, Denver Nuggets

Dario V: Sì o no: Nikolino è il giocatore più divertente da vedere della lega. Debate.

Fabrizio G.: Fate pure, a me basta che sia uno dei più forti e determinanti, lo sapete che non ho un cuore.

Daniele V.: Il suo gioco palla in mano è veramente magnetico: con distacco è il migliore della lega a dirigere il traffico in area e fa saltare dalla sedia quando parte in palleggio con la fluidità di una guardia da rimbalzo difensivo.

David B.: Sembra quasi non tocchi a lui fino al momento in cui compie una magia con la nonchalance di una scrollata di spalle.

Lorenzo N.: A me fa impazzire il controllo mentale che ha sui suoi compagni in attacco. Infonde negli altri tanta fiducia, sapendo che un extra-sforzo (un taglio profondo, un blocco lontano dalla palla fatto bene) verrà sempre ripagato in un modo o nell’altro. C’è da dire che però in difesa la fiducia svanisce in un istante ed è questo il punto iniziale su cui dovrà lavorare da qui ai prossimi anni.

Nicolò C.: Ci tengo a ricordare che l’anno scorso i Nuggets ci hanno messo ventidue partite a capire chi fosse più forte tra lui e Nurkic.

21) Damian Lillard, Portland Trail Blazers

Lorenzo B.: Il nuovo disco non è male anche se estremamente derivativo e celebrativo. Il pezzo con Lil Wayne è il migliore, ovviamente.

Fabrizio G.: Kyle Kuzma gli ha dedicato un tweet di complimenti, quindi #FutureLaker

Francesco A.: Tutto molto bello (cit.) a livello di estetica ed efficienza offensiva tra lui, McCollum e Nurkic, ma al netto del piacere di guardarli questa è una squadra che negli ultimi quattro anni ha sempre vinto meno partite della stagione precedente. È arrivato il momento di invertire il trend in modo significativo, anche perché nel frattempo, per mantenere in piedi questo (gradevolissimo) spettacolo offensivo stanno spendendo come il PIL di un paese africano.

David B.: A margine ma nemmeno troppo: quanto talento c’è nel ruolo di point guard? Perché la sua posizione nel ranking è quasi da All-NBA Team, mentre nella realtà ha davanti SETTE playmaker migliori di lui.

Nicolò C.: Siamo stati troppo severi: se i Blazers non difendono e hanno un monte salari pari al PIL del Gabon non è colpa sua. L’ultimo slump al tiro risale a due anni fa, e se gioca come nella seconda parte di stagione scorsa dovrebbe stare 4-5 posti più avanti.

Fabrizio G.: e se gioca come nella prima parte? Direttamente dal libro delle crudeltà: in carriera nell’ultimo minuto con squadre a un possesso di distanza ha tirato 10/48 da 3. Your daily reminder che la clutchness esiste solo negli occhi di chi vede i canestri segnati e si dimentica di quelli sbagliati. E in quelli di Joe Johnson, ma è un’altra storia.

20) Mike Conley, Memphis Grizzlies

Dario V: OMMIODDIO MIKE CONLEY NON È PIÙ UNDERRATED?!?

David B.: Il miglior giocatore NBA a non aver mai giocato un All-Star Game. Ogni anno la squadra è sempre più sua che di Marc Gasol, lo scorso anno in particolare ha scollinato per la prima volta in carriera i 20 punti di media tirando il 40% da tre su 6 tentativi a sera, trascinando di forza i Grizzlies ai playoff. Si merita ogni centesimo del megacontratto che ha firmato l’estate scorsa.

Francesco A.: Giocatore splendido, completo, lucido, agonista indomito… ma cosa fa NETTAMENTE meglio rispetto, che so, a un Lowry? Qualche vittoria in più ai playoff, va bene, ma basta questo per giustificare quasi dieci posizioni in più?

Dario V.: Probabilmente no, ma vederlo dominare a tratti la difesa degli Spurs nella scorsa post-season è stata una rivelazione. Voglio dire, si è scomodato persino Kanye.

19) Blake Griffin, L.A. Clippers

Dario C.: È altamente improbabile che Chris Paul, durante una delle tante nottate passate insieme sul parquet dello Staples Center, abbia preso Blake sotto braccio e allargando lo sguardo gli abbia sussurrato ‘Vedi: un giorno tutto questo sarà tuo’. Di fatto, però, con l’avvio di questa stagione Griffin eredita da “CP3” il ruolo di leader e uomo franchigia.

Fabrizio G.: Non salta né schiaccia praticamente più, ma ha sviluppato uno skillset più unico che raro e fa praticamente tutto il resto. Da qualche parte lì sotto c’è nascosta una stagione da All-NBA.

Dario V.: Non so voi, ma ho grandissimo hype per un utilizzo sistematico dei pick and roll 4-5 con DeAndre. Fermateli voi.

18) Kyrie Irving, Boston Celtics

Fabrizio G.: Avere un anello al dito gli ha permesso di seguire un arco di carriera opposto a quello della stragrande maggioranza dei giocatori del suo livello. Per diventare giocatore franchigia ha fatto un triplo salto mortale carpiato rovesciato con triplo avvitamento che nemmeno Tom Daley, ed ha avuto la fortuna di atterrare su uno dei pochissimi materassi presenti, perché ritrovarsi a Boston con Stevens, Horford e Hayward ad occuparsi del playmaking e nascondere i suoi difetti è più o meno il meglio che potesse capitargli. Altrove il risveglio dal sogno di giocare con LeBron sarebbe stato ben più brusco: magari avrebbe pure scoperto che la Terra non è piatta, qui glielo spiegheranno tra Harvard e il MIT.

Nicolò C.: Premesso che ormai ogni frase che dice potrebbe essere uscita da una mano di Cards Against Humanity, ha fatto una mossa da apprezzare per il coraggio. Le prime uscite in preseason (si lo so, è solo preseason) con la maglia di Boston sono state di una bellezza rara: se Stevens riesce a renderlo un giocatore efficace, fermando molto meno il pallone e prendendo tiri più semplici, potrebbe toccare un’efficienza spaventosa per uno nel suo ruolo.

Lorenzo B: Forse la Terra non è davvero piatta (non ne sono totalmente convinto) ma lui riesce comunque ad inclinarla sotto i piedi del malcapitato difensore ogni volta che decide di affrontarlo in 1-contro-1. Se le magie di Stevens gli concederanno ancora più spazio di manovra, dovrò fare un abbonamento Premium a Streamable.

17) Rudy Gobert, Utah Jazz

Fabrizio G.: Quindi mi confermate che è il miglior 5 della lega? Ah, no gli avete messo davanti Towns, ce ne si può fare una ragione. Prende i Jazz e se li porta ai playoff. Aspetto anche in questo caso i “sa solo schiacciare”, come se fosse necessario complicarsi la vita da sé quando si può arrivare sopra il ferro senza saltare.

Nicolò C.: Il tanto bistrattato Draft 2013 ha prodotto due giocatori da top 20 NBA che guidano la propria franchigia. Però qui siamo alla prova di maturità per mettersi pure un attacco sulle spalle: 13 posizioni più giù dicevo che Beal era quello più in alto a non fare granché con la palla in mano; Gobert qualcosina lo ha fatto vedere, ma in un contesto totalmente diverso da quello di quest’anno.

Lorenzo N.: In questa stagione, per forza di cose, i Jazz correranno molto di più. E quindi, oltre a tutto il resto, farà vedere di essere anche uno dei migliori lunghi “da corsa” dell’intera Lega.

David B.: In una squadra che a meno di stravolgimenti farà fatica a segnare 80 punti a sera non vorrei però che gli venisse chiesto di produrre anche punti a referto.

Dario C.: Se c’è una cosa che nello Utah hanno sempre saputo fare bene è trovare l’uomo franchigia perfetto per una realtà non proprio ambitissima come Salt Lake City. Gobert, con il suo stile di gioco essenziale, rivedibile per i canoni estetici della lega ma tremendamente efficace, è interprete perfetto dello spirito dei Jazz. La presenza di un visionario come Ricky Rubio potrebbe aprirgli le porte verso il dominio del ferro avversario. Quanto a quello amico, beh, Rudy è già il miglior centro difensivo per distacco.

16) Klay Thompson, Golden State Warriors

Fabrizio G.: E se la decisione di Kevin Durant di rinunciare a parecchi soldi non fosse about today, cioè about Nick Young e compagnia, ma about tomorrow? Perché Klay ha dichiarato che: a) per lui la legacy e far parte di un contesto vincente sono valori più importanti dei soldi (che comunque farà in Cina grazie ad Anta); b) che KD ha dato un grande segnale; c) anche lui valuterà di chiedere (molto?) meno del massimo salariale, al momento opportuno. Preparatevi a un futuro post-nucleare in cui gli Warriors restano tutti insieme per altri cinque anni. Sento già in lontananza le rosicate e le invocazioni a Silver, Stern, Larry O’Brien, J.Walter Kennedy, Maurice Podoloff e pure a Naismith, perché “con lui non sarebbe mai successo”. Onore al Manu Ginobili di quest’era.

David B.: La miglior “two-way guard” della NBA, nonché il miglior giocatore lontano dalla palla della miglior squadra lontano dalla palla della storia. Period.

Nicolò C.: La prestazione di Booker da 70 punti ha completamente schiacciato il ricordo della sua da 60 punti in 29 minuti con undici palleggi totali. Quando gli gira ha delle eruzioni in attacco veramente inarrestabili.

Dario C.: Klay Thompson qualche difetto dovrà pure averlo. Al momento le ricerche continuano, dicono che ci faranno sapere.

Lorenzo B.: Se dovessi costruire un piano cartesiano su cui inserire le evoluzioni in preseason dei terzi violini delle contender a Ovest (non è detto che lo faccia, è un periodo ipotetico), “China Klay” sarebbe nel quadrante più lontano e più buio possibile rispetto a “Hoodie Melo”. Ma nonostante le schiacciate sbagliate e gli airball contro i filippini, la terza opzione dei Dubs è sicuramente la più affidabile e concreta quando le partite cominceranno a contare più di un raviolo al vapore.

15) Gordon Hayward, Boston Celtics

Lorenzo N.: È bello tornare con la mente al Draft del 2010 e pensare a tutti i dubbi che c’erano sul suo conto. Sette anni dopo facciamo prima a elencare le cose che Hayward non sa fare rispetto a quelle in cui eccelle: scoring e playmaking, tiro, versatilità sui due lati del campo, possibilità di giocare 3 (se non 4) ruoli. Inoltre arriva da un’estate dove è stato il free agent più ambito di tutti. A Boston un pace più alto lo aiuterà a migliorare ulteriormente le statistiche tradizionali e i passaggi televisivi renderanno giustizia al suo gioco.

David B.: Boston è la situazione tecnico-tattica ideale per esaltare le sue qualità e le sue caratteristiche. È ad un passo dal diventare stella di assoluta grandezza al pari di coloro che bazzicano la top-10.

Dario V.: Pensate che storia se fosse lui a segnare tutti i tiri pesanti invece di Irving.

Nicolò C.: Credo che sia finito troppo in alto, e per quanto faccia strano dirlo, manca un po’ di egoismo e di faccia tosta da prendersi un brutto tiro sul finale di gara per stare comodamente con quelli qui davanti.

Dario C.: Con la maglia dei Jazz ha fatto del suo stile pulito ed essenziale la propria cifra caratteristica. In una squadra che punta in alto e al fianco di un astrattista come Kyrie Irving potrebbe capitalizzare ancor di più sulle sue caratteristiche.

14) Karl-Anthony Towns, Minnesota Timberwolves

Dario V.: Se solo avessi una casa di proprietà, me la giocherei sul fatto che è l’ultima stagione fuori dalla top-10 per diversi anni a venire. Cosa gli manca per fare l’ultimo passo?

Marco Vettoretti: Una stagione vincente, forse?

Lorenzo N.: Siamo sempre lì: lo vedi migliorare anno dopo anno e ciò nonostante capisci che c’è ancora margine su cui lavorare. Quest’anno puntiamo sulla maggiore concentrazione difensiva visto che gli strumenti per far bene li ha tutti. Poi dovrà migliorare sulle capacità di passaggio. Poi… poi.. poi… aiuto.

Daniele V.: Punta già da questa stagione a essere il miglior centro della lega, un ruolo in cui al meglio del proprio gioco si arriva dopo i 25 anni. Conviene dunque ricordare che di anni ne avrà 22 il 15 novembre.

Dario C.: Da questa stagione le trasmissioni di Radio Thibs avranno due nuovi conduttori: Jimmy Butler e Taj Gibson. A loro sarà affidata una rubrica di estrema attualità e cruciale importanza per i destini dei T’Wolves: ‘Lo zen e l’arte di far difendere Towns e Wiggins’. Dalla riuscita della rubrica dipende gran parte del record di squadra e, con ogni probabilità, della top 10 dei prossimi quindici anni. Il posto è prenotato, Karl Anthony arriverà in tempo?

13) Draymond Green, Golden State Warriors

Fabrizio G.: Li sentite in lontananza, di nuovo? Una Cavalcata delle Valchirie, un’orda di barbari che agitano i forconi gridando che è troppo in alto, che in un’altra squadra non sarebbe nemmeno un top-30 e tutto il resto. Però è in questa, di squadra. Onore al Dennis Rodman di quest’era.

Daniele V.: Non si può non amare Draymond: ogni sua singola goccia di sudore sul parquet è arrivata per un’azione al servizio della squadra. Che poi anche come villain è il migliore del lotto.

David B.: Sembra, e ripeto, SEMBRA, che con l’arrivo di Durant il suo apporto sia in parte diminuito. Forse nelle cifre, di sicuro non nella qualità. Rimane il collante che tiene uniti molti dei pezzi dei Warriors: insostituibile.

Nicolò C.: Ogni volta che sento qualcuno definirlo “stupido” vorrei urlare dalla rabbia. Intelligenza cestistica con pochi pari, anche con gli scatti di testosterone non esiste squadra che non lo vorrebbe con sé.

Dario C.: La polizza di Kerr e Myers contro le distrazioni e l’ammorbidimento da manifesta superiorità. Nel pacchetto sono inclusi falli tecnici ed espulsioni, ma è un prezzo che gli Warriors pagano volentieri.

12) Paul George, Oklahoma City Thunder

Lorenzo B.: Ho una mia teoria su Paul George che finalmente diventa una superstar di primissimo livello anche agli occhi dello spettatore medio, ma la esporrò solo nel caso io abbia ragione.

Fabrizio G.: Fortissimo. Però dei tre di OKC è quello che meno ha voluto essere lì, perché la sua unica scelta è stata quella di andarsene da Indianapolis. Ed anche quello che probabilmente dovrà giocare di più lontano dalla palla. Se ha voglia di farlo, i Thunder fanno spavento e lui rischia di entrare in top-10. Se non ha voglia, pensa ai suoi tiri e alle sue cifre e alla prossima estate mi sa che crolla.

David B.: Ho tanta voglia di vedere quel “PG” che mi folgorò qualche stagione fa durante le battaglie ad est tra Heat e Pacers, quindi meno one-man-show in attacco e coinvolto a 360° nel gioco. Con due realizzatori e accentratori come Westbrook e Anthony giocherà molto off the ball, che a inizio carriera era un po’ la sua specialità, e lo aiuterà di certo e rimettere a posto la selezione di tiro che negli ultimi anni era andata un po’ in direzione “emulo di Kobe”.

Dario C.: Il leasing scade nel prossimo giugno, a pagare la maxi-rata finale e portarsi a casa l’enorme talento di PG potrebbero essrci i Lakers. Se viceversa dovesse rimanere a OKC, l’ufficio inchieste della lega è già pronto a indagare sull’ipotesi di sequestro di persona con imputati Presti e Westbrook.

11) Jimmy Butler, Minnesota Timberwolves

Nicolò C.: Cambio idea su chi sia più forte tra lui e George due volte al giorno: Jimmy combina meno lontano dalla palla, ma credo sia un difensore più continuo e tenace.

David B.: Rispetto a George, Jimmy è talento meno naturale, ma un filo più concreto su entrambi i lati del campo. Vale la pena ricordare che quando entrò nella NBA era considerato un bel corpo da sfruttare in difesa, senza uno straccio di tiro e pochissimo ball-handling. La mentalità e l’etica del lavoro di questo ragazzo lo pongono nell’élite della lega.

Lorenzo B.: In un bellissimo pezzo di Lee Jenkins, quando gli viene fatto notare che tutte le superstar della lega sono ormai definite da una sigla o massimo da un paio di sillabe, lui ha risposto: “Io sono sempre Jimmybutler”. Working Class Hero.

10) John Wall, Washington Wizards

Lorenzo N.: La sua evoluzione dovrebbe essere giunta a compimento nella scorsa stagione, dove in seguito a una partenza rivedibile è riuscito a calarsi perfettamente nel ruolo di leader totale dell’attacco, sfruttando anche i notevoli miglioramenti in quanto a scelta e coinvolgimento dei compagni. Quest’anno punta a consacrarsi definitivamente.

Dario V.: Se solo tornasse a impegnarsi seriamente in difesa, avrebbe una carta che quelli che lo precedono nella gerarchia del ruolo non possono giocarsi (tolto forse Chris Paul). Temo però che debba fare salti mortali incredibili per portare gli Wizards più su di quello che realmente valgono.

Nicolò C.: Jared Dudley gli ha regalato un Rolex dopo aver rinnovato a quelle cifre coi Suns dopo una sola stagione passata con lui. È lo Steve Nash di questi tempi per la capacità che ha di far guadagnare cifre spropositate a giocatori che hanno la sola fortuna di giocare con lui; se gli Wizards cominciano a pulire il cap, stai a vedere che pure la capitale inizia ad attrarre i free agent di livello.

David B.: Ogni corner shooter che ha giocato con lui dovrebbe versargli almeno mezzo stipendio.

Dario C.: Dadaismo da parquet come se n’è visto di rado. Tutto e il contrario di tutto, spesso nella stessa azione. Se i compagni lo sorreggeranno, potrebbe essere candidato plausibile all’MVP.

Fabrizio G.: Salvi in corner per la top-10, ma vi pentirete di averlo messo dietro a Paul. E non per l’eventuale calo di CP3.

9) Giannis Antetokounmpo, Milwaukee Bucks

Daniele V.: Quindi già adesso è il secondo miglior giocatore ad Est. Questa cosa, se pure sposta poco negli equilibri generali della lega, non deve essere sottovalutata in termini di aspettative per la sua stagione.

Francesco A.: Quanti giocatori, oltre a Giannis nel 2016-17, hanno guidato la loro squadra in tutte e cinque le categorie statistiche principali in una stagione? Non molti, e tutti di una certa caratura. Adesso, per spostare anche in termini di equilibri generali della lega, come dice Daniele, serve “solo” migliorare ai liberi e fidarsi di più del jumper.

Dario C.: Secondo molti la sua ipotetica candidatura al premio di MVP dovrà attendere di maturare per almeno altri due inverni. Altri sostengono che eventuali, rapidi segnali di miglioramento al tiro potrebbero accelerare il processo e portare il “Greek Freak Show” in cima alla lista delle attrattive della lega molto prima di quanto sia lecito aspettarsi.

Dario V.: Vale il discorso fatto per Embiid: uno così non lo abbiamo mai visto. Dovesse veramente trovare il modo giusto di far funzionare il tiro in sospensione con il corpo che si è costruito addosso (avete visto quanto è diventato enorme?), apriti cielo.

Lorenzo N.: La crescita mentale rimane comunque molto più inspiegabile di quella tecnica. Una tale fiducia nei propri mezzi non me la sarei mai aspettata, sinceramente.

8) Chris Paul, Houston Rockets

David B.: Point God vuole dare un senso alla sua carriera mettendosi al dito quello stramaledetto anello ed i Rockets sono l’ultima chance per riuscirci da protagonista. “CP3” offre a Houston quella dimensione che finora le mancava e la rendeva monca: la capacità di giocare il pallone negli ultimi 10/12 secondi dall’azione, una responsabilità che il solo Harden non poteva gestire e che nei playoff, in serie lunghe e dispendiose, è una qualità che vale oro.

Dario C.: Caro CP3, siamo dispiaciuti di comunicarle che i suoi giorni da Alpha Dog sono ormai contati. Come le sarà senz’altro noto, non aver mai raggiunto le finali di conference in 12 stagioni di NBA comporta un rapido declino della credibilità necessaria a sostenere il ruolo in oggetto. Compagni e avversari, addetti ai lavori e tifosi sono pronti a far scattare la revoca dell’appellativo. Le resta tuttavia una possibilità: la compagnia non è malaccio, al resto dovrà pensare lei.

Daniele V.: Per efficienza nella conclusione, capacità di distribuzione e leadership con palla forse non ci sono paragoni o almeno non in epoca recente. Per me entrerà già così nella storia come una delle migliori PG di sempre, non serve un anello per cambiare questa cosa, ma deve arrivare almeno in finale di conference con Houston per non avere rimpianti.

Lorenzo B.: Il solo fatto che ogni notte uno tra lui e Harden andrà Full Metal Jacket contro le second unit avversarie mi fa venir voglia di rimetter mano alla Convenzione di Ginevra.

7) Anthony Davis, New Orleans Pelicans

Daniele V.: Ribadiamo: #FreeAnthonyDavis

David B.: AAA Cercasi continuità fisica, perchè ogni anno arriva sempre una magagna a rallentare la sua definitiva ascesa. Certo è che da un lustro predica nel deserto.

Dario V.: Se l’esperimento delle Due Torri fallisse e lui chiedesse la cessione, secondo me farebbero prima a cedere direttamente l’intera franchigia. Comunque siamo già in zona Garnett ai Timberwolves per quanto riguarda l’incapacità di costruirgli attorno un roster degno di questo nome: e dire che l’anno scorso stava anche cominciando a sposticchiare in difesa da 5…

Nicolò C.: Mediaticamente ha pagato i tempi moderni, quando è arrivato lui il ruolo stava vivendo una crisi tecnica come mai nella storia del gioco. Da quando è arrivato lui sono arrivati in rapida successione Towns, Porzingis, Jokic ed Embiid. Probabilmente a causa delle rinnovate aspettative ed entusiasmo che ha portato questa generazione di centri, assieme alle premesse che avevamo su di lui, è passato un po’ in secondo piano. Ma la prima parte della stagione scorsa è stato qualcosa di davvero dominante su due lati del campo.

Dario C.: Quando tutto quello che chiedi alla vita è un amico con cui condividere il peso di aspettative enormi e la sorte (e Dell Demps) ti recapitano Boogie... solidarietà al Monociglio.

6) James Harden, Houston Rockets

Dario V.: La più grande macchina da punti della NBA: gli dai il pallone, lui ne produce - per sé o per gli altri. Lo stile può piacere o non piacere, l’efficacia non è più discutibile.

Daniele V.: Quello che mi impressiona di più è la solidità fisica. L’ultima volta che ha saltato più di una partita è stato quattro stagioni fa. Ogni volta che viene atterrato si rialza come se niente fosse e ricomincia a macinare gioco. La capacità di stare in campo ogni sera è una caratteristica troppo spesso sottovalutata per le stelle.

Fabrizio G.: ...che però può anche avere controindicazioni non marginali, perché lo sciopero bianco di gara-6 contro gli Spurs non sarà dipeso esclusivamente da stanchezza e logorio, ma che la benzina fosse finita era abbastanza palese.

5) Russell Westbrook, Oklahoma City Thunder

Daniele V.: Fonti anonime all’interno dei Golden State Warriors hanno fatto in modo di far trapelare attraverso più canali che loro non hanno alcuna paura di Westbrook, dato che il suo stile di gioco è “facile da difendere”. Dopo una stagione in cui ha avuto quello che cercava, queste parole possono essere la nuova sfida per Westbrook? Lo vedremo ancora con il fuoco negli occhi in campo?

Dario V.: Diciamo che gli Warriors hanno iniziato a ripagare i 10 milioni che Kevin Durant ha lasciato sul tavolo in maniere diverse rispetto al consueto, ad esempio con queste fughe di notizie ad hoc. Per il resto, spero che Westbrook continui a rispondere alle provocazioni con le magliette fuori dal campo e sul parquet si trasformi in una versione ancora migliore di quanto visto lo scorso anno - il che significa sacrificare un po’ della propria produzione per mettere tutti gli altri in condizioni migliori, ma soprattutto interessarsi di nuovo alla difesa.

Nicolò C.: Se come è lecito aspettarsi i suoi oneri in attacco dovrebbero permettergli di rifiatare un po’ di più, vorrei tanto vederlo per il difensore che ha sempre potuto essere, ma non è mai stato, per una stagione intera.

Lorenzo B.: 205 milioni di $$$ da spendere in vestiti > chiudere la stagione regolare in tripla doppia.

4) Kawhi Leonard, San Antonio Spurs

Lorenzo N.: Semplicemente la presenza più continua all’interno del rettangolo di gioco. Doin' it all and doin' it well.

David B.: Il fatto che sia la terza ala piccola della lega, ed entri nella top-4 overall sembra uno scherzo ma purtroppo non lo è. È l’unico giocatore al mondo che ha concrete possibilità di vincere il premio di MVP e di DPOY ogni singolo anno.

Daniele V.:Il giocatore costruito più forte del mondo. Quando trova un tetto alla propria crescita, lo abbatte dopo qualche mese.

Dario V.: Allo stadio finale mancherebbe giusto l’aggiunta di un po’ di playmaking e di letture che vadano al di là dell’attaccare a testa bassa. Il fatto di giocare “da solo” lo mette in pole position per il premio di MVP, ma gli Spurs saranno in grado di mettergli attorno il talento necessario a non sprecare gli anni migliori della sua carriera?

Dario C.: Candidato numero uno al premio di MVP. Ammesso che passi il test di Voight-Kampff e dimostri di non essere un replicante assemblato in laboratorio seguendo le indicazioni di Popovich e Buford.

3) Stephen Curry, Golden State Warriors

Dario V.: È il miglior tiratore della storia del gioco e non sono nemmeno sicuro che tirare sia la cosa che gli riesce meglio. Vi pongo un quesito: c’è la possibilità che diventi la miglior PG di sempre quando tutto sarà finito?

Daniele V.: Secondo me sì. Soprattutto perché pur essendo al top da tre anni, ha un gioco tarato per poter durare anche al netto del deterioramento fisico in arrivo. Penso quindi che questo suo livello possa rimanere tale abbastanza stagioni da aprire una dinastia lunga quanto basta a Steph per entrare nella storia dalla porta principale.

Fabrizio G.: Secondo me no, ma solo per colpa sua. Non c’è verso che ripeta la stagione 2015-16, come peraltro non c’è verso che chiunque la ripeta prima di qualche decennio. Quindi in pratica non ha margine per andare più su, a meno di farne una questione di RINGZZZ, tipo altri due o tre. Non è che magari non ha bisogno di diventarlo ed è già lassù in selezionatissima compagnia e siamo solo noi ad aver bisogno di conferme e riscontri?

Lorenzo B.: Se riuscisse a tirar fuori delle scarpe decenti sarebbe sul podio di diritto.

David B.: Ha rivoluzionato tutto. Senza tirare in ballo il tiro, che troppo spesso è l’unica cosa che la gente nota del suo gioco, vorrei porre l’attenzione sulla padronanza dei fondamentali, il carburante che alimenta quella fiducia nei suoi mezzi velatamente arrogante con cui fa sembrare facili cose estremamente complicate.

Nicolò C.: Quanti giocatori possono vantarsi di aver reso obsoleta la metrica usata prima di loro? Un giocatore come Curry, con quel volume e quell’efficienza al tiro, ha polverizzato qualunque modello di studio del gioco. Improvvisamente non esiste più uno schema in cui si possa restargli a due passi di distanza. Senza Durant, Golden State faticherebbe un po’ di più; senza di lui, non credo esisterebbero nemmeno.

2) Kevin Durant, Golden State Warriors

Marco V.: Mi dispiace, ma il ruolo di villain a cui sembra tenere terribilmente non glielo vedo proprio bene addosso.

Daniele V.: Dopo le Finali ha passato l’estate a togliersi ogni singolo sassolino dalle scarpe, ma sembra ancora non soddisfatto. Questo è quello che deve spaventare gli avversari.

Dario V.: Non ha semplicemente spostato gli equilibri della lega: li hadistrutti. Ha cambiato le sorti delle ultime Finals con la sua sola presenza, risultando semplicemente intoccabile al più alto livello del mondo. Francamente, in questo momento può dire quello che gli pare perché chi vince ha sempre ragione.

David B.: Era il miglior scorer puro della lega, poteva migliorare solo in due cose: difesa e costruzione di gioco. Fatto.

Lorenzo B.: La sua conversione al lato oscuro della forza rimane il plot twist più oooohh degli ultimi anni. D’altronde ogni Morte Nera ha bisogno del suo Kylo Ren, anche solo per autodistruggersi.

1) LeBron James, Cleveland Cavaliers

Daniele V.: Trovatemi qualcosa che non è già stato scritto su James.

Dario C.: Via, via, circolare! Non c’è niente da vedere quì, tanto meno spazio per sofismi di sorta. Il miglior giocatore al mondo ieri, oggi e fino a quando quel surreale fascio di ossa, muscoli e nervi gli permetterà di scendere in campo.

Lorenzo N.: Più che altro trovatemi dei motivi per cui non dovrebbe essere in questa posizione.

Marco V.: Ma questo gli anni che passano quando inizierà a sentirli?

Dario V.: Prendere una qualsiasi delle altre 29 squadre, metteteci LeBron James, e provate a dire: “No, anche con lui di sicuro non sarebbero contender”. In un modo o nell’altro, mi ritrovo sempre a pensare che un modo riuscirebbe a trovarlo. Bow down to the King.

Nicolò C.: Un dirigente NBA su cinque, se dovesse costruire una franchigia da zero oggi, prenderebbe lui. A 33 anni di età, con tutta la quantità di talento che gira nella NBA, è ancora il giocatore attorno a cui vale la pena costruire una franchigia. Se non è Grandezza questa.

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